2. Cristallografia macromolecolare risolta nel tempo

2.1 Generalità

La diffrazione dei raggi X è da tempo un utile strumento per lo studio della conformazione di molecole allo stato cristallino. Con questa tecnica è stata determinata la struttura tridimensionale di macromolecole biologiche anche molto complesse come enzimi e virus. Fino a pochi anni fa i tempi impiegati per la raccolta di un numero sufficiente di dati di diffrazione da un singolo cristallo era anche di più giorni; questo rendeva impossibile lo studio di meccanismi di reazione in cui è necessaria la determinazione della struttura di intermedi e stati di transizione con tempi di vita spesso compresi nell'intervallo tra il secondo ed i picosecondi.
L'avvento del sincrotrone come sorgente di radiazione X estremamente intensa associata all'impiego di tecniche per la stabilizzazione degli intermedi (variazioni di pH, crioenzimologia, uso di substrati lenti o mutanti meno reattivi) ha consentito l'analisi di questi ultimi, in particolari casi, mediante la diffrazione di un fascio di raggi X monocromatico.
La necessità di avvicinare ulteriormente i tempi di esposizione del cristallo a quelli degli eventi biochimici ha portato alla rivalutazione del metodo di Laue che è attualmente quello principalmente adottato [37, 38, 64, 65, 73] grazie anche all'aumentata capacità elaborativa dei calcolatori impiegati per l'analisi delle immagini di diffrazione. L'uso della radiazione policromatica del sincrotrone (la banda impiegata va in genere da 0.2 a 2.5 Å), assieme a rilevatori altamente sensibili consente oggi la raccolta di un set sufficiente di dati in tempi compresi tra i ns ed i ms utilizzando una serie di impulsi di raggi X. E' stato inoltre dimostrato che anche un solo impulso, della durata di 120 ps, è sufficiente a dare informazioni strutturali utili anche se, con le potenze prodotte dagli attuali sincrotroni, ancora incomplete.
Tra gli aspetti da esaminare prima di affrontare un esperimento di cristallografia macromolecolare risolta nel tempo è essenziale quello della valutazione delle proprietà catalitiche dell'enzima nel cristallo rispetto a quelle dell'enzima in soluzione. Infatti, a causa della diversità delle condizioni impiegate e delle restrizioni imposte dal reticolo cristallino, l'attività biologica nei due stati può essere diversa sotto vari aspetti quali velocità di catalisi e affinità per i substrati [79]. Particolarmente utile a questo scopo si è dimostrata la microspettrofotometria. Questa tecnica consente anche di seguire nel cristallo la cinetica di interconversione tra intermedi otticamente rilevabili e la loro dipendenza da fattori controllabili quali pH, temperatura, presenza di effettori o inibitori. L'individuazione delle condizioni e dei tempi di accumulo di un intermedio è essenziale ai fini di esperimenti di diffrazione dei raggi X. Le immagini di diffrazione che si ottengono sono infatti una somma dei contributi delle strutture di tutte le molecole del cristallo durante il tempo che intercorre tra l'inizio e la fine dell'esposizione. Nonostante si stia cercando di migliorare la capacità di separare l'insieme dei dati nelle varie componenti, attualmente è ancora necessario che una specie sia nettamente predominante nel cristallo per poterne determinare le caratteristiche strutturali. Per poter seguire otticamente la reazione in contemporanea a studi diffrattometrici è stato sviluppato un sistema per l'uso combinato di un apparato per raggi X e di un microspettrofotometro [37, 65].
Un altro elemento cruciale in lavori ad alta risoluzione temporale è l'innesco della reazione. Questo deve essere il più possibile rapido rispetto ai fenomeni analizzati ed uniformemente distribuito nel cristallo in modo da ottenere una buona sincronizzazione dei processi nei vari siti attivi. La diffusione dei substrati nel reticolo cristallino, anche con tecniche di mescolamento rapido, richiede solitamente tempi troppo lunghi e può inoltre creare nello stesso seri effetti di disordine temporaneo. In genere è quindi necessario fare prediffondere i reagenti in condizioni di non attività ed innescare poi la reazione con rapide variazioni di parametri quali pressione o temperatura, oppure per fotoattivazione. Quest'ultima, in particolare per reazioni veloci, è il metodo che offre migliori risultati.
Alcuni caged compounds come caged GTP e DNP-caged Pi sono già stati usati proficuamente in questo contesto. In particolare i derivati benzoinici, per la loro elevata velocità di fotolisi, sembrano offrire buone prospettive. In alternativa all'uso di caged substrati è possibile impiegare un caged enzima. Un esempio di tale approccio è fornito da studi sulla chimotripsina la cui capacità catalitica è stata bloccata legando al sito attivo un gruppo inattivante fotosensibile.
Il flash luminoso determina sempre un riscaldamento con un conseguente aumento di disordine nel cristallo. Questo fenomeno deve essere attentamente valutato sia per quanto riguarda l'aumento assoluto di temperatura, sia per la possibile formazione di gradienti termici nello spessore del cristallo. Moffat et al. hanno compiuto una approfondita analisi del problema, in particolare in riferimento al sistema della proteina gialla fotoattivabile [65]. I tempi necessari alla riequilibrazione termica, valutati in alcuni ms, possono determinare l'impossibilità di ottenere dati chiari negli istanti immediatamente successivi al flash che possono essere di grande importanza per la comprensione del meccanismo della reazione.
Nonostante le interessanti possibilità offerte da questa tecnica, gli studi di cristallografia macromolecolare risolta nel tempo per l'analisi di meccanismi enzimatici sono ancora pochi. Di seguito vengono descritti quelli che fanno uso di caged compounds.

