WOMAD A VENEZIA

Quello che ho trascritto nella pagina precedente è il testo integrale del comunicato stampa del Comitato organizzatore del Carnevale che annunciava l'evento WOMAD. Vi prego di notare che quel comunicato io non l'ho ricevuto (l'ho soltanto preso il giorno stesso all'ufficio stampa del Carnevale), mentre è certamente giunto sui tavoli delle redazioni spettacoli di tutti i quotidiani italiani nonché di innumerevoli altri giornali e riviste, musicali e non solo.

L'effetto Sanremo (è una mia ipotesi) deve però essere stato talmente dirompente, nonostante il baraccone baudesco abbia avuto inizio solamente il martedì successivo, da indurre tutte le principali testate nazionali a disertare completamente il capoluogo veneto. Non si spiega altrimenti l'assenza di giornali come Corriere della Sera e soprattutto Repubblica - perdio! hanno o non hanno un supplemento settimanale chiamato Musica! che ce la mena tutti i santi mercoledì e che fa dell'occuparsi di TUTTE le musiche una bandiera? - che ripeto devono aver ricevuto il comunicato di cui sopra con annesso invito al press meeting... Possibile che non avessero uno straccio di inviatucolo o di corrispondente locale da mandare? Quel che è ancora peggio, poi, è che nessuno di questi abbia minimamente parlato dell'accaduto neppure il giorno dopo!

Lasciamo stare sterili polemiche, e diciamo invece che quando alle 12.00 di sabato finalmente aprono le porte del Teatro Goldoni per l'annunciata conferenza stampa di Thomas Brooman, Peter Gabriel, organizzatori e musicisti che parteciperanno all'evento, all'interno del Teatro è assai più nutrita la presenza di fan che di giornalisti, cosa che necessita di qualche spiegazione in più.

La domenica precedente, sempre nell'ambi-to delle manifestazioni carnevalesche, si era infatti svolta alla Stazione Marittima di Venezia un'iniziativa dal nome "Tributo a Peter Gabriel". Sulla scorta di quanto avvenuto a gennaio per le cinque date del "Tributo ai Genesis - Live" (che a sua volta faceva seguito all'iniziativa discografica promossa da Mario Giammetti di Dusk), sono saliti sul palco gli Art & Illusion, Lincoln Veronese, i Mysia e gli Hammer Decode, per proporre ciascuno il proprio personale omaggio alla musica di Peter (NB: del contenuto musicale della serata parlo separatamente fra qualche pagina).

Ecco dunque che in nome di questa operazione-tributo (oltre a vari accrediti stampa ottenuti come collaboratori di Dusk, Paperlate e dello stesso Intruder) siamo almeno una quindicina di persone ad occupare le prime file di posti a sedere del teatro. Fra noi anche due bambini, i figli di Paolo Leone, che meritano un capitoletto a parte e dei quali dirò fra poco.

Come sempre accade in questi casi, la conferenza ha pochi spunti interessanti: la maggior parte degli interventi si limitano a ripetere varie volte i ringraziamenti a Womad e agli sponsor (da parte del Consorzio), al Consorzio e agli sponsor (da parte di Womad) e via ringraziando...

Anche gli artisti presenti si limitano a presentarsi e a dire tutti che sono genericamente molto felici di essere lì. Unica eccezione Francis Bebey, del Cameroun: "Nel ringraziarvi" ha detto infatti Bebey, "vorrei dirvi quanto io sia felice di essere qui e di partecipare a un evento così grandioso. Presentandomi qui a voi, mi considero non solo un musicista, ma quasi come l'ambasciatore di un intero continente. Sono venuti a portarvi un messaggio della mia gente, una gente che ha sofferto per secoli ma che è ancora viva. E questo messaggio è che si devono fare i conti con il fatto che siamo ancora vivi. I neri dell'Africa sono gente che crede che l'uomo non muoia mai. Quando vengo qui come musicista, dovete ricordarvi che nella mia parte del mondo la musica stessa non esiste come tale. Nella mia lingua madre e in molte altre delle lingue africane, non ci sono parole per definire la musica. Noi non la chiamiamo, noi la viviamo. Per noi musica è vita, comprende suoni, sì, suoni diversi da mescolare fra loro, ma anche poesia, e tutte le sfaccettature dell'Arte con la A maiuscola. E' una miscela di Arti, che rappresenta la gente com'è, come vuole vivere, nonostante le ingiustizie e i pregiudizi, e che comprende qualunque cosa sia connessa alla vita. C'è un poeta senegalese (mi spiace ma non riesco ad afferrarne il nome: ndT) che tutto ciò lo ha espresso più o meno con queste parole:

