Canto Gregoriano

Da alcuni anni è in attività un gruppo di estimatori del Canto Gregoriano, che si riuniscono per la preparazione dei canti da effettuarsi durante le celebrazioni al Santuario.

Per ogni notizia ed eventuale partecipazione potete inviare una e-mail all'indirizzo: schola_cantorum@iol.it


PREMESSA

Scomparso dalla liturgia a seguito di turbinose riforme musicali dopo il Concilio Vaticano II, male interpretato, il Canto Gregoriano ha ritrovato negli ultimi anni una popolarità impensata. A questo hanno contribuito gli studi continuati e allargatesi al campo laico che innestandosi su quelli iniziati nel secolo scorso, hanno contribuito a riportare il canto alla sua forma di purezza primitiva.

Si è assistito quindi a un interesse sempre più vivo da parte di cori amatoriali e professionali - mai come in questi anni la produzione discografica ha avuto incremento di produzione - , ma cosa ancor più importante la graduale reintroduzione del canto nell’ufficio della liturgia, sua naturale sede d’esecuzione.

Bisogna fare attenzione ancora ad una cosa: la classificazione odierna.

Canto Gregoriano è inteso come canto a una voce sola senza tenere conto della sua provenienza e all’epoca di appartenenza: è un canto ad una voce sola e in latino? Allora è Gregoriano!

Nulla di più falso. Ciò che oggi definiamo melodia Gregoriana, si può considerare al suo massimo sviluppo alla fine del sec. VIII, dopo che un editto di Carlo Magno ordinò l’ esecuzione identica e unitaria in tutto il territorio del suo impero della melodia del canto romano. Nasce infatti dalla fusione del canto romano con quello gallicano francese, che non permise una drastica copertura delle sue melodie da parte di quelle Romane, e portò invece ad una fusione di queste.

Infatti gli studi moderni hanno sicuramente appurato che non fu Gregorio I detto Magno (morto nel 604) a redigere, come la tradizione tramanda, il repertorio dei canti che da lui prendono il nome. Anche se a lui si accredita un’opera di catalogazione e raccolta.


LITURGIA CRISTIANA

1. Essa abbraccia un periodo di dodici secoli, nel corso dei quali tutte le grandi esperienze dello spirito cristiano convergono nella creazione di melodie canti ed inni da innalzare a Dio fino alla piena maturità del fine millennio. Il canto della liturgia cristiana fiorisce in seno alle comunità, che sorgono in diversi luoghi raggiunti dall'irradiazione missionaria della Chiesa. Ma la dislocazione, a volte rilevante, tra di esse favorisce ben presto la nascita di centri cultuali locali, che vanno via via caratterizzandosi con liturgie e canti propri. Il canto cristiano prende allora nomi diversi: canto romano, gallicano, mozarabico, beneventano, milanese, aquileiese, celtico, ecc., secondo la regione di ap­partenenza di ciascuno.

Nel sec. VIII l'Imperatore Carlomagno dà disposizione perché il canto romano, ammirato ovunque, venga adottato in tutte le chiese della Gallia (riforma romano­carolingia). Dall'innesto della tradizione romana in quella gallicana nasce il canto che è appunto chiamato gregoriano. Con il tempo, alcuni altri repertori liturgici verranno assorbiti in questa nuova creazione; altri ancora, come il milanese, (oggi denominato Ambrosiano dal nome del vescovo milanese S. Ambrogio morto nel 397) e lo spagnolo (mozarabico), continueranno il loro cammino, mantenendo fino ad oggi la loro autonomia.

Consolidato ed ulteriormente ampliato nel suo repertorio con melodie e forme nuove (sec. IX-XI), il gregoriano diverrà il supporto naturale di un'altra nuova e grande esperienza musicale, come la polifonia.

2. Per quanto riguarda la natura del gregoriano, diciamo che esso è innanzitutto canto e non semplicemente musica, perché non esiste e non vive senza il legame con un testo. Nasce dai testi che accompagnano i riti liturgici della Chiesa, imprimendo in loro forza e pienezza espressiva. Il gregoriano quindi è il canto della parola che viene adoperata nella liturgia per fare, compiere e significare il Mistero. La parola è presa nella maggior parte dei casi dalla Bibbia, specialmente dal Libro dei salmi; è quindi il canto della Parola di Dio.

