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L’arte di guarire noi stessi

Parte Seconda


Il 16 di questo mese ho iniziato questo nostro ritiro di primavera con un discorso di Dharma in cui ho detto che è molto importante permettere al nostro corpo e alle nostre menti di fermarsi.
Il nostro corpo, tuttavia, può portarsi dentro molte ferite, e anche la nostra coscienza può portarsi dentro molte ferite. Queste hanno bisogno di guarire. La condizione di base per ogni guarigione è essere capaci di fermarsi, ma non abbiamo la capacità di fermarci. Abbiamo l’abitudine a correre, a fare cose. Ecco perché meditare è, prima di tutto, imparare a fermarsi, è dare al vostro corpo ed alla vostra mente la possibilità di fermarsi e curare se stessi. Sembra molto semplice, ma abbiamo bisogno di allenamento per farlo.

Ho detto che quando un animale che vive nella foresta è ferito, cerca sempre un luogo tranquillo per riposare per molti giorni e permettere alla ferita di guarire. Durante questi giorni l’animale non pensa a mangiare o a nient’altro. Questa è la pratica di tutti gli animali nella foresta ogni volta che sono feriti da un altro animale o da altri tipi di cose ,inclusa la malattia.
Dobbiamo imparare questa saggezza. Ci sono ferite nel nostro corpo. Potremmo avere malattie; possiamo anche avere il cancro o altre difficoltà che pensiamo essere incurabili. Possiamo avere blocchi di sofferenza nella nostra coscienza. Possiamo avere disperazione, paura e confusione, ma sappiamo che il nostro corpo ha la capacità di guarire se stesso se gli concediamo una possibilità per fermarsi. Questo è vero non solo per il nostro corpo, ma anche per la nostra anima.

La nostra coscienza sa ed ha la capacità di curare se stessa solo se le diamo la possibilità di permetterle di fermarsi, se la autorizziamo a fermarsi. Quando ci tagliamo un dito non siamo troppo spaventati; sappiamo che il nostro corpo può guarire se stesso. Così puliamo soltanto la ferita, la proteggiamo dallo sporco, e la battaglia è da dentro e in appena ventiquattro ore possiamo guarire.
Il nostro corpo sa come creare anticorpi per proteggersi. Dobbiamo credere nel nostro corpo. Dobbiamo concedere al nostro corpo una possibilità di fermarsi.

Molte difficili malattie possono essere curate solo attraverso la nostra capacità di fermarci.
Dobbiamo impararlo. Nella pratica del buddismo ci sono molte cose come questa da imparare. Il sutra sul respiro consapevole, per esempio, è più che sufficiente per guarirvi. Se sapete come praticare gli esercizi donatici dal Buddha, sapete come farlo, come gioire facendolo; date al vostro corpo una possibilità di guarire e anche alla vostra coscienza.

Avete avuto esperienza di estrema sofferenza; vi è successo qualcosa e non credete che potrete superarla. Come avete potuto sopravvivere a notizie così brutte e al dolore? Eppure siete sopravvissuti. Avete attraversato quel periodo ed avete dimostrato di essere capaci di sopravvivere a quel tipo di sofferenza: significa che la vostra coscienza conosce il metodo per sopravvivere. Dite: ”Il tempo guarisce”. Ma il tempo da solo non può guarire la vostra sofferenza.

Non è perché conoscete la sofferenza che siete guariti. No, è perché la vostra coscienza conosce il modo per curare se stessa. Siate fiduciosi perché nella vostra coscienza c’è il Buddha, c’è un posto per l’amore e per la comprensione. Se permettete loro di manifestarsi, allora la vostra coscienza sarà capace di curare se stessa.

Parlando ad un terapeuta, parlando ad un insegnante, parlando ai fratelli e sorelle di Dharma, permettete a queste energie sane di essere toccate, per dar loro una possibilità di divenire più evidenti. Queste si prenderanno cura della guarigione. Talvolta parliamo di “discorsi curativi”, ma i discorsi non possono curare. Il massimo che possono fare i discorsi è permettere a voi stessi di avere fiducia nella vostra abilità di guarirvi. Così, è molto importante che, nel tempo trascorso con un Sangha, con un insegnante di Dharma, impariamo le tecniche per permettere al nostro corpo ed al nostro spirito di fermarsi. Il cuore della pratica buddhista è fermarsi, fermare il correre, cessare di impedire al vostro corpo ed alla vostra coscienza di fermarsi.

