Gerusalemme, Ein Karem,

Israele

Sinagoga del centro medico dell'Università Ebraica Hadassah

Associazione benefica, la società Hadassah, che riuniva nel 1960 molte donne americane di confessione ebraica, è la promotrice di un importante "medical Center" a Gerusalemme. Questo venne costruito a Ein Karem, vicino alla città, dall'architetto Joseph Neufeld, che realizzò anche la sinagoga, costruzione a truttua quadrata sormontata da un tiburio.

Su richiesta della presidentessa dell'associazione, la dottoressa Myriam Freund, Marc Chagall intraprese la realizzazione delle dodici vetrate della sinagoga. Nel giugno 1959 infatti la dott.ssa Myriam Freund e l'architetto Neufeld avevano avuto modo di ammirare la grande mostra retrospettiva di Marc Chagall presentata a Parigi.

In tale occasione la loro intuizione iniziale aveva trovato una conferma; solo Marc Chagall avrebbe potuto conferire al costruendo santuario la necessaria sacralità. E così per la seconda volta nel suo destino di artista il figlio di Vitebsk ritrovava la patria elettiva, Israele, l'antica terra biblica. Per ben due anni, con la foga di un giovane, Mar Chagall affonda nel suo lavoro; schizzi veloci, disegni a penna, acquerelli, collages, guazzi si moltiplicano a testimonianza della sua straodinaria vigoria creatrice. L'ispirazione prende forma per disegnare le dodici tribù di Israele che emergono a poco a poco dalla molteplicità degli studi preparatori e si concludono nelle maquette definitive.

Lo seguono Charles e Brigitte Marq che mettono a sua disposiziona la loro sensibilità e quell'intima comprensione dell'opera sua che si concluderà, nel segreto del laboratorio, nel successo delle 12 vetrate.

Esposte nel 1961 a Parigi, al Musée des Arts Décoratifs, e poi a New York, le dodici vetrate vengono inaugurate a Gerusalemme il 6 e 7 febbraio 1962 in presenza dell'artista e di sua moglie, di Charles e di Brigitte Marq, i maestri-vetrai, e di Jean Leymarie, allora conservatore capo del Musée National d'Art Moderne.

Le vetrate della sinagoga si ispirano alla Genesi (49) e al Deuteronomio (32), esse si riferiscono in particolare a quel gesto che, nella Bibbia, può considerarsi l'atto di nascita di Israele nella storia, e cioè la benedizione, da parte di Giacobbe, di Efraim e di Manasse, suoi nipoti. Prima di morire il patriarca riunisce intorno a sé tutta la sua discendenza, tutta la sua famiglia. Indi chiamando uno dopo l'altro per nome i suoi dodici figli eponimi, antenati e fondatori delle tribù, li benedice. Il gesto solenne consacra ognuno di loro, ma determina anche il futuro. Giacobbe nomina e, con la semplice enunciazione del nome, ne svela la personalità intima e individuale. L'evocazione poetica diventa profezia e rivela una concezione dell'oridne del creato, che unisce la Parola all' Essere. I figli di Giacobbe, Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Zabulon, Issacar, Dan, Gad, Aser, Neftali, Giuseppe e Beniamino ricevono dal padre il loro destino.

Nel Deuteronomio Mosè ripete il gesto di Giacobbe. Le tribù a quel tempo sono impegnate nella realizzazione della loro storia, sono sul punto di entrare nella terra di Canaan compiendo la promessa che era stata fatta loro. Durante la traversata del deserto avevano avuto la testimonianza di essere stirpe eletta: la manna le aveva nutrite, l'acqua dalla roccia di Horeb le aveva dissetate. E infine da Mosè avevano ricevuto anche il Verbo di Dio, fattosi lettera, nel senso concreto del termine, e iscritta sulle Tavole della Legge. A gruppi di tre, orientati sui punti cardinali, essi dovevano vegliare sull'Arca Santa.