Per natura sua il gregoriano è preghiera cantata e i testi esprimono le grandi tematiche della preghiera:
- la lode, per le meraviglie operate da Dio;
- il rendimento di grazie, per la salvezza elargita da Dio, che ha generato il Figlio;
suo per riscattare l'uomo dalla schiavitù del male;
- la supplica, per la liberazione dal male che l'uomo continuamente sperimenta e per il soccorso di cui sente il bisogno;

Il gregoriano è l' espressione di una autentica religiosità non solo perché viene impiegato nei riti religiosi e per i suoi testi biblici, ma anche perché è maturato attraverso una profon­da spiritualità ed esperienza vocale di comunicazione con Dio.

3. Il gregoriano è ancora un canto monodico (ad una sola voce) nato su un testo latino in prosa, senza sostegno e accompagnamento di un qualsiasi strumento musicale. Canto monodico, dove il ritmo, che costituisce l’anima di ogni musica, è determinato dalla stessa parola cantata e non da uno schema preordinato; cosa, quest'ultima, che inizierà a verificarsi con e dal sorgere della polifonia in poi. Il canto gregoriano quindi, impegnando in modo uguale sia le forze dello spirito (riflessione sul significato del testo e sul suo stendersi ritmico), sia le forze del corpo (tensione vocale), mediante l'unisono delle voci (canto monodico) ottiene e favorisce in modo efficace sintonia ed elevazione di cuori.

4. La Chiesa ha sempre riconosciuto il gregoriano come canto suo proprio per le celebrazioni liturgiche.
Il Motu Proprio di S. Pio X, emanato il 22 novembre 1903, dopo aver indicato le qualità della musica sacra, afferma: «Queste qualità si riscontrano in grado sommo nel Canto Gregoriano, che è per conseguenza il canto proprio della Chiesa romana, il solo canto che essa ha ereditato dagli antichi padri, che ha custodito gelosamente lungo i secoli nei suoi codici liturgici, che come suo direttamente propone ai fedeli, che in alcune parti della liturgia esclusivamente prescrive e che gli studi più recenti hanno sì felicemente restituito alla sua integrità e purezza» (n. 3).

La Costituzione Sacrosantum Concilium, sulla Liturgia, del Concilio Vaticano II, emanata il 4 dicembre 1963, ribadisce: «La Chiesa riconosce il Canto Gregoriano come canto proprio della liturgia romana: perciò, nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale» (n. 116).

Secondo la stessa Costituzione il gregoriano è da preferirsi agli altri repertori e generi musicali, quando in qualsiasi celebrazione liturgica è possibile e consentito l'uso della lingua latina.

La Chiesa non soltanto rivendica la propria paternità su questo canto, ma anche, sotto la propria responsabilità, si è occupata della pubblicazione delle sue melodie, servendosi della Tipografia Poliglotta Vaticana. In questo secolo lo studio per il ritorno alle origini del Canto Gregoriano ha trovato fra gli altri un polo importante nella abbazia benedettina di S. Pietro di SolesmeS. Da Solesmes infatti si stampano le raccolte dei testi gregoriani per l’ufficio liturgico.

L'edizione vaticana delle melodie gregoriane è denominata tipica, perché, sia nella forma e disposizione delle note come nella versione melodica, costituisce il modello per tutte le eventuali pubblicazioni a cura di altri editori e che perciò devono essere riprodotte iuxta typicam (secondo l'edizione tipica).

