La tribù di Neftali

 

Nèftali è una cerva slanciata

che dà bei cerbiatti.

Gen. 49, 21

Per Nèftali disse:

Nèftali è sazio di favori

e colmo delle benedizioni del Signore;

il mare e il meridione sono sua proprietà.

Det.33,23

 

parete settentrionale, decima finestra

simbolo: Una cerva

pietra: l'ametista, assicura la comunicazione fra i popoli.

La parete settentionale della sinagoga, nella quale stanno le ultime tre vetrate, illustra le tribù di Neftali, Giuseppe e Beniamino, le ultime tre tribù d'Israele. L'ingresso della sinagoga sta sul lato opposto, meridionale, e l'occhio si porta istintivamente sulla parete di fronte. Alle ultime tre tribù è in tal modo riservata una certa qual priorità dallo stesso spazio architettonico. Marc Chagall ha perfettamente colto la solennità della collocazione che attribuisce una preminenza assoluta alla vetrata centrale, quella di Giuseppe. La designazione di quest'ultimo in seno alle dodici tribù d'Israele viene perciò definita sia spazialmente sia simbolicamente e liturgicamente, poichè la serie delle tre vetrate incombe sul tabernacolo. Lo suardo è indotto a collegare l'una all'altra, la discendeza di Giuseppe, figura centrale, alla promessa scritta nella Torah. Le tre vetrate offrono del resto uno straordinario risultato cromatico: il crescendo di luce del giallo, che raggiunge il suo parossismo nella vetrata di Giuseppe, rimane sotto questo profilo esemplare. E' nota la difficoltà del rendere il giallo su vaste superfici; il famoso trattato mediovale di Teofilo, al quale tutti i maestri vetrai del medioevo facevano riferimento, lo metteva già in evidenza. Per ragioni plastiche, ma anche simboliche, Marc Chagall ha tentato l'esperimento. La vetrata di Levi della parete orientale diffonde una luce tanto più dorata in quanto sembra nascere dai blu notturni e complementari che la precedono nelle vetrate di Ruben e Simeone. Maggiore era la difficoltà legata alla realizzazione della parete settentrionale, Mar Chagall la risolse con una concentrazione plastica globale che univa allo sguardo le vetrate successive di Neftali, Giuseppe e Beniamino, e le vetrate contrapposte di Giuda, Zabulon e Issacar. La vetrata di Neftali inizia l'ultima serie ternaria del ciclo. Sopra una campitura di giallo molto chiaro, leggermente acido, si staglia l'animale eponimo di Neftali, la cerva. Qui essa è trasformata in cervo dalle lunghe corna, che riposa addossato a una collina. Una linea curva morbida e insieme sicura ne sottlinea le forme, modellate in bruno. La messa in piombo ne sostiene con delicatezza il grafismo, suggerendone il volume. La figura monumentale occupa tutta la parte inferiore e libera quella superiore per lasciarla ad un uccello in pieno volo. La comosizione è chiaramente bipartita, ma orientata lungo un asse trasversale che unisce e contrappone il cervo all'uccello. Sulla destra, l'azzurro lussureggiante di un albero accompagna la traettoria del volo dell'uccello. Pronto e svelto, Neftali fu il primo a raggiungere Giacobbe con la notizia che Giuseppe era vivo in Egitto. Come spesso avviene con Marc Chagall, l'identificazione dell'animale alato crea dei problemi. Il bestiario privato dell'artista attinge alle fonti del folclore ebraico e slavo; ma la forma immaginaria rimane pur sempre polisemica. Qualsiasi repertorio fiugurativo rimane pertanto aleatorio. Per contro, la molteplicità del significato indotto è indissolubilmente legata alla ricchezza e all'invenzione plastica. In questo caso l'uccello potrebbe essere un'aquila, immagine della forza e della maestà, ma è stato anche visto un gallo. La certezza raggiunta con un riscontro naturalistico degli elementi fiugrativi si dimosta infatti del tutto marginale. Il linguaggio pittorico ha la priorità e, sotto questo aspetto, la monumentalità delle figure è ben più significativa.