Ezechiele

uno

due

tre

quattro

cinque

sei

Ezechiele, Un lupo amico di Sara, 
scrive letterine

Una lettera dal Parco di Yellowstone

16 marzo 2000
Cara Sara,

     l'altro giorno stavo passeggiando lungo il Po e guardavo le anatre che se ne stavano a giocare con i pesciolini. Forse i pesciolini non sono tanto contenti di quel gioco, ma le anatre pare che si divertano molto. Ogni tanto alzano su il becco con un pesciolino di traverso e, glu.. glu.. glu.., lo mandano giù.
    Ad un certo punto vedo un anatra che scende di corsa dal cielo ed atterra sul fiume. Sai come fanno. Sembrano degli aeroplani. Prima abbassano le zampe come fosse il carrello dell'aereo, e poi strisciando si posano sull'acqua fin che si fermano.
    Tutte le altre anatre gli vanno incontro e si mettono a fare quac, quac, tutte assieme. Si vede che gli stavano chiedendo da dove venisse. Quella deve essere stata stanca morta, perché per un po’ non ha risposto. Continuava a mettere la testa sott'acqua, la tirava fuori e la scrollava. Come fa chi è sudato d'estate e mette la testa sotto la fontana. Le anatre non sudano, però, se sono affaticate dal lungo viaggio, hanno anche loro bisogno di refrigerarsi.
    Fatto sta che dopo un po’ di questi  su e giù con la testa si è messa a chiacchierare, anzi a quaccherare con le altre anatre. Aveva una busta di plastica attorno al collo con su una scritta. Forse era un indirizzo. Poiché non riuscivo a leggere bene, ho preso il cannocchiale e ho guardato. Meraviglia delle meraviglie. Sai cosa c'era scritto sulla busta?      Lettera per Nonno Lucio, nonno di Sara.
Sì, sì, era proprio scritto in verde.
    Io allora mi sono messo ad agitare il cappello ed a gridare: "Sono io il nonno Lucio".  Tutte le anatre si girano verso di me, aprono il becco verso l'alto e fanno: "quoooo… quooo…", che credo che nel linguaggio delle anatre voglia dire: "ma guarda un po’ che combinazione!"
A questo punto l'anatra che veniva da lontano si avvicina alla riva, esce dall'acqua e trotterellando come fanno le anatre viene verso di me. Alza il collo in modo che io possa sfilare l'anello che tratteneva la busta. Io la prendo e l'anatra tutta contenta di avere compiuto il suo dovere, se ne torna in acqua a quaccherare con le sue amiche.
Io volevo leggere subito la lettera, ma purtroppo non avevo con me gli occhiali. E così sono tornato a casa. Ecco la famosa lettera.

Ezechiele da sue notizie dall'America

Cara Sara,

    avrai pensato che mi sia perso nelle steppe della Siberia o che non sia riuscito ad attraversare sui ghiacci il mare di Bering per arrivare fino in Canadà. In realtà tutto è andato bene fino a che sono arrivato sui ghiacci del mare. Qui mi sono messo a camminare come il mio solito per arrivare dall'altra parte dello Stretto. Sennonché ad un certo punto si è sentito un fragore, il ghiaccio si mette a saltare su come se sotto ci fosse qualcuno che spingesse.
    Ed in effetti era così. Una balena che si era immersa sott'acqua vicino ai ghiacci, aveva sbagliato i conti. Invece di risalire dove c'era il mare aperto, è risalita dove il mare era coperto di ghiaccio. Quando risale di solito la balena sbuffa, fa due enormi sbuffi. Questa volta aveva proprio ragionedi sbuffare. Si sentiva mancare il respiro e lo sbuffo più caldo del solito ha fuso il giaccio. Poi lei con la schiena ha fatto il resto. Il pezzo di ghiaccio proprio dove ero io è saltato per aria e si è staccato. E' diventato come un'isola in mezzo al mare.
Io mi sono spaventato ed ho pensato: "qui finisce male". Il ghiaccio si sarebbe a poco a poco fuso ed io, per quanto sappia nuotare, non ce l'avrei fatto a raggiungere la riva. E poi da quelle parti i pescecani se vedono un lupo in mare, non avendone mai visto prima, per paura aprono la bocca e se lo mangiano intero. Ma come vedi non è andata così.
    Il pezzo di ghiaccio era molto grosso. La corrente marina ha cominciato a muoverlo verso sud, verso le acque più calde. Qui il ghiaccio a poco a poco si fondeva, ma siccome era molto grande ha resistito a lungo. Ad un certo punto quando era rimasto solo più un pezzo grande come una camera ed io cominciavo a pensare a come sarebbe stato il paradiso dei lupi, la corrente ha sbattuto  il pezzo di ghiaccio su una spiaggia con me sopra.
    Non ti dico che piacere poter finalmente rimettere le zampe per terra. Saremo in Canadà ho pensato. Magari mi sono risparmiato di attraversare l'Alaska, dove fa assai freddo anche per noi lupi. Ed invece, appena esco dalla spiaggia finisco su un'autostrada piena di camion. Per un pelo uno non mi travolge. Il camion ha dovuto fare una frenata brusca. Poi l'autista si è affacciato al finestrino ha guardato indietro e mi ha fatto un paio di corna con la mano. Si vede che è così che danno il benvenuto agli stranieri in quel paese.
    Ma che paese era? Era ormai buio e mi sono avvicinato alle luci di un villaggio. All'ingresso del paese c'era un cartello stradale: "Waconda Beach. Oregon. U.S.A"
Quindi ero finito negli Stati Uniti d'America. Mica male, ho pensato. Non è da queste parti che c'è il parco di Yellowstone, quello dell'orso Yogy?

