"Nihil credendum, nisi prius intellectum".
"Non si può credere a nulla se prima non lo si è capito".
(Pietro Abelardo)
"Is there another life? Shall I awaken and find all this a dream? There must be, we cannot be created for this sort of suffering."
"C'è un'altra vita? Mi sveglierò per scoprire che tutto questo è un sogno? Ci deve pur essere, non possiamo essere stati creati solo per una simile sofferenza".
(John Keats)
Graffiti di rossetto fucsia
su uno
specchio appannato
del bagno
di
Andrea S. Floriani
Fottuto bastardo
Ho
giocato con la vita a viso aperto,
gettando le mie
fiches su molti tavoli,
ma il banco,
ghignando, ha sempre vinto.
"No more
bets man...
What did you
say?
No,thanks, I'm
non interested in your empty soul;
You'd better
find some dirty cash somewhere
If you wanna
play again!".
Ho
impegnato, svenduto tutto;
non mi resta
più niente da dare,
più niente da
avere.
Non vedrò mai
il bianco faro di Nantucket
tormentato dai
marosi infuriati
al largo del
Massacchussets,
nè camminerò
più trasognato
lungo lo Strand,
fino a Savoy Place.
"It's a
long way to Tipperary,
It's a long way
to go.
It's a long way
to Tipperary,
To the sweetest
girl I know.
Goodbye
Piccadilly,
Goodbye
Leicester square..."
But the sweetest
girl is mine!
Questo
"nobody" me lo può togliere.
Il banco per una
volta si è distratto.
"Fuck-off
bloody bastard!"
Addio alla Regina
...Và anima splendente, lontano da questa terra. Il Dio degli amanti, nella buona e nella cattiva sorte, asciugherà le tue lacrime, terrà stretta la tua mano. Addio a te, stupefacente bellezza, Regina dell'oscurità, sposa dell'azzurro, bianca signora in nero, fanciulla in merletto. Sventure e dolori non ti seguiranno; li custodirò io, nel profondo della mia mente, molto distanti da te fino alla morte.
Governante-bambolina
Fa freddo stasera; penso a te ben vestita e saccente, truccata e precisa. "Governante-bambolina" ti chiama qualcuno.
Fa freddo stasera; penso a te nella grande casa, lontano, ad Arezzo. Come sono i tuoi giorni, le tue ore, i minuti? Fa freddo stasera; penso a te, nei vuoti silenzi del tuo letto di sposa. Quali sono i tuoi sogni? Sono sempre paurosi? Fa freddo stasera; non vedo la pioggia che cade, la sento vibrare nel cuore, gelata, tenace, mortale... mi parla di te. Fa freddo stasera; e la pioggia crudele non tace. Sussurra il tuo nome, ricorda i tuoi baci, le impacciate carezze. Fa freddo stasera, "Governante-bambolina", dormi bene, riposa.
Una lettera dal passato
Cara,
Sto pensando una lettera ancora, mentre guardo la Luna distante brillar fioca nel cielo d'inverno, sopra i salici, i pini e le rose... (...Ti ricordi i tuoi fiori che belli?) Qui da noi gela ancora la notte, e la neve è caduta per giorni, ma domani il tepore è in arrivo con il vento che soffia dal Sud... (...L'ho sentito, non so se sia vero).
Tu che dormi lontano al calduccio nel tuo letto di pizzi e di trine, nella piccola stanza pulita, stai già forse sognando qualcuno... (...Che si prenda più cura di te?). Chi sarà quello scialbo mortale che unirà la sua carne alla tua? Chi può amarti più a lungo di me? Nessun uomo... nè un Dio potrà mai... (...Sopravvivere a te, dolce Kali). Tu sei il male più oscuro del sogno, tutto il bene del corpo che muore, come ho appreso da solo, nel cerchio delle vite vissute più volte... (...già bruciate in un tempo lontano). Molto prima di adesso eri mia, ero tuo, come sola persona, ma volevi l'azzurro del cielo, e t'ho fatto volare da sola... (...Con le ali che avevo nascosto). Sto impazzendo pensandoti ancora; grido e impreco alla notte solenne, mentre spettri di giorni traditi mi dilaniano l'anima e il cuore... (...Con i denti affilati di un lupo).
