La preghiera dei centomila
trionfo del Papa in Galilea

Giovani accorsi da tutto il mondo hanno assistito alla messa al Monte delle Beatitudini

dal nostro inviato MARCO POLITI


MONTE DELLE BEATITUDINI (Israele) - Sulle orme di Cristo Giovanni Paolo II approda alle rive del Lago di Galilea. Centomila giovani di ogni parte del mondo lo attendono sulle falde del Monte delle Beatitudini. Hanno sfidato l'acqua e il fango per osannarlo, per celebrare con lui la messa fra i prati, dove Cristo esaltò i miti, i misericordiosi, gli afflitti promettendo loro il regno dei cieli. "Viva il Papa", urla uno speaker. "Yeah", è il rombo che sale dall'assemblea.
E' la più grande concentrazione di giovani cristiani in preghiera che la Galilea abbia mai visto. Canti, balli, suoni di ogni angolo del mondo fanno vibrare l'aria. Gli israeliani hanno ribattezzato l'accampamento la Woodstock cattolica, ma sebbene le melodie si spandano dalla collina fino alle rive del lago, c'è un fervore religioso che tutto travolge. "Qui mi sento, anzi ci sentiamo tutti come veri discepoli del Signore", racconta Raul venuto dall'Uruguay.
Pachistanti e indiani, separati in Asia dalle guerre, qui spezzano il pane insieme. Ci sono africani e americani di Chicago, italiani di Sorrento e maroniti del Libano, ragazzi della Polonia e del Cile, della Romania e del Brasile e tanti cristiani arabi venuti dai territori palestinesi. Qualcuno si è dipinto la faccia con la grande croce vermiglia della Terrasanta, una ragazza ha la guancia destra bianca e quella sinistra gialla come la bandiera vaticana.
Perché? "Perché amiamo John Paul II". Sono venuti anche drappelli di drusi, ebrei e musulmani, che non hanno resistito alla tentazione di incontrare il Papa di Roma. Una giovane poliziotta israeliana, i lunghi capelli biondi che prorompono dal berretto, confessa di essere emozionatissima, eccitatissima. "Io non c'entro niente con la Chiesa cattolica - dice - ma lui mi attrae, perché è un santo".
Il vecchio Papa sembra ringiovanito. Dall'alto dell'elicottero ha assorbito in silenzio la visione della grande distesa d'acqua, dove tirava le reti il suo predecessore di duemila anni fa: Simone detto Pietro. Se il suo anello, che i fedeli baciano religiosamente, si chiama l' "anello del pescatore", è perché tutto è cominciato tra le reti e le barche di questo lago. Dopo una notte di pioggia la superficie è blù come il mare. Ecco Tiberiade, sulla riva occidentale, ecco Magdala, la città della peccatrice Maria perdonata perché amava troppo, laggiù è Cafarnao dove Pietro abitava, più in là - a Tabgha - Gesù moltiplicò i pesci e i pani e proprio lì, dove le acque si accaniscono contro uno scoglio, Cristo disse a Pietro: "Pasci le mie pecorelle". A fine giornata il Papa si fermerà lì per pregare.
C'è un viaggio parallelo, che Wojtyla sta facendo in questi giorni, un viaggio dentro la sua anima. Appena può si chiude in meditazione. Quando si è recato sul posto del battesimo di Cristo, ha rifiutato la cuffia che il pilota dell'elicottero gli offriva, perché non voleva nessuna informazione. Voleva pensare. A Betlemme ha fatto allontanare tutti dalla cappella della Greppia per leggere venti minuti da solo il suo breviario. Anche nella sala del Cenacolo, a Gerusalemme, Wojtyla ha chiesto venticinque minuti di solitudine per immergersi in preghiera.
Sul Monte delle Beatitudini la preghiera si esprime con i canti.
Giovanni Paolo II, rivestito di paramenti d'oro, sta seduto su un trono, che ha il colore della pietra e reca incisa una grande croce. Alle sue spalle una vela tesa con il Cristo, che regge il Vangelo. "Amate i vostri nemici. Vengo presto", è scritto a grandi lettere. "Vado in Galilea", cantano a squarciagola i neocatecumenali. Di fronte al Papa sta l'immensa moltitudine, che digrada verso le sponde del lago. L'acqua cambia colore continuamente. In lontananza, alla sua sinistra, si stagliano massicce le alture del Golan, su cui stanno negoziando duramente siriani e isrealiani.
Giovanni Paolo II vede dinanzi a sé decine di migliaia di facce esultanti, tantissime bandiere nazionali, tantissimi striscioni, fazzolettoni con le parole di Gesù: "Seguimi". C'è anche un vessillo inventato apposta per Wojtyla. Reca la sigla GP II , un cuore rosso e tante colombe di differenti colori. Si celebra una messa in cui si mescolano riti diversi: maronita, greco- cattolico, bizantino, siro-antiocheno. Si prega in arabo, inglese, francese, spagnolo, latino. E' la giornata dell'orgoglio cristiano in questa Terrasanta, in cui i seguaci del Nazareno sono ormai ridotti al di sotto del due per cento.
Wojtyla è caricatissimo. Lo si sente dalla voce ferma. Su questo monte, esclama, Gesù ha esaltato quelli che il mondo considera i deboli: i poveri di spirito, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati. I perdenti, insomma. Nel mondo, afferma il pontefice, si sente spesso un'altra voce: "Beati i superbi, i violenti, coloro che prosperano a qualunque costo, che non hanno scrupoli, che sono senza pietà, che fanno la guerra invece della pace".
La folla lo segue ipnotizzata. Il Papa fa ogni tanto delle pause, quasi per strappare l'applauso, ma i giovani temono di interrompere il suo eloquio. "Gesù offre un messaggio molto diverso - esclama Wojtyla - Non lontano da qui chiamò i suoi primi discepoli, così come chiama voi ora. La sua chiamata ha sempre imposto una scelta fra le due voci in competizione per conquistare il vostro cuore, anche ora, qui su questa collina: la scelta fra il bene e il male, la scelta fra la vita e la morte".
Dal posto dove gli antichi ebrei ascoltavano rapito Gesù, Karol Wojtyla alza la sua voce. Il sole ha rotto la coltre delle nubi, mentre il vecchio giovane papa grida: "Quale voce sceglieranno di seguire i giovani del XXI secolo? Essere buoni cristiani può sembrare un'impresa superiore alle vostre forze nel mondo d'oggi, ma Gesù non vi lascia soli ad affrontare la sfida".
I centomila lo capiscono. Molti hanno bivaccato o viaggiato la notte e fatto lunghe file per i controlli di sicurezza proprio per sentire queste parole. Esplodono in applausi, in ovazioni. Cecil de Mille avrebbe adorato la scena. Il Papa sul suo trono, un ventaglio di vescovi con la mitra bianca alle sue spalle, una folla variopinta di fronte e più lontano le acque del mare su cui camminò Cristo. "O Signore Gesù - scandisce ispirato il successore del pescatore Pietro - sii con loro sempre, specialmente quando seguire te e il Vangelo diventa difficile e arduo. Sarai tu la loro forza, sarai tu la loro vittoria!".

