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Storia dei giochi di guerra

I primi giochi da tavolo ispirati a scontri fra uomini in armi sì perdono nella notte dei tempi, vecchi di forse 30 secoli, uno dei primi conosciuto è l'antichissimo gioco cinese Wei-Chi, ribattezzato Go dai giapponesi, consisteva in una scacchiera suddivisa da 19 linee verticali e 19 orizzontali sulla quale i due avversari cercavano di circondare le pedine avversari.

Altro vecchio gioco di guerra da ricordare è l'indiano Chaturanga, stranamente considerato da taluni il progenitore del gioco degli scacchi. Sopra una scacchiera, suddivisa in 81 caselle, quattro giocatori, con l'aiuto di un dado e seguendo percorsi obbligati, tentavano di arrivare alla meta finale catturandosi reciprocamente le pedine. Degno di nota anche l'altro antico gioco cinese Xiang-KI, impostato su un regolamento ancora più sofisticato di quello degli Scacchi. La scacchiera era attraversata da un fiume, il generale dell'accampamento non poteva uscire dal recinto, difeso da servitori fedeli. Alcune pedine avevano movimenti differenti a seconda che avessero o non attraversato il fiume vi erano i cannoni che sparavano di là della fanteria.

Ricordiamo ancora il gran gioco nazionale giapponese Shogi originario della Cina. Un re con due cavalieri e 17 fanti operavano in una scacchiera dl 81 caselle. La principale caratteristica di questo gioco consisteva nella possibilità di annettere nel proprio esercito le pedine catturate all'avversario.

Ritroviamo altri giochi d’origine guerresca in epoche a noi più vicine: dalla Dama, diffusissima in Europa, alla variante Alquerque di derivazione araba, al lappone Tablut, ove 16 soldati moscoviti dovevano imprigionare il re di Svezia, difeso da 8 cavalieri, infine al classico Halma, modificato nella Dama cinese.

In Europa il lento ma costante sviluppo tecnologico, dopo aver ristrutturato la conduzione delle guerre, si ripercuoteva indirettamente anche nei salotti aristocratici: appariva il gioco degli Scacchi, esempio tipico di gioco di guerra, che subì diverse modifiche, tali da permettere l'inserimento delle principali armi in uso in quel periodo: torri, cavalli, alfieri; ma in altri giochi comparvero anche lancieri, alabardieri e balestre. In Germania appariva un Gioco del re, altra elaborazione degli Scacchi, con marescialli e cappellani.

In Francia, nel XVIII secolo, vedevano la luce due giochi di guerra, uno basato sull'assedio e l'altro sulla manovra. Ancora in Germania veniva presentato un gioco che, per la prima volta, impiegava delle pedine che rappresentavano intere unità militari, anziché soldati singoli. Si rese necessario introdurre un giudice, con il compito di risolvere i casi dubbi e di controllare la corretta applicazione del regolamento.

Nel 1811 il berlinese von Reisswitz, ideatore di un nuovo gioco di guerra, fu invitato alla Corte di Prussia per mostrare e illustrare la sua opera. Il re vi si appassionò, il principe Guglielmo lo diffuse in Russia giocandolo con il principe Nicola. Il regolamento venne poi perfezionato dal figlio del suo ideatore: la scala di riduzione da i : 200 passò a i : 666, il realismo fu migliorato. I due schieramenti vennero designati rispettivamente con i colori rosso e azzurro, convenzione tuttora adottata. Ai giocatori era concesso un tempo di due minuti per muovere, tutte o in parte, le proprie pedine, il loro spostamento era proporzionale alle distanze coperte dalle truppe nella realtà.

Per riprodurre nel gioco la casualità , secondo la quale un certo fatto so poteva o meni verificare, venne introdotto il dado. Apposite tabelle ricavate dall’esperienza militare, stabilivano le perdite di una certa unità in una determinata situazione.

Il regolamento fu oggetto di ulteriori perfezionamenti: nel 1824 il giovane tenente Reisswitz ebbe la possibilità di illustrare i suoi studi allo Stato Maggiore. Fu un successo clamoroso.

Il giovane ufficiale fu invitato a Pietroburgo; successivamente arbitro a Berlino uno scontro fra il principe Guglielmo e lo zarevic. Era nato il Kriegsspiel, subito adottato da ogni reggimento imperiale. Sorsero numerosissime associazioni e si formarono centri di studio in diverse città tedesche.

