Berlinguer
e l’Università (1)I contenuti e i toni dell’intervento del Presidente della Camera dei Deputati On.
Luciano Violante, in occasione dell’apertura dell’anno accademico dell’Università di Torino (2), sono stati tali da far pensare all’inizio di una nuova "campagna di riforme" del sistema educativo italiano, ora rivolta all’università. In realtà, il Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (MURST), On. Luigi Berlinguer, agiva da tempo senza allarmare l’opinione pubblica, attirandola sulle riforme della scuola. Mi propongo perciò di mostrare come le dichiarazioni del pidiessino On. Violante - lungi dal costituire un inizio - preparino invece i passaggi finali della "operazione università", di prossima discussione in Parlamento.Prima di entrare in argomento, credo utile ricordare che, per i socialisti-tecnocratici al Governo, il fine dell’educazione - come sostiene il Ministro nella relazione sul "Riordino del Sistema Nazionale della Ricerca Scientifica e Tecnologica" -, é sempre utilitaristico
(3): "la scienza, la tecnologia, la disponibilità di risorse umane qualificate costituiscono il differenziale che distingue il grado di sviluppo dei diversi sistemi paese"(4). Tuttavia, si ingannerebbe chi pensasse a una prospettiva vetero-marxista o meramente economicistica, perché, come continua lo stesso documento, la "evoluzione del sistema [é] spinta dalle esigenze di internazionalizzazione e globalizzazione dell’economia", per cui "i legami tra Scienza ed Educazione da una parte e Tecnologia ed Innovazione dall’altra, vengono ulteriormente evidenziati"(5). Si tratta, pertanto, di "costruire" un uomo docile al vento progressista della storia o, se si preferisce, alla globalizzazione: comunque un suddito fedele (6).Questo tentativo trova però diversi ostacoli, tra cui quello della "istituzione università", che - pur snaturata rispetto all’origine medievale e gravemente degenerata a causa della natura stessa del modello humboldtiano
(7)-, ancora conserva alcune libertà concrete non direttamente manipolabili dall’onnipervasivo Stato moderno. Quando l’On. Violante critica il fatto che essa "premia più l’appartenenza che la competenza" (8), non si può evitare di ricordare - con Mario Alighiero Manacorda, l’ultimo esponente storico del gramscismo pedagogico (9) - che "quelle appartenenze [...] non sono cosa di oggi né sono soltanto accademiche e culturali, ma riproducono le più vaste e profonde divisioni ideologiche dell’intera società" (10). E, a sentir parlare di divisioni ideologiche, non posso evitare di pensare, ad esempio, ai giudizi critici verso l’Unione Monetaria Europea espressi da numerosi cattedratici (11) che, se non sono vicini al Polo, certamente sono ancora capaci di anteporre la professionalità al servilismo. Il fatto é che, per l’università come già per la scuola inferiore e media (12), non siamo di fronte a un tentativo di reprimere gli abusi e riformare quanto non funziona (13), ma piuttosto a un’operazione che, usando come pretesto gli abusi e le inefficienze esistenti, é funzionale a un disegno totalitario di annientamento dei residui corpi sociali (14).Il Disegno di Legge (D.d.L.) che può costituire la pietra d’inciampo per l’Ulivo, come il tema della "parità" lo é per gli ordini di studi inferiori e medi
(15), é quello relativo alle "Norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo" (16). Esso non va considerato isolatamente, non lo si ripeterà mai abbastanza, ma inserito nel più vasto "mosaico" di iniziative annunciate dal Ministro (17) e dal sottosegretario di Stato per l’Università, il sedicente cristiano-sociale Sen. Luciano Guerzoni (18). Solo se considerate nel loro complesso, le iniziative realizzate (col supporto di ben venti ex-funzionari del PDS e della CGIL portati nei ministeri educativi del paese 19) nel corso del primo anno e mezzo di lavoro del Governo ulivista (20), possono dare l’idea del pericoloso piano egemonico - gramsciano o deweyano poco conta in questa sede (21)- anche sull’università. Ebbene: quali sono le tessere del mosaico utili alla "normalizzazione" dell’università?Tra le più rilevanti vi sono le leggi 59/97 (nota come "
