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ADDIO ROBERTO MUROLO
 

 

VENERDI 14 MARZO 2003

 
Il cantante, ammalato da tempo, è morto nella notte nella sua casa
al Vomero all'età di 91 anni. A lui si deve mezzo secolo di melodie
E' morto Roberto Murolo
la voce di Napoli

NAPOLI - E' morto nella notte Roberto Murolo, la "voce" di Napoli. Il cantante, 91 anni, malato e costretto per problemi respiratori e cardiaci a rimanere a casa da tempo, si è spento nella sua casa al Vomero, a Napoli, circondato dai suoi parenti più stretti.

Lo scorso anno, in occasione del suo novantesimo compleanno, il sindaco Rosa Russo Iervolino ed il presidente della Regione, Antonio Bassolino gli fecero visita a casa perché Murolo era impossibilitato a raggiungere palazzo San Giacomo, sede del Comune, come era in un primo momento previsto, per una cerimonia pubblica di auguri. Le condizioni di salute dell'anziano artista hanno subito un progressivo peggioramento a partire dall'ultimo mese, anche se aveva conservato sempre una notevole lucidità mentale. Riceveva in casa amici ed artisti che gli andavano a far visita, tra i quali Renzo Arbore che non mancava mai di incontrarlo ogni volta che si trovava a Napoli.

Figlio del grande compositore Ernesto Murolo, Murolo era nato a Napoli il 23 gennaio 1912. Di lui si comincia a parlare a partire dal 1939 quando comincia a girare l'Europa con il quartetto Mida. Ma la carriera vera e propria la inizia nel 1946. E' l'epoca dei primi concerti e delle prime incisioni discografiche. Un successo pieno ed immediato consente a Murolo di affermarsi subito come uno dei più interessanti talenti musicali, non solo della canzone napoletana ma di tutta la canzone italiana.

Murolo, che in quel periodo - siamo nel 1950 - appare anche come attore nel film "Catene", sfrutta per aumentare a dismisura la sua notorietà nel solo la radio ma anche la televisione, la cui diffusione nelle case degli italiani aumenta ogni giorno di più. L'artista incide numerosi dischi singoli a 78 giri e realizza poi l'antologia "Napoletana", in cui compaiono 12 canzoni scelte da brani della canzone partenopea che vanno dal XIII secolo ai suoi giorni. E' quello il suo primo straordinario successo discografico che lo consacra artista di massimo livello.

La seconda fase della sua carriera inizia nel 1990 quando pubblica l'album "Na voce 'na chitarra" e nel 1992 esce con una nuova raccolta dal titolo "Ottantavoglia di cantare", con il quale festeggia il suo ottantesimo compleanno. In questa fase incide canzoni anche con importanti interpreti della canzone italiana - fra i quali Fabrizio De Andrè, Enzo Gragnaniello e Mia Martini. Il suo sodalizio artistico con Renzo Arbore, già cominciato da diversi anni, si cementa sempre di più proprio in questa fase della sua carriera. Con Gragnaniello e Mia Martini nel 1993 incide l'album "L'Italia è bbella".

Nel 1995 pubblica il disco "Anima e core" e nel 2002 "Ho sognato di cantare", l'album che chiude la sua lunga attività di autore ed interprete. Nel 1995 Roberto Murolo riceve dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, l'onorificenza di Grand'Ufficiale della Repubblica per i meriti artistici di una vita dedicata alla musica.

"Se n'è andato un maestro, un caposcuola. E soprattutto ho perso un amico, l'uomo che mi ha insegnato tutto". E' il commento addolorato di Renzo Arbore alla notizia della scomparsa dell'amico. Arbore racconta di averlo incontrato il mese scorso. "Era come sempre lucido, anche se nel fargli visita mi resi conto che le sue condizioni fisiche erano ulteriormente peggiorate e che non avrebbe potuto resistere a lungo". "Mi piace ricordare - dice ancora Renzo Arbore - che nonostante la malattia ne avesse minato la fibra, fino a due anni fa cantava in pubblico. Ed in casa, la musica lo ha accompagnato in pratica fino alla fine".
"La mia tristezza - conclude Renzo Arbore - per la perdita dell'amico viene stemperata dalla consapevolezza che le opere di Murolo rappresentano quanto di più importante sia stato fatto nella storia della canzone popolare italiana".

(14 marzo 2003)

 

Con uno stile asciutto degno di un lord inglese il cantante
scomparso ripulì il repertorio napoletano dai suoi eccessi
Murolo, quel filo di voce
che ha cambiato la canzone
di GINO CASTALDO

SEMBREREBBE strano raccontare un secolo di canzoni con una voce che era un sussurro gentile, un refolo che soffiava un timbro di ineguagliata eleganza tra accordi classici di chitarra acustica, ma è difficile trovare sintesi migliori. Murolo sviluppò il suo genio proprio a metà del novecento, sospeso come un paesaggio in acquarello, sommessamente rivoluzionario, al centro esatto tra l'eredità del canto antico, che voleva il sentimento espresso a tinte forti, con tutta la retorica del caso, e il nuovo verbo che alcuni leggendari crooner americani, Crosby e Sinatra in testa, cominciavano a sviluppare, favorendo la nascita della modernità canora. Casomai è singolare, e non ci si pensa mai, che una tale rivoluzione di cui oggi siamo totalmente e definitivamente figli, sia stata possibile grazie a una piccola ma fondamentale invenzione: il microfono. Se prima di questi protagonisti, i cantanti squarciavano le tende dei teatri con acuti prorompenti e sentimenti forti, lo si doveva al fatto che bisognava raggiungere il pubblico (anche quello lontano) solo ed esclusivamente grazie alla propria fisiologica autoamplificazione. E da lontano, si sa, le sfumature sono un lusso. Il microfono rese alla musica un servizio inestimabile, permise ai cantanti che ne avevano bisogno, di poter cantare "piano" di sviluppare un universo di piccole raffinatezze.