5. Il Canto Gregoriano rappresenta un patrimonio di inestimabile valore storico e culturale. Ecco alcune ragioni:
- i primi dodici secoli di storia della musica sono quasi esclusivamente segnati da esso;

- altre manifestazioni musicali medioevali quali la musica religiosa laudista e la musica profana trovadorica ne prendono l'ispirazione ritmico-melodica;
- la polifonia nasce e si sviluppa su quell'illustre repertorio;
- la composizione specifica trae origine dal testo, così da costituire un modello perfetto di simbiosi testo melodia;
- l'opera di ornamentazione dei testi da parte di teorici e musicisti, che hanno accompagnato la formazione e la definitiva ristrutturazione del repertorio gregoriano mediante ricercati procedimenti compositivi, ha impresso a questo canto qualità artistiche tali che fino ad oggi il suo linguaggio musicale non ha conosciuto limiti di tempo e di spazio. (Anche se dopo il cinquecento interventi distruttivi, vedi la riforma medicea, ne avevano ucciso la utilizzazione tanto questo tipologia di canto si era ridotta di espressività -cantus planus vel firmus-).


ORIGINE E PERIODO CLASSICO


La prima documentazione del Canto Gregoriano si ha nel sec. VIII. Tale documentazione però ci fornisce i testi dei brani, senza notazione musicale, giacché in tale epoca il canto della liturgia cristiana continua ad essere praticato e a diffondersi mediante tradizione orale.

Che comunque i testi di questi manoscritti comportassero anche le melodie è unanimemente testimoniato dai manoscritti posteriori, e dal manoscritto di CORBIE facente parte dell’Antiphonales Missarum Sextuples, dove a latere di ciascun testo delle antifone di Introito e Communio vi è l’indicazione del modo per il tono delle salmodico.

Raccolta dei più antichi antifonari della Messa eseguita da Dom Renè-jean Hesbert, essi sono: Cantatorium di Monza, (sec. VIII-IX) Graduale di Rheinau (800 circa), Graduale di Mont-Blandin (sec. VIII-IX), Graduale di Compiegne (seconda metà del sec. IX), Graduale di Corbiè (dopo 850), Graduale di Senlis (sec. VIII-IX).

A partire dal sec. X infatti i medesimi testi si trovano in manoscritti sormontati dalla notazione musicale con neumi in campo aperto, ossia senza rigo. Tra i sec. X e XI si affina la precisione della disposizione dei neumi attorno ad una linea immaginaria prima e tratta a secco poi, fiancheggiata in seguito a sua volta da una o più linee colorate per distinguere il grado sopra il semitono. Rossa per la linea del FA e gialla per quella del DO.

Il canto liturgico cristiano nel momento storico in cui, sia pur limitatamente ai testi, fa la sua apparizione documentata, può ritenersi già completo.

Il più antico graduale infatti si può far risalire al sec. VIII, proprio l’epoca in cui come si sa dalla storia della liturgia, il repertorio dei testi della messa è quasi completo.

La nascita del canto liturgico cristiano e la formazione di tutto il repertorio si attua nei secoli precedenti e durante il corso della sola tradizione orale.

Non è sostenibile d'altra parte l'ipotesi che il repertorio del canto liturgico sia nato tutto in un determinato momento storico. Pur se non è sempre possibile produrre una diretta documentazione, storia della liturgia e molteplici testimonianze indirette provano che il canto della Chiesa latina si è formato lungo il corso di più secoli, accompagnandosi alla creazione e alla trasformazione delle diverse forme liturgico­musicali.

Proprio sulla base di tali testimonianze si viene a conoscere che le radici più profonde del canto cristiano si spingono fino alle prime comunità cristiane, che per i loro riti religiosi hanno fatto uso del canto. Nei Vangeli (M t 26,30 e Mc. 14,26) si parla di Gesù Cristo, che assieme agli apostoli canta i salmi tradizionali della Cena pasquale: «E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi». S. Luca (At. 16,25), parlando di Paolo e di Sila in prigione, dice che «verso mezzanotte, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli». S. Paolo (Ef. 5,18) invita i cristiani ad intrattenersi tra di loro facendo uso di «salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo». S. Ignazio di Antiochia, secondo vescovo che governò, dopo S. Pietro, la Chiesa di Antiochia tra il 69 e il 107 , nella sua lettera ai cristiani di Efeso (cap. 4, 1-2) così scriveva: «Perciò nell'accordo dei vostri sentimenti e nella perfetta armonia della vostra carità Gesù Cristo è cantato. E divenite ad uno ad uno coro, cosìche essendo unisoni in concordia, prendendo in unità il tono (la modulazione) di Dio, cantiate in una voce sola un inno per Gesù Cristo al Padre».