Bassanini") e 127/97 ("Bassanini 2") (22), propagandate come miranti allo snellimento delle procedure amministrative e al decentramento. Se tale snellimento é fortemente auspicabile per buona parte dell’apparato statale, il suo effetto sugli atenei é incalcolabile: all’art. 17 della legge 59/97 (23), nell’indicare la necessità di "istituire sistemi per la valutazione", si dispone di "collegare l'esito dell'attività di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati alla allocazione annuale delle risorse"(1). Di conseguenza, l’Osservatorio per la Valutazione del Sistema Universitario, (istituito con la legge n. 537/93) - sino ad oggi un organo meramente propositivo che doveva "valutare i risultati relativi all'efficienza ed alla produttività delle attività di ricerca e di formazione", limitandosi a "predisporre la documentazione e le proposte tecniche utili alla definizione dei criteri di riparto della quota di riequilibrio del fondo per il finanziamento ordinario delle Università"(1)-, é destinato ad acquistare un’importanza decisiva. E’ importante aggiungere che la stessa legge dispone che tale Osservatorio sia "composto da 5 membri, di cui uno scelto su terna designata dalla Conferenza permanente dei Rettori; uno su terna designata dal Consiglio Universitario nazionale; tre scelti dal Ministro, di cui due esterni al mondo accademico". L’Osservatorio, diviene così l’organo decisionale incaricato di stabilire la "coerenza con gli obiettivi [...] del sistema universitario e la finalizzazione delle relative risorse finanziarie", come recita lo schema di "Regolamento sullo sviluppo e la programmazione del sistema universitario, nonché sui comitati regionali di coordinamento"(1) trasmesso al Consiglio dei Ministri (C.d.M.) il 30-10-97.Anche i Comitati Regionali di Coordinamento, deputati dallo stesso documento alla "
espressione di pareri motivati [...] sulle proposte [...] delle università"(1), vengono sottoposti a "snellimento" - ossia a un maggiore controllo politico - nella loro composizione: essa, come ha detto l’On. Berlinguer nella relazione illustrativa del Regolamento citato, viene ora "limitata ai rettori e non anche ai presidi di facoltà, ed integrata [...] con il presidente della giunta regionale [...] con un rappresentante degli studenti e con un esperto nominato dal Ministro"(1).Nel documento citato viene poi definita la tanto propagandata "programmazione" - già iniziata con la "rideterminazione dei settori scientifico-disciplinari" disposta dal decreto ministeriale (d.m.) del 23-6-97 -, che ha come "
strumenti e modalità [...] l’istituzione, la soppressione o la trasformazione di corsi, facoltà o atenei"(1). E’ il cosiddetto "decongestionamento dei Megatenei" - già iniziato sulla base della legge n. 662/1996 collegata alla Finanziaria 1997 -, cioè la "graduale separazione organica delle Università [...] laddove sia superato il numero di studenti e docenti che verrà determinato sede per sede [...] previo parere dell'Osservatorio per la valutazione del sistema universitario"(1). Lo strumento "decongestionamento", anch'esso teoricamente auspicabile, é ovviamente già stato usato per lo smantellamento di un ateneo non in sintonia con gli orientamenti governativi: la facoltà di medicina di Roma La Sapienza.Entriamo con questo nel tema del millantato "diritto allo studio", per il quale va segnalato l’incremento del 50 per cento - previsto nel D.d.L. collegato alla Finanziaria 1998 - del Fondo integrativo da ripartire tra le Regioni per prestiti d’onore e borse di studio. A smascherare la pretesa attenzione degli ulivisti verso i meno abbienti, c’è però la pretesa tecnocratica di "orientare" gli studenti: é quanto emerge dal regolamento approvato con d.m. 245 del 21-7-97, relativo agli "accessi all'istruzione universitaria e ad attività di orientamento". In esso, se da un lato si prende tempo sul problema del "numero chiuso", dall’altro si vogliono far iscrivere le matricole nelle facoltà più docili al Governo o più utili ai bisogni dell’economia
(24), servendosi proprio delle borse di studio erogate dalle regioni e dai Comitati di coordinamento regionali (25).Vengo al ruolo degli studenti, a suo tempo descritto dalla storica marxista Dina Bertoni Jovine, come "
censura e lievito di rinnovamento nei periodi di tirannia, sostegno delle idealità in atto nei periodi di costruzione e di progresso"(26). Questa é l’ottica del d.m. 278 del 21/7/97, sulle modalità elezione Consiglio Universitario Nazionale (CUN), e dello Schema di Regolamento per l’Istituzione del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU), approvato dal C.d.M. il 28-11-97. Così li chiosa il sen. Guerzoni: "l'autonoma responsabilità decisionale dell'autorità di governo del sistema (da ciò la contrastata e contestata decisione, contenuta nella riforma del CUN, di abolire - nei rapporti tra quest'ultimo e il MURST - l'istituto dei pareri "conformi" o "vincolanti")"(27): come a dire che i pareri espressi da questi organismi saranno considerati solo se in linea con quanto deciso dalla lobby ulivista.E per essere più sicuri dei risultati delle elezioni universitarie, o, usando le parole dell’On.
