Tra cielo e terra
Editrice Clinamen
Via Ludovico Cigoli 49 - Firenze
Giulio Ponte
Giugno 2003, pp.116
Euro 13,70
ISBN 88-8410-045-3
Settembre 2011
La macchina rallenta fermandosi in
mezzo al piazzale deserto. Non c’è anima viva in quella giornata fredda
di settembre. L’uomo alla guida scende incurante della pioggia che lo colpisce
silenziosa, la giacca si scurisce sempre più, ancora una boccata d’aria
ed il coraggio che si allontana dal suo cuore.
Attraversa gli alti cancelli di ferro stringendo un mazzo di fiori rossi,
appena comprati da una vecchia stretta nel suo scialle. È passato troppo
tempo dall’ultima volta che è andato là, ma sa che almeno una
volta all’anno sarà presente. Finché le gambe lo sorreggeranno
lui sarà là.
Si dirige a destra, cammina lungo i vialetti fangosi del cimitero di S. Anna
circondato da silenziose lapidi e il cuore si gonfia di dolore. È difficile
ignorare tutto, lasciare che il tempo cancelli ogni ricordo. Lui non vuole
che questo avvenga e si accorge di pensare alla morte come possibilità
vicina, ma non può … è per lei che non può …
La tomba alla fine del sentiero di ciottoli bianchi gli ricorda ogni cosa.
Adesso come allora capisce il perché di una scelta e ne fa sua la filosofia.
Si avvicina sempre più alla lapide bianca con la foto di lei, posa
il suo mazzo di fiori e scalza quelli vecchi di un anno.
Si inginocchia incurante dei vestiti che si sporcano, dimentico di tutto.
Osserva la ragazza sorridente sulla lapide.
“Ciao Chiara”.
Domenica 25 luglio 1997
L’automobile percorreva ad alta velocità
la strada che porta al castello di S. Giusto. Una curva sulla sinistra, la
scalata in prima e la velocità che scende a zero in prossimità
dello stop. Dopo uno sguardo veloce sulla destra il rombo del motore e le
gomme che fischiano sull’asfalto.
La Renault 19 posteggiò un centinaio di metri più avanti, sulla
sinistra il foro romano ed ancora più in là le mura coperte
di edera del castello. Quello era il luogo in cui si ritrovavano spesso durante
l’estate.
Alex scese dal posto di guida, uscirono dalla macchina anche Ricky e Caterina.
I tre, camminando lentamente, salirono la scalinata. Da sopra giungeva forte
il suono dei tamburi, degli djambé africani. Il ritmo era travolgente,
il migliore che Alex avesse sentito nel corso di quelle sere.
“C’è Giacomo su! Scommetto dieci a uno che è lui a suonare il
tamburo in quel modo” disse Ricky.
Alex fece un cenno affermativo con il capo. Giacomo era il miglior suonatore
di djambé del gruppo. Quando mancava, la musica era solo la timida
ombra di quella sera: le battute basse, lente e fuori tempo.
Alex, Caterina e Ricky salirono la seconda rampa di scale e girarono verso
sinistra. Giacomo e Dennis erano seduti sul muretto, gli djambé tra
le gambe.
“Ciao ragazzi. Avete da fumare?” Chiese Giacomo, smettendo di suonare.
“Claro che yes! Tutto qua!”.
Ricky si batté il fianco sinistro. Faceva piuttosto caldo in quel periodo
e lui portava una giacchetta leggera da pescatore. La tasca sinistra rigonfia.
Alex si sedette, raccolse lo djambé e prese a battere un ritmo lento.
Provò due giri poi andò fuori tempo, si bloccò pensieroso.
Caterina si sedette accanto a lui, avvicinandogli la bocca all’orecchio.
“Facciamoci un cilum…” Disse.
Caterina gli mordicchiò il lobo dell’orecchio. Aveva già fumato
poche ore prima, a casa di Alex. Era venuta nel pomeriggio, avevano fatto
l’amore e fumato.
“Dammi la roba per un cilum Ricky” Disse Alex.
Ricky si frugò addosso ed estrasse un sacchetto ricolmo di cime verdi.
“Prendi”.
Alex allungò il braccio e prese il sacchetto. Caterina lo guardava
in silenzio: gli occhi rossi e le pupille dilatate.
“Tieni il cilum”.
Alex lo porse a Caterina, aprì il sacchetto prendendo una manciata
di erba. Il profumo che emanava era buonissimo.
“Butta una sigaretta Dennis!”.
Roteò nell’aria una Marlboro, Alex la prese al volo.
“Mi raccomando mettine poca, come al solito”, disse Giacomo riprendendo a
suonare.
Alex spezzò la sigaretta con una mano, il tabacco cadde sulla marijuana
e gettò il filtro lontano, nella boscaglia. Si mise a mescolare e,
dopo aver fatto un cenno a Caterina, inserì la mista nel cilum. L’accese
inspirando profondamente, tenne duro per alcuni secondi e espirò un
striscia di fumo denso e grigio.
