Certamente Django, che aveva mani e
dita lunghe e robuste, faceva uso del pollice per alcune note
Basse sulla VI e la V corda ( il Mi e il La), anche se in realtà
non appare del tutto evidente dalle rare fotografie che lo vedono
in azione, e probabilmente a volte anche sulla quarta (il Re). Lindice
e il medio rappresentano un esempio sbalorditivo di coordinazione
e precisione esecutiva (l'intonazione e il tempo sono sempre
perfettissimi) e considerati gli assoli spesso vertiginosi, è
difficile comprendere come siano stati realizzati alcuni passaggi
con l'ausilio di due sole dita. Per quanto riguarda la
realizzazione degli accordi e nelle micidiali serie di "ottave",
avevano un parziale utilizzo anche le due dita lese. E' evidente,
(e non può essere altrimenti) che Django riusciva a poggiare
l'anulare e il mignolo sui tasti delle prime due corde (il Mi e
il Si). Infatti le parti ritmiche non sembrano strutturate
armonicamente solo su semplici triadi; inoltre è probabile che
in caso di necessità, con le due dita "buone"
riuscisse a schiacciare con ogni polpastrello, due corde
contemporaneamente. Per quanto riguarda il volume sonoro, cosa
molto importante, in un periodo dove era necessario farsi sentire
senza amplificazione, Django, non si risparmiava nel calibro e
nella conseguente tensione delle corde, e nelle esecuzioni era
aiutato enormemente dal suo fisico; sentite un po' cosa riferisce
Grappelli: "Django era forte come un cavallo; aveva le
braccia e i polsi che erano almeno in doppio dei miei, ed era
costretto a cambiare spesso la chitarra, perché dopo circa sei
mesi di utilizzo si formavano dei buchi nella cassa. Questo a
dimostrazione dell'enorme energia che metteva nelle esecuzioni".
Gli stessi plettri utilizzati erano durissimi. Paradossalmente
forse proprio questo stato di cose ha fatto la fortuna di Django,
in quanto gli garantiva, complici anche le caratteristiche
soniche della Maccaferri, un vibrato intensissimo (a tutt'oggi
inarrivato e a quanto pare inarrivabile) e per quanto riguarda la
personalizzazione delle diteggiature, ladozione di
soluzione armoniche avanzate (un utilizzo del tutto naturale
delle quinte delle seste, delle none e delle undicesime,
anche nella forma diminuita o eccedente) inusuali per i
chitarristi dellepoca. Non bisogna però tralasciare la
cosa più importante, e cioè il genio creativo inarrivabile di
Reinhardt, la sua fervida fantasia, nonché la
straordinaria capacità di tradurre allistante senza alcun
errore o accademismo, (alla faccia di chi oggi organizza seminari
per insegnare !? l'improvvisazione) i pensieri in musica. Perché
alla fine non è solo questione di tecnica e velocità, ma è la
"qualità" delle note e la bellezza delle frasi a fare
la differenza, e riguardo a questo, ogni virtuosismo di Django
non è mai fine a sé stesso. Un assolo su tutti, quale esempio
tra gli innumerevoli che rivelano il talento di Reinhardt nella
sua compiutezza, è quello del brano "I Saw Star" nella
versione del '34 (non si rammentano altre esecuzioni di tale
qualità allepoca in ambito chitarristico); in questa
occasione viene realizzato quello che può essere preso d'esempio
da ogni chitarrista, come "il perfetto assolo di chitarra".
La stessa trascrizione può essere un'ottima sfida per qualsiasi
musicista.
Nell'archivio potete trovare lo
spartito (restaurato alla meglio) di "Echoes of Spain", "solo guitar"
minimale che potete trovare tra gli altri su Classics 813 -The
Chronological 1939-40, (giudizio complessivo del CD, tre
stellette e 1/2 su quattro, con i primi quattro brani della
raccolta fantastici!). In questo caso non ci sono difficoltà
terribili, e ognuno può personalizzare a piacere le diteggiature.
Per il resto ci sentiamo nelle prossime puntate, e mi raccomando
.....divertitevi!