Molti credono di aver bisogno di vacanze e lottano, fanno di tutto per avere queste vacanze. Ma durante le vacanze si fermano veramente? Sono molto più stanchi, dopo le vacanze. Dobbiamo tutti imparare l’arte di fermarci, di rigenerarci. Il vostro insegnante di Dharma, i vostri fratelli e sorelle di Dharma sanno come praticare il fermarsi e il guarire.
Quando praticate il digiuno, per esempio, permettete al vostro stomaco, agli intestini, al fegato, ai reni di fermarsi. Non siete preoccupati di digiunare, perché sapete che c’è un serbatoio, una riserva di nutrimento nel vostro corpo. Potete continuare a digiunare per due o tre settimane senza mangiare e non perdere le forze. Quelli di noi che hanno provato la pratica del pulire il nostro sistema digestivo, lo sanno. Beviamo solo acqua. Ci fermiamo.

Continuiamo a gioire della nostra meditazione seduta, della meditazione camminata. Non sentiamo di perdere nessuna energia. I nostri intestini, a cui abbiamo dato il tempo di fermarsi per dieci giorni o due settimane, possono guarire se stessi. Dobbiamo crederlo, perché abbiamo praticato ed altre persone hanno verificato che è vero. Guarire è possibile solo nei giorni di riposo.

Ora che dire della nostra coscienza, della nostra mente? Che tipo di pratica fareste o che tipo di pratica non fareste per rendere possibile al vostro spirito e alla vostra coscienza di fermarsi? Non dovremmo perdere tempo su idee, anche meravigliose, riguardo all’illuminazione, al nirvana, alla buddhità o cose del genere. Dovremmo toccare le cose reali, il midollo della pratica.
Come cominciare? Con Samatha. Samatha è solo fermarsi. Siete di fronte ad un giovane albero. Guardate il giovane albero. State di fronte all’albero in modo da potervi fermare. Inspirate ed espirate in modo da fermare completamente il correre nella mente e nel corpo.

L’anno scorso quando abbiamo visitato la Cina, abbiamo visto ad un incrocio il segnale “stop”. E la parola cinese per “stop” è esattamente la parola che i cinesi usano per tradurre “samatha”. Un giorno mi trovavo davanti ad uno di questi segnali ed ho praticato il respirare ed anche il sorridere. E mi sono completamente fermato. Era come stare di fronte al Buddha che avesse fatto il segnale per dirti di fermarti. State respirando, siete lì, ma vi siete fermati completamente. E’ una cosa meravigliosa essere fermi. Fermandosi così la calma diventa possibile. La pace diventa possibile e naturalmente anche il guarire.

Quanto più continuate a correre, più diminuisce la pace. Così imparare come fermarsi è estremamente importante. Fermarsi, calmarsi, pacificarsi è la precondizione per il guardare in profondità, che è vipassana. Vipassana è pratica di intuizione, contemplazione, guardare in profondità. La meditazione è fatta del fermarsi, calmarsi e del guardare in profondità. Fermarsi vi aiuta a riposare, a calmare, ad avere pace, a procurare le condizioni di base per guarire. Il guardare è qualcosa che potete fare facilmente, una volta che vi siete fermati.

Guardando nella natura della vostra malattia, osservando la natura del vostro dolore, iniziate ad intuire, iniziate a comprendere. Questa comprensione vi dà completo sollievo dal dolore. E’ chiamata salvezza attraverso la conoscenza. Nel buddhismo non parliamo di salvezza attraverso la grazia. Parliamo di salvezza attraverso la consapevolezza, attraverso la comprensione, prajna. Prajnaparamita significa il tipo di comprensione che ci porta sull’altra riva, l’altra riva della non-sofferenza.

Una delle intuizioni più profonde che potete cercare di ottenere è l’intuizione del non-sé. Ma il non-sé non è una teoria, una dottrina, una filosofia. Il non-sé è l’intuizione da toccare con la vostra pratica. Come praticanti non dovremmo parlare di non-sé in alcun modo che non abbia a che fare con la nostra vita quotidiana. Mi sono raccomandato che tutti gli amici che sono venuti qui a Plum Village durante quest’estate imparino e pratichino la pratica del Toccare la Terra. Toccare la Terra è una delle molte pratiche che facciamo a Plum Village per toccare la natura del nostro non-sé. È molto benefica. Guarisce il corpo e la mente. Potremmo praticarla ogni giorno.