ascoltate più spesso le cose
e meno gli esseri umani
i morti non sono morti:
sono nell'ombra che gli dà luce
sono nell'oscurità che si addensa
sono nelle acque che scorrono
e sono nelle acque stagnanti
sono nel calore
e sono nella folla
loro non sono morti
noi non siamo morti

Ecco perché io sono qui, perché sono venuto a portarvi un po' di musica da parte di coloro che si rifiutano di morire".

Le parole di Bebey strappano un lungo applauso (nonostante lo scempio delle traduttrici), e così anche quelle di Skardi, cantante e leader dei Pitura Freska.

"Ciao. Grazie. Sono qui per miracolo" esordisce. "Vorrei ringraziare tutti quanti stanno lavorando a questo progetto perché stanno salvando Venezia in coma, anzi, Venezia già morta. Venezia era una città d'arte, e da veneziano e da artista vorrei che rimanesse tale. Purtroppo l'operazione non è tanto facile, perché in questi anni hanno depredato Venezia di tutto, ne hanno fatto un botteghino per turisti e di artistico c'è rimasto ben poco. Perciò quest'iniziativa è importante per dimostrare che la musica è arte, e purtroppo qui in Italia la musica viene invece vista come la peste!".

Arriva il turno di Peter, che fino a quel momento aveva un'aria non particolarmente esaltata - sorrisi di circostanza e un po' di noia abbastanza evidente - che legge da un foglio scritto a mano una (per lui) lunga dichiarazione in italiano.

"Ciao a tutti, poco, pochissimo italiano.
Sono molto felice che Womad è qua a Venezia. Womad vuol dire il mondo di musica arte e danza. E' l'83° festival e la prima volta a Venezia.
Questa città non è stata creata da una grande visione dall'alto, ma è una città che è cresciuta dalla vitalità e varietà del suo popolo, tramite i suoi artigiani. Anche Womad è cresciuto dalla vitalità e varietà degli artisti. Spesso nel passato Venezia è stata un centro di scambio che collegava tutto il mondo, e oggi collega il mondo tramite musica e il carnevale.
Crediamo che ci sia un futuro interessante per Venezia, collegando il mondo con le tecnologie nuove e anche con la cultura. Vorremmo ringraziare Telecom Italia e Stand By per il loro aiuto per questo evento multimediale, e soprattutto il Consorzio del carnevale per la loro determinazione a creare questo festival.
Venezia è stata viva nei nostri sogni da tempo, e sono molto felice di vedere il nostro sogno vivo qua a Venezia. Grazie a tutti".

After the ordeal, ovvero dopo l'ardua impresa di leggere tutto sto po' po' di roba, arriva infine il momento delle domande dei giornalisti presenti in sala.

Parte Luca Del Ponte, di RTL 102,5, che domanda agli organizzatori delle misure di viabilità e di sicurezza prese per la folla che accalcherà San Marco quella sera, a Francis Bebey se farà la sua celebre danza della pioggia e bisognerà pertanto portarsi gli ombrelli (gufo!), e a Peter il perché della sua non partecipazione all'evento.

