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Dentro e Fuori

 


di

Andrea S. Floriani



L'incantesimo dell'Amore

 

 

In quei giorni lontani e dorati
quando l'odiato bruciante Sole 
ruotava ancora intorno alla Terra, 
e le stelle brillavano fisse lassù, 
in quel tempo ero il Re dei Maghi, 
Principe delle Tenebre, amico dei pazzi,
addestrato per centinaia d'anni 
dal mio Maestro, Signore degli Inferi,
per essere fratello della Luna. 
 
		Io ero il gufo, lei l'usignuolo; 
		solo noi due eravamo condannati
		ad essere gli occhi terreni del Demonio.
		Entrambi amavamo le notti più buie, 
		quando anche Dio dormiva sodo, 
		lasciandoci liberi di carpire 
		le anime degli sciocchi mortali, 
		suggerendo loro, con grazia smagliante, 
		sempre nuovi giochi peccaminosi. 
 
Gli uomini sceglievano liberamente, con gioia, 
la via del male che io mostravo loro,
usando a piene mani quel "libero arbitrio" 
che Dio aveva inventato, lo stesso giorno 
in cui soffiò la vita in quei giocattoli di creta 
che aveva costruito per diletto o pura noia. 
Non ho mai spinto nessuno a seguirmi con la forza; 
non v'era alcun bisogno! 
				
		Non avevo mai provato né pietà, 
		né misericordia per nessuno, 
		finché un giorno non ho incontrato i suoi occhi 
		che mi fissavano con muto rimprovero. 
		Era la sposa di un vecchio mercante, 
		ancora tenera e innocente. 
		La peste nera la stava uccidendo, 
		incurante di quella nuova vita 
		che lei portava nel suo grembo di bambina. 
 
"Dammi la tua anima..." le dissi, 
"...e potrai vivere tanto a lungo quanto 
ad un essere umano è concesso sulla Terra!" 
Lei mi guardò con occhi velati; 
la sua voce non era che un soffio ormai: 
"Può darsi che voi lo possiate davvero, mio signore,
ma non ho bisogno del vostro aiuto; 
se è la volontà di Dio che io muoia, morirò; 
Non voglio cambiare il mio destino." 
 
		Perché Luna, perché, sorella Luna, 
		ho tenuto la sua mano gelida nella mia, 
		finché lei non se n'è andata? 
		Perché voi, lacrime, siete cadute sul mio viso?
		Perché mi sono sentito così debole e stanco, 
		così disperatamente solo? 
		Dimmi, dolce Luna, è dunque questo l'amore? 
		Ero anch'io un essere umano allora, 
		tradito dalla volontà del suo Maestro! 
 
Da quel lontano giorno in poi 
non ho mai più rubato anime, 
e il Demonio, ancora mio padrone, 
si prese presto la sua vendetta 
per il mio tradimento, 
togliendomi i poteri, 
facendomi invecchiare all'istante, 
poi sempre più in fretta, 
come se il tempo scorresse solo per me.
 
		Non ho mai potuto dimenticarla: 
		quello sguardo, quella voce, la sua mano...
		Lei m'aveva ridato la mia anima.
		Ho tenuto il mio segreto sepolto 
		nel profondo del mio essere per molto tempo, 
		fino a quando fui messo al rogo una notte 
		dai preti cristiani e dai villani del borgo, 
		lasciandomi finalmente libero 
		di cercare il mio caro Angelo! 
			
Lei aveva gettato una malia su di me, 
molto più potente del maleficio del Demonio: 
"L'incantesimo dell'Amore"...
...E la morte, nonnina arguta e graziosa, 
mi sorrideva, sussurrando con voce flebile: 
 
"Vieni caro figliolo, e sii saggio questa volta, 
c'è qualcuno che ti aspetta lassù!". 

 

 

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La notte di Valpurga

 

 

 

Donne sagge di un tempo lontano,
innocenti negli occhi e nel cuore, 
che urlavate a quegli astri lontani, 
ballando nel bosco di querce, 
vicino al ruscello incantato...
...Dove site mie care sorelle?
La luna rotonda e brillante, 
già sposa di aprile morente 
ed amante del tiepido maggio, 
vi segue da lungi nei riti festosi, 
spiando curiosa quel gioco eccitante 
di femmine ardenti ed ignude, 
che ballano insieme nel bosco. 
Di Valpurga è la notte distante, 
mie amate sorelle di un tempo. 
Delle streghe danzanti è la festa, 
la sola ch'è vostra davvero. 
Ghirlande di fiori cangianti 
posate leggiadre sul capo, 
vi fanno più belle, più caste. 
I capelli disciolti nel vento
che soffia odoroso dal Sud, 
vi sferzando il volto ballando. 
E' la brezza di maggio mie care, 
che fruscia leggera fra i rami, 
che scuote le foglie, e vibrando 
sussurra parole più audaci, 
che timida sfiora in un soffio 
quei seni orgogliosi danzanti, 
quei ventri bollenti d'amore.

