La disciplina introdotta dalla legge 127/97 costituisce una novità assoluta nella organizzazione degli enti locali e, nel disegno di evidenziazione degli aspetti di autonomia loro assegnati dalla Costituzione , la figura del segretario comunale (e provinciale) esce indubbiamente ridimensionata. Al nuovo ruolo si aggiunge la rinnovata discrezionalità del sindaco (o del presidente della Provincia) in ordine alla scelta del soggetto più idoneo. Le lacune della normativa regolamentare applicativa (D.P.R.. 465/97), evidenti soprattutto con riguardo ai limiti di siffatto potere discrezionale, possono e debbono essere colmate facendo richiamo dei principi costituzionali canonizzati nell’art. 97. Questa norma, che rappresenta il faro cui la stessa attività legislativa deve ispirarsi, prevede quale elemento di garanzia per l’organizzazione della pubblica amministrazione il rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento, elementi che, soli, possono assicurare la democraticità e la partecipazione dei cittadini alla gestione del potere amministrativo.
Nel caso in esame, relativo alla sostituzione ed avvicendamento di un funzionario pubblico, non può ritenersi che il potere del sindaco si traduca in una sorta di arbitrio senza regola né contenuto, atteso il fatto che, proprio il rispetto dei principi di cui all’art. 97 Cost., impone la necessità che il provvedimento di sostituzione sia espressamente e specificamente motivato. Ciò in esplicito richiamo della l. 241/90, a presidio della legalità nell’azione della pubblica amministrazione.
La revoca del segretario comunale: sulla garanzia del giusto procedimento nessun "compromesso" (commento alla sentenza Tar Campania 568/99)
Ad otto anni dall’entrata in vigore della legge sul procedimento amministrativo, il giudice amministrativo è nuovamente chiamato a ribadirne i pilastri valoriali e strutturali che sovente, lungi dal rappresentare dogmi di guida dell’agere pubblicistico, la Pubblica amministrazione mostra ancora di fare fatica a digerire. A voler essere indulgenti, il vessillo (o la croce?) della l. 241/90 appare difficile da innalzare anche dagli amministratori più volenterosi, quando si è costretti ad agire in zone di confine in cui aneliti privatistici e sostrati pubblicistici convivono a stento.
La figura del segretario comunale, come riformata dalla Bassanini-bis, si presenta come emblematica del disagio sofferto dalla classe politica nel conciliare gli entusiasmi della privatizzazione con le garanzie che appaiono irrinunciabili non appena ci si avvede che lo Stato e un’azienda non sono entità sinonimiche.
La normativa predisposta dalla l. 127/97 paga lo scotto dell’imminenza di un referendum abrogativo della figura professionale in esame, che ne ha minato l’assetto, creando discrasie in relazione a molteplici aspetti.
L’ombra del compromesso aveva aleggiato già in sede di approvazione della legge sulla autonomie locali, quando si era trattato di mediare tra chi rimaneva legato all’idea di un funzionario con finalità essenzialmente garantiste e chi aspirava ad una riscrittura di ruoli e funzioni, in accoglimento di istanze autonomistiche sempre più pressanti. In quell’occasione sembrarono prevalere le ragioni della continuità, con un segretario che continuava ad essere definito "funzionario statale", posto al vertice dell’apparato burocratico- esecutivo dell’ente locale e chiamato - tra l’altro - ad esprimere un parere di legittimità sulle proposte di deliberazione da sottoporre all’esame di Giunta e Consiglio.
L’introduzione del sistema di elezione diretta del sindaco e del presidente della Provincia ha posto sul tappeto la necessità di garantire ai vertici politici dei governi locali la possibilità di delineare il volto organizzativo-professionale dell’ente nella maniera più consona agli obiettivi presi di mira, secondo il "patto" stipulato con gli elettori.
Un parziale mutamento di prospettiva è stato realizzato con la l. 549/95, laddove veniva statuito che i provvedimenti di nomina e di revoca del segretario comunale dovessero avvenire d’intesa con il sindaco e il presidente della Provincia.
Ma la portata innovativa (e destabilizzante di un sistema che la l. 142 aveva interamente basato su procedure concorsuali) delle disposizioni da ultimo veniva frenata dal Consiglio di Stato che si pronunciava per la loro non immediata applicabilità.
All’indifferibile esigenza di una ridefinizione dello status di segretario ha inteso fornire risposta la l. 127/97 con una disciplina nuovamente in bilico tra le istanze propugnate dalle associazioni di categoria e quelle avanzate dal mondo delle autonomie locali: il tutto non armonicamente sintetizzato nel maxi-emendamento che sarebbe poi diventato l’art. 17 della suddetta legge.