Al regolamento di gioco si interessarono gli Stati Maggiori della Francia e della Turchia. Ma contemporaneamente in Prussia sorsero le prime critiche: l'autore fu trasferito in Sassonia. Staccato dagli amici, circondato da incomprensione, nel 1827 pose fine ai suoi giorni. I suoi denigratori erano aumentati, le modifiche alle regole originali erano ormai numerose; gli scontri tattici sul tavolo di gioco erano condotti con troppa libertà. Si delineava una importante distinzione tecnica: regolamenti rigidi e regolamenti liberi.

I primi, scritti, erano prevalentemente usati per scontri tattici; i secondi, parzialmente stilati, trovavano impiego nei giochi strategici, per i quali risultava di primaria importanza il potere discrezionale e la notevole esperienza di un giudice-arbitro.

Le vittorie militari prussiane del 1870 lasciarono tracce profonde. Alcuni famosi ufficiali inglesi dichiararono apertamente di dovere gran parte dei loro successi allo studio dei giochi di guerra. L'esercito britannico decise di interessarsi ufficialmente ai Kriegsspiel. Fra i più attivi vi fu Spencer Wilkinson: avvocato nonché ufficiale non professionista del Corpo dei Volontari, alternava con grande entusiasmo l'insegnamento della storia militare agli studi, discussioni, conferenze, attività editoriale riguardanti i giochi di guerra. Se in Inghilterra i giochi di guerra modificati dal Wilkinson erano considerati troppo tedeschi, questo non avvenne negli Stati Uniti.

Oltre Atlantico il maggiore W. R. Livermore, dopo aver consultato numerose opere tedesche, pubblicò nel 1879 cinque tipi di giochi: tattico, grande tattico, strategico, da fortezza, navale. Il regolamento rigido della simulazione tattica, in 1 : 500, generava, nonostante gli sforzi del suo autore, un andamento del gioco piuttosto lento. Questo incoraggiò il tenente A. L. Totten alla ricerca di un sistema di giochi che potessero integrarsi fra di loro. Sia il suo Gioco tattico minore che il Gioco tattico maggiore si ispiravano ai classici Scacchi: la scacchiera comprendeva 1920 caselle di cm 2,3 di lato. I giochi più impegnativi erano condotti su mappe, talune norme erano poco realistiche e convinsero lo Stato Maggiore a riporre una maggiore fiducia nelle simulazioni tedesche. Non è per caso, ma se l’Europa continentale era risultata la culla dei giochi terrestri, gli Stati Uniti lo furono per i giochi navali. Notevoli risultati ottenne in questo campo il tenente di marina William McCarty Little, al quale il Congresso concesse in seguito i gradi di capitano per meriti speciali. Alla Scuola di guerra navale, dopo un iniziale periodo trascorso usando un regolamento impostato su un duello tra due navi da battaglia, venne giocata una simulazione con due flotte contrapposte: sei ufficiali erano riuniti in una sala apposita munita di pavimento quadrettato. Un terzo gioco, più elaborato, veniva condotto per la parte strategica sulle carte nautiche, per poi proseguire a livello tattico in conseguenza del contatto balistico.

Il conte Alfred von Schlieffen, capo dello Stato Maggiore Generale dell'esercito tedesco dal 1885 al 1906, ideatore dell'omonimo piano che prevedeva l'invasione della Francia attraverso il Belgio e il Lussemburgo, era un assiduo giocatore e proprio da queste simulazioni strategiche e dalle relative analisi era nato il suo piano d'invasione. Procedendo nelle ripetute manovre sul tavolo di gioco si era convinto sempre più dell'importanza che avevano nell'operazione le forze schierate all'ala destra. Non approfondì seriamente il problema, né esternò ad alcuno i suoi dubbi. Non al Cancelliere non al Kaiser. Ma non basta. Valutò con attenzione la rete ferroviaria belga, ma quasi ignorò quella francese, grazie alla quale i transalpini riuscirono velocemente a spostare le loro riserve e a fermare la lenta avanzata dell'ala sinistra germanica!

