Sei donne per l'assassino

Italia, 1964, col., 92 minuti

Regia: Mario Bava

Interpreti:
Eva Bartok,
Cameron Mitchell,
Thomas Reiner.


Una giovane modella di un atelier di alta moda viene uccisa brutalmente da un individuo mascherato. La polizia comincia ad indagare nel mondo dei colleghi della vittima. Intanto, una collega della ragazza, fatta un importante scoperta, fa una fine anche peggiore e un’altra modella, venuta in possesso di un diario compromettente è vittima del folle omicida. Tutti i componenti dell’atelier sono nervosi e terrorizzati. La polizia scopre elementi nuovi e stringe il cerchio dei sospetti agli uomini che frequentano l’atelier; una sera il commissario, indeciso sulla identità dell’assassino, decide di arrestarli tutti. Ma la stessa notte un nuovo delitto sconvolge la tranquillità appena riacquisita: un’altra modella viene ammazzata e le indagini sono di nuovo da capo. In realtà l’assassino delle prime tre donne era davvero uno degli uomini arrestati e cioè l’amante della proprietaria dell’atelier, il quale aveva ucciso la prima ragazza perché questa minacciava la coppia di svelare la verità circa la morte (avvenuta anni prima) del marito della ricca donna. Una volta arrestato il suo uomo, la donna ha ucciso per fornire il miglior alibi possibile al suo amante e quindi scagionarlo. Il complice però la convince a commettere un ultimo delitto per far ricadere la colpa degli omicidi su una modella: abbiamo così un’altra vittima, uccisa dalla donna che inscena un suicidio (lasciando sul posto gli abiti e la maschera dell’assassino) così da fornire alla polizia un colpevole. In realtà tutta questa scena è una trappola proprio per la proprietaria, costretta a fuggire dal suo amante da un canale di scolo allentato che cede facendola precipitare. Il diabolico individuo può così ora gustarsi i soldi della ricca donna ma costei non è ancora morta e riesce a raggiungerlo e a sparargli prima di morire anch’essa.


COMMENTO: Un capolavoro assoluto di classe e stile cinematografico. Un mix perfetto di innovazioni narrative, con un occhio rivolto al passato, ai classici stranieri più raffinati, ed uno al futuro, con anticipazioni incredibili del cinema thriller che influenzeranno non poco i film a venire.

Con questo film Bava anticipa nettamente Argento e da vita allo "Spaghetti Thriller" introducendo tematiche che saranno riprese nelle opere future di tantissimi autori (Argento incluso).

Da sottolineare anche l’introduzione, a dir poco pioneristica ed innovativa, del "body count", cioè un numero notevole di cadaveri e non più il delitto principale come unico crimine attorno al quale dipanare le investigazioni ( e qui l’infrazione di questa regola vale da sola "l’oscar al precursore"!). L’interesse dell’autore si sposta quindi sul delitto in se ( sperimentazione che troverà la sua maturazione totale in Reazione a catena), sull’"arte" di uccidere più che sull’intreccio giallistico; le sequenze degli omicidi diventano infatti prioritarie ed estremamente curate anche nei dettagli più cruenti (la faccia bruciata sulla stufa di una vittima, l’annegamento di un’altra); i delitti sono tutti uno diverso dall’altro; le vittime sembrano impiegare sempre più tempo a morire, facendo così salire la tensione e facendo apparire la morte come una liberazione sia per la vittima che per lo spettatore ( questo sarà poi un aspetto dominante e perfezionato all’estremo da Argento in Profondo Rosso).

Altra novità è l’introduzione del duplice assassino, elemento spiazzante che arricchisce l’opera anche dal punto di vista più prettamente giallistico, soprattutto per i fanatici del genere Whodunit?( letteralmente " chi l’ha fatto?"), il genere giallo in cui l’assassino si scopre solo all’ultima pagina.

Da un punto di vista tecnico Bava sperimenta in maniera radicale circa l’uso delle luci, tanto che qui si può parlare di libero arbitrio: Bava da l’impressione di colorare più che di illuminare, infatti riempie le inquadrature di macchie di colori come il verde, il giallo e il blu senza alcuna motivazione apparente per giungere ad un risultato di stampo decisamente barocco.

Notevole anche l’utilizzo di alcuni primissimi piani con la vicenda che si svolge sullo sfondo, tecnica che crea sempre della tensione e una sensazione di pericolo imminente ( su tutte la scena della borsetta durante la sfilata).

In conclusione, grazie anche ad una recitazione tutto sommato positiva ( soprattutto la Bartok) e nonostante qualche pecca nella sceneggiatura ( il finale) il film è per me un capolavoro.


Recensione scritta da: Davide "Trhiller" Artabax


VOTO:




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