Tenete le mani così, i palmi insieme di fronte al torace e state di fronte a qualcosa come un albero, o il cielo blu, o un dente di leone, o la statua del Buddha, la Dimensione Ultima nella Stella del Mattino. Generate la vostra vera presenza e siate lì al cento per cento di voi stessi.
Poi vi inchinate e toccate la terra. Toccate la terra coi piedi, con le braccia, con la fronte.
Prendete profondamente contatto; non fatelo a metà. Perché è un atto di resa. Resa di cosa o resa a cosa? E’ un atto di resa del sé, dell’idea del sé, perché pensate di essere un’entità separata e questa è la causa principale della vostra sofferenza. Quando toccate la terra profondamente permettete a vostro padre, a vostra madre, alla vostra terra di essere; il vostro proprio io restituisce l’idea di essere qualcosa di separato. Sorridete e aprite i vostri palmi. L’atto di aprire i palmi così e guardarli, significa che “io” non sono nulla. Non c’è nulla. La nostra intelligenza, i nostri talenti, i nostri diplomi, la nostra posizione nella società: possiamo essere fieri di molte cose che abbiamo o che siamo, ma quando siamo in questa posizione sorridiamo e sappiamo che tutte queste cose ci giungono dai nostri antenati.

Se avete una bella voce, non pensiate di aver creato questa bella voce da voi stessi. Vi è stata trasmessa dai vostri antenati, dai vostri genitori. Se avete il talento di un pittore, non pensiate di averlo inventato voi. Vi è stato trasmesso come un seme. Così ogni cosa che avete pensato di essere vi è venuta dal cosmo, dai vostri antenati. Così durante il primo Toccare la Terra vi collegate col cosmo. L’acqua in voi, il calore in voi, l’aria in voi, il terreno in voi, appartengono all’acqua fuori di voi, al terreno fuori di voi.
Senza la foresta, come potreste esserci? Senza vostro padre e vostra madre come potreste essere lì in questo momento? Quindi dite con saggezza che “voi” non siete nulla. Ogni cosa che pensate, che avete pensato di essere, l’avete ricevuta dal cosmo, dai genitori, attraverso lo scorrere della vita.
Se portate odio verso vostro padre, pensate che la vostra vita sia stata rovinata da vostro padre, che non volete avere niente a che fare con vostro padre. E’ fuor di dubbio che avete pensato così. Se avete preso contatto con la realtà del non-sé, vedete molto chiaramente che non siete vostro padre. Siete proprio una continuazione di vostro padre e vostro padre è una continuazione di vostro nonno.

Siamo uno nella corrente della vita. Pensare di essere un’entità separata, di essere un sé che può essere indipendente da nostro padre, è una cosa molto buffa, perché nostro padre è in noi; non possiamo mai sbarazzarci di lui. Non ci sono alternative eccetto il riconciliarci con nostro padre. Riconciliarci con lui significa riconciliarci con noi stessi. Abbiamo una possibilità di farlo ora con la pratica. Le altre persone potrebbero non essere nostro padre. Potrebbero essere nostro fratello o il nostro sposo o qualcun altro.
Pensate che lui o lei vi abbiano procurato molta sofferenza, abbiano reso la vostra vita miserabile.
C’è la tendenza a non rivederli più, a non sentirli più. Questo tipo di volontà, questo tipo di sentimento è nato dalla vostra non conoscenza della realtà del non-sé, perché siamo tutti insieme. Non solo siamo insieme, siamo ciascuno nell’altro, inter-siamo. Così durante la prima parte del Toccare la Terra abbandonate la vostra idea di sé e improvvisamente lasciate andare molta sofferenza, molta rabbia. Date a voi stessi una possibilità, affinché la compassione e la comprensione possano nascere nel vostro cuore.

Quando fate una prostrazione come questa, non state chiedendo ad un dio di venire e salvarvi. Voi salvate voi stessi. Ma è veramente una pratica di saggezza. Toccate la Terra per lasciar andare la vostra nozione di un sé ed intuire che apparteniamo tutti allo stesso scorrere della vita, realmente. Improvvisamente vedete che è possibile per voi far pace con quella persona. Far pace con lui significa far pace con voi stessi. Strano, perché la mia pace dipende veramente molto dalla sua pace. Se dedico tempo, energia per aiutarlo/a a soffrire meno, improvvisamente ho più pace e più felicità. Non ho intenzione di farlo per me, ma ne ho i risultati.