Cara, mio dolce, tenero amore, Questa lettera bianca è per te, voglio chiuderla senza un lamento: guarda avanti, non piangere mai, scorda i giorni splendenti di un tempo... (...Quando entrambi eravamo più veri) Se negli anni che avanzano lesti sentirai la tristezza di ieri affacciarsi in un brivido oscuro, pensa a me per un attimo ancora... (...Come a un dolce ricordo inventato). Sarò là, nella brezza leggera che ti arruffa i capelli d'argento, che ti sfiora le guance appassite come calda carezza d'amore... (...Qualche volta le fiabe son vere). Sentirai sussurrare nel vento: "Vieni cara, ti aspetto da tanto, non voltarti a scrutare nel buio. Questa vita è più breve di un soffio... (...Ma il mio amore, che è vero, non muore).
Saldi d'Inverno
Ho comprato due nuove camicie, due cravatte sgargianti ai saldi d'Inverno. Trentatrèmila lire ho investito, per sentirmi più giovane e bello, per lei che ritorna. Venerdì, alle ore ventuno la stazione mi vede impaziente, agghindato e pulito, in attesa del treno da Arezzo. Quel musino, quel faccino che adoro, dov'è? La vedo, mi saluta, sorride, mi corre incontro. E' raggiante, mi prende per mano. Mi guarda con occhi ridenti: "Sei bello!" mi dice un po' ansante. "Ma va'... " le rispondo, "... E' la nuova camicia, la cravatta vistosa..." Lei mi stringe e mi bacia, cerca i miei occhi e sussurra: "La camicia non conta, la cravatta nemmeno... sei tu che mi piaci; ti amo!" Ditemi voi per favore, come posso non amare una donna così?
25 maggio 1997 (14,56)
(...Ho scordato di dirti...)
Il tuo musetto pallido, velato da un'ombra amara d'allegria posticcia, si riflette nel vetro opaco del finestrino sigillato della carrozza. Ci salutiamo educatamente, proprio come due vecchi amici, soffocando i nostri sentimenti. Poi, tu appoggi il palmo della piccola mano scarna sul vetro freddo e sporco, mentre io, da fuori, la copro con la mia senza sentirne il calore. Il treno improvvisamente parte, mentre mi guardi ancora con pacata tristezza. "Aspetta, non sono ancora pronto... Ho scordato di dirti..." Il mio urlo, che erompe improvviso dal punto più profondo del mio essere rattrappito, come un orrendo ululato inumano, si perde disperato nel vuoto insondabile dell'amima. Perchè tornare a casa poi? A che serve? Non troverò altro che il solito dannato silenzio, già astutamente in agguato per ricordarmi due brevi giorni, troppo luminosi per essere dimenticati presto. Mi aggiro per la casa come un folle, cercandoti disperatamente: "Dov'è il tuo profumo cara, dov'é? Hai portato via con te anche la tua dolce essenza, l'unico sapore della vita stessa?" "Ci sei stata davvero qui?" Il nostro letto è ancora tiepido e sfatto; Il mozzicone di una tua sigaretta macchiato di rossetto fucsia, langue ancora in mezzo ai miei nel portacenere... Un paio di collant stanno sgocciolando pigramente nel bagno, dove leggo il tuo ultimo messaggio d'amore, scritto frettolosamente sullo specchio sporco: "Non dimenticarmi caro... e abbi cura di te, mio adorato baffo!" Esco di corsa come impazzito sbattendo la porta, e nascondo me stesso in una stanza buia, tentando inutilmente di non ascoltare il suono spietato del tempo, che freddamente continua a rotolare, mentre la tua voce gentile di ragazzina, mi rimbomba nel cranio come un uragano primordiale:
"Non dimenticarmi caro..." "Non dimenticarmi caro..." "Non dimenticarmi caro..." "Non dimenticarmi caro..." "Non dimenticarmi caro..." "Non dimenticarmi caro..."