Lo spazio interno della sinagoga distruibuisce secondo uno schema simmetrico la collocazione delle vetrate, che, sopra al tabernacolo, sembrano montargli la guardia. Marc Chagall ha sentito profondamente la forza, la bellezza e soprattutto il significato del testo biblico. E la sua opera ne è la più splendida trascrizione plasica, la sublime metafora poetica. Ogni vetrata, pur ossequiente al divieto della legge ebraica di ritrarre la persona umana, raffigura specificatamente ogni tribù. Se la Bibbia pubblicata da Vollard e Teriade è un'opera che glorifica il volto dell'uomo fatto ad immagine di quello di Dio, le vetrate di Gerusalemme sono un inno alla vita stessa della creazione, a ciò che unisce attraverso lo Spirito i diversi regni del Creato.

la rappresentazione di gni tribù attraverso animali simbolici opera una metamorfosi, che dà maggior forza al colore. Si attua una vera e propria corrispondenza cromatica, che riesce a rendere anche la minima sfumatura psicologica evocata dal testo biblico.

Infine la funzione simbolica del colore viene rafforzata dalla sua distribuzione negli spazi. Riunite in gruppi di tre, lungo le quattro pareti della sinagoga, le vetrate sono orientate verso i quattro punti cardinali; e quindi diverso è il loro effetto sotto la luce che le mudula con maggiore o minore intensità.

Marc Chagall ha afferrato in modo mirabile il ruolo determinante della luce che attraversa la vetrata e la anima. Per questa ragione ha rifiutato le tecniche moderne, come quella ad esempio della lastra di vetro, che rende opaco il colore. la sua scelta sia estetica che culturale lo ha guidato alla tecnica tradizionale del medioevo, quella del vetro placccato, che Charles Marq, il suo maestro-vetraio, adottò specialmente per l'opera sua.

Durante gli anni di preparazione del ciclo di Gerusalemme, furono eseguite sul luogo delle prove; la luce della Palestina ( un ineffabile ricordo del primo viaggio nel 1931) possiede una eccezionale intensità; attraversa, splendente, un'atmosfera cristallina, esaltando il colore in tutta la sua purezza e forza.

La vibrazione luminosa permea così lo spazio interno della sinagoga e trasforma lo spazio architettonico in spazio poetico e spirituale.

Occore qui ricordare un testo fondamentale; quello in cui Mosè (Esodo 28, 4-21) riceve le istruzioni da Jahvè per le vesti e gli arredi del sacerdozio destinato ad Aronne e ai suoi figli:"Ecco le vesti che faranno: un pettorale, un efod, un mantello, una tunica ricamata, un turbante e una cintura. Essi faranno vesti sacre per tuo fratello Aronne e i suoi figli, affinché eserciti il mio sacerdozio. Useranno l'oro, la porpora violetta e scarlatta, il cremisi e il lino fine".

La descrizione del paramento sacro, quella del pettorale è, al pari di quella delle altre vesti, di una meticolosa precisione:"farai il pettorale del giudizio, damascato con arte, di identica fattura a quella dell'efod. Lo farai d'oro di porpora violetta e scarlatta, di cremisi e lini fini ritorti..Lo ornerai con pietre incastonate disposte su quattro file. Una sardonica, un topazio e uno smeraldo formeranno la prima riga. La seconda comprenderà un carboncino, uno zaffiro e un diamante; la terza fila un'agata, un giacinto e un'ametista; la quarta fila un crisolite, una corniola e un diaspro. Queste pietre saranno incastonate in castoni d'oro e avranno il nome dei figli d'Israele, e saranno in numero di dodici come i loro nomi. Saranno incise come i sigilli, ognuna con il nome di una delle dodici tribù".

Il testo ci dà così la chiave cromatica delle vetrate d'israele.

Marc Chagall ne segue la gamma che si adegua al significato dei versetti della Genesi e del Deuteronomio. Quattro sono le tonalità dominanti usate, che assumono la funzione sia di simboli che di elementi plastici, il blu, il rosso, il giallo e il verde. Illuminate dalla luce del levante, le prime tre vetrate, quelle di Ruben, Simeone e Levi, armonizzano i valori dei blu a quello del giallo; sulla parete meridionale le vetrate di Giuda, Zabulon e Issacar uniscono i rossi al verde tenue; le tonalità fredde si trovano nella parte occidentale, nelle vetrate di Dan, Gad e Aser; e infine nella parte settentrionale splendono i gialli delle vetrate di Neftali e di Giuseppe per smorzare gli azzurri della vetrata di Beniamino.

