La mia tesi

Aspetti geomorfologici, stratigrafici, sedimentologici e paleontologici dei travertini di Alcamo (TP)

Foto 1 - Ex Cava della Siciltravertino - Alcamo (TP)  



PREMESSA

Il presente lavoro ha lo scopo di dare un contributo alla conoscenza del deposito di travertino di Alcamo sotto il profilo geologico, morfologico e sedimentologico.

Non è stato possibile effettuare uno studio geochimico che avrebbe permesso di ricavare informazioni sulle caratteristiche chimiche e sulla temperatura delle acque madri.

La metodologia di studio è in parte quella seguita da BUCCINO et alii (1978) e da D'ARGENIO et alii (1983).

Desidero ringraziare, in questa sede, la Prof.ssa Giovanna Lo Cicero, docente di Sedimentologia presso l’Istituto di Geologia di Palermo, per l'aiuto prestatomi nella elaborazione della parte di questo lavoro dedicato all'aspetto sedimentologico. Sono riconoscente, inoltre, al Geologo Dott. Liborio De Blasi per la sua gentile collaborazione durante il rilevamento di campagna relativo alla placca di travertino. Desidero infine, ringraziare tutti gli operai delle due cave attive di Alcamo ed il presidente della Cooperativa SICILTRAVERTINO, Sig. Santo Pirrone, per le notizie di carattere storico riferitemi sui travertini e per la loro paziente collaborazione.


CENNI STORICI

Lo studio dei travertini di Alcamo non può prescindere da una analisi globale della geologia sia dei terreni che fanno da substrato, sia di quelli limitrofi. Pertanto si è ritenuto necessario tenere conto della letteratura esistente sotto questo profilo, che conta un buon numero di lavori, al contrario, invece, della scarsa bibliografia riguardante i travertini suddetti.

La ricerca bibliografica è iniziata dalla consultazione della Carta Geologica d'Italia (1880-1881) , F°258 "Corleone" , nella quale non è rappresentata, nella zona situata a nord di Alcamo, nessuna placca di travertino. Al suo posto, Baldacci, cartografa dei terreni, la cui descrizione, riportata in legenda, è la seguente: " Breccia conchigliare con argille e sabbie associate con Pecten jacobaeus e Ostrea edulis", che lo stesso autore riferisce al Quaternario.

Successivamente è stata consultata la Carta Geologica d'Italia ,F° 257 Castelvetrano" (II Ediz. 1956) nella quale rientra la parte occidentale della zona presa in esame in questo lavoro. In questa carta, risultano cartografati parte dei depositi di travertino di Alcamo che vengono descritti dagli autori, in legenda, nel modo seguente: "Depositi travertinosi con letti conglomeratici fossiliferi di Alcamo" e vengono considerati come appartenenti al Pliocene medio.

Notizie riguardanti , in particolare, il Travertino di Alcamo sono state ricavate dagli unici due lavori esistenti in bibliografia sull'argomento. Nel primo, eseguito da ABBRUSCATO V. (1962) , l'autore descrive il deposito travertinoso come un forte banco con giacitura orizzontale e lo riferisce al Pliocene medio, basandosi su quanto descritto nella Carta Geologica d'Italia (1956). Egli descrive, inoltre, e riporta su apposite tabelle, i risultati delle prove tecniche e delle analisi chimiche eseguite su campioni di roccia prelevati nelle cave locali , che hanno dato i seguenti risultati :

Si O2 0,24
Fe2 0,54
CaO 55,75
MgO tracce
CO2 43,88
MnO tracce
Al2 O2 assente
Na2O assente
K2O assente

Totale 100,41

Per cui la probabile composizione risulta essere : CaCO2 99,49 MgCO3 tracce residuo 0,79 .

Nel secondo, BELLANCA A. (1969), dedica al travertino, un breve capitolo del suo libro di carattere generale intitolato " I marmi di Sicilia " , ricalcando, peraltro, quanto già detto da Abbruscato (1962) .

Dal punto di vista geologico più generale, la bibliografia si dimostra abbastanza ampia.

Il primo lavoro da me considerato è quello di BALDACCI L.(1886), il quale nella sua "Descrizione geologica sull'isola di Sicilia", si occupò per primo di descrivere la geologia di Monte Bonifato. L'Autore a tal proposito scrive quanto segue: "Esso consta di una serie di strati calcarei rialzati da una faglia diretta presso a poco NE-SO e inclinati verso NO. Dalla parte della faglia, ... , compaiono gli strati più bassi della montagna, in cui si ha dal basso verso l'alto la seguente successione: Calcare bianco tendente al giallognolo e calcare cristallino a crinoidi con vene spatiche (Lias medio) ; calcari marnosi fogliettati rosso - bruni di poca potenza… ( Lias sup. ); calcare marnoso con vene e macchie rossastre e cloritiche (Malm); calcare marnoso bianco ... (Titonico), e finalmente un grosso banco di calcare ceruleo a grandi nummuliti (Eocene inferiore) sul quale posa un'alternanza di argille scagliose brune e di calcare nummulitico con arenarie silicee ferruginose (Eocene medio). Ai piedi della parte settentrionale del monte posa in forte discordanza sulle argille eoceniche un potente ed estesissimo banco di calcare concrezionato ad Heterostegine e denti di squalo, ... Esso appartiene indubbiamente al Miocene medio (Elveziano) ... ".

Mentre, riguardo la zona a nord di Monte Bonifato, compresa tra Alcamo e Partinico, BALDACCI scrive: "... In questo territorio ..., vi si osserva la particolarità che il tufo calcareo quaternario è sollevato sul livello del mare molto più che nel bacino palermitano: infatti mentre nel Palermitano il tufo calcareo non arriva che a circa 80 m di altitudine, questo giunge presso Partinico a 200 metri, e fra Partinico e Alcamo fino a 250 metri; riposa da ogni lato sulle argille scagliose eoceniche ... ".

Dopo un lungo silenzio, nel 1954 GAFFURINI U. dà un contributo allo studio su Monte Bonifato , ricostruendo una serie che non si distacca molto da quella descritta da Baldacci. Egli afferma, inoltre, nel suo lavoro, che la parte paleogenica della serie è ristretta all'Eocene, che la medesima parte si sviluppa in continuità su quella mesozoica, e che esiste un Miocene inferiore (Langhiano - Elveziano) in trasgressione, notando, dunque, nella serie una lacuna nell’Oligocene.

Sempre nel 1954, WARMAN R.H. & ARKELL W.J., descrissero dettagliatamente la porzione mesozoica del Monte Bonifato. Mentre, nel 1958 lo studio della stessa serie fu ripresa da GIANOTTI A., che la considerò come serie stratigrafica tipo del Giurassico della Sicilia occidentale.

Nel 1959, RUGGIERI G. completa lo studio della serie terziaria del Monte Bonifato, riconoscendo, nella Cava Carrubbazzi (Alcamo) la presenza di calcari nummulitici con intercalazioni di marne, riferibili all'Oligocene inferiore, in discordanza sull'Eocene in facies di scaglia.