Che vita è mai la nostra?
Ogni volta che ti rivedo scorgo con trepidazione (e tanto rimpianto) una piccola ruga nuova sul tuo musetto tenero. Tu, noterai qualche capello in meno sulla mia testa bislacca, che continua imperturbabile a macinare sogni astrusi, come se ieri e domani non fossero già un vago ricordo. Se non ti amassi davvero, come solo un vecchio ragazzo può fare, sarebbe tutto molto più semplice: una partita a carte con gli amici (che non ho), qualche donna ogni tanto, giusto per calmare i bollori (basta avere pazienza, lo sai...), un pizzico di televisione, un buon libro di pura evasione... ...E il gioco è fatto. Sì, è vero amore mio, sarebbe una vita da niente; ma che vita è mai la nostra, fatta di mesti addii e di troppo brevi ritorni?
Tu, così inconsapevole e innocente
Un tuo gesto incompiuto ha colmato di grazia ineffabile l'immenso spazio di un attimo. Quanta gioia hai trasmesso (tu, così inconsapevole e innocente) alla mia mente perversa, che avida, assorbe di te come una spugna, anche il più piccolo anelito.
Ti vedo con gli occhi del cuore...
Ti vedo con gli occhi del cuore, così dolce e indifesa, così tenera e mia, così donna e bambina. Con quel viso paffuto, le rughette accennate, e quegli occhi sereni dai bagliori dorati; quel nasino un po' storto, quel sorriso pacato, quella voce gentile, quel carattere mite, quelle gambe sottili che adoro, quel tuo seno piccino da colmare di baci, quelle mani eleganti, laboriose e scarnite con le unghie laccate che spesso rosicchi pensosa. Sei tu amore mio, e sei bella, come mai nessun'altra potrà esserlo ancora. Ti vedo con gli occhi del cuore, come sei veramente, senza filtri sfuocati che ti sfumino il viso. Ti vedo con gli occhi del cuore... ...e mi manchi davvero.
20 gennaio 1997
Penso al tempo che ci resta da vivere. E' poco mio Dio, troppo poco per ridere ancora. Forse venti, trent'anni, di noia, d'affanni, di vita stentata, di sogni mai persi che premono ancora per essere uditi. Penso al tempo che abbiamo vissuto. E' poco mio Dio, troppo poco per dire: mi basta! Sono solo davanti allo schermo; la tastiera mi attende impaziente, vuole ancora che prema i suoi tasti d'avorio per tradurre i pensieri in parole. A che serve? A chi serve? Leggerai queste righe sconnesse ritrovate per caso mentre cerchi tutt'altro, in un giorno lontano nel tempo, frustato dal vento d' autunno, con la pioggia crudele che scroscia, fuori e dentro di te dolce Shakti, nel futuro che adesso mi opprime... Ci saro?
La piccola morte
Voglio riempirmi gli occhi e la mente di te; aspirare il profumo di donna che emani pungente, colmarmi le mani brucianti del piccolo seno d'avorio, baciarti, mangiarti, ingoiarti, lisciarti la carne cedevole delle cosce dischiuse e cangianti, toccarti, leccarti, ferirti, curarti, e adorare quel piccolo fiore, dischiuso e invitante, come fosse per l'ultima volta... ...E poi perdermi in te dolcemente, senza chiudere gli occhi, per fissare il tuo volto radioso, nella mente sconvolta, straziata dal lampo divino, mentre spiri con me con un grido nella piccola morte sublime.