Cara Sara, adesso sono stanco. Riprenderò a leggerti la lettera domani.

Ciao.
Nonno Lucio
 

17 febbraio 2000
Cara Sara,

  riprendiamo la lettera di lupo Ezechiele. Eravamo rimasti che lui è sbarcato in America e vuole andare al parco dove c'è l'orso Yogi.

….

    Al mattino mi sono svegliato di buon'ora e sono entrato nel bosco. Cercavo qualcuno cui chiedere come si facesse ad andare al Parco dello Yellowstone. Ho trovato un gattone selvatico. Forse era una lince. Ma in Italia di linci ne ho viste poche. Non sono sicuro che lo fosse. Gli ho chiesto del Parco. Mi ha guardato con aria strana e poi è scappato.
Ho pensato che avesse avuto paura. Poi mi è venuto un dubbio. Qui siamo in America e mi pare che parlino inglese. Io l'inglese non lo so ed allora come me la caverò? Ci saranno anche qui dei gufi saggi che parlano un po’ tutte le lingue e che facciano da traduttori?
    In ogni caso ho deciso di procedere nella direzione opposta a quella dov'era l'oceano. Ho camminato per tre giorni. Da mangiare ne ho trovato. I topi in America sono belli grassi e ce ne sono tanti. Finalmente ho trovato un lupo. Io non osavo parlargli perché l'inglese non lo so. Ed invece mi ha parlato lui. E guarda, guarda, io l'ho capito benissimo. A dire il vero aveva un accento un po’ strano, ma a parte questo lo si capiva bene. Si vede che il linguaggio dei lupi è uguale in tutto il mondo. Forse sono solo gli uomini che si divertono a parlare lingue diverse. Forse lo fanno per avere la scusa di non capirsi e per questo farsi poi la guerra tra loro.
    Il lupo che si chiamava Joe - il nome è americano, ma almeno i nomi devono adattarsi al luogo dove vivi ed alle abitudini locali - si è proposto di accompagnarmi. Era tanto tempo che anche lui voleva andare nel famoso parco. C'erano da fare solo un sette-ottocento miglia. "Cosa sono le miglia?", gli ho chiesto. E lui mi ha spiegato che lì in America gli uomini usano le miglia per misurare la distanza. Un miglio corrisponde a circa 3200 passi da lupo. Ho fatto un rapido conto e mi pare che un miglio sia circa 1 chilometro e mezzo o poco più. Ma non sono mai stato molto forte in matematica, lo sai.
    Ho pensato che nel tempo che la luna passava dall'ultimo quarto calante, come l'avevo vista la notte prima, a luna nuova, ci saremmo arrivati.
Ed infatti, passando per monti e boschi ed attraversando lo stato dell'Oregon, poi quello dell'Idaho - dove crescono le famose patate - entriamo nello stato dello Wyoming e finalmente nel famoso parco. Tu ti chiederai come faccio a sapere tutti questi nomi. Che forse sia diventato un esperto di geografia? No, no. E' che l' America è piena di cartelli che ti dicono dove ti trovi. E siccome ho buona memoria…
    Arrivati nel parco ci siamo salutati. Joe ha detto che doveva andare a trovare certi parenti che si erano traslocati lì tempo fa. Io no sapevo ben dove andare, finché ho visto un cartello con scritto "Benvenuti" in inglese, e c'era una freccia. L'ho seguita e così sono arrivato in una grande piana senz'alberi. C'era in fondo un grande edificio con parcheggiate fuori tante macchine. Senz'altro era un grande albergo, ho pensato. Ma cosa ci faceva un grande albergo in mezzo ai boschi? E c'era in giro tanta gente che andava e veniva con le macchine fotografiche intorno al collo. Ogni tanto si fermavano, mettevano la macchina davanti agli occhi e ..click. Ma cosa avevano da fotografare tutti quanti?