Ne 1967, RUGGIERI G., studiando il quaternario marino da Castellammare del Golfo ad Altavilla, afferma, in riferimento alla zona di Alcamo, che sotto il suddetto paese e sotto Partinico esiste una spianata di età siciliana che degrada lentamente verso mare, e che corrisponderebbe alla superficie di regressione del mare siciliano. Afferma, inoltre, che incisioni vallive hanno solcato il siciliano, lasciando intravedere il substrato, anche se, talora, i solchi sono obliterati da imponenti depositi travertinosi di origine recente (Partinico, etc.).

Nel 1968, MONTANARI L., riprende lo studio su Monte Bonifato , ed afferma che su tale monte, esiste la serie paleogenica - neogenica più completa della Sicilia occidentale. Vi viene, inoltre, stimata la presenza del Serravalliano e dell'Aquitaniano, stabilita la massima potenza dell'Oligocene, e vengono definiti i rapporti intercorrenti tra i vari rappresentanti dei cicli sedimentari (hiati sedimentari, trasgressioni, etc.).

Nel 1975, RUGGIERI G. et alii, in un lavoro specifico sulla calcarenite di Marsala, dedica un paragrafo al sistema di terrazzi marini della Sicilia occidentale, nella quale rientra la zona qui di seguito esaminata.

Ed è proprio nella descrizione della calcarenite appartenente al Grande Terrazzo Superiore, datato Crotoniano, che sono state riconosciute delle analogie tra questa ultima e l'arenaria tipica sulla quale poggia la placca di travertino.

Una particolarità del deposito travertinoso, di cui si occupa il presente lavoro, è quello di essere stato sede di importanti scoperte paleontologiche. Infatti, sono venuti alla luce, in particolare, resti di Elephas falconeri BUSK ed il modello interno della corazza di una tartaruga gigante terrestre.

KOTSAKIS T.( 1978 ), il quale scrive a proposito delle mammalofaune quaternarie siciliane, suddivide le stesse in cinque stadi faunistici. Secondo l'Autore, l'Elephas falconeri BUSK caratterizza il quarto stadio o Stadio di Spinagallo (Siracusa).

BELLUOMINI G. e BADA J.L. ( 1985 ), attraverso analisi effettuate su denti di elefanti nani, sono riusciti a dare una valutazione dell’età relativa all'Elephas falconeri BUSK, facendolo risalire a 260.000 anni fa.

FERRERI V. ( 1985 ), descrive i criteri di nomenclatura utili per l'identificazione delle litofacies travertinose, ai quali mi sono riferita nella descrizione delle caratteristiche sedimentologiche del travertino di Alcamo e nel riconoscimento delle litofacies in esso presenti.


INQUADRAMENTO GEOGRAFICO

La zona, alla quale questo studio rivolge la sua attenzione, ricade a cavallo tra la tav. ALCAMO F°258 IV NO e la tav. SEGESTA F°257 I NE.

La suddetta zona comprende, al suo interno, l'intero abitato di Alcamo (TP), il quale poggia su un altipiano che, dai piedi del massiccio carbonatico di M.te Bonifato, da quota 300 c.a. , degrada dolcemente verso mare, raggiungendo, al limite nord delle tavolette, quota 150.

Verso est e verso ovest, le quote diminuiscono meno dolcemente dando luogo a pendii sui quali si imposta facilmente una fitta rete di impluvi a disegno subdendritico. I corsi d'acqua presenti ad est dell'abitato confluiscono nel V.ne Molinello e nel V.ne di Nuccio; mentre ad ovest le acque raggiungono, tramite gli impluvi, il F.me Freddo.

Il caratteristico disegno dell'idrografia superficiale è giustificato dai tipi litologici sui quali essa si imposta: sono, infatti , frequenti le sabbie e le argille sabbiose.

La vegetazione è essenzialmente costituita da distese di vigneti nelle zone di campagna più aperte e da orti in vicinanza del paese.

La zona sopra descritta, mostrata sulla carta sottostante (Fig.1), comprende anche, in tutta la sua estensione , il massiccio carbonatico di Monte Bonifato , che raggiunge alla sommità la quota di 825 metri , il cui fianco orientale si dimostra abbastanza ripido, al contrario di quello occidentale che risulta più dolce; ed infine, le zone a sud del suddetto monte.


Fig.1 - Carta Geologica dell'abitato di Alcamo (TP); il retino a puntini rossi indica il detrito, il colore azzurro indica le alluvioni, in arancione la placca di travertino
STRATIGRAFIA

Lo studio del travertino di Alcamo (di cui parleremo in seguito), ha comportato un'indagine geologica sui terreni che fanno da substrato, oltre lo studio del massiccio carbonatico di Monte Bonifato.

La serie di Monte Bonifato, è caratterizzata quasi esclusivamente da rocce carbonatiche, (che, nella carta allegata, sono state indicate con unico colore verde).

I termini che la compongono, dai più antichi ai più recenti, vengono di seguito descritti :

1) Calcari bianco - avorio, compatti, in grossi strati (Lias - Trias ).

2) Tufi vulcanici (colata sottomarina mesogiurassica).

3) Calcari nodulari rossi, con fauna di Ammoniti (Malm).

4) Calcari bianchi con Calpionelle tipo " Lattimusa "(Titonico - Cretaceo inf.).

5) Marne ad Aptici con livelli sapropelitici (Neocomiano).

6) Calcare tipo " Scaglia " (Cretaceo - Eocene) con intercalazioni di brecce calcaree a nummuliti nella parte alta.

7) Calcari giallastri e marne argillose (Oligocene).

8) Marne e calcari detritici ad Amphistegine e Lepidocicline (Aquitaniano).

9) Calcarenite glauconifera con rari noduletti debolmente fosfatiferi, denti di pesce e rari frammenti di balani (Serravalliano).

I terreni circostanti il massiccio carbonatico di Monte Bonifato sono costituiti, invece, da :

1) Marne argillose, di colore grigio, appartenenti alla formazione delle "Marne di S.Cipirello " Ruggieri, 1966 colorate in marrone (Serravalliano - Tortoniano sup.).

2) Conglomerati, sabbie e argille appartenenti alla formazione di Cozzo Terravecchia colorate in rosa (Tortoniano sup. - Messiniano).

3) Un banco di arenaria litica appartenente al Grande Terrazzo Superiore colorate in giallo (Crotoniano).

Il banco di arenaria di cui al punto 3, che si adagia sui terreni precedentemente elencati (Marne di S. Cipirello e F.m di Cozzo Terravecchia) , verso nord poggia su di un paleosuolo del quale non è stato possibile misurare lo spessore, non essendo stato ritrovato un buon affioramento in cui potessero essere chiaramente individuati i limiti inferiore e superiore di esso. Tale paleosuolo è costituito da terre rosse contenenti in abbondanza piccoli granuli di quarzo. Il suddetto banco di arenaria è sub - orizzontale e mantiene una debole pendenza verso Nord - Ovest. Il suo spessore, misurato là dove essa affiora, di solito non supera i 2,5 metri. Solo eccezionalmente raggiunge 4 metri circa presso l'affioramento sito in contrada S.Ippolito. Tale arenaria contiene generalmente una abbondante quantità di elementi quarzosi. Si ritiene, pertanto, più esatto chiamarla "arenaria litica". In essa sono evidenti , in alcuni punti, stratificazioni incrociate ed è scarsa di fossili. Si presenta, inoltre di colore grigio ad alterazioni giallastre. Anche la compattezza è variabile a seconda del grado di diagenesi. Tale arenaria litica , include sovente ciottoli di dimensioni variabili. L'estensione dell'affioramento studiato è valutabile all'incirca sui 3 kmq. Intorno a questo banco, l'erosione ha messo in luce grosse porzioni dei terreni terziari sottostanti.

