La bellezza della croce

 

Pubblicato sul mensile "Il Segno", aprile 2000

Alla ricerca della bellezza che salva vi invito questa sera a meditare sulla bellezza della croce e debbo dire che questo tema mi spaventa. È il tema forse più difficile, più arduo di tutte queste cinque catechesi di Quaresima, anzi logicamente proprio perché così difficile sarebbe dovuto venire per ultimo, ma viene questa sera per primo perché questa sera apriamo la Quaresima davanti alla croce, quella che ho portato processionalmente e soprattutto davanti alla reliquia del chiodo della croce che sta al centro di questa croce dorata.

Questa reliquia preziosissima che di solito si trova in alto, nel fondo dell'abside del Duomo, a molti metri di altezza, viene presentata ai fedeli una volta all'anno soltanto nella festa dell'Esaltazione della Santa Croce. In occasione dell'Anno Santo, abbiamo voluto iniziare la Quaresima con questa reliquia preziosa che ci riporta al Mistero della Crocifissione di Gesù.

È bello aprire questa Quaresima di fronte alla croce perché siamo ancora tutti, ne sono certo, sotto l'impressione profonda del lungo e commosso bacio dato dal Papa al crocifisso in San Pietro dopo le sette richieste di perdono. Vorremmo questa sera in qualche maniera associarci a questo lungo bacio del Papa. E tuttavia questo tema della bellezza della croce rimane un tema arduo, un tema provocatorio. Ho ricevuto qualche tempo fa una lettera che tra l'altro dice così: "Eminenza mi perdoni se le scrivo rubandole un poco del suo poco tempo, ma questa sera ho tentato ancora una volta di rileggere la sua lettera Quale bellezza salverà il mondo ma non sono riuscito ad andare avanti perché continuamente mi ritorna una domanda: perché Lei ha voluto scrivere quella espressione allucinante e terribile, la bellezza è l'amore crocifisso?" .

Certo in queste parole c'è una profonda ragione, perché è chiaro che la croce è qualcosa di orribile, qualcosa di inaccettabile e quindi dobbiamo interrogarci: che cos'è anzitutto la croce?

Per questo in questa catechesi intendo rispondere brevemente a due domande: che cosa si intende quando si parla della bellezza della croce, quale bellezza può avere una cosa che è in sé orrenda e che cosa ne segue per noi?

Rifletteremo dunque anzitutto sulla bruttezza della croce per cercare di cogliere poi qualcosa del mistero della sua bellezza e del senso di questo mistero e delle conseguenze per noi. Mi affido per questa breve meditazione all'intercessione di San Carlo Borromeo che è sepolto proprio qui sotto questo altare. Nella mia camera in Arcivescovado sopra il mio inginocchiatoio c'è un piccolo quadro di San Carlo, un quadro del Morazzone, un pittore morto nel 1626, quindi ancora vicino ai tempi di San Carlo. Questo quadretto, molto bello, rappresenta San Carlo in contemplazione del crocifisso. San Carlo è in ginocchio, tutto raccolto, tutto teso, con la faccia volta in alto e guarda gli occhi di un grande crocifisso che gli sta davanti. Così prego: "Caro San Carlo, tu che hai guardato tanto a lungo il mistero del crocifisso e ne hai colto l'orrore e la bellezza, fa' che noi percepiamo qualcosa dello splendore della gloria che rifulge dal legno della croce".

Partiamo anzitutto dalla bruttezza della croce. Ci pensiamo poco perché siamo abituati a vedere i nostri crocifissi ma certamente se ci pensiamo solo un momento restiamo come smarriti. La crocifissione è un supplizio orribile, uno dei più orribili che ci siano, è un supplizio vergognoso, perché espone il condannato non solo a un tormento ma anche al ridicolo con i gesti di spasimo che compie sulla croce per sfuggire al dolore. È un supplizio crudele, cinico, barbaro, che denota la barbarie dell'umanità, di coloro che l'hanno inventato, un supplizio che nell'antichità veniva riservato agli schiavi, ai traditori, ai nemici. Qualcosa che ci spaventa, che se lo vedessimo davvero nel suo realizzarsi ci farebbe orrore, ci lascerebbe senza parola.