2.2 Glicogeno fosforilasi b

La glicogeno fosforilasi è un enzima piridossal fosfato dipendente che catalizza la fosforilazione del glicogeno per formare glucoso 1-fosfato. In studi cristallografici tesi a delucidarne il meccanismo catalitico si usò in un primo tempo il 1-(2-nitrofenil)etil fosfato. Grazie ai dati ottenuti con radiazione X monocromatica si poté stabilire il sito di legame del caged Pi e la struttura dei prodotti di fotolisi. La reazione del 2-nitrosochetone, sottoprodotto della reazione fotolitica, con i gruppi SH determinava però una modificazione della proteina che poteva causarne l'inattivazione. L'aggiunta di tioli in quantità sufficienti a neutralizzare questo effetto (25 mM come il caged Pi) portava alla rottura del cristallo [37].
Più recentemente è stato impiegato DNP-caged Pi il cui sottoprodotto fotolitico, 3,5-dinitrofenolo, non sembra interagire con l'enzima. Con questo composto, in esperimenti di controllo effettuati utilizzando una sorgente di raggi X monocromatica da laboratorio, il rilascio di una quantità di Pi sufficiente a innescare la reazione catalitica è stato ottenuto con una serie di flash ognuno della durata di 1 ms prodotti da una lampada allo Xe. Utilizzando poi la radiazione del sincrotrone ed il metodo di Laue sono stati ottenuti in tempi molto più brevi set di dati di diffrazione che dovevano consentire un'analisi ad alta risoluzione temporale del passaggio del complesso enzima-substrato a enzima-prodotto. Dall'esame delle mappe di densità elettronica sembra però che, anche dopo un'ora di tempo dal teorico innesco, la reazione non si sia verificata. Secondo gli autori il fatto può essere attribuito ad una scarsa liberazione fotolitica del Pi nelle condizioni usate che erano leggermente diverse rispetto a quelle degli esperimenti condotti in laboratorio [73].

