Sua maestà il motore

Ferrari è il Motore. Eccezionale sempre, su ogni modello. Ma il propulsore della «F50» può dirsi veramente unico. Come può esserlo un «12k nato solo per correre nel 1989 e modificato per l’utilizzo stradale. Se il motore di «formula 1» ha una vita di 3 ore e non sopporta regimi inferiori a 5000 giri, quello della «F50» soddisfa tutti i requisiti di durata, emissioni inquinanti, affidabilità e guidabilità di ogni Ferrari di serie; resiste a 200 ore in sala prove e gira al minimo regolare come un orologio. Risultati ottenuti portando da 3500 a 4700 la cilindrata, aumentando la corsa (69 mm) rispetto al motore della «640» ma conservandone inalterato la distanza fra i cilindri. Risultato: 383 kW.-520 CV a 8500 giri, coppia massima di 471 Nnm-48 kgm e ... un’ottantina di cavalli già a 1500 giri. Le bancate del basamento formano. una V di 65° e sono rimaste quelle della monoposto, di ghisa sferoidale con canne ricavate direttamente nella fusione a pareti sottili, di 2 mm contro i 4-5 mm del basamento di una vettura di serie. Questa esasperazione implica inesorabili controlli qualità. Per un motore normale le canne di ghisa vanno bene, qui non basta. Per ridurre attriti e usure (il consumo olio, anche in pista, non supera i 500 grammi ogni 1000 km) vengono trattate superficialmente secondo il procedimento Nikasil. La logistica non è da poco: ogni basamento viene fuso e lavorato a Maranello, mandato in Germania alla Mahle per il trattamento e riportato alla Ferrari per l’assemblaggio. I pistoni Mahle sono di lega d’alluminio forgiata, le bielle di titanio. Ogni dettaglio è esasperato, anche le tenute sulla testa sono speciali, con guarnizioni ad anello come quelle della “formula 1”. La testa ha quattro alberi a camme azionati da due catene Morse che azionano direttamente le cinque valvole per cilindro. Mentre in «F.1» occorre smontare gli alberi a camme per accedere alle pastiglie calibrate delle punterie, sulla «F50» le sottili pastiglie fra albero e bicchierino non richiedono operazioni complesse. Degne di un orologiaio svizzero sono le lavorazioni e l’assemblaggio dei sei corpi farfallati eseguite dalla Weber di Bologna, con le 12 farfalle in perfetta sincronia nella regolazione del passaggio dell’aria per i cilindri.


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Il monoblocco di ghisa con
bancate a V di 65 gradi deriva da quello della
monoposto «640».


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I leggeri
pistoni di lega d’alluminio forgiati.

   
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Il gruppo motore-cambio è portante e supporta
anche le sospensioni tipo «push rod» con
ammortizzatori a controllo elettronico.


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L’impianto di scarico con due valvole,
gestite dalla centralina d’iniezione, che variano
la contropressione allo scarico e
migliorano silenziosità e rendimento.
Notare l’ancoraggio del retrotreno.


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La testata è un vero capolavoro di ingegneria meccanica.


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Le bielle di lega di titanio TI6a14V per ridurre la massa delle parti in movimento.


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La potenza specifica raggiunge il livello record per
un aspirato di 111 CV/L Il motore pesa solo 198 kg
grazie all’esasperazione del monoblocco di ghisa derivato dal 12 di «F.1».
Lubrificazione a carter secco.


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Con la soluzione a cinque valvole radiali si migliora
il riempimento dei cilindri agli alti regimi.
La minor massa unitaria consente anche
limiti più elevati.


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