Per questo il cristianesimo primitivo non rappresentava mai il crocifisso, avevano paura di rappresentarlo, soprattutto col realismo dei secoli moderni. La croce era una croce dorata, senza il crocifisso, era simbolo della vittoria sulla morte. Capivano bene che la croce per Gesù era non solo qualcosa di infamante, di crudele, ma il segno della sua apparente sconfitta, il segno del suo essere respinto, il segno del suo apparente fallimento.

Eppure, ed ecco il mistero, questa stoltezza, questa cosa abominevole e orrenda, viene chiamata beata e santa e la liturgia del Venerdì Santo dice: adoriamo il mistero della tua croce. Anche quel chiodo che noi contempliamo, che voi vedete dietro di me al centro della croce, noi lo chiamiamo oggi "santo chiodo". In realtà, se ci pensiamo, è tutto il contrario, dovremmo chiamarlo il chiodo assassino, il chiodo crudele, il chiodo sadico, eppure lo chiamiamo il santo chiodo e anche all'inizio di questa celebrazione ci siamo segnati col segno della croce per dire un gesto di amore e di benedizione.

Ci domandiamo allora in positivo che senso ha, come è possibile parlare di potenza della croce, di gloria della croce, di vanto della croce anzi addirittura di bellezza della croce. Ciò è possibile perché in Gesù crocifisso noi contempliamo una molteplice certezza, la certezza che Dio ci ama incondizionatamente, la certezza che tutte le nostre colpe sono perdonate per il sangue di Gesù, la certezza che Gesù ci è vicino con compassione in tutte le nostre prove della vita e quindi anche la certezza che pure noi avremo il coraggio di soffrire qualcosa per lui.

È unicamente la certezza di questo amore incondizionato di Dio e del suo perdono di tutte le nostre colpe che promana dal crocifisso, è solo questa certezza che spiega la sicurezza e la fermezza con cui il Papa ha potuto compiere in questa prima domenica di Quaresima di quest'Anno Santo un grandioso gesto di pentimento a nome di tutta la Chiesa. Lo ha potuto compiere perché sappiamo che Dio è padre buono, che Dio ci perdona e allora anche noi possiamo perdonare e chiedere umilmente perdono. Tutto ciò è vissuto in verità davanti al crocifisso e ogni nostro proposito di non commettere mai più gli errori del passato si appoggia non sulla nostra fragilità, ma sulla fedeltà di Gesù in croce, sulla misericordia che Egli ci ha mostrato, sul suo amore per noi fino alla morte.

Guardando Gesù crocifisso, guardando il santo chiodo, noi percepiamo negli occhi di Gesu, nel suo corpo piagato, nella durezza di questo chiodo, la certezza che Dio ci ama, che Dio non ci respinge, che Dio ci salva, che Dio ci mette nel cuore la grazia della santità. La croce diventa allora una cosa non solo potente ma gloriosa, splendida, capace di ridare armonia e verità ai nostri rapporti, diventa allora la croce radiante di una misteriosa bellezza.

Tutto ciò richiede che noi come San Carlo, sostiamo volentieri in preghiera davanti alla croce, che noi baciamo i piedi e il volto del crocifisso. Allora ci sentiremo illuminati e confortati dal mistero delle sue piaghe, leggeremo sul legno dell'infamia e della crudeltà, lo splendore dell'amore di Dio e della gloria del Risorto, e tutto ciò avrà come conseguenza che anche le nostre croci, piccole o grandi, non sono più soltanto cose che ci affliggono o ci disperano, ma possono essere lette come una partecipazione a quel mistero di salvezza che salva il mondo.

Vorrei concludere questa catechesi suggerendovi alcune domande. Una prima domanda la esprimo così: quando si parla di croce che cosa mi viene in mente? Forse i fastidi della vita, quelli che chiamiamo le croci, forse la pazienza che mi è tanto necessaria nelle prove, ma forse anche, ed è molto più giusto, l'amore di Dio per me, la certezza di essere perdonato, la forza della passione e morte di Gesù che mi salva.