La calcarenite del G.T.S. fu per la prima volta definita, da Ruggieri G. e Unti M. (1974), come appartenente al Pleistocene superiore. Ruggieri G. ed altri , ( 1975 ) studiando la Calcarenite di Marsala , esaminarono il sistema di terrazzi marini della Sicilia, del quale il G.T.S. fa parte. In esso fu descritta la suddetta calcarenite, e dalle notevoli analogie riscontrate tra questa e l'arenaria sulla quale poggia il travertino di Alcamo è possibile considerare quest'ultima come appartenente al G.T.S.. La deposizione dei terrazzi marini ebbe inizio, secondo gli AA., dopo il Siciliano, quando si verificò un periodo di quiete orogenetica, seguita da una generale regressione marina , che portò ad una fase di emersione di non breve durata, nel corso della quale, una intensa erosione, accompagnata da processi di alterazione, diede origine alla formazione di paleosuoli. Successivamente, nelle zone rese piatte dall'erosione, si ebbe una nuova invasione marina, che portò un mare molto sottile su vaste porzioni dell'isola. Da questo momento in poi, si verificò un graduale ritiro del mare accompagnato da oscillazioni legate a movimenti eustatici, con il conseguente formarsi di una gradinata di terrazzi, il primo dei quali fu Grande Terrazzo Superiore (Crotoniano). Esso è rappresentato da una tavola calcarenitica, di spessore relativamente modesto e priva di fossili. La sua sedimentazione è avvenuta posteriormente al periodo di continentalità sopra descritto, e ciò è confermato dal fatto che spesso essa riposa su terre rosse o altri tipi di paleosuoli. Gli Autori sopra citati affermano, inoltre, che il G.T.S. ha una debolissima pendenza verso mare e si mantiene ad una certa distanza dalla attuale linea di costa, in quanto esso è spesso distrutto dalla formazione dei terrazzi successivi.

 

 

 

Foto 2 - Un fronte della Cava Siciltravertino ormai esaurita - Alcamo (TP)

Foto 3 - Altro fronte della cava della Siciltravertino attualmente chiusa. Si notino i banchi inferiori molto compatti.

Foto 4 - Cavità carsica con incrostazioni di alabastro calcarep, in basso e riempimento di sabbie eoliche, in alto.

3.1 Lineamenti geologici del travertino di Alcamo.

Il travertino di Alcamo, forma una grossa placca di spessore irregolare, sulla quale per la massima parte è stato costruito l'abitato di Alcamo. Tale placca ha una giacitura sub - orizzontale e si estende su di una superficie di 2,5 kmq, dalle falde del Monte Bonifato fino al secondo cimitero locale, da quota 80 a quota 215 circa. La suddetta placca, a sud , è ricoperta dal detrito di falda di Monte Bonifato. Verso nord, essa poggia, non direttamente, sull'arenaria litica appartenente al G.T.S. e che è stata descritta nel paragrafo precedente. E' possibile, infatti , affermare con certezza che tra il travertino e la suddetta arenaria esiste un paleosuolo dello spessore di circa 10 cm .

Esso si presenta generalmente di colore rossiccio ed è frammisto a granuli di quarzo ben arrotondati. Le colonne fito-stratigrafiche n.1 ,2 e 3 , riportate nelle figure n.1 , 2 e 3, mettono in evidenza la serie completa costituita , dal basso verso l'alto, da arenaria litica, paleosuolo e travertino, minuziosamente descritti a seconda degli affioramenti considerati.

La presenza del paleosuolo dimostra che la deposizione del travertino avvenne dopo un lungo periodo di continentalità, seguito ad un processo di emersione definitivo al quale fu soggetto il Grande Terrazzo Superiore, in questa zona, dopo il Crotoniano. Ciò smentisce quanto si riscontra dalla descrizione dei depositi travertinosi , riportata nella legenda della Carta Geologica d'Italia , F°257 "Castelvetrano" (1956), secondo la quale i terreni arenitici sottostanti il travertino non costituiscono un tipo litologico a se stante ma fanno parte del travertino medesimo.

Nelle zone marginali della placca, il travertino risulta molto poroso, tenero, con abbondanti resti di strutture vegetali visibili , e di colore dal giallo pallido al rossiccio ; nelle zone centrali, là dove la placca s'ispessisce , esso si presenta molto compatto, tenace e di colore bianco - avorio in profondità, mentre superficialmente è simile al travertino delle zone marginali. Esso è, inoltre, caratterizzato dalla presenza di cavità carsiche, di forme e dimensioni varie, che si riscontrano lungo i tagli delle due cave attive, a profondità variabili. Tali cavità sono incrostate e/o occluse da alabastro calcareo; talvolta, sono riempite da terre rosse "lateritizzate", ricoperte da finissime sabbie gialle, eoliche, quarzose.

Nella placca di travertino, soprattutto lungo i tagli delle cave è visibile uno strato di sabbia di origine eolica, quarzosa, dello spessore massimo intorno a metri 1,5 che si presenta da incoerente a ben cementata.

La sua presenza dà indicazioni importanti sia dal punto di vista paleo - climatico che paleo - ambientale , oltre a consentire la formulazione dell'ipotesi della esistenza di due momenti di deposizione del travertino della quale si parlerà in seguito.

Lo spessore attuale della placca varia notevolmente da zona a zona: quello massimo è riscontrato lungo i tagli delle due cave attive, raggiungendo 18 metri circa nella Cava Cappuccini e 15 metri circa nella Cava della Cooperativa Siciltravertino. Sia nella prima che nella seconda cava , alla base del travertino affiora il tetto dell'arenaria litica sottostante .

Da queste cave fino ad arrivare al secondo cimitero, lo spessore diminuisce raggiungendo 2÷3 metri circa visibili nei tagli di cave abbandonate , ubicate in questi pressi.

All'interno del paese, poi , come confermato da ulteriori notizie raccolte nel corso della ricerca , sembra che lo spessore del travertino abbia un andamento piuttosto anomalo nei pressi del C.so VI Aprile (corso principale del paese), iniziando ad ovest da P.za De Carolis, dove sondaggi elettrici, eseguiti da geologi locali per scopi applicativi , hanno rivelato valori dello spessore medesimo di circa 18÷20 metri per procedere , poi in direzione della Piazza Ciullo d'Alcamo , dove i valori rilevati scendono, a sinistra della strada, a 4 metri circa ed a destra della strada medesima intorno ai 2 metri.


TETTONICA

Le fasi tettoniche medio plioceniche, nella Sicilia occidentale, furono caratterizzate da movimenti compressivi , che portarono al sollevamento e alla deformazione dei terreni sottostanti. Durante il Quaternario si ebbero essenzialmente fenomeni distensivi con la conseguente apertura di numerose faglie, anche di notevoli dimensioni (indicate con le linee rosse in Fig.1).

