Cattedrali di cristallo.
-LIII-
Mi risvegliai in un mattino pieno di sole e dei piaceri della campagna; passeggiai lì intorno, fino alle cascine, fra i montoni al pascolo e il pollame starnazzante. Mi feci dare delle uova freschissime, e ritornai nella mia torre per prepararmi al mio strumento.
Bruno e Halil erano già andati a far prove per il loro concerto pomeridiano; la chiesa era nel villaggio, a circa un chilometro dal castello, salendo quasi impercettibilmente di un centinaio di metri più in alto. Verso mezzogiorno volli visitarla, e arrivai quando avevano già finito di provare.
Era un edificio medioevale tutto in pietra, di grande fascino e semplicità, con il cimitero tutt'intorno, luogo gentile, dolce, di meditazione e preghiera. Intorno, il paese era molto piccolo, e conservava il suo aspetto antico e campagnolo di serena umiltà e amore per la pietra, il legno, il mattone, e l'ardesia per i tetti più preziosi.
L'interno aveva una navata piuttosto lunga, che finiva in un'abside illuminata solo da destra, dov'era un'aggiunta forse tardo medievale, con una grande vetrata chiara. La poca profondità di quell'abside faceva sì che la pianta dell'ambiente fosse quasi ad "L" capovolta, e non era facile scegliere il punto giusto per approfittare della miglior acustica.
Il concerto di quel pomeriggio si sarebbe svolto all'Altare, ma sapevo che il cantante si sarebbe mosso, passeggiando in lungo e in largo nello spazio fra le due ali della chiesa, e per questo l'organista aveva predisposto un complesso gioco di altoparlanti per la sua tastiera elettronica, disponendo la diffusione del suono in diversi punti alle spalle, sopra e di fronte al pubblico. Quanto alla Glassharmonica, la particolarità di quel suono era tale che poteva essere accettato e goduto in qualsiasi condizione di riverbero, anche se eccessivo.
Non era così per il mio concerto: non per quel che io volevo dare col mio violoncello. Io avevo bisogno di raggiungere con chiarezza l'ascolto del mio pubblico, rendendo perfettamente intelligibili le frasi musicali, gli accenti, le sfumature del discorso, i gesti; la qualità del suono, o del timbro del suono, non poteva bastarmi. Era necessaria la migliore percettibilità della "voce" del violoncello, e anche della mia, perché avrei parlato, raccontato, spiegato quelle musiche di Popper e Piatti che avevo scelto di eseguire.
Provai e cercai l'acustica, quindi, per quasi tre ore, poi andai a riposare, e alle cinque della sera ero di nuovo nella chiesa, per il concerto di "Arie Sacre e Profane".
C'era moltissimo pubblico, tanto da dover aggiungere sedie un po' ovunque. Era gente generalmente di mezz'età, molti venivano dalla regione parigina, o da Troyes e Sens, le due città più vicine. Paul era già arrivato da alcune ore, ed ora lo salutavo, insieme a sua moglie. Era in abiti civili, e portava con fierezza ed eleganza le sue onorificenze e decorazioni sul petto.
Presi posto lontano da loro, che stavano al posto d'onore in prima fila, scusandomi con lo spiegare che avevo desiderio di scoprire l'acustica della chiesa riempita col pubblico, ascoltando da qualche punto più o meno alla metà della navata più lunga.
Puntualissimo, il concerto ebbe inizio. La gente applaudì, con lo sguardo un po' alla scena e un po' al foglietto col programma: avremmo ascoltato anche la celebre "Scena della pazzia", dalla "Lucia di Lammermoor", di Donizetti, con l'accompagnamento originale per Glassharmonica, ma nella riduzione da camera, con la parte del pianoforte registrata e con la sovrapposizione degli interventi corali tratta da una registrazione dal vivo all'Opéra di Parigi; poi un famoso Rondò di Reichard con quintetto d'archi, anch'esso suonato dalla Glassharmonica "insieme" al playback del quintetto registrato su nastro magnetico; poi Haendel, Arie dal "Messia", dall' "Ariodante", dal "Rinaldo", e brani di Mozart, e autori minori tedeschi, come Johann Gottlieb Naumann, o David August von Apell, con una Cantata: "Il Trionfo della Musica", a tre voci, due in playback e una dal vivo, ma tutte cantate da Halil, e poi ancora Haendel, con l'Aria "Ombra mai fu" dal Xerses, un "Panis Angelicus" di Cesar Franck, e infine una composizione sacra scritta proprio da Bruno per Halil: "Sanctus Spiritus".