Il rinnovato statuto funzionale è precisato al comma 68, alla stregua del quale il segretario svolge compiti di collaborazione e di assistenza giuridico-amministrativa a favore degli organi dell’ente locale, assicurando la conformità del loro operato alle leggi, allo statuto e ai regolamenti: nello spirito - della 241 – di un’amministrazione pronta, efficiente, sempre rettamente tenuta sui binari della legalità e del buon andamento.
Il profilo alla luce del quale il ruolo del segretario subisce un innegabile ridimensionamento attiene alle competenze gestionali: laddove la l. 142 gli attribuiva il compito di sovrintendere allo svolgimento delle funzioni dirigenziali e di coordinarne l’attività, la Bassanini-bis gli lascia tali mansioni solo se non si sia provveduto alla nomina di un direttore generale (il city manager), nuovo fulcro della concreta gestione dell’organismo locale.
Nell’attuale formulazione delle norme il segretario non è più definito funzionario statale, ma genericamente pubblico, in rapporto di servizio con un’apposita Agenzia, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, di autonomia organizzativa, contabile, gestionale e in rapporto d’impiego con l’ente locale (Comune o Provincia).
La caratterizzazione in termini quasi polizieschi del preesistente rapporto di dipendenza dal Ministero dell’Interno ha condotto - secondo un trend consolidatosi negli ultimi anni - alla creazione di un’Autorità indipendente: a ben vedere, un’ulteriore soluzione di compromesso tra chi postulava la necessità di ricondurre il segretario nella piena disponibilità del Comune e chi riteneva indispensabile garantirne una posizione di relativa autonomia, presupposto di indipendenza e imparzialità.
Ma il capitolo di maggiore novità il legislatore del 1997 lo ha scritto quando ne ha regolamentato il sistema di nomina e revoca.
La disciplina previgente (R.D. 1953/1928, l.604/62 e normativa successiva) contemplava il potere di nomina in capo al Prefetto che attingeva ai ruoli provinciali (per i Comuni minori) e al Ministro dell’Interno che lo sceglieva dai ruoli nazionali (per i Comuni più grandi e le Province).
Il nuovo statuto elettivo pare presentarsi in termini di assoluta armonia con il rafforzamento del ruolo monocratico del sindaco/presidente della Provincia quale propugnato nelle più recenti sortite normative, ma svela il più aperto dei contenuti compromissori, non difficilmente rilevabile tra le maglie dell’intero fenomeno della privatizzazione: il nodo di fondo è rappresentato dalla conciliabilità di una mentalità e una struttura di tipo privatistico con un’organizzazione di mezzi e persone deputati al perseguimento di finalità pubblicistici.
Se l’accoglimento di prassi operative di stampo aziendalistico si pone come strumentale ad un potenziamento della macchina pubblica in termini di funzionalità, efficienza e solerzia, non raramente i suoi ingranaggi mostrano di incepparsi di fronte a situazioni dai contorni ibridi e dagli assetti inevitabilmente incerti.
L’esigenza di fissare un limite alla libera gestibilità di un procedimento che resta amministativo è chiaramente avvertita dal giudice amministrativo nella pronuncia in commento, dominata dall’intento di contenere l’effetto dirompente delle novità legislative negli argini del giusto procedimento ex l. 241/90.
Il segretario comunale in carica veniva rimosso e invitato a rilasciare la stanza assegnata al nuovo funzionario, senza avere comunicazione dell’inizio del procedimento e senza che il provvedimento di mancata conferma recasse un corredo motivazionale su cui proficuamente innestare una fase di verifica e contestazione. Da qui le censure di violazione di legge (art. 17 l. 127/97; art. 15, 6°c., D.P.R. 465/97), eccesso e sviamento di potere, difetto di motivazione.
Il Tar Campania assorbe anche la doglianza secondo la quale il provvedimento sindacale sarebbe stato adottato oltre il termine perentorio di 120 giorni dal regolamento 465/97, argomentando l’accoglimento del ricorso sulla mancata ottemperanza agli adempimenti procedurali imposti dalla l. 241/90.
L’art. 17 l. 127/97 individua nell’organismo di vertice dell’ente locale il soggetto demandato a nominare (e a revocare) il segretario comunale, il D.P.R. 465/97 delinea le cadenze procedimentali, ma da nessun elemento del contesto normativo è legittimo arguire la previsione di un potere discrezionale assoluto, incondizionato, di civilistica configurazione.