La prima crisi tettonica quaternaria, che interessò la Sicilia occidentale, fu quella relativa all'Emiliano; la seconda si verificò, invece, alla fine del Siciliano. E' al Pliocene medio che risalgono i movimenti di sollevamento che interessarono la zona oggetto del presente studio e che risultarono più accentuate in particolare nel Monte Bonifato di Alcamo, sul lato orientale del quale si formò una grossa faglia ad orientamento N-S a prevalente movimento verticale. Il sollevamento di tale struttura continuò ad essere attivo fino alla fine del Siciliano , quando poi l'intera zona si abbassò per consentire l'estesa trasgressione marina del Crotoniano , per risollevarsi molto lentamente in seguito.


 

 

 

 

Foto 5 -Particolare di una perete della cava Siciltravertino

 

 

Foto 6 - Particolare di una parete della cava Siciltravertino dove è possibile osservare lo strato sabbioso orizzontale e di colore scuro che separa i due livelli di travertino: quello inferiore più potente, quello superiore più sottile. Si notino anche nei banchi di travertino le fratture allargatedalla dissoluzione della roccia ad opera delle acque circolanti, rempite di terre rosse.

 

 

Foto 7 - Travertino bibliolitico con impronte di olivo selvatico.

 

 

Foto 8 - Frammento di cranio di Elephas falconeri BUSK

 

 

Foto 9 - Uova di tartaruga gigante terrestre

CONSIDERAZIONI SEDIMENTOLOGICHE

Il termine "travertino" viene usato generalmente per indicare depositi carbonatici che si formano, in ambiente continentale, per processi di incrostazione principalmente su strutture vegetali, in prevalenza vicino a sorgenti calcarifere, talora termali.

Studi recenti (Buccino et alii, 1978 - D'Argenio et alii, 1983 - Ferreri V. ,1985) hanno proposto una classificazione dei travertini, in base alle associazioni dei litotipi riscontrati e ai caratteri delle incrostazioni primarie che ne determinano le tessiture.

I travertini, secondo questa classificazione, si possono suddividere in due raggruppamenti: TRAVERTINI DETRITICI e TRAVERTINI AUTOCTONI.

I TRAVERTINI DETRITICI sono formati da granuli costituiti da incrostazioni su supporti vegetali di vario tipo (fitoclasti s.l. ), che conferiscono alla roccia una tessitura clastica. Ad essi appartengono i Travertini Fitoclastici, Travertini Bibliolitici e i Travertini Oncolitici.

I primi sono formati da incrostazioni su frammenti di fitoclasti di varia natura come fusti, canne etc.; mentre, in quelli bibliolitici, l'incrostazione è avvenuta principalmente su foglie intere o in frammenti. I travertini oncolitici sono costituiti da granuli sferici come oncoliti e pisoliti batteriche. Le oncoliti sono strutture sferoidali, formate da involucri concentrici interi o incompleti di origine algale, delle dimensioni, normalmente, non superiori ai 2 mm ; le pisoliti batteriche, anch'esse a struttura sferoidale con diametro compreso tra 3 e 10 mm, presentano una laminazione indistinta o mancante, e la loro genesi è legata ad attività di batteri in acque tranquille.

I TRAVERTINI AUTOCTONI, che derivano da rapidi processi di incrostazione su strutture vegetali in posizione fisiologica, vengono suddivisi in Travertini Stromatolitici e in Travertini Fitoermali. I primi sono, generalmente costituiti da lamine legate all’attività di comunità di cianofite; i secondi, da incrostazioni su piante igrofile in posizione di crescita. (Ferreri V., 1985)

Questa classificazione, da noi ritenuta la più moderna e soddisfacente, è stata adottata nella nostra analisi dei travertini di Alcamo.

Come già è stato accennato, i travertini di Alcamo costituiscono una placca che si estende su di una superficie di 2,5 kmq, ai piedi di Monte Bonifato.

Dalle osservazioni di campagna e dall'analisi delle associazioni di litotipi presenti è stato possibile distinguere, all'interno della placca, due livelli di travertino separati da uno strato sabbioso.

Il travertino che costituisce il livello inferiore risulta molto compatto e cementato, è assente il quarzo e la sua composizione è esclusivamente calcarea. Esso raggiunge uno spessore massimo, nella cava Cappuccini, di circa 10 m. Si presenta di colore dal giallino al bianco avorio ed è caratterizzato dalla presenza di cavità carsiche incrostate parzialmente od occluse da alabastro calcareo. Soprattutto nella zona a nord del livello sono stati ritrovati grossi accumuli di gusci di gasteropodi terrestri e di foglie di olivo selvatico.

Il travertino del livello superiore, generalmente più poroso e meno compatto di quello del livello inferiore, è costituito da calcari associati a granuli di quarzo (circa il 3 %), spesso avvolti da lamine concentriche di carbonato di calcio. Esso ha uno spessore, variabile nei vari punti della placca, compreso tra 4 e 6 metri circa, ed il suo colore varia dal giallino al giallo rossiccio. Il travertino di questo livello, in basso, è caratterizzato alla presenza di numerosi resti fossili, in particolare quelli di un mammifero nano l'Elephas falconeri BUSK e quelli di una tartaruga terrestre gigante. Mentre, nella parte alta, è caratterizzato da fratture allargate dalla dissoluzione della roccia, che si ritrovano spesso riempite da terra rossa proveniente dal suolo soprastante.

Per quasi tutta la placca è possibile notare, la presenza di un'intercalazione sabbiosa che separa, come già detto prima, il livello inferiore da quello superiore. Tale intercalazione ha spessore variabile lungo tutta la placca, e raggiunge punte massime di 1,5 m circa. Essa, di colore giallino, si presenta, a zone, da incoerente a cementata ed è costituita esclusivamente da granuli di quarzo, i quali presentano, ad un esame microscopico, un alto indice d'arrotondamento e di sfericità ed una superficie smerigliata. Questi caratteri ci suggeriscono, per questa sabbia, una provenienza eolica.

Il passaggio tra il travertino del livello inferiore e l'intercalazione sabbiosa appare brusco e solo raramente graduale. Mentre, quello tra tale intercalazione ed il travertino del livello superiore è generalmente graduale e solo in alcuni punti è brusco.

I tagli di cave, sia attive che inattive, hanno consentito una esatta valutazione degli spessori e una facile campionatura del travertino, offrendo condizioni ideali per la realizzazione di sette colonne litostratigrafiche, di seguito descritte.

Le osservazioni fatte su tagli "freschi" lungo pareti di cave, hanno permesso, l'analisi dei litotipi di travertino e di valutarne la relativa presenza. In particolare, la colonna litostratigrafica n.5 effettuata lungo una parete della cava "Siciltravertino", è quella che a nostro avviso risulta la più completa e sulla quale sono state realizzate un maggior numero di osservazioni sia macroscopiche che microscopiche effettuate su sezioni sottili, ricavate dal prelievo di campioni prelevati anche da carote estratte da pozzetti creati per l'installazione del filo elicoidale, usato per il taglio dei blocchi di travertino.