Pochi minuti e il cilum passò veloce di mano in mano. La marijuana
era buona, Ricky rimase fermo ad osservare il cielo buio, Caterina abbracciò
Alex ed iniziò a baciarlo sul collo. Lui sentiva il solletico e si
distese piano, la testa poggiata sulle gambe di lei. Dentro di sé sorrideva.
Il viaggio iniziò, come ogni sera, con il cilum, il martellare ritmico
dei tamburi e la città ai loro piedi. Restarono fermi lì per
alcune ore, ad intervalli regolari passava una canna; ed ogni tanto
passava una pattuglia di carabinieri, il faro puntato nella loro direzione.
“Bastardi” , pensò Ricky.
Sentiva il sacchetto premere all’interno della tasca.
Una settimana prima i carabinieri si erano fermati ed erano saliti fin su
da loro. Quella sera erano presenti Alex, Caterina , Ricky e Giacomo.
I due simpatici carabinieri li raggiunsero, uno aveva una torcia elettrica.
Tra i ragazzi, che già si erano fatti due canne, l’unico che avesse
della roba, qualche grammo di Hascisc, era Ricky.
I due raggiunsero il gruppo in pochi secondi. Alex aveva notato che Ricky
si frugava nella tasca. Probabilmente aveva fatto sparire la roba.
“Documenti prego”.
I ragazzi passarono le carte di identità ai carabinieri che rimasero
immobili ad osservare le fotografie e poi si allontanarono.
Pochi minuti dopo ritornarono lentamente puntando la torcia in direzione di
Ricky.
“Si alzi e svuoti le tasche della giacca”.
Ricky si tolse la giacca e rivoltò le tasche.
“Volete controllare voi?”
“Ok, basta così”.
I carabinieri illuminarono il muretto, cercando qua e là. Pochi secondi
dopo restituirono i documenti ai ragazzi e se ne andarono.
“Fiuu! Cazzo … ho preso una paura!” Ricky si rimise la giacca.
“Perché? Non hai buttato la roba di sotto? Ti ho visto che lo facevi”
disse Alex.
“Macché, vieni un po’ qui!”.
Alex si avvicinò a Ricky ed osservò nella direzione in cui stava
indicando. Poco più in là, sul muretto, perfettamente in vista,
un blocchetto di Hascisc.
“Cazzo! Ma sei fuori!?”.
Ricky incominciò a ridere, raccolse il pezzo e se lo infilò
nuovamente in tasca.
Ma adesso era tutto tranquillo; le loro menti galleggiavano, Alex si distese,
la testa sulle gambe di Caterina. Udì come un gemito, un singhiozzo
lontano.
“Scusa … non lo sapevo…” .
Spalancò gli occhi con sguardo incredulo. Caterina lo fissò
muta, lui si guardò intorno, ma non c’era nessun altro oltre a loro
quattro.
“Andiamo a farci un giro” disse, “Ho voglia di mangiare qualcosa”.
Gli altri lo guardarono in silenzio, lo sguardo interrogativo. Andare dove?
“Sentite, sono in macchina. Potremmo andare a mangiare qualcosa su al Pio
Pao. Che ne dite?” .
“Va bene” disse Caterina. Lei non lo avrebbe mai lasciato.
“Ok, anch’io ho una certa fame” Disse Ricky.
Salirono tutti in macchina. I tamburi nel bagagliaio e l’autoradio al massimo.
I Children of Boodom facevano saltare i timpani.
La strada per raggiungere il locale, una volta attraversato il centro, era
diritta, Alex accelerava fino a toccare i cento chilometri orari. Sorpassò
alcune macchine ed affrontò la salita che portava al locale a ottanta,
scalò la marcia e fece la curva a velocità elevata. Le gomme
stridettero sull’asfalto, appena svoltato si trovò davanti un scooter
che procedeva in senso contrario, frenò bruscamente spostandosi leggermente
a destra. Lo scooter si fermò a pochi centimetri dalla macchina.
“Cazzo!”.
Una ragazza guidava lo scooter, li guardava con gli occhi spalancati, la faccia
tesa.
“Che cazzo fate??” Urlò nella loro direzione.
Alex era su di giri, l’adrenalina gli aveva riattivato i centri nervosi, sopiti
dopo aver fumato. Guardava la ragazza e provava disprezzo. Come osava quella
puttana rivolgersi a loro in quel modo?
Mise il freno a mano e spalancò la portiera scendendo dalla macchina.
“Cazzo vuoi stronza?”.
La ragazza lo guardava fisso, non sapeva che fare.
“Sei un pazzo, roba che mi ammazzi!”, disse.
Alex pareva un esaltato, gli occhi spalancati, sembrava sul punto di saltarle
addosso.
I ragazzi in macchina erano preoccupati.
“Sgomma, prima che mi incazzi!!”.
La ragazza attese qualche secondo scrutando Alex negli occhi, poi premette
lo starter e lo scooter si rimise in moto.
“Adesso vattene”. Disse lui.
Alex risalì in macchina. Nessuno disse niente.
Pochi minuti ancora e avrebbero sciolto la tensione mangiandosi un panino
e bevendosi una birra.