Quando vedete un piccolo insetto in pericolo, trascorrete mezzo minuto per salvare l’insetto. Pensate che lo state facendo per amor suo, non per vostra compassione. Ma, mentre lo fate, coltivate la compassione in voi e la felicità vi arriva. Cosa significa essere compassionevoli? Per me essere compassionevoli significa essere capaci di relazionarsi agli altri esseri viventi. Quando siete capaci di relazionarvi agli altri esseri viventi, la vostra solitudine, il vostro sentirvi separato, sparirà. Così, la compassione è per quegli esseri viventi o per voi? La risposta è: per entrambi. Ogni parola, ogni pensiero, ogni azione nati da quella intuizione di non –sé, portano guarigione e riconciliazione dentro di voi e intorno a voi.
Ci sono amici che hanno praticato le Cinque Prostrazioni e le Tre Prostrazioni, che hanno riferito che la pratica è molto efficace, che quelli che praticano appena un’ora ottengono un grande sollievo e continuano a piangere e a piangere durante la prima ora di pratica.
Sapete già che quando praticate così non invocate, non chiamate un dio ad aiutarvi, ma toccate la realtà. Toccate la comprensione. Toccate “prajna”, che può liberarvi.
Così, fermarsi, riposare è per guarire. Guardando profondamente, anche toccare l’intuizione del non-sé è per guarire, per la liberazione. Questa è l’essenza della meditazione buddhista.

Siete interessati a realizzare la natura di Buddha in voi, nella sofferenza, nell’illuminazione? Ma questa natura di Buddha, questa sofferenza, questa illuminazione hanno qualcosa a che fare con la vostra sofferenza, con la vostra malattia? Non sarei interessato alla natura del Buddha, all’illuminazione, al risveglio, se queste non avessero niente a che fare con la mia sofferenza, con la mia liberazione.
Faccio solo le pratiche che possono aiutarmi a riposare, a guarire e a liberare me stesso.

La nostra pratica può essere concreta, efficace.Non dovremmo perseverare per lungo tempo in una pratica senza che ci porti alcun sollievo, alcuna trasformazione. Questo non sarebbe un modo intelligente di praticare. Quando un agricoltore, dopo aver usato un certo tipo di semi e di fertilizzante o metodi agricoli, non ottiene i risultati voluti, dovrebbe essere abbastanza intelligente da cambiare.
Così devono essere coloro che praticano la meditazione. Se dopo aver provato un certo metodo per un po’ di tempo, non sentono alcun cambiamento, alcuna trasformazione, dovrebbero indagare nuovamente. Dovrebbero nuovamente imparare dai loro insegnanti, dai loro fratelli di Dharma, dalle loro sorelle di Dharma, in modo da acquisire i metodi giusti.

Secondo il Buddha, Il Dharma è subito efficace, se si riceve il Dharma giusto, come il respiro consapevole. Il momento in cui incominciate a respirare consapevolmente, già ottenete il risultato della maggior parte della pratica. Ottenete la concentrazione. Ottenete il fermarvi.
Qual è lo scopo dell’inspirazione se non potete fermarvi e riposare? Se non vi sentite più concentrati, perché dovreste annoiarvi? Soffrire per la pratica di inspirare ed espirare non ha senso. Se state inspirando ed espirando e vi sentite concentrati, riposati e calmi e state manifestando la vostra vera presenza, sapete che la pratica è corretta e godete già dei frutti della pratica.

La meditazione camminata. Perché dobbiamo camminare così lentamente? Perché dovete calmarvi rallentando così? Non sembra naturale. Inizialmente le persone intorno al centro di pratica dicono sempre: ” Non sembrano vivere nel mondo reale. Amano vivere in un sogno, camminano così lentamente”. Questa è la prima impressione, perché nel mondo le persone corrono sempre. Non conoscono l’arte di fermarsi. Non conoscono l’arte di vivere profondamente ogni momento della loro vita. Così quando vedono una monaca od un monaco od un laico camminare, guardare, sorridere in questo modo, non sentono sia normale. Percepiscono ciò come anormale.

C’è una residente al New Hamlet che ha detto di essere stata molto, molto sorpresa e scioccata quando vide una monaca, che stava camminando lentamente, fermarsi e guardare i rifiuti. Qual è lo scopo di guardare dei rifiuti come quelli per un lungo tempo? Cosa è normale e cosa è anormale? Ci sono persone che hanno raccontato che dopo appena poche ore o giorni trascorsi a Plum Village, hanno iniziato ad apprezzare la pratica perché, per la prima volta, hanno saputo come fermarsi. Sapere come fermarsi è una cosa meravigliosa, forse perché stavano correndo da 3000 anni.