Viene data adesso, una descrizione particolareggiata di ogni singola colonna litostratigrafica.

La colonna n.1 è stata realizzata in corrispondenza di un taglio effettuato per una costruzione, all'angolo formato tra la Via F.Varvaro e la Via .Nicolò, a quota 240.00, nella parte nord - orientale della placca di travertino ai piedi di P.za Bagolino. Tale colonna ha una altezza di 2,3 m ed in essa si possono notare dal basso verso l'alto:

- 1 m circa di arenaria litica a grana fine di colore giallo, con una notevole presenza di granuli di quarzo, il cui contatto inferiore non affiora.

- 0.1 m di paleosuolo di colore dal giallo chiaro (in basso) al rossiccio (in alto), con una componente abbondante di granuli di quarzo arrotondati e classati.

- 0.8 m di travertino, appartenente al livello superiore, che si presenta di colore giallo, molto alterato in superficie e privo di strutture identificabili macroscopicamente. Lateralmente, a poca distanza, questo livello passa ad un travertino rossastro, poco cementato e friabile, interamente costituito da incrostazioni su fitoclasti, la cui struttura originaria è perfettamente riconoscibile. (Travertino fitoclastico)

- 0.3 m di terreno agrario.

La colonna n.2 è stata eseguita in una cava inattiva, ubicata nella zona nord della placca di travertino, alle spalle del secondo cimitero, a quota 225.00. Tale colonna ha una altezza totale di 4.3 m ed in essa sono visibili, dal basso verso l'alto: 

- 1.6 m di arenaria litica, in cui si intercala un sottile livello conglomeratico, a circa 10 cm dal tetto della suddetta arenaria. Il limite inferiore di tale arenaria non affiora. Essa si presenta di colore dal grigio al rossiccio a causa della forte alterazione superficiale ; ha una giacitura sub - orizzontale, ed è caratterizzata da una abbondante presenza di granuli di quarzo, generalmente di taglia grossolana e mediamente cementati. L'intercalazione conglomeratica ha uno spessore di circa 10 cm ed è costituita da ciottoli di dimensioni variabili. Questo livello è riscontrabile lungo tutte le colonne, tranne in quella precedentemente descritta.

-0.1 m di paleosuolo di colore rossiccio, con una componente abbondante di granuli di quarzo ben arrotondati e classati , con qualche raro ciottolo di piccole dimensioni. Tale paleosuolo è simile a quello presente nella colonna precedente.

-2.3 m di travertino, appartenente al livello superiore, di colore prevalentemente rossiccio. Esso si presenta, alla base, caratterizzato da una notevole porosità dovuta ad incrostazione di carbonato di calcio su fitoclasti (Travertino Fitoclastico). Verso l'alto è caratterizzato da alternanze di lamine stromatolitiche piano - parallele e livelli con abbondanti oncoliti, assieme alle quali sono presenti pisoliti batteriche (alternanza di travertino stromatolitico e travertino oncolitico). Nella parte superiore tale travertino non presenta strutture visibili, ma è caratterizzato da numerose fratture allargate da processi di dissoluzione, di norma riempite da terra proveniente dal suolo soprastante .

- 0.3 m di terreno agrario.

La colonna n.3 è stata effettuata in base alle osservazioni fatte su di un piccolo affioramento situato al margine nord della placca a quota 215.00 ed ha un'altezza complessiva di 1.5 m. Essa è formata, dal basso verso l'alto, da: 

- 1.0 m. di arenaria litica, con una sottile intercalazione conglomeratica verso l'alto. Essa ha una pendenza, in questo punto, dell'ordine di 7° verso N-W. Si presenta di colore rossiccio, molto alterato e con abbondanti granuli di quarzo. Non è visibile, in questa successione, alcun livello di paleosuolo tra l'arenaria ed il soprastante travertino perché, probabilmente questo è mascherato dalla vegetazione ivi presente. 

- 0.2 m. di travertino appartenente al livello superiore. Esso si presenta di colore grigio, è vacuolare ed è difficilmente definibile in quanto anch'esso è mascherato da vegetazione e terreno agrario.

- 0.3 m di terreno agrario.

La colonna n.4 è stata realizzata sulla parete principale della cava "Cappuccini " ad una quota di 249.00 metri ed ha un'altezza complessiva di 18 m. Essa è costituita, dal basso verso l'alto, da : 

- 9,7 m circa di travertino appartenente al livello inferiore. Alla base di tale livello affiora il tetto della sottostante arenaria litica. Tale travertino si presenta di colore avorio, compatto e relativamente poco poroso. E' costituito essenzialmente da alternanze di lamine stromatolitiche ondulate e piano - parallele (Travertino stromatolitico ) e da livelli decimetrici di oncoliti, assieme alle quali è facile riscontrare la presenza anche di pisoliti batteriche (Travertino oncolitico). In altri punti della cava, nella zona nord in particolare, nel travertino del livello inferiore sono state ritrovate, a diverse altezze incrostazioni avvenute su cumuli di foglie di olivo selvatico (Travertino bibliolitico) che appaiono generalmente impacchettate ed isorientate, su accumuli di gusci di gasteropodi terrestri e su cannucce e fusti di piante (Travertino fitoclastico). Verso l'alto, il travertino mostra un arricchimento in granuli di quarzo (totalmente assenti alla sua base), che segnano il passaggio alle soprastanti sabbie.

-1.5 m circa di arenite quarzosa di colore grigio, ben cementata. In questa particolare parete, i limiti inferiori e superiori non sono perfettamente netti.

- 6.5 m di travertino, appartenente al livello superiore. Esso si presenta di colore da grigio a rosato, compatto e poroso. La presenza di quarzo è maggiore nella parte basale del livello, in vicinanza dello strato sabbioso; per il resto la quantità di quarzo si mantiene intorno ad una percentuale del 3% . Alla base, il travertino è costituito da alternanze di lamine stromatolitiche ondulate e sub – orizzontali (Travertino stromatolitico) e livelli oncolitici (Travertino oncolitico). In corrispondenza della sua base questo travertino è caratterizzato dalla presenza di resti fossili, principalmente di Elephas falconeri BUSK assieme ai quali sono stati ritrovati corpi di forma sferica, riuniti in gruppi sparsi. Tali corpi sono stati identificati come uova di tartaruga gigante terrestre, il cui modello interno dello scudo è stato ritrovato qualche anno fa, al di sopra del suddetto livello sabbioso, nella cava appartenente alla cooperativa Siciltravertino, ubicata a circa 500 metri ad est della cava "Cappuccini". Nella parte alta di questo travertino non si notano strutture particolari. Questo livello di travertino è caratterizzato, inoltre, dalla presenza di fratture sia orizzontali che verticali anche di grosse dimensioni, allargate da processi di dissoluzione della roccia e successivamente ridotte e/o occluse da alabastro calcareo. 

- 0.3 m di terreno agrario.