Abituiamoci a usare questa parola "croce" non solo per i fastidi e le pesantezze piccole o grandi della vita, ma anzitutto per dire: Dio ci ha tanto amato, Dio ha dato per me suo figlio, Gesù è morto per salvarci, Gesù ci ama, ci perdona e ci fa risorgere. Ecco la prima domanda, una riflessione su che cosa ci viene in mente quando sentiamo menzionare la croce. Una seconda domanda che è molto attuale: come guardo ai crocifissi di questo mondo, ai poveri, ai malati, agli emarginati, ai lebbrosi nel corpo e nell'anima, ai profughi e ai senza tetto, ai disperati e ai carcerati, come guardo ai crocifissi di questo mondo? Con fastidio? Volgendo la testa dall'altra parte? Magari addirittura con disprezzo oppure con amore, con desiderio di consolare, di confortare, di condividere?

Arcivescovo Carlo Maria Martini

Lunedì 13 marzo, in Duomo, Carlo Maria Martini ha tenuto la prima delle cinque catechesi quaresimali. Ne pubblichiamo ampi stralci riprendendo la pagina dell'arcivescovo pubblicata sul mensile "Il Segno".

La "bellezza della croce" via di salvezza per tutti

 

Lunedì 13 marzo si è svolta in Duomo alla presenza dei membri dei Consigli pastorali parrocchiali la prima catechesi quaresimale del cardinal Martini dal titolo "La bellezza della croce": Edith Stein scelta come modello da imitare. Pubblichiamo alcuni stralci della riflessione.

[...] È bello aprire questa Quaresima di fronte alla croce perché siamo ancora tutti, ne sono certo, sotto l'impressione profonda del lungo e commosso bacio dato dal Papa al crocifisso in San Pietro dopo le sette richieste di perdono. Vorremmo questa sera in qualche maniera associarci a questo lungo bacio del Papa. E tuttavia questo tema della bellezza della croce, come ho detto, rimane un tema arduo, un tema provocatorio. [...]

E partiamo anzitutto dalla bruttezza della croce perché noi ci pensiamo magari poco perché siamo abituati a vedere i nostri crocifissi ma certamente se ci pensiamo solo un momento restiamo come smarriti, la crocifissione è un supplizio orribile, uno dei più orribili che ci siano, è un supplizio vergognoso, perché espone il condannato non solo a un tormento ma anche al ridicolo con i gesti di spasimo che compie sulla croce per sfuggire al dolore, per passare da una fitta di dolore all'altra, quindi è un supplizio crudele, cinico, barbaro, che denota la barbarie dell'umanità, di coloro che l'hanno inventato, un supplizio che nell'antichità veniva riservato agli schiavi, ai traditori, ai nemici, quindi qualcosa che ci spaventa, che se lo vedessimo davvero nel suo realizzarsi ci farebbe orrore, ci lascerebbe senza parola, e per questo il cristianesimo primitivo non rappresentava mai il crocifisso. [...] San Paolo era pienamente conscio che della croce si ha paura a parlare. Eppure ed ecco il mistero, questa stoltezza, questa cosa abominevole e orrenda, viene chiamata beata e santa e la liturgia del Venerdì Santo dice adoriamo la tua croce [...] e anche all'inizio di questa celebrazione ci siamo segnati col segno della croce per dire un gesto di amore e di benedizione e anche nel Vangelo della Trasfigurazione Gesù risplendente di luce e di gloria parla con Mosè ed Elia della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. Dunque Gesù anche in quel momento di splendore, di gloria che fu la sua Trasfigurazione anticipo della risurrezione parla della sua morte. La gloria di Gesù non è separabile neppure per un istante dalla croce. E anche la santa Edith Stein che abbiamo preso come nostra protettrice per le riflessione sulla bellezza della croce, questa donna uccisa nel campo di concentramento di Auschwitz, colei che al Carmelo volle essere chiamata Teresa Benedetta della Croce, racconta il suo primo incontro con la croce, quella che dice essere stata "la mia prima esperienza della forza divina che dalla croce emana e si comunica a coloro che l'abbracciano". Anche San Paolo dice: "La Parola della croce per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio". E disse addirittura nella lettera ai Galati: "Non ci sia altro vanto per me che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo". Dunque ci domandiamo allora in positivo che senso ha come è possibile parlare di "potenza" della croce, di "gloria" della croce, di "vanto" della croce anzi addirittura di "bellezza" della croce. Ciò è possibile perché in Gesù crocifisso noi contempliamo una molteplice certezza: la certezza che Dio ci ama incondizionatamente, la certezza che tutte le nostre colpe sono perdonate per il sangue di Gesù, la certezza che Gesù ci è vicino con compassione in tutte le nostre prove della vita e quindi anche la certezza che pure noi avremo il coraggio di soffrire qualcosa per lui. [...]