 

Gli ebrei scoprono
i "fratelli" cristiani


di DAVID GROSSMAN


PER tre ore, ieri, fede e mito si sono fusi con la realtà, con la terra concreta, con i nomi al centro della cultura occidentale. Per tre ore, specialmente scrutando i volti di migliaia di pellegrini, è stato possibile a chiunque identificarsi con la forza della speranza nel luogo dove sono accaduti i miracoli.
Parlo della messa del papa al monte delle Beatitudini, interamente trasmessa in diretta dalla tivù israeliana. Guardandola, ho pensato che la maggioranza degli ebrei di Israele assistevano per la prima volta a una funzione religiosa cristiana. So che suona strano a chi vive in un paese cattolico, ma in Israele è così: e se pensiamo alla storia dei rapporti tra ebrei e cristiani, si può comprendere la nostra riluttanza verso tutto ciò che è connesso con la Cristianità.
Uno scolaro ebraico non sa quasi nulla di Gesù e dei cristiani, i suoi studi in materia sono limitati alle persecuzioni degli ebrei. Posso testimoniare, con lieve imbarazzo, che avevo 10 anni quando ho incontrato il mio primo cristiano, e che come tutti ero nutrito da storie spaventose sulla crudeltà cristiana verso gli ebrei.
La messa di ieri ha dato un'occasione unica a milioni di israeliani di smantellare questa stereotipata immagine, e di vedere l'altra faccia della cristianità. D'improvviso gli israeliani hanno potuto scoprire gli elementi di pace, il desiderio di giustizia, che esistono nella Torah dell'uomo di Nazareth. D'improvviso hanno potuto sentirsi vicini a una funzione cristiana senza provare la paura che per duemila anni è rimasta nel subconscio di ogni ebreo come un riflesso condizionato. Ma in questa scoperta si specchia la scoperta reciproca che la visita del papa ha prodotto tra i cristiani: la scoperta di Israele e degli ebrei.
Un piccolo anneddoto personale. Non molti anni fa, andai in vacanza in Portogallo. Una sera in una piccola pensione familiare avevo bisogno di telefonare a casa. La proprietaria mi chiese dove volevo chiamare, e io risposi: Gerusalemme. Scoppiò a ridere: impossibile, replicò, non lo sa che Gerusalemme è in cielo?
Ma con questo pellegrinaggio, Giovanni Paolo II e con lui milioni di cristiani in ogni angolo del mondo incontrano un Israele che sta sulla terra, un paese abitato da ebrei in carne ed ossa. Per migliaia di anni, l'ebreo era stato espulso dalla realtà, vittima di una sofisticata demonizzazione: l'ebreo errante, il Giuda Iscariota, l'avvelenatore dei pozzi, e centinaia di altre descrizioni grottesche, diaboliche, infiltratesi nel folklore, nella religione, nella letteratura, persino nella scienza del mondo. Forse è per questo che gli ebrei hanno trovato conforto in un'autoidealizzazione non meno pericolosa, considerandosi il popolo eletto.
Oggi, tuttavia, lo stato di Israele è il tentativo degli ebrei di vivere un'esistenza né ideale né diabolica, di condurre una vita normale sulla propria terra cercando di avere relazioni normali con i propri vicini. Lo dico senza dimenticare i problemi in cui Israele è intrappolato e le ingiustizie che ha inflitto. Ma attraverso gli occhi del papa, credo si possa scorgere la nuova volontà del popolo ebraico di essere, finalmente, parte della vita, non solo parte della storia, del mito o di una "Gerusalemme celeste".   da "la repubblica"