Nel sec. II abbiamo una delle più importanti testimonianze intorno al canto in Tertulliano (vissuto a Cartagine tra il 160 e il 220). Nel ne anima, al cap. IX, 4, è la descrizione di come si svolgeva allora la liturgia: letture (scripturae leguntur), canto dei salmi (p salmi canuntur), omelia (allocutiones proferentur) e orazione (pe­titiones delegantur). È lo schema che diverrà classico per ogni celebrazione liturgica.

Le prime comunità cristiane, per i loro canti, si ispiravano certamente alle abitudini dei canti delle loro tradizioni locali. Poiché queste comunità provenivano dall'ambiente ebraico, con sicura probabilità i canti della sinagoga possono essere con­siderati all'origine del canto cristiano. In quale misura però i canti della tradizione ebraica o, più tardi, anche quelli di altre tradizioni orientali abbiano determinato la loro influenza sulla primissima stratificazione del canto liturgico cristiano è impossibile determinarlo: innanzitutto perche fino al sec. IX si può disporre solamente della tradizione orale; poi perchè il repertorio tramandatoci si trova ad uno stadio alquanto evoluto.

Alla luce tuttavia degli attuali studi possiamo sicuramente ritenere che il tipo di influsso esercitato sul canto cristiano da queste tradizioni non è stato diretto (nel canto liturgico cristiano non vi sono melodie plagiate da queste tradizioni; esso è di natura occidentale), ma casomai indiretto. Si può parlare, ad esempio, di comunanza tra la cantilena della sinagoga ebraica e il canto cristiano per il principio, in queste due tradizioni, dello stretto legame tra melodia e testo e la pratica di alcune forme di salmodia. Si può ancora parlare di legame tra i repertori liturgici e profani antichi e il canto cristiano per lo stesso tipo di procedimento compositivo che imposta l'ornamentazione di una qualsiasi melodia partendo da una o più corde di risonanza. Si tratta però sempre di legami indiretti, dovuti più ad un fenomeno di ordine spontaneo, quasi una legge naturale nell'elaborazione di un repertorio, anziché di eredità specifica di una qualsiasi tradizione musicale.

Il canto liturgico cristiano nasce quindi in seno alle prime comunità, ma deve percorrere un lungo cammino - circa otto secoli - prima di costituirsi in repertorio completo e stabile. L'apparizione di tutte le sue melodie è strettamente legata sia alla creazione e alla trasformazione delle forme liturgico-musicali sia alla composizione dei testi, destinati a nuove festività e a nuovi periodi liturgici, che gradualmente an­davano inserendosi nell'anno ecclesiastico .


FORMAZIONE DEL REPERTORIO

6. Il gregoriano è formato da un ricchissimo e assai vario repertorio di canti. La sua eterogeneità dipende da diversi fattori:
- forma e genere musicale;
- procedimenti compositivi;
- origine ed età.

6.1. Forma e genere musicale

Il repertorio gregoriano è costituito dai canti per l'Ufficio e dai canti per la Messa. Nei primi la differenziazione delle forme liturgico-musicali è data dalle Antifone, dai Responsori e dagli Inni; negli altri dai canti del Kyriale - (Ordo Missae) - (Kyrie, Gloria, Sanctus, Agnus Dei e Credo) e del Proprio (Introito, Tratto, Graduale, Alleluia, Offertorio, Comunione).