 Vi chiamano streghe e baccanti
I villani ignoranti del borgo 
che dorme tranquillo sul colle. 
Due chiese opulente di ori, 
con preti grassocci e contenti. 
Un castello turrito, più in alto, 
massiccio, crudele, sinistro, 
come l'uomo vestito di nero 
con la croce di Cristo sul petto, 
che giudica e uccide col fuoco.
Sono a guardia di Dio,
del suo amore per voi, 
dell' umana sua specie.

Son pasciuti, potenti e arroganti, 
armati di spade, di lance appuntite 
e di libri consunti in latino. 
Hanno Dio, che è con loro, 
tribunali divini e terreni
per uccidere il male con l' uomo. 
Hanno i roghi di secche fascine 
per bruciare quei corpi straziati, 
che l'Inferno non vuole davvero. 

Perchè mai, miei signori e villani, 
gran pretastri e fratoni bugiardi, 
'sì sicuri e orgogliosi a parole 
della fede e del verbo divino... 
Perchè mai, quel terrore mortale
vi congela il sudore sul corpo 
nell'udire quel canto leggero 
ch'è portato veloce dal vento? 

Perchè mai, calde amanti innocenti 
vi temono tanto? 
Perchè mai, dolci spose radiose 
dell'Angelo Nero?

 

 

 

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Il ritorno del Gabbiano Jonathan Livingston

(Tributo a Richard Bach)

 

 

 

Chi sei tu 
che siedi tutta sola sull'alta rupe 
di fronte al re mare in tempesta?
Perchè guardi così lontano, cara sorella?
A chi pensi?
Quali pene nascondi nel cuore?
Mentre plano felice giù da un cielo rabbioso
che si fa sempre più buio,
e mi libro in perfetta armonia con il tempo
spiegando le mie forti ali all'aria gelida,
mi chiedo il motivo di tanta tristezza.
Non piangere sorella,
nessuno sentirà i tuoi singhiozzi qui,
e a nessuno importa se esisti,
tranne, forse, a te stessa.
Non sprecare le tue gocce di perla
per un uomo, per un Dio, per un pensiero...
Non permettere a niente e a nessuno
di distruggere la tua anima:
è così breve ogni "tempo del sogno".
Non ti rendi conto della stupenda bellezza
di questo orribile giorno, cara sorella?
Ascolta l'ululato rabbioso del vento,
guarda le alte onde spumeggianti
che si frangono contro le dure rocce;
odora l'essenza salmastra di quest'aria antica,
e segui il mio volo per un momento...

Forse riuscirai a dimenticare
le tue sciocche pene umane,
pure ombre di Maya,
forse potrai anche sorridere ancora.

 

 

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Fila la lana Berta...

 

 

 

Perchè sciogli i capelli alla luna 
triste dama dagli occhi di mare?
A chi importa se sono più belli 
quando l'astro t'illumina il viso? 

Questa notte silente e stellata 
che t'opprime con tanto splendore
che ti scuote il dolore nel petto, 
non è quella di un giorno lontano. 

Quante notti hai passato al verone 
sospirando, piangendo, pregando? 
Quelle chiome dai riccioli neri 
han già chiari riflessi d'argento. 

Quanti giorni hai contato da allora, 
quando il cuore tuo colmo d'amore 
hai donato anelante al tuo sposo 
che partiva in un giorno d'aprile? 


Fila la lana Berta, 
filala ancora. 
Filala sempre 
finchè non scolora. 

Fila la vita Berta, 
filala bene,. 
filala sempre 
finché lui non viene.
	
Cristo mio bello, Madonna innocente, 
fa che ritorni il mio sposo adorato 
da quella terra più santa d'Oriente, 
prima che il grembo mi sia disseccato. 

			Che nelle notti più fredde d'inverno 
			lui mi riscaldi di baci e d'amore. 
			Se non m'ascolti io prego l'inferno 
			che già mi aspetta, ne sento l'odore. 

Io non ti chiedo ricchezze mondane, 
Dio illuminato, potente Sovrano, 
gioie e rubini, diademi e sottane; 
solo il suo amore m'importa davvero.

			Solo per quello son nata e son viva,
			per esser donna e filare la lana.
			di questa sorte bugiarda e cattiva 
			sono la preda innocente e lontana.
Fila la lana Berta, 
filala ancora. 
Filala sempre 
finchè non scolora. 
Piangi in silenzio, 
tessi quel telo, 
fanne il più bello 
sudario di gelo.
Fila la vita Berta, 
filala bene, 
filala sempre 
finchè lui non viene. 
Tira il rocchetto, 
tiralo forte.
Cuci quel filo 
che scaccia la morte. 

 

 

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