La colonna n.5, come è già stato accennato in precedenza, è stata effettuata con l'aiuto di una campionatura eseguita sulla parete principale della cava "Siciltravertino". Essa ha un'altezza totale di 14.5 m ed in essa si notano, dal basso verso l'alto:

- 5.2 m di travertino compatto di colore avorio. Alla base affiora il tetto della arenaria litica sottostante. Tale travertino ha una porosità relativamente scarsa. Il quarzo è totalmente assente. Esso è costituito esclusivamente da oncoliti associate a pisoliti batteriche. (Travertino oncolitico) Al microscopio si è notato che le oncoliti sono costituite da alternanze di lamine algali micritiche e microcristalline che si sviluppano attorno a nuclei costituiti essenzialmente da micrite. Oltre alle oncoliti sono presenti delle strutture algali la cui laminazione è indistinta. Si è visto inoltre che le oncoliti sono talvolta circondate da cristalli di calcite fibrosa che cementano le stesse tra loro e che i pori residui sono occlusi da mosaici di cristalli di calcite che indicano una precipitazione avvenuta in ambiente freatico.

- 1.6 m di travertino di colore avorio costituito da alternanze di livelli stromatolitici (Travertino stromatolitico) e livelli ad oncoliti, con presenza anche di pisoliti batteriche (Travertino oncolitico). Queste ultime, le cui dimensioni sono di circa 6 mm, mostrano al microscopio una struttura raggiata ed una laminazione concentrica indistinta. Assente il quarzo. 

-1.6 m di travertino di colore avorio, molto poroso e compatto, caratterizzato da incrostazioni su piante igrofile in posizione di crescita. I cristalli di calcite, che al microscopio appaiono generalmente fibrosi, permettono la conservazione delle minute strutture vegetali (Travertino fitoermale ). Assente il quarzo.

- 1.0 m di arenite quarzosa di colore giallino, costituita da granuli di quarzo ad elevato indice di sfericità, che in corrispondenza di questa successione non si presenta litificata.

- 3.0 m di travertino di colore dal giallino al rosato, con porosità crescente verso l'alto. Si nota la presenza di quarzo. Esso è costituito da alternanze di livelli ad oncoliti abbondanti e lamine stromatolitiche (Travertino oncolitico e Travertino stromatolitico). Alcuni granuli di quarzo sono avvolti da cristalli di calcite euedrali. I pori sono generalmente rivestiti e/o colmati da mosaici di cristalli euedrali ed aneuedrali di calcite.

- 1.6 di travertino di colore rosato, interessato da fratture allargate dalla dissoluzione. Esso è privo di strutture macroscopicamente riconoscibili, mentre al microscopio si presenta costituito essenzialmente da calcite microcristallina con qualche rara presenza di resti algali e di granuli di quarzo.

- 0.3 m di terreno agrario.

La colonna n.6 è stata effettuata su una parete che si trova nella parte inattiva della cava Siciltravertino. Essa ha un'altezza massima di 12.3 m e presenta, dal basso verso l'alto:

- 8.0 m di travertino appartenente al livello inferiore, alla cui base è visibile il tetto della areneria litica sottostante. Esso si presenta di colore giallino ed è caratterizzato, in basso, da alternanze di lamine stromatolitiche in genere piano parallele e ondulate (Travertino stromatolitico) e di livelli ad oncoliti e pisoliti batteriche (Travertino oncolitico). A circa quattro metri dalla base di questo livello, si possono notare numerose cavità carsiche, anche di notevoli dimensioni, orlate e/o colmate da alabastro calcareo. Verso l'alto, il livello di travertino è costituito da lamine stromatolitiche che tendono a diventare più ondulate fino a formare veri e propri duomi. A queste lamine segue, infine, un livello di travertino molto poroso costituito da incrostazioni su piante igrofile in posizione di crescita di varie dimensioni. In questo livello non sono presenti granuli di quarzo.

- 1.0 m di arenite quarzosa di colore giallino, che in questa successione non si presenta litificata.

- 4.0 m di travertino generalmente giallo - rossiccio, nel quale è presente una componente quarzosa. Esso è caratterizzato, in basso, da alternanze di livelli stromatolitici e livelli ad oncoliti (Travertino stromatolitico e Travertino oncolitico), cui segue verso l'alto un orizzonte a fitoclasti che determina un aumento della porosità.

- 0.3 m di terreno agrario.

La colonna n.7 è stata effettuata nella zona occidentale della placca, in contrada S.Ippolito a quota 245.00. Essa ha un'altezza massima di 4.8 m ed è costituita dal basso verso l'alto, da: 

- 2.0 m di arenaria litica di colore rossiccio, in cui è presente una notevole abbondanza di granuli di quarzo. Verso l'alto è presente il livello conglomeratico a ciottoli di dimensioni variabili dello spessore di circa 10 cm.

- 0.1 m di arenite silicea di colore giallino che si presenta, in questa successione, incoerente.

- 2.5 m di travertino appartenente al livello superiore. Esso si presenta di colore rossiccio, molto poroso e friabile, formatosi per incrostazioni di carbonato di calcio su fitoclasti.

- 0.3 m di terreno agrario.

Dalla descrizione di ogni singola colonna litostratigrafica è risultato che a sud della placca, il travertino del livello inferiore è costituito, generalmente, da associazioni di travertino oncolitico, travertino stromatolitico, e travertino fitoermale; mentre, verso nord, oltre le associazioni di travertino precedenti troviamo anche travertino fitoclastico e travertino bibliolitico. La prima associazione indicherebbe la presenza di un debolissimo pendio a superficie irregolare sulla quale scorreva una lama sottile di acqua calcarifera e dalla quale precipitava chimicamente il carbonato di calcio, la cui precipitazione era agevolata anche dalla presenza delle alghe che trovavano un ambiente favorevole alla loro vita al di sotto di tale lama d'acqua.

Mentre, verso nord, la seconda associazione di litotipi indicherebbe la presenza di una zona di accumulo attivo.

Nel livello superiore, il travertino, caratterizzato generalmente da associazioni di travertino fitoclastico, oncolitico e stromatolitico, indicherebbe un ambiente costituito da un debole pendio. Tale ambiente doveva avere avuto un’estensione maggiore rispetto a quello in cui si depositava il livello inferiore, vista la sua larga esposizione areale, relegando alle sole zone marginali, la presenza di travertino fitoclastico con incrostazioni su canne ed altri resti vegetali che indica un rigoglioso sviluppo della vegetazione ai bordi del bacino.

Infine, la presenza di fratture, cavità carsiche e croste calcitiche, avvalora il fatto che i travertini di Alcamo si siano depositati su una superficie quasi sub - orizzontale, in quanto questa ha facilitato un'azione più prolungata sia delle acque superficiali che di quelle secondarie .


 

 

 

 

Foto 10 - Resti di zanna di Elephas falconeri BUSK

 

 

Foto 11 - Particolare di un molare di Elephas falconeri BUSK sezionato durante il taglio del travertino.

 

 

 

Foto 12 - Da sinistra: modello interno di un uovo di tartaruga gigante terrestre; uovo sano interamente estratto dal travertino con guscio sostituito da calcite spatica; parte di guscio all'interno del travertino.