È’ opinione consolidata che i soggetti pubblici siano titolari di attribuzioni funzionalizzate e non già libere (passaggio dalla nozione di potere a quella di funzione), di tal ché la latitudine dell’apprezzamento discrezionale cui gli organi elettivi sono indubbiamente autorizzati non vale a sottrarre le loro determinazioni al sindacato di conformità al complesso di norme e principi che forgiano l’ordinamento amministrativo (giurisprudenza concorde; tra gli altri, C.d.S., IV, n. 684 del 7 giugno 1996).
Senza considerare che la nozione di discrezionalità è intimamente legata, in quanto potere-obbligo, a quella di responsabilizzazione, nel caso di specie politica, provenendo dalla stessa posizione -mandato elettivo – che gli amministratori ricoprono.
In prima linea nell’ottica di un’azione amministrativa imparziale e trasparente, l’obbligo di motivazione.
Anzi, è possibile sostenere che quanto più l’operato dei pubblici poteri è connotato da spazi di autodeterminazione , tanto più ineludibile si manifesta la necessità di dare contezza dell’iter decisionale seguito, altrimenti sottratto ad ogni verifica di legittimità.
La motivazione, che consente di trasformare il provvedimento amministrativo da parto dell’agire imperscrutabile della P.A. a ragionevole e sindacabile deliberazione volitiva, nel caso sottoposto all’esame del giudice amministrativo è assente, moncando la decisione sindacale di un fondamentale requisito di legittimità.
"Il procedimento amministrativo: questo sconosciuto" ha affermato qualche commentatore nel rilevare sconsolato come l’insegnamento (diremmo: le imposizioni della 241) in tema di motivazione, responsabile del procedimento, comunicazione del suo avvio e della sua conclusione sia stato ridotto, nella prima, tormentata fase di operatività delle nuove procedure di nomina, a "ciarpame inutile e dannoso".
All’origine delle disfunzioni del sistema è probabilmente da collocare un malinteso rapporto tra una funzione assegnata intuitu personae ed una funzione che era e resta pubblica.
Non è consentito svincolare la nomina e la revoca del segretario comunale dal rispetto della legge sul procedimento amministrativo, e ancor prima dell’art. 97 Cost., senza pagare come prezzo quello di una subdola sottordinazione - psicologica, se non propriamente gerarchica - del funzionario rispetto all’organo politico.
Se è vero che il consulente generale dell’azione amministrativa locale deve godere della fiducia del sindaco o del presidente della Provincia è anche da precisare come si tratti di una fiducia professionale, che non può relegare il primo all’inaccettabile ruolo di "palo" del secondo. Del resto, se il legislatore avesse inteso sfrondare l’atto di nomina e di revoca da ogni vincolo pubblicistico, per aprilo ad una più ampia libertà, lo avrebbe disposto espressamente come ha fatto per il direttore generale.
Quello che è sovente definito il notaio dell’ente territoriale non può che godere di una posizione immune da condizionamenti e influenze che rischierebbero di guidarne l’azione in direzioni diverse dal dettato di legge, scienza e coscienza.
Tutt’altro che secondario appare poi rilevare come la revoca sia costruita dal comma 71 dell’art. 17 legge Bassanini come provvedimento sanzionatorio, per violazione dei doveri d’ufficio. Non sono, infatti, stati accolte proposte di emendamento volte ad ammettere la rimozione anche in ipotesi di compromissione del rapporto funzionale con il capo dell’amministrazione locale. Anche da altro versante, dunque, emerge la necessità di un pregnante coinvolgimento del dipendente nel procedimento che lo riguarda.
E la scure dei magistrati amministrativi non ha tardato ad abbattersi sui politici che hanno mostrato di confondere discrezionalità ed arbitrio.
La sentenza in esame si iscrive in un complesso di pronunce divenute vieppiù numerose, dapprima sotto forma di ordinanze dei Tar e del Consiglio di Stato favorevoli alla reintegrazione dei segretari, fino alla prima statuizione definitiva di merito del Tar Friuli-Venezia Giulia, datata 20 novembre 1998.
Anche alle decisioni dei giudici appare sottesa un’ottica di compromesso, quasi nell’intento di controbilanciare la recente opzione di privatistica fattura con l’obbligo di rispettare le norme sul procedimento.
Su quest’ultimo punto nessun cedimento: è già così difficile accettare un sistema in cui nomina e revoca del controllante spettano al controllato.
ANNA SANNINO