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Alberto Parducci è nato a Viareggio (LU) il 23 luglio 1927 vive ed opera in Altopascio(LU) Viale Europa n. 23. Pittore ed incisore fondamentalmente espressionista, collabora con varie case editrici e riviste che si avvalgono della sua opera di appassionato di storia pubblicando illustrazioni e talvolta articoli di argomento militare come "Diana Armi", "Rivista Militare", "Storia-Verità", "Rivista di Cavalleria", "La Tribuna del Collezionista", "I Bersaglieri", "Il Reduce d'Africa", ecc. e numerosi libri anche a carattere enciclopedico. Enti militari, associazioni d'Arma, musei, corpi e reggimenti hanno pubblicato numerose cartoline e calendari storici tratti dai suoi lavori. Sue opere si trovano in prestigiose quadrerie come quelle del Museo Nazionale dell'Arma di Cavalleria (Pinerolo), Museo Storico della Brigata Paracadutisti Folgore (Livorno), Distretto Militare Principale di Milano, Museo Storico del Rgt. "Lancieri di Novara" (5°) (Codroipo), Stato Maggiore Esercito, Museo Storico del Rgt. "Cavalleggeri di Lodi" (15°) (Lenta - Vercelli) del quale ha tracciato anche la storia per immagini dal 1859 ai nostri giorni in 32 tavole contenenti oltre 400 acquarelli monocromi (sanguigne) raccolte in due cartelle, un'opera singolare nel suo genere (tutte questi lavori sono ora custoditi presso il Museo Nazionale dell'Arma di Cavalleria che li ha ereditati dal Reggimento "Lodi" a causa del suo recente scioglimento), Museo Storico del Reggimento "Genova Cavalleria" (3°) (Palmanova), Museo Marchigiano del Risorgimento, Museo Storico della "Piccola Caprera" di Ponti sul Mincio (MN), ecc.. Una nutritissima serie di articoli di critica su quotidiani e periodici italiani e stranieri testimoniano l'intensa attività di questo artista la cui esaustiva fatica si estrinseca anche in una valida pittura di paesaggio, nella ritrattistica e nell'espressionismo. "...Accanto agli schemi ovoidali, a queste spinte istintive vissute non si sa in quale maniera in un retroterra fantastico della memoria, il cui segno, nella sua essenzialità, appare sulla tela per risvegliare ataviche sconosciute sensazioni; si pongono richiami ancestrali, come le statue misteriose dell'Isola di Pasqua, voci che scendono dai "Vangeli", figure di genti antiche, tutti elementi che, scissi o accomunati, trattati come centro o come sfondo, portano le opere di Parducci, pur nella loro veste, in definitiva realistica, verso suggestive astrazioni e profondi significati". (G. Lenzi da "Revisione", aprile 1974). "...Chi per la prima volta si avvicina alle opere di Alberto Parducci rimane sorpreso dalla tematica e dal modo (chiari riferimenti espressionistici) di sviluppare quest'ultima attraverso un fondersi di masse scultoree prive di volto e dalla drammatica gestualità. E' evidente il riferimento all'"Umanesimo" cioè l'uomo perno centrale dell'esistenza terrena. Figure create da una mano che ha in pugno il "segreto" del disegno, figure i cui drappeggi e le cui ombreggiature sono ricche di colore, che hanno radici ben lontane e sono filtrate e riproposte dal Parducci in una dimensione di pittura moderna". (J. G. Manueste, ottobre 1981). "...Incisione, pittura e illustrazione sono i tre campi in cui il discorso di Alberto Parducci procede parallelamente, guidato dallo stesso amore di verità, dalla stessa coscienza responsabile, dallo stesso puntiglio di verifica e di approfondimento verso un fine espressivo che è di volta in volta in rapporto segno-spazio, luce-colore, uomo-natura. Quest'ultimo pertinente alla storia e ai suoi accadimenti razionali circostanziati dal testo. Parducci incisore rivela più chiaramente la matrice toscana che qui si colloca nel primo Quattrocento, nell'antitesi di spazio empirico, di "statua scolpita" e di "statua disegnata". L'agilità e la precisione del segno compiono il miracoloso "artificio" di bloccare la forma, di commisurarla allo spazio, di far coincidere finito e infinito, vitalità ed espansione, "temporaneo ed eterno". Parducci pittore conferma la lezione antica e l'approfondisce. E' impossibile non pensare a Giotto, al luminoso plasticismo degli affreschi di Padova. Anche nei dipinti come nelle incisioni le figure non hanno il volto e questo non per consuetudine stilistica, ma per esigenza espressiva e compositiva. Dalle masse elastiche e pur vibranti, ferme come al vertice della tensione che si propaga nello spazio, emana un significato di religiosità corale. E' come se intorno a quei nuclei di preghiera gravitasse tutto il cielo - oltre l'orizzonte abbassato - e lievitassero la terra, la materia e lo spazio in dimensioni di infinito. Parducci conferma l'eccezionale disponibilità alla tematica religiosa anche quando, come nelle sue più vivide incisioni, il discorso prende avvio da una realtà esistenziale. Gli "scalpellini", "i raccoglitori di olive", "il questuante", non meno del "santo" che come pietra d'angolo, regge le strutture del portico, cioè della chiesa - sono intimamente temi sacri: la sacralità del lavoro, la sacralità della vita". (L. Toesca da "Arte Oggi" 1979 - 1980). Parducci è citato in numerose pubblicazioni d'arte ed ha al suo attivo personali e collettive nelle maggiori città italiane e straniere, consistente è il numero delle sue opere di soggetto paesaggistico ed espressionistico che si trovano presso enti pubblici, musei, collezioni private.
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