La croce diventa allora una cosa non solo potente ma gloriosa, splendida, capace di ridare armonia e verità ai nostri rapporti, diventa allora la croce radiante di una misteriosa bellezza, ma tutto ciò richiede che come dice Edith Stein, come ha fatto il Papa nel suo gesto della prima domenica di Quaresima, noi abbracciamo la croce, tutto ciò richiede che noi come San Carlo, sostiamo volentieri in preghiera davanti alla croce, baciamo i piedi e il volto del crocifisso. Allora ci sentiremo illuminati e confortati dal mistero delle sue piaghe, leggeremo sul legno dell'infamia e della crudeltà lo splendore dell'amore di Dio e della gloria del Risorto. E tutto ciò avrà come conseguenza che anche le nostre croci, piccole o grandi, non sono più soltanto cose che ci affliggono o ci disperano, ma possono essere lette come una partecipazione a quel mistero di salvezza che salva il mondo. [...]

pubblicato sul settimanale "Il nostro tempo"
19.3.99

La "bellezza della parola" verso orizzonti infiniti

 

Martedì 21 marzo è stata trasmessa la seconda catechesi quaresimale del cardinal Martini dedicata a "La bellezza della Parola". La figura di riferimento è stata, in questa occasione, Santa Teresa di Gesù Bambino. Pubblichiamo alcuni stralci della riflessione