Berlinguer, per porre fine "all’attuale frammentazione della rappresentanza studentesca" (28), ecco il "riccometro" per le tasse di iscrizione, istituito col decreto presidente della repubblica (d.p.r.) n. 306 del 25-7-97, nell’illusione tutta progressista che occorra colpire gli studenti appartenenti ai ceti medi per avere il consenso di quelli dei ceti popolari.La tanto sbandierata autonomia si rivela, dunque, una diversa e più efficace modalità di controllo politico sulla vita finanziaria e statutaria degli atenei
(29). Il prof. Raffaele Simone, uno degli ispiratori remoti della riforma, la concepisce in questo modo: "se un ateneo presenta un bilancio in perdita anche per un solo esercizio, il rettore, il direttore amministrativo e il consiglio di amministrazione sono destituiti d’ufficio; se un’università presenta per più di tre anni un valore negativo negli indicatori principali di efficienza didattica e di ricerca, il ministro può decidere di chiuderla"(30). L’autonomia didattica, minacciata dal ricatto finanziario, dovrà conseguentemente sempre rispettare la cornice di criteri generali stabiliti a livello centrale (31).Arrivo, finalmente, ai docenti: il d.m. emesso il 25-7-97 ha disposto la possibilità della nomina diretta a professore ordinario da parte delle Università di studiosi di "chiara fama" (sic!) italiani e stranieri. Col d.p.r. 387 del 3-10-97, ha poi disposto che sia il rettore dell’Università - non più il Ministro -, a rilasciare il titolo di dottore di ricerca, attribuendogli anche la competenza nelle modalità di nomina delle commissioni giudicatrici. Stessa logica per l’approvazione dei concorsi per ricercatore, contenuta nel d.p.r. 386 del 3-10-97. Un’altra tessera, utile a togliere ogni velleità nei nuovi docenti, é lo schema di regolamento per l’assunzione di professori con contratti a tempo determinato, trasmesso al C.d.M. in data 28-10-1997. L’ultimo tassello, quello di cui parla l’On. Violante, é relativo all’autonomia nel reclutamento di nuovi professori ordinari che, evidentemente, costituiscono un ostacolo rilevante.
Chiudo lasciando descrivere al Ministro la sintesi delle riforme in atto: "
Prima lo Stato si limitava a trasferire i soldi alle università secondo il numero di studenti e di strutture [...] dal prossimo anno [...] vogliamo premiare l’efficienza"(32). E’ una frase che leggo come integrativa di quella pronunciata da Napoleone nell’inaugurare la prima università "moderna": "Il mio scopo é quello di possedere uno strumento in grado di indirizzare le concezioni morali e politiche"(33).Ogni autentica opera di riforma delle cosiddette "corporazioni gerarchiche", dei "feudi baronali" e del carattere elitario dell’università, non dovrà mirare a una maggiore egemonia, statale o "globale" che sia. Dovrà, al contrario, tendere a restituire ai corpi sociali e alle famiglie l’autonomia e la libertà necessari al controllo e al sostentamento di un’università veramente all’altezza dei tempi, ma anche delle tradizioni nazionali e occidentali.
David Botti