Per favore, quando inspirate, non fate lo sforzo di inspirare. Permettetevi solo di inspirare. Pian piano, perfino se non inspirate, l’inspirazione avverrà. Non dite : “Mio respiro, vieni, così come ti dico di farlo”. Non cercate di forzare nulla, non cercate di intervenire, permettete soltanto all’inspirazione di aver luogo.
Ciò che dovete fare è essere consapevoli del fatto che l’inspirazione sta avendo luogo. Ed avrete più possibilità di godere della vostra inspirazione. Non lottate col vostro respiro; questo è ciò che raccomando. Prendete coscienza che la vostra inspirazione è una meraviglia. Quando qualcuno è morto, non importa cosa facciamo, quella persona non inspirerà di nuovo. Noi stiamo inspirando, questa è una cosa meravigliosa. Inspirando so che sono vivo: è un miracolo. Dobbiamo gioire della nostra inspirazione. Ci sono molti modi per gioire della nostra inspirazione. Vogliamo che ci diciate come gioite della vostra inspirazione, se da seduto o camminando. Ma se non gioite dell’inspirazione, dell’espirazione, non state praticando correttamente.

Questa è la prima raccomandazione sul respiro, fatta dal Buddha: quando inspiro, so che sto inspirando. Quando espiro, so che sto espirando. Quando l’inspirazione è lunga, so che è lunga. Quando è corta, so che è corta. Soltanto il riconoscimento, il mero riconoscimento, il semplice riconoscimento della presenza dell’inspirazione e dell’espirazione. Quando fate questo, improvvisamente diventate completamente presenti. Che miracolo, perché meditare significa essere lì. Essere lì con voi stessi, essere lì con la vostra inspirazione. Così ora avete capito le due frasi : “Inspirando, so che sto inspirando. Espirando, so che sto espirando”.
E qualche minuto più tardi : “Inspirando, so che la mia inspirazione è divenuta breve; espirando, so che la mia espirazione è divenuta lenta”. Non si tratta di fare uno sforzo per rendere l’inspirazione più veloce o l’espirazione più lenta. E’ solo il riconoscimento di un fatto. Queste istruzioni potrebbero essere usate per la nostra meditazione camminata, giusto dopo il discorso di Dharma.
Dopo aver esercitato la vostra inspirazione ed espirazione per qualche minuto, noterete che la vostra inspirazione e la vostra espirazione, ora, hanno una qualità molto migliore, perché la consapevolezza, quando entra in contatto con qualcosa, aumenta la qualità di quella cosa.
Il Buddha, quando tocca qualcosa, rivela ed incrementa la qualità dell’essere di quella cosa.
La consapevolezza è il Buddha, perciò ha questo ruolo.

Quando guardate la luna piena e se siete consapevoli, potete dire: ”Inspirando, vedo la luna piena; espirando, sorrido alla luna piena”, improvvisamente la luna piena vi si rivela come fosse un centinaio di volte più luminosa. E’ bellissima; è molto più luminosa, più piacevole. Perché? Perché la luna è stata toccata dalla consapevolezza. Così, quando prendete contatto con la vostra inspirazione e la vostra espirazione con la vostra consapevolezza, l’inspirazione diventa più armoniosa, più delicata, più profonda, più lenta e così pure l’espirazione. Ora gustate la vostra inspirazione e la vostra espirazione. Naturalmente il vostro respiro diventa più piacevole, la qualità del vostro respiro migliora.
Cosi: ”Dentro / fuori” è per iniziare (Thay scrive alla lavagna).
Poi ”Profondo / lento” è il passo successivo: “Inspirando, so che il mio respiro è diventato profondo e godo di questo. Espirando, vedo che la mia espirazione è diventata lenta e godo di questo”.

Durante questo tempo vi siete fermati; avete permesso al vostro corpo ed alla vostra mente di riposare. Non state più lottando sul cuscino di meditazione o mentre camminate. Poi, più tardi, potete provare questo. Queste parole sono solo per aiutarvi a riconoscere cosa sta succedendo.
“Calma / agio: Inspirando, sento la calma in me”. Questa non è autosuggestione, perché se avete tratto piacere dal “Dentro / fuori” e dal “Profondo / lento”, la calma è qualcosa che si è creata.
Fermandovi, se avete preso contatto con la vostra calma, la vostra calma è aumentata. E’ come quando prendete contatto con la luna. “Espirando, sento agio in me”. Non soffro più. Non renderò più le cose così difficili. Non siate troppo duri con voi stessi. Permettetevi di essere a vostro agio con voi stessi.
Non lottate. Tutto questo può essere fatto anche se c’è ancora molta sofferenza nel vostro corpo e nel vostro spirito. Facendo questo, ce ne prendiamo cura. Non stiamo cercando di fuggire dal dolore che è in noi. Stiamo dando al nostro corpo ed alla nostra coscienza un po’ di riposo.