Nei canti sia dell'Ufficio sia della Messa si riscontrano tutti i generi e stili compositivi specifici:
- il genere sillabico o declamatorio, quando ad ogni sillaba del testo corrisponde normalmente una sola nota: eS. le Antifone più semplici dell'Ufficio, le melodie più semplici del Kyriale e i Recitativi del Celebrante;
- il genere semi-ornato, quando le sillabe del testo sono rivestite melodicamente da piccoli gruppi di note: eS. i canti di Introito e di Comunione nella Messa; le Antifone più ampie dell'Ufficio;
- il genere ornato 0 melismatico, quando le sillabe del testo sono melodicamente rivestite da una vera e propria fioritura di note: eS. i Responsori lunghi dell'Ufficio, graduali e Offertori.

6.2. Procedimenti compositivi

Nel gregoriano si incontrano tre stratificazioni di repertorio:
- canti formati da melodie-tipo;

- canti formati da melodie centonizzate;
- canti formati da melodie originali.

Molti brani del repertorio gregoriano sono uguali perché formati su uno stesso modello (melodia-tipo): eS. i Graduali di 2° modo in A, i Tratti di 8° modo, le Antifone dell'Ufficio di 4° modo in A, ecc. La maggior parte del repertorio gregoriano invece si è formata mediante il procedimento della centonizzazione, che consiste nel cucire insieme formule di diverso tipo modale: eS. i canti del Proprio della Messa. Vi sono infine melodie originali, create per un solo testo, che non si riscontrano in nessun'altra parte del repertorio: eS. molti canti di Offertorio, come lubilate neo universa terra (GT 227).

6.3. Origine del repertorio gregoriano

La molteplice varietà di melodie nel gregoriano è determinata in parte dal fattore tempo e in parte dalla regione di provenienza.

Il fattore tempo ha contribuito alla diversificazione del repertorio. Le melodie del fondo classico, (cioé appartenenti ad almeno uno dei sei manoscritti prodotti da Dom R.J. Hesbert nell’Antiphonale Missarum Sextuples, il GT e il GN indicano con sigle all’inizio di ogni brano, se il testo è presente in qualcuno di quei manoscritti) comportano una struttura modale differente da quelle delle melodie composte in epoche posteriori.

Le melodie più sviluppate del Kiriale, le Sequenze e i Tropi fino alle composizioni pseudo-gregoriane del XVI e XVII secolo, inserite nell’attuale repertorio, risentono di tonalismo e di movenze melodiche inusitate nel periodo classico. Anche la provenienza è determinante nella formazione estetico-modale delle composizioni.

Nascita del Proprio della Messa

Il Proprio della Messa comprende due generi di canti:
- i canti della schola: le Antifone di introito, di offertorio e di comunione, i cui testi e melodie sono stati composti interamente in un periodo di tempo che va dalla fine del sec. V alla metà del sec. VI. Destinati alla schola comportano uno stile compositivo elaborato;
- i canti del salmista: Cantici, Tratti, Graduali e Alleluia, i primi tre dei quali rappresentano liturgicamente la stratificazione più antica di tutti i canti della Messa. Durante il periodo della formazione del repertorio della schola, anche i canti preesistenti del salmista furono rielaborati nell'ornamentazione per adeguarli al genere compositivo ornato di quelli della schola.

Le melodie dell' Alleluia, composte ancora più tardivamente, prenderanno il medesimo genere compositivo.

La crescita e la formazione del primitivo canto liturgico cristiano vengono interessate da un importante avvenimento: l'affermazione della pluralità di tradizioni liturgiche. Intorno al sec. V si delineano nell'ambito della Chiesa occidentale riti religiosi particolari e, in seguito, repertori liturgico-musicali distinti da quello romano: Tale pluralismo viene favorito nelle diverse regioni ecclesiastiche sia da esigenze cultuali, più adatte alle situazioni locali, sia da tradizioni culturali e spirituali. Anche la notevole distanza tra chiese, tra di loro e con la Chiesa di Roma, ha una parte rilevante in questo fenomeno. Ricordiamo i principali riti e repertori liturgici fioriti in occidente: il beneventano, il milanese, l'aquileiese, il gallicano, il mozarabico e il celtico.

Questa pluralità di riti e canti favorisce tra l'altro lo scambio di testi, canti e festività da regione a regione.
Si pensi ai molti testi comuni nel repertorio gregoriano e milanese; si pensi ancora alle festività e ai tempi liturgici dell'attuale anno ecclesia­stico di rito romano importati da altre regioni (l'Avvento di origine gallicana, ecc.).