 

  "Le beatitudini la chiave per vincere il male"
Centomila giovani alla Messa del Papa sul monte dove Gesù insegnava alle folle

Gerusalemme  Erano in centomila ieri nella spianata di Korazim, sul Monte delle Beatitudini, per incontrare il Papa. Erano soprattutto giovani, arrivati da tutto il Medio Oriente e anche da molto più lontano. Tutti hanno sfidato le condizioni atmosferiche avverse e fin dalle due di notte hanno cominciato ad affluire a Korazim. Nel tentativo di rendere più confortevole l'attesa, la diocesi di Betlemme aveva raccolto ventimila sedie ma le autorità di polizia dello Stato israeliano, adducendo motivi di sicurezza, ha impedito che venissero scaricate dai camion.
Giovanni Paolo II ha rinviato di un'ora l'inizio della Messa per favorire l'afflusso dei fedeli ed approfittare del sopraggiunto miglioramento del tempo. Quando ha fatto la sua comparsa ha trovato un clima gioioso. Al Pontefice la giornata di ieri ha ricordato l'atmosfera che caratterizza le Giornate mondiali della gioventù e così ha definito la cerimonia di Korazim una prova generale di quella che si svolgerà il prossimo 15 agosto a Roma, nell'ambito delle iniziative per il Giubileo.
Nel luogo in cui Gesù disse «Amate i vostri nemici», Giovanni Paolo II ha lanciato alle migliaia di giovani una sfida: scegliere tra le beatitudini indicate da Cristo e quelle proposte «da un'altra voce», la «voce del male» che dice: «Beati i superbi e i violenti, coloro che prosperano a qualunque costo, che non hanno scrupoli, che sono senza pietà, disonesti, che fanno la guerra invece della pace e perseguitano quanti sono di ostacolo sul loro cammino».
Il Papa ha celebrato la Messa, la più affollata mai celebrata in Israele, sotto una immensa tenda nera, a ricordare quelle dei quarant'anni trascorsi dagli ebrei nel deserto (origine della festività ebraica del «sukkot» o delle capanne). È apparso stanco, arrivando all'altare si appoggia, e sembra un simbolo, al grande crocefisso di legno. Ma la voce è forte e, come gli accade quando ci sono folle soprattutto di giovani, col passare del tempo sembra riprendersi.
Qui Gesù pronunciò quello che è forse il suo discorso più celebre, quello detto della montagna o delle beatitudini. Che naturalmente viene ripetuto durante la celebrazione ed al quale Giovanni Paolo II dedica la sua omelia. «Beati voi - dice il Papa ricordando le parole di Gesù - Beati i poveri in spirito, i miti e i misericordiosi, gli afflitti, coloro che hanno fame e sete della giustizia, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati! Beati voi! Le parole di Gesù possono sembrare strane. È strano che Gesù esalti coloro che il mondo considera in generale dei deboli. Dice loro: beati voi che sembrate perdenti, perché siete i veri vincitori: vostro è il Regno dei Cieli».
Giovanni Paolo II, rivolgendosi ai giovani ha aggiunto: «Non lontano da qui egli chiamò i suoi primi discepoli, così come chiama voi ora. La sua chiamata ha sempre imposto una scelta fra le due voci in competizione per conquistare il vostro cuore, anche ora, qui sulla collina, la scelta fra il bene e il male, fra la vita e la morte. Quale voce sceglieranno di seguire i giovani del XXI secolo? Riporre la vostra fiducia in Gesù significa scegliere di credere in ciò che dice, indipendentemente da quanto ciò possa sembrare strano, e scegliere di non cedere alle lusinghe del male, per quanto attraenti possano sembrare».
Un dono senza precedenti, infine, per Giovanni Paolo II. All'inizio della cerimonia, il Papa è stato salutato dall'arcivescovo greco-melkita Boutros Mouallem che, al termine del suo discorso, ha annunciato di fare omaggio al Papa del suo encolpion, il collare che i vescovi di rito orientale portano a collo e che ha una immagine della Madonna, al posto della croce che hanno i vescovi di rito latino. Detto fatto, il vescovo si è tolto il collare e l'ha messo - con qualche difficoltà, perché il Papa aveva la mitra in testa - al collo di Giovanni Paolo II, che non aveva mai ricevuto un dono del genere.
Il resto della giornata papale è tutto dedicato a visite private: prima alla chiesa che ricorda la moltiplicazione dei pani, a Tabgha, a quella sulle sponde del lago di Tiberiade che ricorda il primato di Pietro e poi, a Cafarnao, al villaggio e alla casa del primo degli apostoli.

 

da "L'eco di bergamo"