“Sorridi / lascia andare: inspirando, sorrido”. A Plum Village parliamo di “yoga della bocca”. Appena cercate di sorridere vi rendete conto del rilassarsi di molte centinaia di muscoli sul vostro viso. Secondo la legge di causa ed effetto, quando siete gioiosi, sorridete. Oppure, quando sorridete, lasciate andare tutte le tensioni dal viso. Il primo caso è causa ed effetto. Anche il secondo caso è causa ed effetto.
Così perché aspettare la gioia per prendere iniziativa? Perché non permettere alla vostra bocca di prendere l’iniziativa? Praticate qualche tipo di discriminazione contro il vostro corpo? Sapete che nel momento in cui vi sedete e riposate, vi sentite molto meglio nel vostro animo. Così il corpo può sempre prendere l’iniziativa, se glielo permettete. E per praticare la meditazione, non lo fate solo con la mente, ma anche con il corpo. Il Buddha ha detto che è possibile toccare il nirvana col vostro corpo.

“Inspirando, sorrido”, perché c’è calma, agio e la gioia di star riposando.
“Espirando, lascio andare”. Lascio andare perché c’è in me la tendenza a continuare a correre, a lottare. Anche nel sogno continuo a lottare, lo riconosco. Mi è stato trasmesso da molte generazioni di antenati. Così ora sto praticando per loro. Se posso fermarmi e lasciar andare, allora tutti i miei antenati in me saranno liberati. Lo state facendo per tutti, perché non siete un sé separato. E lo state facendo per amore.

Per ultimo c’è: “Momento presente, momento meraviglioso”. State camminando sulla terra e potete realizzare che siete vivi, dimorando nel momento presente. Vedete, essere vivo e camminare sulla terra è già un miracolo, perché avete corso molto per cercare la felicità; forse non sapete che la felicità può esserci in misura più che sufficiente nel qui ed ora. Questo è il risultato della pratica del fermarsi: la felicità proprio ora. “Momento presente”, perché questo è il solo momento per noi da vivere. Se perdete il momento presente, perdete il vostro appuntamento con la vita”. Il Buddha ha detto che la vita è disponibile solo nel momento presente. ”Momento meraviglioso”: questa è la vita che potete toccare.
Improvvisamente la felicità diventa possibile. Essere vivo, camminare col Sangha, entrare in contatto col cielo blu, con la terra, inspirare ed espirare liberamente, permettendoci di fermare il corpo e la coscienza, è già una cosa meravigliosa. Abbiamo bisogno di una pratica più profonda? Di una pratica più difficile? Di un tipo di pratica più complicato? Non penso, perché quelli di noi che hanno praticato almeno quaranta o cinquant’anni, continuano a praticare così od in modi simili e sempre ottengono maggiore pace, gioia e felicità. La nostra consapevolezza continua sempre ad aumentare. Non è il caso di cercare un corso “intensivo” di meditazione od un “alto” livello di meditazione od una pratica “intensiva” od “alta”. Lin Chi, il fondatore della Scuola di meditazione Rinzai, ha detto: ”Il miracolo non è camminare sul fuoco o sulla sottile aria; il miracolo è camminare sulla terra”. Se la consapevolezza è qui, state realizzando il miracolo di essere vivi in ogni momento.

Quindi, per favore, amici miei, ora è tempo per noi di goderci insieme la meditazione camminata. Quando sentite la campana, gustate la vostra inspirazione e la vostra espirazione. Ci prendiamo anche il tempo di gioire andando in bagno. Dopo di che ci raduniamo intorno all’albero di tiglio. Iniziamo a camminare insieme. Considero la meditazione camminata un atto di celebrazione della vita. Camminare insieme come un Sangha, godendo di ogni passo che facciamo, sentendoci vivi, è veramente la celebrazione della vita. Non consideratelo difficile né come una pratica severa.


Fine


 

© Thich Nhat Hanh
Per informazioni sul Progetto Trascrizioni e sulla possibilità di effettuare donazioni, per favore visitate il sito: http://www.plumvillage.org

 

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