Gli elaboratori del piano non tennero in nessun conto l’eventualità politica che gli inglesi avrebbero mandato truppe in aiuto agli aggrediti, come non valutarono le conseguenze economiche alle quali avrebbero portato la Germania costretta a sostenere una guerra molto più lunga del previsto.

Il generale sottovalutò inoltre la capacità di resistenza dei nemici della Germania. Il regolamento della simulazione era del tipo rigido, senza spazio di manovra per gli arbitri: non era stato previsto l'accanimento con il quale i belgi e i francesi difendevano le loro terre! Ma se è vero che ai tedeschi l'immaginazione ha fatto talvolta difetto, è altrettanto vero che simili errori, non meno catastrofici, saranno ripetuti, da ufficiali agli ordini di un altro tipo di imperatore, poco meno di 30 anni dopo.

Inutili allora i giochi di guerra? Ci sembra una deduzione un po' troppo semplicistica. Rispondiamo con le parole di Wilkinson: " Probabilmente nessuna forma di studio militare è più utile (dei giochi di guerra) se eseguita come si deve; d'altra parte nessuna è altrettanto esposta ad essere malamente usata".

Similmente ammonitori, ma ancora inascoltato risultò un gioco condotto dallo Stato Maggiore Generale zarista nella primavera del 1914 che aveva per tema l'invasione della Prussia orientale. La simulazione poneva crudelmente in evidenza come le due armate russe avanzando su terreno diversamente accidentato sarebbero giunte sul probabile campo di battaglia in giorni diversi e quindi correvano il rischio di essere sconfitte separatamente. I risultati forniti dal gioco furono ignorati: verso la fine del mese di agosto a Tannenberg le armate dello Zar furono annientate entrambe, separatamente, da Hindenburg.

Tra le numerose simulazioni condotte dagli alti ufficiali tedeschi ci limitiamo a stralciare le più clamorose. Come, esempio, l'attraversamento delle Ardenne, giocato mesi dopo l'inizio della seconda guerra mondiale: il tempo impiegato dalle truppe nel maggio del 1940, rispetto a quello calcolato nel gioco di guerra, fu in seguito attribuito ad una minor efficacia delle aviazioni francese e belga. Le famose operazioni "Leone Marino" e "Barbarossa", denominazioni convenzionali assegnate rispettivamente allo sbarco tedesco sulle coste inglesi e all'invasione della Russia, sempre ad opera dell'esercito germanico, furono preventivamente giocate dall'Alto comando della Wehrmacht e in entrambi i casi, il responso fu negativo per le armate di Hitler.

Agli inizi del 1942 a bordo della supercorazzata giapponese Yamato venne effettuata la simulazione riguardante l'occupazione

dell'isola di Midway. Un altro avvertimento ignorato. Nel gioco si verificò che, nel corso dell'attacco iniziale, il gruppo di portaerei al comando di Nagumo fosse attaccato da aerei statunitensi mentre quelli nipponici erano intenti al bombardamento dell'isola. Le tabelle del regolamento sentenziarono l'affondamento di due portaerei, ma il direttore, contrammiraglio Ugaki, modificò arbitrariamente il responso dei dadi e i modellini delle due unità ritornarono a galla. La qual cosa però non gli fu possibile ripetere con le portaerei vere il 4 giugno dello stesso anno.

Con non si può tralasciare il ricordo di un episodio avvenuto nelle Ardenne nel 1944. Lo Stato Maggiore del generale tedesco Model aveva da poco iniziato un gioco riguardante le contromisure atte a contenere un eventuale attacco americano, quando dal fronte arrivò la notizia che l’attacco era veramente iniziato! Si racconta che Model, senza scomporsi ordinò di proseguire la simulazione utilizzando i rapporti che arrivavano dal fronte e inoltrando alle truppe ordini operativi ricavati dall'andamento del gioco. In Gran Bretagna, invece, durante il secondo conflitto mondiale, persisteva una certa avversione per la simulazioni belliche. Un onesto impegno fu dedicato solo ai giochi organizzati per preparare i grandi sbarchi nell’Africa del nord e in Normandia. Ma allo scarso interesse inglese supplirono gli americani, specie gli alti ufficiali della Marina. Il Capo di Stato Maggiore, ammiraglio Nimitz, ebbe a dichiarare, a conflitto concluso, che la guerra con il Giappone era stata combattuta prima sui tavoli per le simulazioni, da tante persone e in tante maniere che nulla di quanto accaduto nella realtà aveva costituito per loro una sorpresa, assolutamente nulla, eccetto i Kamikaze.

