Un modo sicuro di togliere viti e chiodi rotti


Spesso vi sarete imbattuti nel caso di dover estrarre una vite od un chiodo rotto da un mobile antico. Una situazione che rende impossibile l'uso degli utensili normalmente preposti allo scopo, come cacciaviti o tenaglie, semplicemente perchè la testa della vite o chiodo non c'è più.

In letteratura si trovano proposti metodi svariati, ma tutti col solo fine di scavare un poco il legno intorno al gambo della vite/chiodo, e poi riutilizzare uno strumento classico per l'asportazione. Il più delle volte si suggerisce una pinza a becchi stretti per svitare od estrarre. Il problema è costituito dal fatto che scavare un poco intorno al gambo con uno scalpello è un lavoro un poco pasticciato, che abbisogna di un sacco di tempo per essere fatto in modo passabile. Poi comunque ci si ritrova con un buco irregolare da riempire, e non è detto che lo stucco comune sia la soluzione esteticamente migliore.

Per evitare appunto il problema del buco, qualche altro autore si spinge a suggerire, ma solo per le viti ovviamente, di reincidere nel gambo una scanalatura per poi svitare la vite col cacciavite classico. Ma anche qui, dando per scontato che il gambo è incassato nel legno (altrimenti basterebbero delle pinze normali), si tratta di usare od una sega od una lima, che finiranno comunque per lasciare dei segni, se non dei tagli sul legno circostante. Da riparare poi in un modo o nell'altro.

Entrambi i metodi di sopra lasciano poi a desiderare per un altro fatto: probabilmente la vite od il chiodo erano lì per uno scopo, cioè di unire due parti facendo presa sul legno. Se lo togliamo, rimpiazzandolo con dello stucco o cera, non potremo di sicuro rimpiazzare la vite/chiodo.

Estrazione di una vite rottaIl metodo che uso con più successo, perchè è veloce, pulito, e dà risultati esteticamente e meccanicamente sicuri, è il metodo del trapano cavo. Il procedimento è ovvio dalla figura: una punta cava apposita, trapana un buco nel legno che contiene il gambo rotto, asportandolo col tassello di legno. Il buco cosí formatosi è pulito, e si riempie poi con una spina della stessa essenza del legno originario. Il lavoro dura 3 minuti, è esteticamente perfetto, e se dovete, potete rimpiazzare la vite o chiodo nello stesso posto (dico se dovete perchè detesto le viti, ed ancor più i chiodi).

Problema: io non sono mai riuscito a trovare (in Italia) un trapano cavo. In realtà si tratta di una punta cava, la cui preparazione domestica non è impossibile. Secondo la mia "bibbia" del restauro, un vecchio libro di John Rodd, la costruzione richiederebbe l'uso di una torneria. Cito:

In realtà la cosa è più semplice. Si tratta di trovare un tubetto, o di farsene uno. In molti centri del Faidatè si trovano profilati di ferro dolce a tubetto, che poi si possono tagliare a misura (10, 12 cm) e con una lima creare delle dentellature tipo sega sui bordi. Portati poi a color rosso fuoco sul normale fornello a gas in cucina, si raffreddano bruscamente immergendoli in un tegame di acqua fredda; operazione da ripetere due o tre volte, per indurire i denti formati in precedenza. Se il tubetto risulta irreperibile ma si possiede un trapano a colonna, si può usare un'asta, come descritto più sopra, e trapanarla nel senso della lunghezza. Attenzione a centrare perfettamente l'asse del foro con quello dell'asta, pena disequilibrature della punta che rendono poi impossibile il suo uso. Fate anche in modo che le pareti del tubetto che andate formando siano congruamente spesse (esempio: asta da 6 mm, punta da 4 mm, spessore risultante 1 mm. Oppure asta da 8 mm, punta da 5 mm, spessore 1,5 mm). Poi si ripete l'incisione dei denti e sucessivo indurimento.

Semplice, no? Certo, la prima volta occorre un po' di tempo per preparare lo strumento, ma poi si va via veloci. Io me ne sono fatte due di queste punte, da 6 ed 8 mm, e vanno benone. Oltretutto, dopo aver perso quella da 6 mm, mi sono trovato all'estero in un negozio per falegnami, hobbisti e no, ed ho trovato una punta da 6 mm (meglio, 1/4 di pollice) già fatta. Naturalmente l'ho comprata subito, verificando, al rientro in Italia, che lavorava esattamente come la vecchia fatta in casa.
 

Versione 1.0 - 15 Settembre 1998

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John Rodd - "Il restauro dei mobili antichi"
Fratelli Melita Editori, La Spezia © 1993
Traduzione italiana di un testo inglese del 1954, di un restauratore allora alla fine della carriera: una vera miniera di trucchi di fine ottocento!