La preghiera dei centomila
trionfo del Papa in Galilea
Giovani accorsi da tutto il
mondo hanno assistito alla messa al Monte delle Beatitudini
dal nostro inviato MARCO POLITI MONTE DELLE BEATITUDINI (Israele) -
Sulle orme di Cristo Giovanni Paolo II approda alle rive
del Lago di Galilea. Centomila giovani di ogni parte del
mondo lo attendono sulle falde del Monte delle
Beatitudini. Hanno sfidato l'acqua e il fango per
osannarlo, per celebrare con lui la messa fra i prati,
dove Cristo esaltò i miti, i misericordiosi, gli
afflitti promettendo loro il regno dei cieli. "Viva
il Papa", urla uno speaker. "Yeah", è il
rombo che sale dall'assemblea. |
Gli ebrei scoprono
i "fratelli" cristiani
di DAVID GROSSMAN
PER tre ore, ieri, fede e mito si sono fusi con la realtà,
con la terra concreta, con i nomi al centro della cultura
occidentale. Per tre ore, specialmente scrutando i volti di
migliaia di pellegrini, è stato possibile a chiunque
identificarsi con la forza della speranza nel luogo dove sono
accaduti i miracoli.
Parlo della messa del papa al monte delle Beatitudini,
interamente trasmessa in diretta dalla tivù israeliana.
Guardandola, ho pensato che la maggioranza degli ebrei di Israele
assistevano per la prima volta a una funzione religiosa
cristiana. So che suona strano a chi vive in un paese cattolico,
ma in Israele è così: e se pensiamo alla storia dei rapporti
tra ebrei e cristiani, si può comprendere la nostra riluttanza
verso tutto ciò che è connesso con la Cristianità.
Uno scolaro ebraico non sa quasi nulla di Gesù e dei cristiani,
i suoi studi in materia sono limitati alle persecuzioni degli
ebrei. Posso testimoniare, con lieve imbarazzo, che avevo 10 anni
quando ho incontrato il mio primo cristiano, e che come tutti ero
nutrito da storie spaventose sulla crudeltà cristiana verso gli
ebrei.
La messa di ieri ha dato un'occasione unica a milioni di
israeliani di smantellare questa stereotipata immagine, e di
vedere l'altra faccia della cristianità. D'improvviso gli
israeliani hanno potuto scoprire gli elementi di pace, il
desiderio di giustizia, che esistono nella Torah dell'uomo di
Nazareth. D'improvviso hanno potuto sentirsi vicini a una
funzione cristiana senza provare la paura che per duemila anni è
rimasta nel subconscio di ogni ebreo come un riflesso
condizionato. Ma in questa scoperta si specchia la scoperta
reciproca che la visita del papa ha prodotto tra i cristiani: la
scoperta di Israele e degli ebrei.
Un piccolo anneddoto personale. Non molti anni fa, andai in
vacanza in Portogallo. Una sera in una piccola pensione familiare
avevo bisogno di telefonare a casa. La proprietaria mi chiese
dove volevo chiamare, e io risposi: Gerusalemme. Scoppiò a
ridere: impossibile, replicò, non lo sa che Gerusalemme è in
cielo?
Ma con questo pellegrinaggio, Giovanni Paolo II e con lui milioni
di cristiani in ogni angolo del mondo incontrano un Israele che
sta sulla terra, un paese abitato da ebrei in carne ed ossa. Per
migliaia di anni, l'ebreo era stato espulso dalla realtà,
vittima di una sofisticata demonizzazione: l'ebreo errante, il
Giuda Iscariota, l'avvelenatore dei pozzi, e centinaia di altre
descrizioni grottesche, diaboliche, infiltratesi nel folklore,
nella religione, nella letteratura, persino nella scienza del
mondo. Forse è per questo che gli ebrei hanno trovato conforto
in un'autoidealizzazione non meno pericolosa, considerandosi il
popolo eletto.
Oggi, tuttavia, lo stato di Israele è il tentativo degli ebrei
di vivere un'esistenza né ideale né diabolica, di condurre una
vita normale sulla propria terra cercando di avere relazioni
normali con i propri vicini. Lo dico senza dimenticare i problemi
in cui Israele è intrappolato e le ingiustizie che ha inflitto.