[...] Siamo alla seconda catechesi di questa Quaresima del 2000, il tema generale di queste catechesi è "Cinque bellezze che salvano il mondo". È il tema, come ben sapete, ispirato dalla mia Lettera pastorale che ha come titolo "Quale bellezza salverà il mondo?". [...] Questa settimana dedichiamo la nostra catechesi al tema della bellezza della Parola e lo facciamo con l'aiuto di Santa Teresa di Gesù Bambino. Ma vorrei dire anzitutto, prima di cominciare questa catechesi, che la viviamo in profonda unione di preghiera col Santo Padre che visita i luoghi Santi della Giordania e di Israele, cioè quei luoghi dove la Parola di Dio si è espressa in modo straordinario, in modo definitivo, in Gesù. Quindi ci sentiamo molto uniti al cammino, al pellegrinaggio del Santo Padre. E vorrei ricordare ancora in apertura un'altra Parola del Papa che traggo dal suo messaggio per la Quaresima di quest'anno là dove dice: "La Quaresima porta i cristiani a confrontarsi con la Parola del Dio vivente". Vogliamo dunque in questa Quaresima anche noi confrontarci con questa parola di Dio. Il testo evangelico di riferimento per tutte queste catechesi è il racconto della Trasfigurazione di Gesù del Vangelo secondo Luca al capitolo nono che contiene tre versetti che mostrano come al centro dell'episodio stia anche la Parola di Dio. [...] Dunque nel centro di questo racconto sta la Parola di Dio nella sua forma orale, nella presenza che essa ha in Gesù e poi nella sua forma scritta, quella che viene a noi attraverso la Scrittura. Voi tutti comprendete molto bene come questo tema della bellezza della Parola di Dio riassume una delle preoccupazioni e delle componenti fondamentali di tutti i venti anni del mio episcopato a Milano: aiutare tutti i cristiani e tutti gli uomini a scoprire la bellezza della Parola di Dio, in particolare della Parola di Dio contenuta nelle Scritture, insegnare a pregare a partire dalla Bibbia. [...] Dunque in questa catechesi mi riferisco alla Parola di Dio che risuona nella Scrittura Sacra. E vorrei in questa catechesi parlarvi della bellezza di questa Parola [...], rispondendo a tre domande. Prima domanda: "Ma è veramente bella e attraente questa Parola? Non è essa forse anche difficile, complessa, lontana dal nostro mondo, portatrice di messaggi e di simboli che sono di altre culture e quindi difficilmente comprensibili per noi?" In un secondo momento vorrei cercare di dire allora in positivo in che cosa consiste la bellezza di questa Parola. Infine, in un terzo momento, vorrei rispondere alla domanda: "ma come gustare allora in pratica questa bellezza, come scoprire il fascino delle Scritture?". [...] Si tratta anzitutto di una bellezza artistica e letteraria. [...] Inoltre la Scrittura è modello di un linguaggio concreto, di un linguaggio capace di interpellare il lettore. [...] Potremmo dire che la Scrittura, in tutte le sue pagine, porta come un riflesso dell'armonia divina, un riflesso della bellezza di Dio. Vorrei citare la testimonianza di un'attenta lettrice della Scrittura che è colei a cui facciamo riferimento in questa catechesi, Santa Teresa di Gesù Bambino che [...] dice: "Leggo certi trattati spirituali, il mio povero Spirito si stanca molto e presto chiudo il dotto libro che mi riempie la testa e mi inaridisce il cuore e prendo la Sacra Scrittura. Allora tutto mi appare luminoso, una sola parola svela alla mia anima orizzonti infiniti". [...] Dunque la Scrittura, quando l'avviciniamo davvero, è bella artisticamente e letterariamente, è concreta, è capace di interpellarci, è feconda di nuovi pensieri e di nuove intuizioni. Ma qui debbo venire al pratico per concludere questa catechesi con qualche suggerimento. [...] Una prima esperienza è quella di domandarsi ogni volta che si legge una pagina della Scrittura: "Che cosa dice questo testo?" Spesso noi saltiamo questo passaggio, soprattutto con quelle pagine che già conosciamo [...], invece la sorpresa è quando ci mettiamo a rileggerle con attenzione. [...] Io uso questo metodo ogni volta che devo spiegare un testo, mi rimetto davanti alla pagina come se fosse la prima volta. [...] E allora di qui può partire la seconda esperienza che è una domanda: "Ma che cosa dice a me questa pagina?" E qui avviene tante volte quella scoperta che fa sussultare il cuore: l'ho vista soprattutto in giovani che leggono la Scrittura, il Vangelo e che, ad un certo punto, trasaliscono di stupore perché si accorgono che questa pagina, questa parola, parlano proprio di me, dicono ciò di cui ho bisogno adesso, mi spiegano, mi scuotono, mi sconvolgono, fanno chiarezza nella confusione che ho dentro, mi interpellano, magari mi chiamano, mi consolano, mi offrono perdono, mi offrono pace. Sperimentiamo che la Scrittura è un' interpellazione dello Spirito Santo a ciascuno di noi. E vorrei sottolineare questo aspetto della consolazione che dà la lettura delle Scritture. [...] Dunque la Scrittura illumina, chiarisce, orienta, conforta e consola. E vorrei terminare con alcune domande. La prima domanda sarebbe quella di condividere gli uni con gli altri ciò che ci fa più difficoltà nell'ascoltare la Bibbia. [...] E poi, domandiamo alla nostra esperienza come possiamo superare queste difficoltà. [...] E vorrei suggerivi una terza domanda, che trovo sempre molto efficace: domandiamoci quale pagina del Vangelo mi piace di più, con quale pagina evangelica mi identifico di più e perché. E facendo così vediamo che è possibile passare dalle pagine che subito troviamo più facili e più belle a quelle meno facili, mettendole in relazione le une con le altre. E infine vorrei suggerire per i gruppi di studio un esercizio pratico e concreto, leggere insieme, magari uno dopo l'altro o a turno, come abbiamo fatto qui, i testi biblici. [...]

pubblicato sul settimanale "Il Nostro Tempo"
26.3.99

La preghiera: bellezza che attrae e dà gioia

 

Martedì 28 marzo il cardinal Martini ha tenuto il terzo incontro quaresimale dal titolo "La bellezza della preghiera". La santa scelta come modello di donna di preghiera è santa Teresa d'Avila, carmelitana, vissuta nel XVI secolo. Pubblichiamo ampi stralci della riflessione.

