(Dhyana) |
del maestro Tae Hye sunim |
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Contemplazione Dhyana significa indagare la mente ed imparare a vedere la realtà esattamente così com'è, senza discriminazioni e fantasie. La realtà è "ciò che è qui ed ora", quiddità (sanscrito: tathata). Da milioni di anni l'essenza della nostra mente è stata oscurata, velata dall'ignoranza, dall'avidità e dalla collera. La chiara consapevolezza dissipa i veli. Osservando la mente vediamo che siamo stati condizionati da educazione, religione, nazionalità, tradizioni e abitudini, nonché dalle nostre opinioni e di conseguenza le nostre reazioni ad ogni problema sono condizionate. La rivoluzione interiore può iniziare quando siamo consapevoli di essere condizionati, quando comprendiamo la soggettività dei nostri pensieri. Possiamo, quindi, osservare la vita abbandonando tutti i pregiudizi e credenze irrazionali, con la mente aperta, completamente onesta e umile. Dimentichiamo tutto quello che abbiamo pensato di noi stessi. Cominciamo come se non sapessimo niente: così indaghiamo l'enigma profondo della vita. All'inizio, quando la mente è irrequieta, possiamo osservare il respiro, seguendo con attenzione il processo di inalazione ed esalazione. Più tardi, possiamo lasciar espandere ed approfondire l'attenzione, essendo consapevoli di ciò che è senza scelta, senza un oggetto fisso. La trinità della solida postura, respirazione tranquilla e mente chiara, ci aiuta a svuotare la coscienza che diventa come un vasto spazio aperto. Lasciamo andare ogni sforzo e lasciamo la mente nel suo stato puro: vuota, senza ostruzioni. Siamo aperti alle dieci direzioni e non tentiamo di controllare la coscienza. Questa è Dhyana, possiamo chiamarla consapevolezza non selettiva, serena chiarezza o contemplazione della quiddità. Essa include inseparabilmente due aspetti:
La serenità è la lampada della mente, la chiarezza è la luce della lampada. Quando sediamo in meditazione, non tentiamo di pensare qualcosa e non tentiamo di evitare il pensiero. Se qualcosa entra nel campo della mente, lasciamolo entrare e poi lasciamolo uscire, senza identificarci con esso. Ci muoviamo seguendo il flusso della vita e giungiamo ad uno stato di osservazione non reattiva. Dalla mente unica (non frammentata) deriva la non-mente, mente che non dimora in nessun posto. Con l'attitudine della "non-mente" (in coreano: mu-shim) guardiamo i contenuti della coscienza come se fossero nuvole nel cielo o onde sulla superficie dell'oceano immenso: compaiono e scompaiono. Lasciamo che pensieri si sciolgano nel silenzio. La mente diventa come uno spazio infinito, nel quale i suoi movimenti e quelli dell'ambiente si producono attimo per attimo. Può accadere che nel silenzio i pensieri si fermino da soli in modo naturale e noi possiamo riposare tranquillamente nella vuotezza mentale. Questa è un'esperienza purificante, quantunque non significhi la realizzazione della verità ultima, la comprensione della natura vuota dell'universo. Oltre al silenzio la profonda meditazione include l'interrogarsi, l'indagare: tutta la vita si manifesta come un grande koan (kung-an) o enigma, senza conclusioni. E' come domandarsi continuamente: "Cos'è questo?", benché non si tratti di ripetersi la domanda verbalmente. Essendo come uno specchio, indaghiamo in modo fresco e diretto, senza attaccamenti. Questa meditazione Dhyana è universale, non dipende da alcuna cultura. E' stata realizzata e insegnata specialmente dal Buddha e da tanti maestri di Dhyana buddhista, ma anche da mistici di altre religioni e da liberi pensatori come Krishnamurti. Significative guide per la contemplazione sono, per esempio, gli scritti degli antichi maestri cinesi, quali Hui Neng, Huang Po e Lin Chi. La contemplazione-meditazione non è una tecnica di concentrazione o un tipo di autoipnosi. I metodi di concentrazione restringono la mente. Nella contemplazione dhyana, invece, siamo aperti e vigili; siamo consapevoli di cosa facciamo, diciamo e pensiamo. Osservando "ciò che è" possiamo capire con sempre maggiore penetrazione la natura energetica della materia, la relatività dei fenomeni condizionati, l'impermanenza delle emozioni, le illusioni dei pensieri erronei e limitati, l'inconsistenza del concetto dell'ego e realizziamo che i fenomeni sono essenzialmente vuoti di una esistenza separata, in quanto interdipendenti Lasciamo che le inquietudini si disperdano nella vacuità universale rivelata dal nostro profondo interrogarsi. Rinnovarsi nel vuoto significa rinnovarsi nell'innocenza. |
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