Ancora a carico di cavalli e gatti esposti ad dosi elevate di diossine, nella milza si è osservata una netta riduzione dei centri germinali, con presenza di abbondanti macrofagi ad elevato contenuto di emosiderina. Nel cavallo la milza è apparsa con superficie bozzellata, mentre nel gatto atrofica e con capsula inspessita (Kimbrough et al., 1977). In pressochè tutti gli animali esposti alle diossine il timo si presenta generalmente ipoplastico, con una netta diminuzione del contenuto linfocitario corticale. I lobuli timici si presentano di dimensioni ridotte, mentre la demarcazione tra corticale e midollare risulta poco marcata. All’esame microscopico sono visibili focolai di linfociti in necrosi, attorniati da macrofagi. Lesioni simili sono reperibili anche nella milza e nei linfonodi, anche se di minore intensità.
Lesioni dell’apparato respiratorio
Nel puledro è stato riscontrato un quadro di grave broncopolmonite, accompagnato da ingrossamento dei linfonodi bronchiali, in seguito ad esposizione cronica a pentaclorofenolo contaminato da diossine (Kerkvliet et al., 1992). L’esame istologico ha potuto evidenziare in questo caso la presenza di numerosi protozoi Pneumocystis carinii, solitamente reperibili nei casi di immunosoppressione. Nei polmoni di Quarter Horses esposti ad avvelenamento da diossine sono stati invece evidenziati focolai emorragici ed edema, con la presenza, all’esame istologico, di numerose cellule polinucleate (Kimbrough et al., 1977).
Lesioni della cute e delle mucose
La cloracne ed i reperti patologici ad essa associati rappresentano nell’essere umano la conseguenza più evidente dell’esposizione alla diossina: non altrettanto negli animali, dove troviamo lesioni sovrapponibili solo nel coniglio, nelle scimmie e nel topo nudo. Le manifestazioni di comune riscontro contemplano la formazione di comedoni, ed ipercheratosi. E’ possibile inoltre notare una diffusa irritazione, accompagnata da fenomeni esfoliativi e dilatazione dei pori. Dal punto di vista istologico è possibile notare la trasformazione metaplastica delle cellule sebacee del follicolo in cellule cheratinoproduttrici. Esiste un test biologico per valutare l’attività acnegenica della diossina (Adams et al., 1941), che consiste nell’applicazione di TCDD, veicolata da acetone, sulla superficie interna del padiglione auricolare nel coniglio. Le lesioni (trasformazione delle ghiandole sebacee, manifestazioni acneiche) diventano visibili a partire da un dosaggio di 1mg in una sola applicazione.
Lesioni dell’apparato gastroenterico
In alcuni episodi di esposizione nel cavallo è stato possibile evidenziare emorragia gastrointestinale con necrosi ed ulcerazioni della mucosa, particolarmente a carico dello stomaco. Le ulcere appaiono profonde, con presenza di tessuto di granulazione ed evidenti fenomeni infiammatori. Sezioni istologiche della mucosa della bocca e della lingua hanno mostrato ulcerazioni, fenomeni infiammatori, iper- e paracheratosi, acantosi (Kimbrough, 1977). Sempre nel cavallo si sono riscontrati fenomeni ulcerativi nel colon nelle vicinanze del cieco, in associazione con estesa peritonite secondaria (Hryhorczuk et al., 1981).
Aspetti anatomopatologici comparativi nella specie bovina
I casi di morte per sospetta
intossicazione da diossine nella specie bovina sono stati raramente descritti
in letteratura, anche per le notevoli difficoltà che pone in questi
casi una diagnosi basata unicamente su reperti anatomopatologici (Lloyd
et al., 1991). Esistono infatti in questa specie stati patologici variamente
indotti che possono portare a lesioni evidenziabili all’esame autoptico
molto simili. In particolare, alcuni tipi di avvelenamento (Seneciosi)
e la Sindrome della Vacca Grassa possono indurre modificazioni epatiche
sovrapponibili. Nella tabella 5 è riportato un quadro comparativo
dei relativi aspetti clinici e patologici.