[...] Nelle catechesi precedenti abbiamo considerato la bellezza della croce e la bellezza della parola e oggi siamo chiamati a considerare la bellezza della preghiera e per questo abbiamo letto, del racconto della Trasfigurazione che ci guida in queste catechesi, i due versetti dove appare la concomitanza tra preghiera e bellezza. È mentre pregava, che il volto di Gesù cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Dunque pregando Gesù diventa bellissimo ed è questo rapporto tra preghiera e bellezza che vorremmo approfondire insieme. Dico subito quali saranno i quattro momenti di questa catechesi. Il primo sarà una domanda sul negativo: è davvero bella la preghiera? [...] In un secondo momento ci domandiamo: perché è bella in positivo la preghiera? La terza domanda sarà: come gustare la bellezza della preghiera? E infine come quarto punto proporrò alcuni interrogativi per la riflessione. Anzitutto la domanda: è davvero bella la preghiera? [...] Ci sono alcuni aggettivi negativi con cui qualifichiamo talora la preghiera, per esempio, diciamo la preghiera è faticosa e richiede sforzo, richiede perseveranza, allora è un po' come camminare nel deserto continuare la preghiera. Un secondo aggettivo che qualifica in negativo la preghiera è che spesso è distratta [...]. La terza serie di aggettivi negativi applicati alla preghiera è quella che riguarda il suo carattere ripetitivo e monotono e questo appare soprattutto quando si pensa a certe preghiere come il Rosario e ancora molti dicono: "La preghiera è frustrante cioè prego e non ottengo, ho pregato e non ho ottenuto, prego e non cambia niente e dunque è meglio lasciare la preghiera". […] E qui vorrei dire alcune cose ma le lascio dire alla testimone di oggi, santa Teresa d'Avila, dottore della Chiesa, la Santa che ha forse scritto le pagine più belle, più attraenti sul tema della preghiera. Anzitutto la preghiera è bella perché è un gesto di amicizia, è un atto di amore. […] Un secondo motivo per cui la preghiera è bella è il fatto che la preghiera in qualche modo ci trasfigura, questo l'abbiamo visto nel brano che abbiamo ascoltato all'inizio l'episodio della Trasfigurazione descritto in Luca 9: Gesù diviene bellissimo pregando. Ma questo non vale soltanto per questo momento della vita di Gesù. […] Un terzo motivo per la bellezza della preghiera lo esprimerei così: la preghiera, malgrado tutte le apparenze, è un gesto efficace per chi ha fede, per chi si abbandona alla Parola di Dio […] e anzi vorrei esprimermi anche così: ogni parola e ogni preghiera che diciamo col cuore anche se magari un po' distratti, è costruire un ponte verso l'eternità. La preghiera ha sempre efficacia, costruisce questo ponte, ogni parola della preghiera che sembra buttata nel vuoto e buttata verso l'eternità ha una realtà eterna, non viene mai meno, mentre tutte le altre parole che diciamo, sappiamo che passano e finiscono. Ogni parola di preghiera rimane in eterno e questo è quindi un aspetto che, quando l'abbiamo compreso, diventa affascinante e ci fa trovare bella la preghiera. Vengo alla terza domanda: se la preghiera è bella, come gustarla? Come arrivare a sentirne la bellezza anche nei momenti di fatica o di frustrazione? Voglio ricordare qui quattro vie per gustare la preghiera […]: silenzio, cominciare sul serio la preghiera, perseverare e insistere. E, infine, un'ultima condizione che richiamo la prendo pure da santa Teresa: "Se siete nella gioia potete contemplarlo risorto, e nel vederlo uscire dal sepolcro, la vostra allegrezza abbonderà. Che bellezza! Che splendore! Quanta maestà! Se invece siete afflitte o fra i travagli, potete contemplarlo mentre si reca al giardino degli ulivi". […] Vorrei proporre quattro domande per la vostra riflessione: primo, la preghiera per me è piuttosto facile o difficile? E sarebbe bello scambiarsi le esperienze a proposito di questa facilità o difficoltà della preghiera per imparare anche da altri. Seconda domanda: che cosa mi aiuta a pregare più volentieri? Ci sono alcune cose che ci hanno aiutato e possono aiutare anche altri. E terza domanda che appena accenno perché richiederebbe un lungo approfondimento: come vivo l'equilibrio tra preghiera liturgica e preghiera personale? Perché quanto abbiamo detto vale per ogni preghiera, ma naturalmente vale per quella preghiera perfettissima che è l'Eucaristia, che è la Messa, che è la preghiera ufficiale della Chiesa in Gesù. […] E vorrei concludere, leggendo l'ultimo versetto dalla prima Lettera ai Tessalonicesi capitolo quinto: "State sempre lieti, pregate incessantemente". Qui vorrei notare qualcosa che è implicito soltanto in san Paolo e ricordiamo tuttavia che questa prima Lettera ai Tessalonicesi è il documento più antico del Nuovo Testamento, il primo documento scritto in maniera così completa come una lettera tra tutti i documenti del Nuovo Testamento. Ebbene mi colpisce che in questo che è il più antico documento cristiano che esista nel canone del Nuovo Testamento, alla conclusione, Paolo dia alcune ammonizioni messe quasi in forma poetica. Le prime due sono queste: "siate sempre lieti" e "pregate incessantemente". San Paolo non lo dice esplicitamente, ma l'accostamento è chiaro e mi pare che dica: volete essere sempre lieti pregate incessantemente, una cosa aiuta l'altra.