Rassicurato da chi di dovere sulle prime due questioni, questa è invece la risposta di Peter (stavolta in inglese, assistito da una traduttrice simultanea al suo fianco che come già preannunciato disonora tale categoria in modo plateale... non ne azzecca una, si fa ripetere le cose due o tre volte e rimane comunque incapace di offrire un'interpretazione quanto meno decente): "In questo momento i miei musicisti stanno tutti lavorando su altri progetti, e io sono impegnato a cercare di scrivere del nuovo materiale. Inoltre non volevamo che questo evento fosse visto come uno show "rock". Ma se ne avrò l'occasione spero di poter tornare e questa volta esibirmi anch'io".

Pronta la replica di Franco Momo, presidente del Consorzio Carnevale: "Promesso!".

La domanda successiva è di Giulio De Paolo (credo...) del Resto del Carlino: come è nata l'idea di questo festival e come sono stati scelti gli artisti che vi prenderanno parte?

"Per questa domanda dividerò la risposta con Thomas" dice Peter.

"Abbiamo cominciato nel 1980. Sia io che Thomas siamo due batteristi che non sono riusciti a sfondare, ma avevamo in comune anche un grande entusiasmo per la musica di tutto il mondo. A quel tempo però era impossibile trovarla nei negozi di dischi o ascoltarla in concerto. Perciò radunammo un gruppo di amici e cominciammo a cercare di trasformare questo nostro sogno in realtà. E ora io sono seduto ai margini e mi ributto nella mischia solo per divertirmi, di tanto in tanto. Thomas invece ci è dentro tutto il tempo, lavorandoci duro e dirigendo il festival, ed è lui che dovrebbe spiegarvi come siamo arrivati alla scelta degli artisti".

"Prima di tutto" afferma Brooman, "il programma e gli artisti che sono qui per questo weekend sono il frutto di una collaborazione. Come ha appena detto Peter, credo che lo spirito del lavoro che compie questo festival sia quello dell'entusiasmo, quello di comunicare e dividere questo entusiasmo per della musica magnifica. E perciò in questo spirito abbiamo dialogato per mesi e mesi, ascoltando musica insieme, con le persone del Consorzio. E quindi la scelta degli artisti che è risultata da quelle discussioni ha appunto preso forma nel programma di ciò che vedrete in questo weekend. E vorrei aggiungere ancora una cosa: che tutte le performance che vedrete oggi e domani saranno di qualità fantastica, perché gli artisti che sono qui sono tutti meravigliosi".

Puntuale la domanda dell'idiota di turno sul nuovo disco di Peter (mi spiace ma mi è sfuggito il nome) (anzi, non mi spiace proprio).

"Ci sto ancora lavorando, perciò ho molte idee ma non è ancora finito" è la glaciale risposta.

Le schiene si sciolgono un poco con la domanda successiva: si influenzano vicendevolmente - e come - le due distinte attività di Peter in Womad e Real World e per conto suo, in un ambito più classicamente rock?

Nonostante la domanda sia interessante, la risposta è piuttosto frettolosa ed evasiva.

"Per me c'è una grande influenza: ci si incontra ai festival e poi abbiamo una settimana in studio in cui gruppi diversi, e altri artisti ed amici vengono a trovarci e a lavorare e a scrivere musica tutti insieme. Personalmente ricordo le parole di T.S. Eliot, che diceva che un cattivo artista prende in prestito (copia), un ottimo artista ruba".

Finisce qui la conferenza, ma l'appendice è quella che per noi fan rappresenta sicuramente il "clou" dell'evento.

Dicevo dei due figli di Paolo: bene, visto il carnevale hanno pensato (anche se ho il sospetto che forse meglio sarebbe dire che padre e madre hanno pensato e agito per loro...) di presentarsi in maschera.E che maschere...

Mentre Michela, 9 anni, sfoggia un "Flower" multicolore, Alessio, di 11, esibisce una tenuta "Watcher" completa, con tanto di mantello (anch'esso multicolore) lungo fino ai piedi, ali di pipistrello alla testa, guanti bianchi e trucco fluo attorno agli occhi!