Aspetti Clinici: | Sindrome della vacca grassa | Avvelenamento da idrocarburi alogenati | Avvelenamento da metalli pesanti |
perdita di peso |
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anoressia |
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perdita del pelo |
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cute raggrinzita |
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edema |
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zoppia |
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alterazioni zoccoli |
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irrequietezza |
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ipocalcemia |
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chetonemia |
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sterilità |
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difetti congeniti |
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morte |
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Patologici: | |||
steatosi epatica |
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necrosi epatica |
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fibrosi epatica |
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proliferazione pareti |
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dotti biliari |
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aumento dimensione degli epatociti |
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Nonostante i clamorosi episodi di contaminazione ambientale occorsi nel recente passato, che hanno coinvolto numerosi animali da reddito e di affezione, disponiamo ancora di un numero limitato di studi riguardo agli aspetti anatomopatologici legati all’azione delle diossine sulla popolazione animale esposta. I reperti di queste indagini evidenziano soprattutto gli effetti a carico del tessuto epatico (necrosi epatica centrolobulare) e della cute (paracheratosi), accompagnati da atrofia del timo e da una generalizzata deplezione del tessuto adiposo. Si dispone invece di un gran numero di dati provenienti da intossicazioni sperimentali su animali da laboratorio, che hanno messo in luce l’estrema complessità dell’interazione tra diossine ed organismi animali, con effetti e conseguenze caratterizzati da grande specificità in rapporto ad una serie di variabili (specie, razza, sesso, età, fattori ereditari ed ambientali, via e veicolo di somministrazione ecc.). L’interpretazione di questi dati è un argomento che alimenta un vivacissimo dibattito che coinvolge ricercatori, autorità sanitarie, industrie ed associazioni ambientaliste, viste le implicazioni socio-economiche che comporterebbero dei provvedimenti politici radicali contro le diossine (ad esempio l’eliminazione dal mercato di tutti i precursori organoclorurati). Un aspetto però sembra incontrovertibile: le diossine ed i composti congeneri, come i dibenzofurani ed i bifenili policlorurati, sono tra i rappresentanti più tipici della classe dei cosiddetti contaminanti ambientali. Dette sostanze, ampiamente diffuse nell’ecosfera, sono in grado di determinare effetti globali sugli esseri viventi: in particolare si comincia a sospettare della capacità delle diossine di interferire con gli equilibri ormonali di innumerevoli specie animali, pericolo ancora più grande e subdolo rispetto al pur imponente potere tossico esercitato a dosi comunque maggiori ed in modo quantitativamente e qualitativamente differente da specie a specie (U.S. E.P.A. - 1994). Di conseguenza, pur essendo una sostanza estremamente tossica, la diossina esprime la sua massima pericolosità non in relazione ad eventi accidentali di intossicazione acuta o subacuta, ma per la sua azione lenta e inesorabile sui delicatissimi equilibri ormonali degli animali e nell’uomo. Naturalmente ciò non significa che si debbano sottovalutare gli episodi di produzione o dispersione localizzata di diossine, che possono portare a conseguenze gravissime, come purtroppo si è più volte verificato in passato: attualmente, il pericolo più immediato consiste, con tutta probabilità, nella contaminazione dei pascoli e dei mangimi destinati all’alimentazione di bovini ed ovicaprini, da parte di uno stillicidio di diossine provenienti da inceneritori, discariche, liquami fognari usati come fertilizzanti, rifiuti tossici dispersi fraudolentemente (U.S. E.P.A. - 1994). In questo modo si compie il ciclo delle diossine, che, prodotte dalle attività umane, all’uomo ritornano come contaminanti del latte e delle carni, accumulandosi di generazione in generazione.