Ed io non saprò mai
Ti guardo mentre dormi; mi piace spiarti, per carpire di te anche il più lieve sospiro. Hai la fronte aggrottata, le labbra contratte. Unespressione di pena stravolge il tuo viso di eterna bambina. Stai sognando? Ti sento distante, staccata, insolente. Cerco il tuo piede, e lo sfrego col mio per donarti calore. Dove sei? Perché dormi? Chi sogni? Mi sento escluso e ti cerco. Scaldo la mano per non svegliarti, e accarezzo il tuo corpo tiepido e liscio. Ti frugo furtivo e ti sfugge un lamento; un gemito languido che mi mette paura. "E se non fossi io?" mi chiedo, " gemeresti comunque?" Una mano è una mano, si sa, ma la mia è la mia, collegata a una mente contorta, al mio Io prepotente. Il tuo sonno distante, così vuoto di me, mi spaventa e mi offende. "Se fossi un altro, saresti sempre la stessa? Potresti ancora dormire tranquilla e serena? Siamo tutti intercambiabili dunque? Fagotti di vita sospinti dal fato, senza un senso compiuto?" Ti volti e mi guardi senza vedermi. "Non dormi?", mi chiedi assonnata, e i tuoi occhi sono troppo languidi per un sogno innocente. Domani non ricorderai davermi parlato, ma quel sogno vivrà dentro di te, ed io non saprò mai
...Fin che giunga la sera
Quante cose lasciate a metà mi restano ancora! Brandelli di vita lacerati dal tempo s'affollano muti. Mattine assolate disperse nel nulla passate a dormire. Meriggi affannati a rincorrere il vento che soffia a ritroso. Il sole più basso, velato di nubi, mi avverte che é l'ora. La sera s'appresta, la notte già incalza, il buio mi aspetta. Mi attende, mi chiama, sussurra parole d'angoscia. Rimpianti, ricordi, speranze, dolori, che senso hanno avuto? Mio piccolo amore, mia tenera sposa dal candido cuore... Tornare al mattino, conoscerti prima, quand'ero un bambino... Vorrei... Per ridere insieme del tempo bugiardo, per dirti "ti amo" per mille e più volte e ripeterlo ancora, per stringerti a me... ...Fin che giunga la sera.
Le cicale di Hvar
"...Eppure era bella la vita...", commento fra me sorridendo. Dei giorni felici il ricordo si stempera lieve in languore, rendendo più amaro il presente, e il riso si smorza, scompare, ritorna l'angoscia brutale che gela di ghiaccio la mente.
Potessi tornare da capo, rifare la strada a ritroso, trovare quei giorni diversi, fermarli nel tempo un istante, riviverli ancora una volta con gli occhi e la mente più aperti, più attenti ai nonnulla importanti sfuggiti in un soffio, svaniti... ...A un sorriso speciale nel buio, non visto, ma entrato nel cuore a Loano una notte di maggio. Mi sembravi un micino randagio, ti sembravo un leone possente. Quell'urlo di guerra s'é perso in un flebile suono, un lamento, ma ricordo d'aver pur ruggito in quei giorni, per te, per averti... ...A una frase banale incompiuta, già scordata all'istante, sfuggita, che chissà, forse attende paziente per finire un discorso importante ch'é sospeso nel vuoto del tempo. ...A quel giorno che sono arrivato da te con la macchina bianca per portarti con me nella vita. M'aspettavi già pronta, serena, con la gioia negli occhi sgranati. M'hai seguito con dolce candore, fiduciosa nel nostro futuro... non sapevi, non potevi sapere... ...A una nube che cambia colore nel cielo bugiardo d'estate, mentre stringo mia moglie vicino quando il sole rotondo e infuocato scende calmo nel mare di Hvar. Le cicale... ricordi quel suono? ...E la grappa di prugne, quei fichi... ...il gommone scassato di Gian che la Bora ha affondato una notte.
...A una sera noiosa d'inverno, col camino che sfrigola piano, mentre guardo il tuo viso assonnato. Avrei voglia di fare l'amore, di abbracciarti, di stringerti forte, di nascondermi in te, nel tuo grembo, di morire per vivere ancora, ma sei stanca, ti lascio dormire... ...A un ritorno da Londra o da Roma, col regalo che ho scelto fra tanti e che ora mi sembra un'inezia. Vorrei fosse un diamante, un rubino, mentre é solo un foulard, un profumo... L'ho comprato pensando al ritorno, al tuo viso innocente di donna, a quegli occhi sinceri che adoro, al tuo amore per me così strano che mi sembra impossibile ancora... ...A un litigio per cose da nulla che mi sono inventato una sera... ...Al tuo pianto sommesso, che aspetta un mio gesto per fare la pace, per stringerti a me in un sospiro... Quei singulti lontani... che gioia!