    Io ero nascosto dietro un cespuglio. Guardando meglio nella direzione in cui loro fotografavano, ho visto un grande sbuffo di vapore che saliva la cielo. Poi più niente. Dopo un po’, un altro sbuffo. Guarda, guarda, ho pensato, che ci sia anche qui una balena? Ma cosa ci fa una balena in un parco?
    Ho dovuto aspettare la sera, che tutti fossero in albergo per andare a veder più da vicino la balena. Ma non era una balena. Era un buco per terra da cui ogni tanto usciva un formidabile sbuffo. Altro che quelli delle balene! Ho provato a contare quanto tempo passasse tra uno sbuffo e l'altro. Uno, due, tre… trentacinque. Eccolo. Poi di nuovo: uno, due, tre... trentacinque. Eccolo. Ci si poteva rimettere l'orologio tanto erano regolari gli sbuffi. Un grande cartello lì vicino avvertiva i turisti di non avvicinarsi troppo al geiser. Il titolo del cartello era OLD FAITHFUL. Naturalmente io non ci avevo capito nulla. Un po’ perché leggere non è il mio forte, un po’ perché c'era buio, un po’ perché era scritto in inglese.
    Mi ha spiegato tutto dopo l'amico Jogy. L'ho incontrato infatti,e siamo diventati buoni amici. "Old faifthful" vuol dire "Vecchio fedele", perché è da sempre che sbuffa e sempre ogni trentacinque secondi. Non sgarra un colpo. Mi ha anche detto che geiser vuol dire getto di gas caldo che viene da sotto terra. Come se ci fosse sotto una pentola che bolle. Ogni tanto, per il troppo vapore, il coperchio si solleva ed esce lo sbuffo.
    Ma ti parlerò dopo di Yogi. Devo dirti che i primi giorni, gli orsi mi erano un po’ antipatici. Intanto ce n'erano troppi in giro. Appena svoltavi l'albero e subito ne vedevi uno. E tutti belli grassi. Sfido io. Con tutti quei biscotti che mangiavano. Sì, sì, proprio biscotti.
    Il parco era pieno di strade piene di auto di turisti. Ogni tanto un'auto si ferma, apre i finestrino e mette fuori una mano con un pacchetto di biscotti. Subito un orso salta fuori dal bosco, si ferma ad un passo dall'auto e si fa fotografare. Poi allunga la zampa e prende il pacchetto. Ogni giorno un orso si becca almeno cinque o sei pacchetti di biscotti. Contando che nel parco ci saranno almeno diecimila orsi, e che un pacchetto pesa mezzo chilo, quanti quintali di biscotti al giorno si consumano nel Parco dello Yellowstone?
    Cara Sara, lascio a te di fare i conti, perché come sai io di matematica… Ma lasciamo perdere i conti. Visto come era facile per gli orsi mangiare, ho cercato di farlo anch'io. Appena un'auto si ferma, salto in mezzo alla strada come ho visto fare agli orsi. Ma la mano con il pacco di biscotti subito si ritira e la macchina parte via, a razzo. Ho provato altre volte, ma sempre così. Solo per gli orsi gli autisti si fermano a dare i biscotti. Ai poveri lupi niente. E così gli orsi mi erano diventati antipatici. Finchè ho trovato Yogi.

    Ma adesso sono stanco e la storia di Yogi te la scriverò un'altra volta. E poi l'anatra ha detto che non aspetta più neanche un secondo. O gli consegno subito la lettera o seno, lei parte.
    A proposito, non è che io ho imparato a scrivere. E' che anche qui ho trovato un gufo saggio. Lui però intinge l'unghia in un barattolo di liquido verde. Si vede che qui le bacche per fare l'inchiostro sono verdi. Paese che vai...

Ciao Sara. Ti riscriverò presto.

Il tuo Ezechiele lupo

Cara Sara,
sono io nonno Lucio che ora ti parla. Cosa vuoi che ti dica. Ezechiele si ferma sempre sul più bello. Io volevo sapere tutto di Yogi, ed invece… Speriamo che Ezechiele si decida a scrivere presto il resto della storia.

Ciao

nonno Lucio