In tal modo un vero e propio ciclo cromatico cinge la planimetria quadrata dell'edificio, e l'armonico equilibrio fra il connubio folgorante dei blu e dei gialli, dei rossi e dei verdi sprigiona al minimo fremito di luce la sua potenza di suggestione. Grazie al genio di Mar Chagall, si crea un luogo eccezionale, la cui bellezza esalta la sua profonda spiritualità. La sinagoga Hadassah di Gerusalemme si insedia, dopo il mausoleo di Galla Placidia, fra i capolavori della storia dell'umanità.

 

Allocuzione pronunciata in Yiddish da Marc Chagall all'inaugurazione delle sue vetrate nella Sinagoga del Medical Center Hadassah di Gerusalemme.

Come può l'aria, la terra di Vitebsk, la mia città natale, come possono le migliaia d'anni di Galouth trovarsi mischiati all'aria e alla terra di Gerusalemme?

Come avrei potuto pensare che nel mio lavoro non sarei stato guidato solo dalle mie mani ma anche dalle povere mani dei miei parenti, e che dietro di me si sarebbero agitati e avrebbero mormorato altri ancora,con gli occhi chiusi, le labbra mute, che volevano partecipare alla vita mia?

A me pare che i vostri moti di resistenza nei ghetti, tragici ed eroici, che la vostra guerra, qui , in uesto paese, si siano mescolati ai mei fiori, ai miei animali, ai miei colori di fuoco.

Più il nostro tempo rifiuta di guardare all'aspetto globale del mondo per considerarne solo una piccola porzione della sua pelle, più io divento inquieto considerando quel vuoto nel suo ritmo eterno e più ancora io voglio andar contro questa corrente generale.

Se parlo così è perchè procedendo la vita, si fanno più netti intorno a noi i riflessi della luce e più tragicamente chiaro si fà l'orizzonte? Mi pare che linee e colori scendano dai miei occhi, anche se non piango. Non crediate che vi parli in tal modo per una specie di debolezza, ma al contrario, più procedo negli anni e meglio so quello che voglio e quel che dico.

Io so che il cammino della vita è eterno e insieme breve. L'ho imparato quando ero ancora nel ventre di mia madre, che questo cammino si percorre meglio con l'amore che con l'odio.

Già questi pensieri mi erano venuti, molti anni addietro, quando calcai questo suolo, preparandomi a creare queste incisioni per la Bibbia. ed esse mi diedero il coraggio di preparare il mio modesto regalo al popolo ebraico. Per questo popolo, che da sempre ha sognato l'amore biblico, l'amicizia e la pace con tutti i popoli; per questo popolo che è vissuto qui mille anni addietro in mezzo ad altri popoli semitici.

E questa, che oggi chiamiamo "Arte Sacra", l'ho creata pensando alle grandi creazioni dei popoli semitici vicini. Voglio così sperare di tendere una mano agli amici della cultura, ai poeti e agli artigiani dei popoli che ci circondano.

Ho concluso il cammino di due anni di lavoro per creare le dodici vetrate della Sinagoga di Gerusalemme. Voglio sperare che l'amerete e che essa traboccherà d'armonia così come l'ho sognata.

Ho visto le montagne di Sodoma e del Negev, dalle loro crepe nascevano le ombre dei nostri profeti, nelle loro vesti giallastre, del colore del pane secco. Ho udito le loro antiche parole; non hanno forse detto come agire giustamente e esattamente su questa terra e quale ideale far proprio?

Che questa modesta opera rimanga sulla loro terra, sulla votra terra; ciò mi è di consolazione e di speranza.

Marc Chagall

 

Tratto dal libro:

"Chagall"

Opera monumentale:le vetrate

di Sylvie Forestier