teresa d'avila La sua "amicizia" profonda con Dio

Luisa Bove

anta Teresa d'Avila (1515-1622), carmelitana spagnola e prima donna ad essere riconosciuta dottore della Chiesa, molto ha scritto e soprattutto molto ha pregato nella sua vita. Per lei la preghiera "ha significato una comunione profonda con il Signore, che lei desiderava da tutta la vita", dice Dora Castenetto, docente di Teologia spirituale alla Facoltà teologica dell'Italia settentrionale. "Ma nel contesto storico del suo tempo e per i cristiani ai quali ha insegnato, ha voluto dire un modo di concepire, proporre e vivere la preghiera includendo la realtà. In una Spagna in cui il problema della preghiera era molto vivo: era proibito alle donne pregare, fare orazione mentale e soprattutto era vietato accostarsi alla Parola di Dio". Il segreto della preghiera, dice Teresa D'Avila, è il silenzio e la perseveranza... Per questo santa Teresa insegna a trovare momenti di solitudine, in cui l'uomo rientra in se stesso, riprende in mano la propria vita, entra in rapporto con Dio a partire dalla prospettiva cristiana della Parola. La perseveranza è messa in luce dalla carmelitana quando parla della preghiera come "amicizia": gli amici non si incontrano soltanto sporadicamente, ma mantengono tra loro un rapporto di comunione al di là delle parole, dei tempi e delle cose da fare, e l'amicizia è così profonda che sostiene anche oltre i momenti particolari di incontro. Di fronte alla preghiera, ha detto il cardinal Martini, a volte ci si ferma. Ci sono stati momenti nella vita di santa Teresa in cui si è fermata? Come li ha superati? Forse fermata no, però ha incontrato molte difficoltà e distrazioni. E indica un itinerario di preghiera che parte dalle cose più semplici. Non ha paura a dire che l'inizio della sua esperienza di preghiera ha avuto bisogno di un libro che la aiutasse a pensare. I momenti di difficoltà sono poi quelli dell'aridità, del buio della fede, quando la preghiera non ha risonanza alcuna nel nostro cuore, quando la fatica dei rapporti, il giudizio degli altri può pesare a tal punto che sembra allontanarsi questa prospettiva. Sarà proprio in questi momenti in cui Teresa dirà che bisogna comunque pregare e aiutarci con lo sguardo al Vangelo, a Gesù e perfino alle icone. Lei stessa, nel monastero dell'Incarnazione, ricorda tante volte di essersi fermata davanti alle icone a pregare. Quale itinerario suggerisce? Lo dice bene nella sua "Vita".Quattro, scrive, sono i gradi della preghiera. All'inizio può essere faticosa ed è come se l'uomo cavasse da sé l'acqua da un pozzo; il secondo livello è quello di essere aiutati da strumenti particolari (che lei chiama noria) per attingere acqua con minor fatica; meglio ancora però, dice santa Teresa, è prenderla da un fiume o da un ruscello; ma quando una persona non ce la fa neppure attraverso questi mezzi, ed è il quarto grado, il momento più alto della preghiera, allora deve lasciare che l'acqua sgorghi dalla pioggia o dal cielo. Con questo vuole dire che l'iniziativa della preghiera non sta nei nostri sforzi, in un volontarismo esacerbato, ma nel lasciare che il Signore entri nella nostra vita come la pioggia, che innaffia senza alcuna fatica.

pubblicato sul settimanale "Il Nostro Tempo"
2.4.2000