Nel dopoguerra i giochi di guerra hanno ricevuto un notevolissimo impulso, specie negli Stati Uniti, fino a divenire in pochi anni una vera e propria attività scientifica. La notevole capacità organizzativa degli americani, l'entusiasmo dovuto ai risultati positivi conseguiti nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, le pesanti responsabilità piombate sulle loro spalle hanno portato a questa proliferazione.

L'enorme sviluppo tecnologico raggiunto dalle armi moderne ha consigliato gli studiosi dei giochi di guerra di avvalersi dell'aiuto dei calcolatori elettronici, sia per ridurre al massimo il tempo necessario per effettuare i calcoli sia per avere entro breve tempo una risposta a un gran numero di domande, rese difficili da numerose variabili. Queste apparecchiature risultano utili anche per simulare con piccole varianti la stessa situazione centinaia di volte per ricercare la soluzione più valida.

E’ interessante notare come nel mondo anglosassone anche le Università si siano interessate ai modelli strategici, specie quelli politico-militari. In Scozia nel 1967 alcune decine di studenti simularono la situazione esistente nel Medio Oriente; dopo due giorni e mezzo il gioco terminò con Israele e Egitto pronti ad attaccarsi. Esattamente come accadde pochi mesi dopo. Ancora in Gran Bretagna un folto gruppo di partecipanti ad un seminario di studi sui conflitti: studenti, funzionari del Ministero degli Esteri, docenti universitari si dedicarono ad un gioco riguardante la prima guerra mondiale. Sconcertante segnalare che anche in quella occasione l’Italia tergiversò alquanto, fino ad abbandonare la Triplice Alleanza.

Neppure al lettore distratto può essere sfuggito il concetto basilare sul quale si fonda una simulazione di strategia. Concetto che è facilmente (anche se inconsciamente) recepito pure dai ragazzi quando giocano a "guardie e ladri".

Si tratta insomma di approfondire la domanda: tu cosa faresti al suo posto? Ricreare e ambientare lo scenario, regolamentare le azioni dei giocatori e ….rimpicciolire il tutto. Ma non tralasciamo di soffermarci sui risultati negativi forniti dalle simulazioni relative.

Wargame come hobby

 Il primo cui va il merito di aver codificato e pubblicato una raccolta di regole, aventi come unico scopo il divertimento dei giocatori, fu lo scrittore inglese H.G. Wells. Questi, nel 1913, pubblicò ad opera dell'editore Frank Palmer un libro intitolato Little Wars (Piccole Guerre), recante come sotto. titolo una dicitura che diceva testualmente ~ un gioco per ragazzi da dodici anni di età a centocinquanta e per il tipo più intelligente di ragazze cui piacciono i giochi ed i libri per ragazzi, il libro è considerato il capostipite storico di tutte le opere che sono state in seguito pubblicate sull'argomento, anche se alla luce degli attuali sistemi le regole in esso contenute sono ormai infantili ed elementari.

Strano a dirsi, il gioco della guerra non si affermò subito, ma ci vollero parecchi anni perché raggiungesse, soprattutto in Inghilterra, un certo grado di popolarità. Nel 1962 un giocatore inglese, Donald Featherstone, pubblicò un testo di introduzione generale sull'argomento, intitolato Wargames. Il libro ottenne un immediato successo, e ad esso cominciò a seguire una serie sempre più numerosa di opere e di riviste specializzate, cui si accompagnava di pari passo una sempre maggiore diffusione del gioco, fino alla definitiva esplosione, agli inizi degli anni '70, soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

Da allora la popolarità del gioco ha registrato una continua crescita, guadagnando terreno nei confronti del modellismo, suo eterno amico nemico.

Il wargame costituisce certamente un perfetto abbinamento tra la passione per il modellismo, l'interesse storico e lo spirito competitivo presente nell'animo umano; il suo principale fascino credo consista nella possibilità che offre di riportare in vita fatti e personaggi della storia sotto una luce viva e concreta, offrendo oltre che un divertente passatempo un arricchimento culturale.


Gruppo Murat - ARS Napoli