Homo Sapiens
Cos'é un essere umano?
Un insieme di carne e di sangue,
di muscoli, tendini, ossa,
materia grigia, umori...
di adipe più o meno ben ripartita
dal sapiente dismorfismo sessuale.
Tutto qui?
Da un punto di vista biologico
questo é un assunto approssimato,
ma sufficintemente coerente.
"L'ontogenesi ricapitola la filogenesi"
cita qualsiasi manuale
con colpevole laconicità.
Caspita che paroloni!
Tradotto in soldoni,
significa che il feto,
in quell'utero buio
scelto a caso fra i tanti,
ripercorre le tappe ancestrali
della nostra evoluzione,
da rettili a pesci,
da anfibi a mammiferi.
La definizione dell'uomo
come "Homo Sapiens"
m'ha sempre colpito malamente:
"Homo Ignarus" semmai,
magari "Imperitus",
fors'anche "Imperitissimus",
descriverebbe certo meglio
la nostra pochezza.
Un rozzo computer biologico
del peso di circa un chilo e mezzo,
da 1.500 a 2.000 centimetri cubi,
presiede a tutte le nostre funzioni,
dalle più prosaiche alle più elevate.
Tutto qui?
No, certo...
Il codice binario della vita,
oscuro e trascendente,
prevede la riproduzione
per tutti i viventi;
in vari modi, s'intende.
...E l'Amore?
Non sempre...
E' un puro accidente
non proprio importante.
Un salto dei "quanti"
che illumina il Cosmo
per brevi momenti
nell'abisso del tempo.
La nostra specia antropoide
ha due rozze metà,
fatte di protuberanze ed incavi
utili a generare infelici mortali
che, ancora e per sempre,
useranno malamente
quelle protuberanze e quegli incavi
per ripetere "ad libitum"
lo stesso tragico errore.
Tutto qui?
No, certo...
Se ti guardo negli occhi
non vedo un incavo,
ma un'anima dolce
in un corpo di donna.
Un arcano potente,
insondabile e alieno.
...E la protuberanza,
quel codino animale
così rozzo e avvilente,
"Cui prodest"?
A che serve?
Serve, serve...
Per confondermi in te,
per amarti davvero,
per scordarmi chi sono.
(2 febbraio 1997)
I Wish You Were Here (*)
(Vorrei tu fossi qui)
Non ti voltare...
Colpevoli risuonano i silenzi.
Con mani rabbiose scavo gioie svanite.
Tu che adori ogni mio fare,
che mi vizi e mi vedi un po' folle,
per com'ero una volta...
Sì, folle e allegro, terreno e celeste;
così vedo il nostro amore...
Lo voglio sempre un po' matto,
diverso dagli altri.
Sogni sparsi a casaccio
nel tempo distante:
Anni brevi, fuggiti in un soffio...
Perché é opaco quel cielo?
Se l'Autunno ci attende
non dev'essere triste!
Io lo voglio dorato,
forse un poco rosato...
Sai che amo quei fiori,
quel colore mi dona,
mi fa bella per te,
più di quanto io sia.
Pensarti fa male...
L'han già detto I Pink Floyd
molto meglio di me:
"I Wish you Were Here...".
"Vorrei tu fossi qui...".
Ti amerei follemente
come solo una donna può fare.
Apri il cancello della tua anima...
Entrerò di soppiatto,
senza fare rumore,
per rubare al passato
tutti i nostri momenti più belli,
per donartene ancora.
Niente fiabe scontate,
né ricordei sgualciti,
già usati e consunti.
Vorrei darti ogni giorno
sempre nuove emozioni,
seduzioni sottili ed intense
che tu possa scordare,
per tornare ad amarti ogni volta
con un volto più bello e diverso,
con un corpo più giovane e fresco,
col mio amore...
che é sempre lo stesso.
(7 febbraio 1997)
(*) Da un'idea di mia moglie, Rosanna Riccarda De Fendi, sviluppata da me.