Al termine della sessione di domande, dunque, Momo ha annunciato, fra lo stupore dei presenti (noi compresi), che in teatro erano presenti alcuni fan di Peter - il quale ci aveva ovviamente visto, ma non credo si aspettasse nulla di particolare se non un generico saluto - che dopo aver realizzato un "Tributo" la settimana precedente (e già qui apparivano i primi segni di sorpresa negli occhi di Peter) avevano adesso da consegnarli un piccolo regalo (confesso che anch'io di questo particolare non sapevo assolutamente nulla, e che Paolo è stato incredibile nel mantenere il segreto con chicche e con essia)!!

Ecco allora che sul palco salgono proprio Michela e Alessio, fra le risate generali (si è sentito più di un "eh vai!") di noi fan, i flash impazziti dei fotografi presenti (Roger, Lidia e Fabio in primissima fila...), e l'espressione adesso davvero sorpresa, imbarazzata ma soprattutto divertita dello stesso Peter. I bambini gli consegnano un biglietto di auguri, una copia del Tributo ai Genesis della Mellow Records e una scatola di gelatine di frutta (NdT: suppongo ispirate dal numero due di Intruder, eh?), ai quali doni Peter tenta di replicare in Italiano ma Alessio e Michela sono già scesi dal palco, lasciandolo leggermente stupito e interdetto.

Poi tocca al Consorzio, che rende omaggio a Peter regalandogli una splendida maschera da Arlecchino in vetro. Altra scarica di flash e finalmente ritorno sul palco di Michela e Alessio per una doverosa "session" fotografica (i risultati della quale trovate anche su queste stesse pagine di Intruder).

Al termine la maggior parte dei presenti si riversa sul palco a chiedere autografi a Peter, ma la cosa ha brevissima durata e ci cacciano praticamente fuori dal teatro.

E' proprio all'esterno del Goldoni che incontriamo nuovamente Peter, qualche minuto più tardi, ma solo per pochi istanti, giusto il tempo di un saluto e una domanda.

Perché, gli chiedo, visto che ormai si considera lui stesso ai margini dell'organizzazione del Womad, continua a usare il suo nome per promuoverlo? Non c'è forse il rischio che i media - come in questo caso specifico ha fatto la maggior parte dei quotidiani locali - sparino titoli del tipo "Peter Gabriel a Venezia" facendo scomparire nell'oblio e trascurando le finalità ben diverse di Womad? E a quelli che magari vengono da lontano perché gli viene promesso Gabriel e non lo trovano?

"E' vero", risponde Peter, "ma questa è proprio la ragione per cui ho messo in chiaro fin dall'inizio che non avrei suonato personalmente. Inoltre, tu sei stato a un vero Womad e sai di cosa si tratta esattamente: a noi sarebbe piaciuto fare una cosa del genere anche qui, con gli stand, i banchetti di cibi esotici e quelli di libri o vestiti, ma non è stato possibile. L'importante è che comunque questo rappresenta un inizio".

Non c'è modo di proseguire il discorso perché mentre stiamo ancora parlando la security lo trascina via e le altre duemilasettecentoventi domande che avremmo voluto fargli tutti quanti rimangono strozzate in gola.

 

Dopo pranzo, per l'esattezza alle 16.00 - come da programma e da comunicato stampa - è la volta della regata. Sappiamo che deve partire da Piazzale Roma (il piazzale vicino alla stazione ferroviaria di Venezia Santa Lucia), percorrere tutto il Canal Grande e "sbarcare" in Piazzetta San Marco. Da lì Peter dovrebbe poi raggiungere il palco di San Marco e annunciare l'inizio del concerto vero e proprio.