CONSIDERAZIONI PALEONTOLOGICHE

Come è già stato accennato in precedenza, i travertini di Alcamo sono stati sede di importanti ritrovamenti paleontologici. Essi sono consistiti nella scoperta della presenza, in questa zona di un mammifero nano, l'Elephas falconeri BUSK e di una tartaruga terrestre gigante. In associazione ai vertebrati sono stati, inoltre, ritrovati corpi sferici cavi e non, identificati come uova della tartaruga appartenente al genere sopraddetto, numerosi gusci di gasteropodi terrestri, primo tra i quali l'Helix mazzulli CRISTOFORI & JAN, 1832 , nota soprattutto per le sue abitudini litofaghe, nonché impronte di foglie intere o spezzate che appartengono ad una forma di olivo selvatico.

Dell'elefante nano, si dice sia stato ritrovato l'intero scheletro in situ, senza tuttavia possibilità di verifica concreta di tale notizia. Certezza e prove si hanno, invece, sul ritrovamento di altri reperti quali numerose zanne, denti, crani etc, appartenenti all'elefante stesso.

Duole constatare che gran parte di questi reperti fossili sono andati e vanno distrutti durante i lavori di estrazione del travertino. 

La lamentata dispersione di reperti così importanti non favorisce certo il progredire dello studio paleontologico - sistematico della zona, attualmente in corso.

L'elefante nano, che come già sottolineato appartiene alla specie Elephas falconeri BUSK, è senza dubbio l'unico reperto fossile che possa darci utili indicazioni sull’età relativa della roccia nella quale è stato rinvenuto, per la sua qualità di marker di biozona. Esso, in un lavoro che propone una suddivisione in cinque stadi delle mammalofaune del Quaternario siciliano (Kotsakis T.,1978), caratterizza lo stadio faunistico di Spinagallo (Siracusa). Questo stadio faunistico, che comprende le forme più endemiche esclusive della Sicilia e della vicina isola di Malta, dimostra un popolamento continentale seguito da un isolamento geografico delle due isole dal restante territorio continentale.

Nel 1985, Belluomini riuscì a stabilire in 260.000 anni l’età degli elefanti nani ritrovati in Sicilia, servendosi del metodo della racemizzazione degli aminoacidi usandolo sui denti dei suddetti elefanti.

Verso la fine del 1984 , nella cava della cooperativa "Siciltravertino", è stato rinvenuto un modello interno di uno scudo di tartaruga della lunghezza di metri 1,15. Detto reperto è stato donato al Museo di Paleontologia di Palermo, per interessamento del prof. Liborio De Blasi di Alcamo.

Questo tipo di tartaruga, nota anche nel Pleistocene di Malta, per il ritrovamento dei soli arti (Adams , 1887), richiama quelle che attualmente vivono , molto numerose ad Aldabra , un grande atollo, riserva naturale a protezione integrale , che si trova vicino le isole Seychelles.

Anche le uova di queste ultime sono molto simili a quelle dei ritrovamenti fossili nel travertino, che hanno l'aspetto di sfere generalmente cave del diametro compreso tra i 5 e i 6,5 cm e che in genere si presentano in gruppi piuttosto numerosi. All'esame delle sezioni dei suddetti ritrovamenti di uova, si nota evidente la presenza del fantasma di un sottile guscio calcareo poroso sostituito nel tempo da calcite spatica.

Una notazione particolare merita il fatto che i reperti fossili ritrovati nel travertino giacciono sempre al di sopra del tetto dello strato sabbioso descritto in precedenza; ma le uova possono essere ritrovate anche in vicinanza del tetto del suddetto strato sabbioso.


IPOTESI SULL' ORIGINE DEI TRAVERTINI DI ALCAMO

In questo capitolo cercheremo di avanzare qualche ipotesi circa il chimismo delle acque, la loro provenienza e le aree di alimentazione.

Va ritenuto che durante le fasi iniziali della deposizione del travertino la geomorfologia doveva essere leggermente irregolare.

L'evoluzione verticale del substrato è caratterizzata da una tavola "calcarenitica" leggermente inclinata verso mare cui segue, verso l'alto, un deposito sabbioso, di origine eolica, in parte trasformato in suolo, che ha favorito una diffusione di aree di tipo "lacustre".

Su questo substrato più o meno ondulato lo scorrere delle acque ricche di carbonato di calcio in soluzione, provoca sotto il controllo attivo di alghe e batteri, lo sviluppo diffuso di processi di incrostazioni, in analogia a quanto proposto da Brancaccio et alii (1986). Le rotture di pendio rappresentavano i punti preferenziali per le edificazioni di sbarramenti locali che trattenevano le acque ricche in carbonato.

Per quanto riguarda l'acquifero da cui si è originato il travertino, bisogna dire che questo era dato, non solo dal complesso carbonatico di Monte Bonifato, ma anche dagli immensi depositi terrigeni, conglomeratico - sabbiosi che presumibilmente si addossavano allo stesso monte.

La falda acquifera, che si manifestava al momento della deposizione del travertino con una serie di emergenze di tipo sorgentizio, oggi, non solo si è abbassata, ma è diminuita come portata.

Questo può essere spiegato con l'attuale morfologia, che vede M. Bonifato isolato dai depositi terrigeni sopracitati.


 

 

 

Foto 13 - Operaio su un ripiano di travertino mentre prepara la roccia per il taglio con il flio elicoidale.

CAVE DI ALCAMO: CENNI STORICI ED ECONOMICI

A completamento del presente studio, è utile, qui di seguito, riportare alcune brevi notizie di carattere storico nonché di carattere industriale riguardanti il giacimento di travertino di Alcamo che costituì e tuttora costituisce il più grosso centro estrattivo della Sicilia. La sua ampia superficie, intensivamente sfruttata in passato è oggi quasi completamente ricoperta dal centro abitato della cittadina di Alcamo.

L'odierna attività estrattiva, si svolge, pertanto, nelle due cave ancora in esercizio ubicate al margine Nord della cittadina.

La scoperta di detto giacimento può farsi risalire a circa due secoli addietro, quando si cominciò ad utilizzare il travertino come materiale da costruzione. Nacquero cosi, le prime cave padronali nelle zone più esterne del deposito, che impiegavano molta manodopera che, ovviamente, usava per l'estrazione e la trasformazione, metodi manuali assai faticosi.

Tali metodi consentivano l'estrazione di blocchi di modeste dimensioni che venivano cavati dalla parte più superficiale del deposito e che trasformati in blocchetti, venivano commercializzati per essere usati nelle costruzioni in sostituzione dei conci di calcarenite provenienti da Marsala.

Il progresso dei tempi, portò ad una evoluzione delle tecniche estrattive che poterono avvalersi dello uso di attrezzature meccaniche, che se da un canto migliorarono ed aumentarono la produzione, permettendo di estrarre blocchi più grandi cavati da parti sempre più profonde del deposito (che risultano essere la parte più pregiata del travertino), ridussero l'impiego di manodopera.

Parallelamente si assistette anche ad una evoluzione delle tecniche di trasformazione che esaltando le qualità della roccia, come la sua compattezza, la sua resistenza ed inalterabilità agli agenti atmosferici, ne suggerirono l'impiego in altri settori dell'edilizia (rivestimenti interni ed esterni, pavimentazioni, etc.), stimolando l'esportazione del prodotto che varcò i confini dell'Italia, raggiungendo la Francia, il Belgio, la Spagna, etc., e dando un notevole impulso alla economia della zona. Un esempio di impiego del travertino di Alcamo si può osservare al Palazzo di Giustizia di Palermo.