Io (*)
Che ne sai, amore mio caro,
delle mie debolezze,
delle mute paure che gelano dentro,
che mi spezzano il cuore,
delle mie esangui tristezze?
Ai tuoi occhi distratti e dolenti
sono io la più forte...
Non ti chiedi davvero il perché?
Perché mai tanta forza,
tanta bella insensata costanza?
Nascondo il mio debole Io,
lo relégo là in fondo.
Indosso una maschera oscura,
la indosso per gli altri,
per il mondo feroce che azzanna.
Solo in te mi abbandono,
ritrovo me stessa;
un cantuccio sereno di pace
in quel mare in tempesta
che da sempre mi avvolge.
Ma il tempo crudele mi inganna,
che già devo affrettarmi.
Ti lascio il pigiama nel letto,
Indosso la maschera oscura
e riparto nel buio...
(12 febbraio 1997)
(*) Da un'idea di mia moglie, Rosanna Riccarda De Fendi, sviluppata da me.
Continua a lottare (*)
Ricordi un po' frusti,
dolci e tiepidi, scomodi e stretti,
come un vecchio maglione infeltrito dal tempo;
sbiaditi, corrosi, ammuffiti,
mi schiacciano dentro.
Se mi scende una lacrima,
non prendetemi in giro,
non ridete di me...
Io so piangere ancora,
e voi?
Non lasciarti morire
mio tenero amore,
non pensare al dolore,
agli affanni incombenti.
Il domani? Che aspetti!
Prova ancora a sognare...
Non sei solo nel mondo,
sono sempre al tuo fianco,
ti sorrido, non piango più,
mi vedi?
Cos'é la vita, in fondo?
L'hannno detto già in tanti, lo so,
ma sono pronta a ripeterlo ancora:
"E' un teatro... e non sempre si ride;
più spesso é tragedia, tormento,
delirio, scontento, rimpianto,
affanno dei giorni impietosi,
del tempo che scappa crudele...".
Non sei solo, ti aspetto,
dammi la mano e ritorna bambino;
lascia che sia io la tua mamma,
che ti abbracci, ti baci, ti coccoli ancora.
Continua a lottare, ti prego...
Sì, é vero, le catene del male
ci avvingono strette...
le abbiamo da sempre,
fin dal primo vagito,
ma insieme noi siamo più forti,
lo sai...
le potremo spezzare.
Continua a lottare,
fatti forza, ritrova te stesso,
quell'uomo di un giorno di maggio,
quel ragazzo baldanzoso e sincero
che m'é tanto piaciuto e che adoro,
che mi ama, che é mio.
Ti tendo la mano tremante, ti aspetto...
Non lasciarmi qui sola.
Il tuo viso é già vecchio...
Non voglio!
Cosa sono le rughe, gli acciacchi,
l'autunno dei sensi?
La morte é distante,
non la voglio vedere!
Non devi invecchiare,
perché vuoi morire?
E' presto, c'é tempo,
abbi fede...
Continua a lottare, ti prego,
mio splendido amore.
(12 febbraio 1997)
(*) Da un'idea di mia moglie, Rosanna Riccarda De Fendi, sviluppata da me.
Come posso...
Come posso guardarti negli occhi,
che hai limpidi e onesti, amore mio,
come un cucciolo ingenuo e festoso,
quando dentro mi sento sfinito?
Sono morto e sepolto da tempo;
solo tu non ti accorgi di nulla,
e non vedi le ossa sbiancate,
spolpate dai vermi più immondi;
non lo senti quel lezzo dolciastro
che emana il mio karma corroso?
La tua anima buona e gentile,
mai domata dai mali del mondo,
é già pronta per l'ultimo volo,
quello vero, che porta lontano,
là nel tempo infinito e compiuto,
senza un altro ritorno spietato.
Che farò senza te caro amore,
nelle vite future, nel sogno?
Dolce atman, compagna di sempre,
non scordarti di me dove andrai...
...un tuo solo sorriso
può salvarmi per sempre.
(6 febbraio 1998)