Primo dubbio: dove diavolo sistemarci per vedere qualcosa della regata e, nonostante ciò, riuscire a raggiungere in tempo San Marco per la presentazione (se non siete mai stati a Venezia in occasione del Carnevale difficilmente potete immaginare qule sia il vero significato di folla)? Fra chi diceva Rialto e chi insisteva sull'Accademia (i due ponti principali sul Canal Grande, e gli unici punti da cui poter vedere qualche cosa della sfilata di barche...), ecco che sbuca fuori Enrico Geretto a suggerire l'affitto di un motoscafo. Dopo i primi sguardi spaventati - i costi del noleggio di queste imbarcazioni non sono leggende metropolitane, ma triste realtà - ci contiamo e scopriamo che con una piccola cifra a testa riusciamo a cavarcela senza grondare sangue.

Eccoci dunque imbarcati e diretti a Piazzale Roma, quando prima ancora di giungere a destinazione incrociamo in direzione opposta proprio la barca che trasporta Peter fin sotto i portici del vecchio mercato del pesce, dove trasborda su una più "consona" (alla regata) barca a remi... Dunque sarà da qui, e non da piazzale Roma, che partirà il corteo acqueo. In realtà di vero e proprio corteo non si può proprio parlare: per chi ha visto qualche vera regata di gondole sul Canal Grande quella che stavolta si presenta davanti agli occhi è piuttosto una miserabonda accozzaglia di semi-disperati: oddio, sì, qualcuno in maschera c'è, ma che cosa centrano col Womad o con la regata ufficiale tranquille famigliole che facevano pic-nic sull'acqua, turisti casuali - e in massima parte giapponesi - a volte con tanto di cane a spasso sulla gondola, taxi, vaporetti e via dicendo?

Il tutto ha assunto risvolti ancor più comici quando noi stessi ci siamo ritrovati prima in mezzo, poi in coda e poi ancora in testa alla regata stessa! E' vero che, a parte noi, la regata viene confusa e ulteriormente incasinata da altre imbarcazioni piene di cameraman e fotografi (ancora una volta i giapponesi si sprecano), per non parlare dei famosi vaporetti in servizio di linea (con i passeggeri incazzati più che mai).

In tutto questo bailamme Peter se ne stava semplicemente seduto sulla sua "Alberta" (così si chiamava la barca che lo trasportava), ridacchiando ogni tanto ai nostri gesti/urli/cori di richiamo e abbozzando ogni tanto qualche cenno di saluto verso di noi...

Dopo una buona mezz'ora, finalmente approdiamo al molo di piazza San Marco (proprio quello previsto per Peter: ma noi arriviamo prima e lui deve attendere il nostro sbarco...!! tanto che la solita security, se avesse potuto, ci avrebbe quanto meno affondato e spinto al largo con un po' di cemento ai piedi) dove Peter viene risucchiato da un gruppo di stranissimi figuri mascherati (da cosa non si sa...) e portato di fronte al palazzo Ducale. Qui (credo, ma non ho visto esattamente che cosa succedeva), viene fatto inginocchiare per essere nominato "Sior Todaro de Carneval": da quanto mi hanno raccontato amici veneziani si tratta di un uso piuttosto imbecille e che non conta assolutamente nulla (ma per obiettività e dovere di cronaca dirò anche che per i Veneziani d.o.c. il carnevale come si svolge oggi è tutto, comunque, una "monata"). Gli stessi figuri, che nel frattempo avevano cominciato a rullare come pazzi (tutti fuori tempo...) su dei gran tamburi, iniziano la processione attraverso la piazza vera e propria, con Peter che rivolge sorrisi a destra e sinistra anche se le 80.000 persone presenti non se lo filano neanche di pezza e probabilmente non sanno neppure chi cavolo è a fare o provocare tutto quel casino.

Arrivano in fondo e... basta.

Non succede altro se non che Peter - sempre abbondantemente scortato - sparisce dietro il palco allestito dal lato opposto rispetto a San Marco e non si fa più vivo per un'oretta.