Nel sec. VIII, con la riforma romano-carolingia si tenta di ricondurre ad unità i diversi repertori liturgici occidentali. L 'Imperatore Carlomagno ordina che la liturgia e il canto romano sostituiscano nel Regno Franco il rito e il canto gallicano. Compositori e teorici musicali della Gallia tuttavia non accettano la completa sostituzione del loro canto con quello romano; preferiscono una via di mezzo: la fusione dei due repertori. Risultato di una simile fusione-trasformazione è quello che noi oggi chiamiamo Canto Gregoriano, nel quale non si riconosce più ne l'autentico romano ne l'autentico gallicano. In seguito, anche la posizione degli altri repertori liturgici viene a maturare; alcuni dei minori sono soppressi, altri invece si mantengono in vita.

Cogliamo l'occasione per entrare in merito alla questione gregoriana. La convin­zione e la tradizione insieme, che ormai dura da un millennio, secondo la quale il canto liturgico della Chiesa occidentale si chiamerebbe gregoriano, per che S. Grego­rio Magno (590-604) ne sarebbe stato l'organizzatore e, addirittura, l'autore stesso, risale a tre secoli dopo la morte di lui, allorquando fu scritta la sua biografia da un certo Giovanni Diacono, nella quale si attribuisce al grande Papa cultura musicale e doti spiccate di compositore. A seguito di ciò, tale opinione si diffuse un po' do­vunque, in Svizzera (San Gallo), in Francia e nell'Italia del nord (Monza, Verona), al punto che le raccolte dei testi che dovevano essere cantati (non esisteva ancora la scrittura musicale) venivano chiamate gregoriane.

Attorno a questa opinione si intrecciarono anche degli aneddoti, come quello dell'ispirazione divina del canto liturgico. Si racconta infatti, che un giorno fu chiesto a S. Gregorio quando e come riusciva a trovare un po' di tempo per attendere alla preparazione dei suoi sermoni, dal momento che era assillato da continue e gravi preoccupazioni. Si dice che egli avrebbe risposto che quando non gli era possibile preparare i discorsi era meglio, perche avvertiva interiormente di essere guidato dallo Spirito Santo mentre parlava. E da qui l'ispirazione anche per il canto liturgico.

Su questi aneddoti nacquero le magnifiche miniature contenute nei codici e raffiguranti il Papa S. Gregorio, seduto in cattedra, insignito delle vesti pontificali, nell'atto di dettare ad uno scriba le melodie ispirate dallo Spirito Santo in forma di colomba, che gli protende nell'orecchio il becco.

La questione gregoriana deve essere considerata da un punto di vista storico. Per quanto concerne la questione della redazione e della composizione dell'Antifonale, tradizionalmente attribuito a S. Gregorio, gli attuali studi in merito ci permettono di affermare:
- i più antichi Antifonali (quelli dell' Antiphonale Missarum Sextuplex) contengono un calendario liturgico che si può far risalire fino ai papi Gregorio II (725-731) e Gregorio III (731-741) e non oltre;
- dei testi contenuti in questi Antifonali, alcuni sarebbero dell'epoca di S. Gregorio Magno, altri prima e dopo di lui.

In conclusione, se di qualche testo S. Gregorio potrebbe essere il vero autore, circa la melodia nulla si può affermare, sia perché a quel tempo non esisteva ancora la scrittura musicale sia perché nessuna melodia gregoriana porta il nome di qualsiasi autore. È falso inoltre attribuire a S. Gregorio la compilazione di un' Antifonale. Pertanto, l'attributo di gregoriano dato al canto liturgico fu dovuto non certo a di­retta relazione con il Papa S. Gregorio I, ma a connessione con la liturgia del Sacramentario gregoriano (Libro che contiene i formulari del Celebrante), il cui ordina­mento e calendario liturgico si ritrova quasi fedelmente nel repertorio di canti, frutto della riforma romano-carolingia.