Le migliorate condizioni economiche prodotte dalla fiorente attività industriale e commerciale del travertino, favorirono l'espansione dell'insediamento urbano, i cui nuovi edifici, occupando parte delle aree non ancora interessate dai processi estrattivi, ridussero la potenzialità produttiva del giacimento con evidente danno per l'economia industriale della zona.

Circa il numero delle cave operanti in zona ed i quantitativi di travertino estratti, trasformati e commercializzati, nonché circa la manodopera impiegata anteriormente all'anno 1970, non è stato possibile acquisire notizie documentali probanti, ma solo notizie verbali la cui attendibilità non può considerarsi certa e quindi riferibile.

Le notizie certe e quindi riferibili sono desunte dal "BOLLETTINO REGIONALE MINERARIO" che il Corpo Regionale delle Miniere pubblicò dal 1970 al 1981.

Dette notizie, sono riportate nel prospetto che segue: 

Anno N °Cave N° operai Produzione Travertino (t)
1970 16 67 Blocchi e lavorato 12.000

Pezzame 5.200

1971 16 62 Blocchi e lavorato 18.500

Pezzame 6.200

1972 13 50 Blocchi e lavorato 18.000

Pezzame 4.500

1973 15 52 Blocchi e lavorato 21.000

Pezzame 7.000

1974 8 58 Blocchi e lavorato 18.000

Pezzame 6.200

1975 6 51 Blocchi e lavorato 16.000

Pezzame 7.100

1976 4 48 Blocchi e lavorato 7.800

Pezzame 16.000

1977 3 42 Blocchi e lavorato 7.125

Pezzame 14.500

1978 4 40 Blocchi e lavorato 6.000

Pezzame 12.000

1979 4 41 Blocchi e lavorato 6.200

Pezzame 15.000

1980 4 41 Blocchi e lavorato 7.100

Pezzame 17.200

1981 1 8 Blocchi e lavorato 8.000

Pezzame 18.000

 Come può rilevarsi dai dati in tabella, si è avuta nel tempo una considerevole riduzione del numero di cave operanti e quindi della manodopera impiegata, con un aumento dei quantitativi di "pezzame" che sta ad indicare l'approssimarsi dell'esaurimento del travertino di migliore qualità.

Attraverso la ricerca della scrivente si è potuto appurare che oggi risultano attive e produttive due cave e precisamente la Cava Cappuccini e la Cava Siciltravertino. Entrambe sono gestite da cooperative costituite dagli stessi operai che vi lavorano, rispettivamente sei nella prima e venti nella seconda.

Il metodo di estrazione più usato nelle due cave è quello dell'impiego del filo elicoidale e di cunei d'acciaio. Per l'installazione del filo elicoidale, si trivellano due pozzetti del diametro di 22 cm in due punti opposti tra di loro nella cava, e quindi per mezzo di montanti dotati di pulegge si provvede a guidare e a far scorrere il filo elicoidale stesso che procede così alla effettuazione di tagli verticali che scendono per tutto lo spessore del banco e fino al piano naturale di distacco del medesimo.

Risulta necessario, quindi, prima dell'effettuazione di qualsiasi taglio, procedere ad uno studio accurato dell'andamento e della frequenza degli accennati piani naturali di distacco per individuare i tagli più opportuni. I grossi blocchi delle dimensioni massime di 10 m di lunghezza per 5 m di larghezza, vengono successivamente ridotti a blocchi più piccoli e trasportabili facendo uso dei cunei d'acciaio che in essi vengono introdotti con la mazza seguendo le litoclasi naturali. Se le litoclasi non esistono o sono poco delineate, per la introduzione dei cunei si eseguono fori verticali, distanti da 15 a 30 cm l'uno dall'altro, e profondi tanto quanto basta, servendosi di appositi martelli perforatori.

Ancora oggi, il travertino di Alcamo risulta molto apprezzato all'estero, tanto è vero che gli Emirati Arabi ne hanno acquistati ingenti quantitativi che sono stati impiegati nel rivestimento degli esterni e degli interni rispettivamente del palazzo dell'ULAYA SHOPPING CENTRE di RIYADH e del palazzo sede della GULF INTERNATIONAL BANK delle Is. BARHEIN.


CONCLUSIONI

L'insieme dei dati, raccolti nel presente lavoro, ha consentito di delineare i tratti principali della evoluzione genetica dei travertini di Alcamo.

Dal punto di vista stratigrafico è stato constatato che, alla base di questi travertini, esiste un livello di paleosuolo che separa i medesimi dalla sottostante arenaria litica. La posizione stratigrafica di quest'ultima ha consentito di attribuirla al Grande Terrazzo Superiore (G.T.S.) e di considerarla di età Crotoniana.

La presenza, inoltre, del paleosuolo indica che, dopo la deposizione della calcarenite, si stabilì in questa area, un ambiente continentale.

Le analisi sedimentologiche hanno permesso di individuare un'intercalazione sabbiosa che divide la placca di travertino in due "livelli" che identificano due momenti di deposizione differenti.

Dalle associazioni di litotipi travertinosi presenti nei due livelli, sono state ricavate indicazioni sull'ambiente di deposizione. In particolare, il travertino del livello inferiore si è depositato su una superficie irregolare che presenta, a nord, una zona d'accumulo. Quello del livello superiore si è depositato su una superficie più ampia, rispetto a quella del travertino del livello inferiore e i margini del bacino di deposizione del travertino del livello inferiore, inoltre, dovevano essere caratterizzati dalla presenza di una rigogliosa vegetazione.

Mancano indagini di carattere geochimico che avrebbero dato indicazioni sulla temperatura delle acque dalle quali si sono formati i travertini.

Infine, i Travertini di Alcamo rivestono, dal punto di vista paleontologico, un particolare interesse per la presenza di resti fossili di cui è ricca la base del "livello" superiore. Infatti, sono stati ritrovati il modello interno dello scudo di una tartaruga terrestre, corpi sferici cavi e non, identificati come uova di tartaruga ed i resti di un mammifero nano, l'Elephas falconeri BUSK, grazie al ritrovamento del quale è stato possibile datare il travertino, riferendolo al Tirreniano.


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RUGGIERI G. (1978) - Una trasgressione del Pleistocene inferiore nella Sicilia occidentale. -Il Naturalista Siciliano, s.IV, II(3 - 4), pp. 159 - 171

SERVIZIO GEOLOGICO D'ITALIA (1979) Foglio geologico 257 "Castelvetrano".

WARMAN R.H. & ARKELL W.J. (1954) - A rewiew of the Jurassic of western Sicily. - Quaterly. Journ. Geol. Soc., vol.90, London

  Nota dell'autrice

Il lavoro di tesi sopra esposto risale al 1986. In quel periodo le due cave sopra nominate erano ancora attive, ma ben poco era il materiale da potere estrarre. Oggi, infatti, in nessuna cava viene più estratto il prezioso travertino. Piuttosto in quella più grande, la Siciltravertino per l'appunto, continua la lavorazione di marmi provenienti da altre località.

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Data dell'ultimo aggiornamento:16/01/99