Proprio sul palco, nel frattempo, c'è metà dei Pitura Freska che prova il collegamento con l'altra metà del gruppo (al Teatro Goldoni) per verificare che tutto funzioni. In realtà fra video e audio c'è una discrepanza e un ritardo di un paio di secondi, ma tanto non se ne accorge nessuno e ai turisti arrivati per Carnevale (non per il Womad o per le esibizioni tecnologiche della Telecom) di meno non potrebbe proprio fregarne.

Mentre il cielo si è già rabbuiato, finalmente finiscono le prove e viene fuori un presentatore che... presenta Peter che presenterà i gruppi. Il momento per cui lo hanno fatto arrivare dall'Inghilterra - spendendo, immagino, un capitale e mezzo - è dunque arrivato. Cosa fa allora il buon Peter? Niente di più facile: riprende in mano lo stesso identico foglietto da cui aveva letto alla conferenza stampa e recita - pari pari - le stesse identiche ultime tre righe. Aah no, dimenticavo: aggiunge pure "Buona sera Venezia" all'inizio, e "Let's go with: Pittura Freska!" alla fine.

 


MUSICA IN PIAZZA

Per raccontare dei concerti e degli artisti esibitisi mi rimane pochissimo spazio. Confesso, inoltre, di non aver seguito tutto ciò che si è avvicendato sui due palchi veneziani, e di aver semplicemente "spizzicato" e assaggiato qua e là alcuni dei gruppi.

Perché i Pitura Freska fossero lì non lo so davvero: faranno anche del reggae, ma clas-sificarli artisti da Womad mi pare quanto meno azzardato. Gradevoli e divertenti per qualche minuto, dopo un po', come tutto il reggae, mi stufano a morte.

Francis Bebey è un personaggio singolare: se già alla conferenza stampa mi aveva fatto un'ottima impressione, sul palco, da solo con la chitarra, il flauto o il "piano a dita" (thumb piano), si conferma davvero intrigante. Melodie stranissime, falsetti urlati, ritmica fluidissima, sono solo alcuni degli elementi che lo contraddistinguono.

Anche Ben Harper non è il tipico artista Womad: il suo blues acido ed elettrico sarà forse stato più gradevole all'interno del Teatro Goldoni, ma dallo schermo gigante in San Marco veniva fuori ancora più acido e stralunato. Not my cup of tea...

Papa Wemba e Remmy Ongala sono vecchie conoscenze, e il primo lo avrete probabilmente visto anche voi in tour con Peter. Ambedue propongono quello che viene generalmente definito afro-rock: canzoni danzerecce (ovviamente in senso buono, non certo discotecaro), in cui i riff di chitarra sono accompagnati da splendide e irrefrenabili ritmiche. Due set di puro divertimento (e sudore...).

Anche il Terem Quartet rappresenta una (mia, perlomeno) antica frequentazione: la loro musica è tutta un saliscendi, in cui pianissimi e fortissimi si contrappuntano senza sosta, che i brani siano di loro composizione, che si tratti di Bach o Mozart, o che attingano al folklore russo.

Tenores di Bitti, Purna Das Baul e Masters of Joujouka rappresentavano la punta più "difficile" del programma del Womad: in tutti e tre i casi le atmosfere che questi gruppi sanno costruire contano troppo per poterli godere a pieno in una piazza affollata di 100 mila persone (in gran parte vocianti e facenti i cavoli propri). Di tutti e tre sono (o dovrebbero essere a breve) disponibili i cd registrati a Real World, e ascoltarli così è sicuramente preferibile.

Come dice Peter, il "vero" Womad non è fatto solo di concerti su un palco: è un'intera atmosfera che si respira da quando vi si mette piede a quando tutto finisce. Questo aspetto, a Venezia, è mancato totalmente, anche se la cornice era a dir poco suggestiva. L'unica speranza è che qualche promoter nostrano, anziché intestardirsi con cagate tipo Sonoria, si renda disponibile a organizzare eventi realmente Womad anche da noi: in alternativa, per chi può, meglio, molto meglio, programmare una vacanza estiva in Inghilterra o in Spagna, dove Womad è oramai un'istituzione consolidata.