Ma attraverso gli occhi del papa, credo si possa scorgere la
nuova volontà del popolo ebraico di essere, finalmente, parte
della vita, non solo parte della storia, del mito o di una
"Gerusalemme celeste". da "la repubblica"
"Le beatitudini la chiave per
vincere il male"
Centomila giovani alla Messa del Papa sul monte dove Gesù
insegnava alle folle
Gerusalemme Erano in centomila ieri
nella spianata di Korazim, sul Monte delle Beatitudini, per
incontrare il Papa. Erano soprattutto giovani, arrivati da tutto
il Medio Oriente e anche da molto più lontano. Tutti hanno
sfidato le condizioni atmosferiche avverse e fin dalle due di
notte hanno cominciato ad affluire a Korazim. Nel tentativo di
rendere più confortevole l'attesa, la diocesi di Betlemme aveva
raccolto ventimila sedie ma le autorità di polizia dello Stato
israeliano, adducendo motivi di sicurezza, ha impedito che
venissero scaricate dai camion.
Giovanni Paolo II ha rinviato di un'ora l'inizio della Messa per
favorire l'afflusso dei fedeli ed approfittare del sopraggiunto
miglioramento del tempo. Quando ha fatto la sua comparsa ha
trovato un clima gioioso. Al Pontefice la giornata di ieri ha
ricordato l'atmosfera che caratterizza le Giornate mondiali della
gioventù e così ha definito la cerimonia di Korazim una prova
generale di quella che si svolgerà il prossimo 15 agosto a Roma,
nell'ambito delle iniziative per il Giubileo.
Nel luogo in cui Gesù disse «Amate i vostri nemici», Giovanni
Paolo II ha lanciato alle migliaia di giovani una sfida: scegliere
tra le beatitudini indicate da Cristo e quelle proposte «da
un'altra voce», la «voce del male» che dice: «Beati i superbi
e i violenti, coloro che prosperano a qualunque costo, che non
hanno scrupoli, che sono senza pietà, disonesti, che fanno la
guerra invece della pace e perseguitano quanti sono di ostacolo
sul loro cammino».
Il Papa ha celebrato la Messa, la più affollata mai
celebrata in Israele, sotto una immensa tenda nera, a ricordare
quelle dei quarant'anni trascorsi dagli ebrei nel deserto
(origine della festività ebraica del «sukkot» o delle
capanne). È apparso stanco, arrivando all'altare si appoggia, e
sembra un simbolo, al grande crocefisso di legno. Ma la
voce è forte e, come gli accade quando ci sono folle soprattutto
di giovani, col passare del tempo sembra riprendersi.
Qui Gesù pronunciò quello che è forse il suo discorso
più celebre, quello detto della montagna o delle beatitudini.
Che naturalmente viene ripetuto durante la celebrazione ed al
quale Giovanni Paolo II dedica la sua omelia. «Beati voi
- dice il Papa ricordando le parole di Gesù - Beati i poveri in
spirito, i miti e i misericordiosi, gli afflitti, coloro che
hanno fame e sete della giustizia, i puri di cuore, gli operatori
di pace, i perseguitati! Beati voi! Le parole di Gesù possono
sembrare strane. È strano che Gesù esalti coloro che il mondo
considera in generale dei deboli. Dice loro: beati voi che
sembrate perdenti, perché siete i veri vincitori: vostro è il
Regno dei Cieli».
Giovanni Paolo II, rivolgendosi ai giovani ha aggiunto:
«Non lontano da qui egli chiamò i suoi primi discepoli, così
come chiama voi ora. La sua chiamata ha sempre imposto una scelta
fra le due voci in competizione per conquistare il vostro cuore,
anche ora, qui sulla collina, la scelta fra il bene e il male,
fra la vita e la morte. Quale voce sceglieranno di seguire i
giovani del XXI secolo? Riporre la vostra fiducia in Gesù
significa scegliere di credere in ciò che dice,
indipendentemente da quanto ciò possa sembrare strano, e
scegliere di non cedere alle lusinghe del male, per quanto
attraenti possano sembrare».
Un dono senza precedenti, infine, per Giovanni Paolo II.
All'inizio della cerimonia, il Papa è stato salutato
dall'arcivescovo greco-melkita Boutros Mouallem che, al termine
del suo discorso, ha annunciato di fare omaggio al Papa del suo
encolpion, il collare che i vescovi di rito orientale portano a
collo e che ha una immagine della Madonna, al posto della croce
che hanno i vescovi di rito latino. Detto fatto, il vescovo si è
tolto il collare e l'ha messo - con qualche difficoltà, perché
il Papa aveva la mitra in testa - al collo di Giovanni Paolo II,
che non aveva mai ricevuto un dono del genere.
Il resto della giornata papale è tutto dedicato a visite
private: prima alla chiesa che ricorda la moltiplicazione dei
pani, a Tabgha, a quella sulle sponde del lago di Tiberiade che
ricorda il primato di Pietro e poi, a Cafarnao, al villaggio e
alla casa del primo degli apostoli.
da "L'eco di bergamo"