Che cosa lascia il Papa pellegrino alla Terra Santa dei due popoli, delle tre religioni, della cristianità divisa e frammentata (sei riti cattolici, nove Chiese ortodosse, tre Chiese protestanti)?

e cosa lascia a noi???

volevo "chiudere" tutte le impressioni" che ho stralciato e letto

riguardo il Papa con una domanda...

Che cosa lascia a noi?

Il grande PELLEGRINO della pace
e TESTIMONE della fede?

Vi lascio con questo articolo tratto

da Famiglia Cristiana,

ciao

Nico

Il sogno della pace a portata di mano

Dalla Terra Santa, dove il dialogo ecumenico è sempre stato difficile, il Papa ha rinnovato l’appello a "superare la scandalosa impressione" suscitata dalle divisioni tra le religioni.

Il viaggio di Giovanni Paolo II in Terra Santa ha avuto una vasta gamma di profili. Ne segnaliamo tre: il pellegrinaggio personale di papa Wojtyla ai luoghi sacri dell’Antico e del Nuovo Testamento; la visita pastorale a comunità cristiane dal passato tormentato e dal presente fitto di timori e incertezze; il contatto con il conflitto arabo-israeliano.

Il Papa teneva moltissimo a questo pellegrinaggio da monte a monte: incominciato in febbraio sul Sinai, è proseguito nei giorni scorsi sul Monte Nebo (Giordania) e s’è concluso sul Calvario. Prima di approdare al Santo Sepolcro e alla tomba vuota del Risorto, il Pontefice aveva pregato a Betlemme, nel Cenacolo della prima Eucaristia e della Pentecoste, sul monte delle Beatitudini, nella casa di Pietro a Cafarnao, nella basilica dell’Annunciazione a Nazareth.

Nella Lettera dell’anno scorso "Sul pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza", il Pontefice aveva anticipato il senso di questo viaggio: "Andare in spirito di preghiera da un luogo a un altro, da una città all’altra, nello spazio particolarmente segnato dall’intervento di Dio, ci aiuta non soltanto a vivere la nostra vita come un cammino, ma ci dà plasticamente l’idea di un Dio che ci ha anticipati e ci precede, che si è messo Egli stesso in cammino sulle strade dell’uomo, un Dio che non ci guarda dall’alto, ma si è fatto nostro compagno di viaggio".

In Terra Santa il Papa ha incontrato una comunità cattolica numericamente esigua (107 mila fedeli in Israele, 71 mila in Giordania), che si va ulteriormente assottigliando a causa dell’emigrazione. I cristiani emigrano soprattutto per ragioni economiche, ma anche l’incertezza del quadro politico spinge alcuni ad andarsene. Il Pontefice ha chiesto espressamente ai cattolici di rimanere: "Non temete di preservare la vostra presenza e il vostro patrimonio nel luogo stesso in cui il Salvatore è nato", ha detto a Betlemme. Ai cattolici ha anche chiesto maggiore unità e collaborazione: tra le loro comunità e con le altre Chiese cristiane. In Terra Santa, per ragioni storiche ed esistenziali, il dialogo ecumenico è sempre stato difficile. Oggi lo è un po’ meno, e il Papa ha incoraggiato a "superare la scandalosa impressione suscitata dai nostri dissensi e dalle nostre controversie".

Uno dei momenti più toccanti del pellegrinaggio di Papa Wojtyla è stata la sosta intensa, commossa, allo Yad Vashem, il memoriale dell’Olocausto. Pur con qualche voce discorde, il discorso e l’atteggiamento del Pontefice in questo luogo sacro è stato apprezzato dagli israeliani. I cui leaders avevano anticipato che avrebbero fatto di tutto per mantenere al viaggio del Papa il suo carattere religioso e spirituale. Ma ha incominciato il presidente Weizman, fin dall’arrivo di Giovanni Paolo II a Tel Aviv, a evocare Gerusalemme "capitale eterna e indivisibile" d’Israele. È il nervo più scoperto del conflitto arabo-israeliano. Tant’è vero che il giorno dopo il leader palestinese Yasser Arafat ha replicato, da Betlemme, che Gerusalemme è la "capitale eterna" dei Palestinesi. Durante l’Incontro interreligioso, il rabbino capo Meir Lau ha ringraziato il Papa per aver riconosciuto lo Stato d’Israele (vero), con Gerusalemme sua capitale (non vero), suscitando l’indignata reazione del rappresentante musulmano.

Era difficile lasciare la politica fuori dal cammino di questo pellegrinaggio. Lo stesso Pontefice ha ricordato che "l’opinione mondiale segue con molta attenzione il processo di pace che coinvolge tutti i popoli della regione nella difficile ricerca d’una pace duratura, con giustizia per tutti". E a Betlemme, davanti ad Arafat e agli altri esponenti dell’Autorità palestinese, ha sottolineato: "La Santa Sede ha sempre riconosciuto che il popolo palestinese ha il diritto ad avere una patria e il diritto a poter vivere in pace e tranquillità con gli altri popoli di quest’area