 


COVER ME...

Messo molto rapidamente in piedi da Enrico Geretto, il "Tributo A Peter Gabriel" tenutosi alla Stazione Passeggeri di San Basilio domenica 11 febbraio ha presentato un duplice aspetto: se musicalmente l'interesse è stato infatti notevole, la risposta del pubblico (quale pubblico?) per contro è stata praticamente nulla...

Il tutto si è aperto con gli ART & ILLUSION, che hanno presentato cinque brani fra cover e produzioni proprie: Shock The Monkey ha dato il via al mini-set, proseguito con Strange Little Babe, un medley di Games Without Frontiers e Sledgehammer, e in chiusura From The Edge Of A Rainbow. Nel complesso la musica della band piacentina è all' insegna di un progressive quasi hard, dominato dalla potente voce del cantante, che ha ben interpretato, pur con una forse eccessiva omogeneità, anche le canzoni di Peter.

E' toccato successivamente a LINCOLN VE-RONESE rivisitare le genesisiane Firth Of Fifth e The Knife, quest'ultima unita alla closing section di The Musical Box. Anche se non al massimo della forma per un febbrone equino, Lincoln, che si esibisce senza gruppo di spalla e sul palco è da solo con chitarra e basi preregistrate, rende egregiamente il sound Hackettiano. La struttura delle sue cover è molto fedele, anche se con qualche lacuna vocale causata dalla non eccessiva padronanza della lingua inglese.

Terzi in scaletta, i vicentini MYSIA hanno aperto con brani propri, Cube/Escape/No Wall's Cube, lungo medley strumentale, e Ghost Town, seguiti da un altro medley di composizioni gabrielliane, Dressing The Wound/At Night/Under Lock & Key (Wall-flower)/Curtains. La caratteristica principale del trio (tastiere, chitarra e batteria) è proprio l'assenza di un vocalist, e da qui la scelta - quanto meno inusuale - dei brani da re-interpretare. Il loro materiale spazia da atmosfere elettroniche molto sofisticate a riff anche più pesanti, presentati però sempre con estrema raffinatezza. Ciò vale anche per il medley di cover, in cui i riarrangiamenti - in particolare della conclusiva Curtains - potrebbero essere assai più coinvolgenti se ascoltati in una situazione e in un' ambiente più adatto (non, come a Venezia, con una discoteca che pompava ossessiva techno al di là della parete...), o magari anche rivisitati in studio.

Per finire gli HAMMER DECODE, dei quali già avete avuto notizie più dettagliate sul numero 10. La loro esibizione è stata troncata dopo circa un'ora perché il pubblico (ribadisco, quale pubblico?) "era lì per ballare": due cazzosissimi dj in quattro e quat-tr'otto hanno fatto sparire la strumentazione della band per far posto a due giradischi e un mixer proprio sul palco. Dire pietoso è dire davvero molto poco...

Gli Hammer, comunque, nonostante come gli altri tre avessero in totale una decina di persone ad ascoltarli (nel dettaglio: mogli, fidanzate, Geretto, il sottoscritto e Yuri, lettore veneziano, con un amico...), hanno tirato fuori una buona grinta, e come ho già avuto modo di dire raccontando del Made In Bo, la cosa gli giova non poco: belle le versioni di Come Talk To Me, e Shock The Monkey, peggio - sempre a causa del rumore discotecaro in sottofondo - Across The River e San Jacinto. Interessante Here Comes The Flood, che riprende e mescola la versione originale dal primo album con quella successiva di solo piano e voce.

Pur nel menefreghismo totale del pubblico (un'altra volta: ma quale pubblico?), la serata ha dunque costituito una testimonianza interessante. Speriamo di ripeterla in futuro in altre città (Milano o Roma), con un minimo di preparazione in più.