Il genio di Murolo, che era nato a Napoli, il 23 gennaio del 1912, figlio di Ernesto, uno dei maggiori poeti della canzone classica napoletana (Pusilleco addiruso, Suspiranno, Serenata napulitana) fu quello di applicare questa novità alla canzone napoletana. Prima, i suoi mezzi stilistici li aveva affinati fondando il quartetto Mida, sul modello dei Mills Brothers, girando l'Europa con notevole successo dalla fine degli anni trenta fino al 1946. Una volta tornato a casa gli venne naturale prendere il repertorio col quale si era nutrito fin da bambino, visto che nella casa paterna era passato il gotha della musica napoletana, e cantarlo in quella maniera. Fu una folgorazione, per lui e per i primi fortunati testimoni di quel passaggio epocale nei nightclub di Capri e nei teatrini di Napoli.

Era esattamente metà del secolo. Ed era anche un cambio di era che la musica annunciava in tutti i modi possibili. La canzone americana aveva già stregato il pianeta, il sole di Elvis stava per sorgere all'orizzonte del rock'n'roll, e i cantautori francesi stavano mettendo insieme versi e melodie antitetiche al conformismo borghese. Murolo lo fece alla sua maniera, ovvero nella massima discrezione, senza blouson noir o strepiti gospel, con un understatement degno di un lord inglese, semplicemente cantando O sole mio e Reginella in un modo che nessuno fino a quel momento aveva neanche osato immaginare, con un fil di voce, serio, sobrio, asciutto, quasi una versione cameristica di melodie che di solito facevano tremare i vetri delle finestre. Semplice come l'uovo di Colombo, eppure fu una vera rivoluzione. Le canzoni napoletane, scrostate di ogni retorica, di ogni eccesso sentimentale, riapparvero nella loro integrità, nella loro pura bellezza, senza ornamenti decorazioni e stucchi.

Da quel momento cominciò la carriera di Murolo, una ricca sequenza di 78 giri che fecero epoca, e qualche volta ebbero anche discreti successi di vendita, diventando celebre, più di quanto ci si potesse aspettare per lo stile che portava avanti, non fatto certo per adunate oceaniche. Una crescita costante che culminò tra il 1959 al 1963 (tanto ci volle per realizzarla) con quella che ancora oggi rimane come un'opera fondamentale non solo per la canzone napoletana ma sarebbe giusto dire per tutta la musica del novecento, ovvero Napoletana, una raccolta di dodici long playng in cui Murolo raccontò per intero la storia della melodia napoletana, a partire dal Duecento per arrivare alla metà del Novecento. Un'opera colossale, un monumento all'arte della canzone che ha pochi confronti nel mondo, come hanno riconosciuto artisti di ogni nazionalità. Dodici dischi tutti rigorosamente incisi col solo accompagnamento della chitarra, eppure di assoluto godimento, irripetibili, mai stancanti, da ascoltare, come fanno gli appassionati, all'infinito.

Sulla scia di questa ineguagliabile summa che racchiude il corpo centrale della tradizione napoletana, Murolo ha poi inciso altre raccolte dedicate a Furio Rendine, alle macchiette di Maldacea e degli altri protagonisti del cafè chantant, sempre mantenendo fermo quel punto di vista stilistico che nel frattempo aveva fatto epoca. La sua influenza ha contagiato molti giovani autori e interpreti di quella che poi è stata la nouvelle vague napoletana, a partire da Peppino Di Capri, anche se questo debito gli è stato riconosciuto da molti artisti non napoletani, in particolar modo dai primi cantautori che grazie alla sua pulizia, a quello stile delicato ed elegante, hanno scoperto un modo nuovo di far canzoni. Lo stesso Fabrizio De Andrè, che ha inciso una superba Fenesta nova, dopo averla ascoltata nella raccolta Napoletana, ha riconosciuto la maestrìa di Murolo al punto da accettare, fatto assai raro nella sua carriera, di cantare nel 1992 insieme a Murolo una nuova versione della sua Don Raffaè.

Era l'ottantesimo compleanno. Pochi anni prima, grazie all'interessamento di Arbore, Di Capri, e altri estimatori, era stato organizzato un vero e proprio recupero, dopo anni di relativo oblìo. Se i suoi dischi continuavano a essere ascoltati e idolatrati, la sua carriera pubblica aveva subito una brusca e sgradevole interruzione, dovuta a una brutta vicenda giudiziaria, una condanna per molestie sessuali a un minore, errore che Murolo ha pagato duramente, e che gli è costato un lungo, totale ostracismo da parte dei media. Dai settant'anni in poi, tardivamente, Murolo ha vissuto una nuova stagione di gloria, scandendo questi anni con uscite discografiche a cui hanno partecipato molti cantanti, e perfino con una partecipazione al festival di Sanremo. La sua voce, se possibile, era diventata ancora più flebile, ma quello stile soffuso gli ha permesso di cantare oltre ogni limite di età. Proprio lo scorso anno era stato pubblicato il suo ultimo disco, Ho sognato di cantare, un testamento col quale, all'età di novant'anni, Murolo aveva dichiarato di abbandonare le scene, una volta per tutte.

(14 marzo 2003)

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