Meditazione e arte


La creatività artistica può essere, di volta in volta, il frutto di una mente angosciata, schizofrenica, esaltata, passionale oppure di una mente meditativa, serena. Una creazione artistica rispecchia sempre l’animo del suo artefice, sofferente o felice che sia. Per esempio, l’espressione di serenità di una statua del Buddha sarà il riflesso della mente trasparente dello scultore.

Dalla mente meditativa, nell’ambito del buddhismo, si sono sviluppati vari stili di arte, i più famosi dei quali sono l’arte indobuddhista classica, l’arte della scuola esoterica e l’arte zen. La prima di queste si basa sulla filosofia analitica e sulla meditazione di consapevolezza; sia nella scultura che nella poesia preferisce forme armoniose, simmetriche, apollinee. In relazione alla forma di meditazione che si pratica, si produrranno differenti tipi d’arte.

La scuola esoterica, soprattutto quella tibetana, ha creato un’arte piena di simbolismo: ogni colore, forma, gesto delle mani, ogni suono mantrico ha un significato collegato con la meditazione di visualizzazione. L’artista interiorizza i modelli tradizionali in ogni dettaglio e attraverso la sua pratica spirituale, dà loro forma sulla tela, nel bronzo o sulla carta. Le raffigurazioni archetipiche presentano la buddhità sia nelle sembianze pacifiche sia in quelle irate (furore dionisiaco).

L’arte zen, invece, è caratterizzata da essenzialità e naturalezza. Col pennello, la penna o il flauto, si manifesta l’esperienza diretta che va al di là dei simboli, in forme garbatamente asimmetriche nello spazio vuoto.
Anticamente, in Cina, Corea e Giappone, prima che un artista cominciasse a dipingere qualcosa – per esempio una montagna o un bambù – vi si sedeva di fronte per giorni o mesi, finché diveniva montagna o bambù. Non si identificava con il bambù, lui era il bambù. Tra lui e l’albero non c’era spazio, non c’era differenza tra l’osservatore e la cosa osservata. Lui era semplicemente il bambù e in quello stato poteva dipingere.

Un dipinto zen è una poesia dipinta. Jack Kerouac diceva di essere un poeta jazz. I fiori dell’ikebana sono la musica degli occhi. Una pittura zen, un giardino con le pietre o un haiku di tre righe, nascono dalla meditazione e sono oggetti di meditazione – sono la meditazione stessa! Questa è un’esperienza che chiunque di noi potrebbe fare: sedersi in meditazione svuotando la propria mente, alzarsi e, senza alcuna elaborazione intellettuale, cominciare a dipingere, scolpire o suonare.

Nel Buddhismo, con la meditazione di consapevolezza, impariamo a sperimentare il flusso continuo degli elementi fisici (p.es. il respiro) e degli stati mentali e della conseguente realtà che essi producono continuamente.
Nell’Abhidharma (metafisica buddhista) il mondo viene spiegato in termini di elementi, atomi, sensi, immagini, ecc. analogamente alla scienza che vede il mondo costituito da elementi fisici, da onde e vibrazioni che i nostri sensi ricevono e che il cervello organizza elaborando miriadi di informazioni. Cercare di conoscere oggettivamente è quindi fondamentale, anche se noi sperimentiamo la realtà come multidimensionale: scientifica, estetica, emotiva…
Per fare un esempio, le sinfonie di Mozart, alla luce della meditazione analitica, così come dal punto di vista scientifico, non sono che una sequenza di vibrazioni sonore e dati sensoriali che colpiscono il cervello; ma un ascoltatore può sperimentare emozioni sublimi. Per un meditante i diversi aspetti dell’esistenza sono come i colori dell’arcobaleno nel prisma della mente.

Per cogliere la bellezza non bisogna ricercare la bellezza, poiché essa non è un aspetto della forma, ma è una qualità che si manifesta spontaneamente una volta scomparsa la visione duale dell’io. Da qui si origina il mistero della quiete.


Questo mondo
è simile all’eco
che risuona
e poi svanisce
nell’atmosfera.


Così in una notte d'inverno si espresse il monaco poeta Ryokan.


Tae Hye sunim





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