2.3 Ha-ras p21

La proteina p21 è il prodotto del proto-oncogene cellulare Ha-ras e catalizza l'idrolisi del GTP a GDP e Pi. Questa molecola è generalmente ottenuta, sia in soluzione che nel cristallo, come complesso con GTP o GDP in quanto la forma libera è relativamente instabile. La presenza del 1-(2-nitrofenil)etile legato al gruppo g fosforico nel caged GTP non impedisce il legame del nucleotide con l'enzima, interazione che richiede principalmente l'integrità della guanina, ma ne blocca la successiva idrolisi. Il cristallo sul quale si lavora è quindi quello del complesso p21-caged GTP. Il rapporto 1:1 tra le due componenti rende necessario raggiungere elevate percentuali di fotolisi (idealmente il 100%) per innescare la reazione in un numero sufficientemente alto di siti attivi. Questo è stato ottenuto con flash multipli da una lampada allo Xe. Alla rimozione del gruppo di protezione segue l'idrolisi del GTP ad una velocità analoga a quella della reazione in soluzione.
Nei primi esperimenti, in cui veniva utilizzata una miscela dei due stereoisomeri del caged GTP, sono state determinate la struttura dei complessi stabili dell'enzima con caged GTP e GDP per diffrazione di raggi X monocromatici e del complesso a vita breve enzima-GTP con il metodo di Laue [80, 81].
L'uso di uno stereoisomero puro ha comportato un miglioramento della qualità del cristallo che ha permesso la determinazione con tecniche monocromatiche della struttura del complesso caged GTP-enzima con una risoluzione di 1Å. Inoltre i cristalli che si ottengono con la forma mutante Gly 12 Pro sono più ordinati di quelli formati dalla proteina cellulare e quindi più adatti alla diffrazione secondo il metodo di Laue. La cinetica della reazione GTPasica è comunque analoga per le due forme della proteina. In studi recenti in cui è stato impiegato questo modello di diffrazione sono stati raccolti sets di dati in diversi momenti successivi all'innesco fotolitico della reazione. Dall'esame di queste informazioni è possibile descrivere le variazioni strutturali che nell'enzima accompagnano l'idrolisi del GTP [73].

2.4 Chimotripsina

L'inattivazione della chimotripsina, pur nella sua particolarità, rispecchia la strategia generale che sta alla base dei caged compounds. Un inibitore fotodissociabile, il trans-p-dietilammino-o-idrossi-a -metilcinnamato, viene legato al sito attivo dell'enzima. Si ha così la formazione di una caged chimotripsina nella quale è bloccata l'attività catalitica. Per effetto della illuminazione si ha l'isomerizzazione del cinnamato alla forma cis cui fa seguito, mediante una reazione di lattonizzazione, la dissociazione dell'inibitore sotto forma di cumarina e dell'enzima libero. Anche in questo caso, come per il complesso p21-caged GTP, essendo il rapporto tra il gruppo bloccante ed enzima 1:1, l'efficienza fotolitica deve avvicinarsi il più possibile al 100%. Dopo un'accurata definizione della struttura del complesso enzima-inibitore si è cercato di descrivere da un punto di vista cristallografico, oltre che cinetico, i fenomeni di fotoisomerizzazione, deacilazione e formazione dell'enzima libero.
In un primo lavoro la fotolisi era ottenuta per esposizione prolungata (10-30 minuti) alla luce di una lampada ad arco al Hg-Xe [85]. Il cristallo era montato in una cella di flusso che ne consentiva il continuo lavaggio con solvente fresco; questo trattamento sembra migliorarne la resistenza ai danni da radiazioni. I dati cristallografici raccolti prima, durante e dopo la fotolisi, portarono a concludere che si era ottenuta l'isomerizzazione e deacilazione del cinnamato, l'allontanamento dell'inibitore e la comparsa dell'enzima in forma libera.
Studi successivi vennero condotti in presenza del 3-benzil-6-cloro-2-pirone [86], un inibitore in grado di legarsi all'enzima libero, ma non al complesso enzima-cinnamato. Il cristallo era illuminato con un impulso di 1 ms prodotto da una lampada a flash allo Xe per l'attivazione della chimotripsina, mentre la reazione veniva seguita mediante una sequenza di esposizioni, ciascuna della durata di pochi ms, ad un fascio di raggi X policromatici. La qualità delle figure di diffrazione prodotte in questo modo era molto buona; costituiva un'eccezione quella ottenuta contemporaneamente alla fotolisi, che risultava non nitida a causa del temporaneo disordine indotto nel cristallo dall'impulso luminoso. Le strutture cristallografiche derivate dall'analisi di questi dati mostrano la presenza del cinnamato legato covalentemente prima della fotolisi, la formazione dell'enzima libero dopo l'illuminazione del cristallo, e la lenta formazione del complesso con il pirone nelle ore successive.