Cominciò Bruno da solo, con un Adagio di Mozart eseguito alla Glassharmonica: i cristalli subito riempirono la chiesa di suoni impalpabili, angelici, soprannaturali. Quel lungo cono coricato di coppe di cristallo finissimo sembrava una sorta di grande favo trasparente, o un bruco, bizzarro, lucido, sul quale scivolavano delicatissime le dita, carezzando, muovendosi quasi impercettibilmente. Era uno strano rituale d'amore, quel suo suonare sfiorando con le dita aperte e leggere, senza danza, senza gesto, solo comandando e dominando con l'imposizione delle mani quella sensibilissima schiena lievemente ondulata e curva, divisa in alcuni anelli dorati ad asimmetriche distanze fra loro.
Bruno lo carezzava, e quel curioso essere sembrava rispondere come la schiena d'un gatto, inarcandosi, emettendo energia, col suo maestro di cerimonia a controllarla, a trattenerla, mentre il suono sembrava venire da altrove, ovunque lì intorno, senza direzioni, come magicamente evocato.
La melodia scorreva solenne, e la sua maestosa semplicità faceva sì che infinite altre melodie si ascoltassero intersecarsi a quella, si generassero senza sosta infinite diverse soluzioni del suo contrappunto, tutte cantando la loro perfezione; e tutte irradiavano da quel punto invisibile, sul pulsare lento degli accordi dei bassi, come viole appena sfiorate da mani trasparenti, mentre flauti angelici sembravano fluttuare lì intorno, e incorporei clarini sollevavano frasi di sublime commozione, stringendo, allargando, indugiando in cromatismi dolcissimi fra un Si bemolle e un Fa maggiore.
L'incantata visione di una Cattedrale di cristallo pian piano prendeva forma, ammaliava, fermava il tempo con i suoi meccanismi di ruote, leve, perni, orologi perfettamente sincroni nell'eternità dei loro cerchi su cerchi rotanti. Ed ecco, alle mie spalle, drammatico e potente, irrompere l'accordo di Do minore, ribattere dal pulpito all'abside, ricadere tremendo, sulla scena del suo ingresso, in preda alla pazzia del dolore, gli occhi già persi nell'allucinazione fatale: «Il dolce suono mi colpì di sua voce...», sperduta, indifesa voce... la "Scena della pazzia" di Donizetti, il grande bergamasco...
«...Ah, quella voce m'è qui nel cor... discesa... Edgardo io ti son resa, Edgardo, Edgardo mio... sì, ti son resa! fuggita io son dai tuoi nemici...» ...Ma quelle note erano artigli che mi penetravano nelle carni! Quella voce potentissima di eunuco, afrodisiaca, sovrumana, mi gridava nell'anima, straziava il velo della mia pelle, rimbombava terribile nei miei timpani! Quel suono! «...serpeggia nel sen... trema ogni fibra, vacilla il piè... » Una vertigine mi rapiva a me stesso, mi scagliava con violenza nell'ebbrezza d'una droga orientale, in volute insinuose di fumi spessi, d'incenso, d'oppio, di voluttà senz'ordine, senza dignità, perfida malìa tellurica! Ecco: il tema dell'amore, spezzato, violato dalla visione della follia! Le grida di orrore! «...tremendo fantasma!... il fantasma! ...separa...», vento furioso di diabolici cromatismi, ombre, larve sfuggenti, quella risata nella solitudine, nel caos dei sensi... una luce!... «Un'armonia celeste, dì, non ascolti? Ah, l'inno suona di nozze... il rito per noi s'appresta, ah me felice!...oh,gioia che si sente... e non si dice...» Oh, struggente violino di carne e di sangue, sali, sali ancora più in alto, ancora!
L'armonia ora è dolce, suadente, tutto intorno si muove eccitato il tenero desiderio, delicato passo di amante verso l'amata... «Ardon l'incensi, splendon le sacre faci, splendon lì intorno... Ecco il ministro! Porgimi la destra... oh lieto giorno! o lieto...» si strappa ancora il velo, si rompe l'incantesimo... no, si riprende «Alfin son tua! alfin sei mio... a me ti dona, a me ti dona un dio... ogni piacer più grato... da te... del ciel clemente un riso, la vita a noi sarà...», stringersi al petto dell'amore, avvolgersi nell'abbraccio, tenere labbra, dolcissima pelle! dolci dita vivaci! ...Una danza, un valzer leggero, sospeso a mezz'aria, volteggiante nello spazio amico... un vocalizzo spezzato... eccole: sensibili che non risolvono! la voce si cristallizza nei cristalli sonori, attrito orribile di vetro su vetro infranto, sangue a lubrificare il molle corpo traslucido di quel vibrante lombrico di ghiaccio!!
Silenzi! Sospensioni... Silenzi di terrore! «Spargi d'amaro pianto il mio terrestre velo, mentre lassù nel cielo io pregherò per te... per me... per te...», affonda! «giunger tua soltanto... o sì... o sì», batte, rompe, penetra e affonda! «per me... o sì... per te», becco spietato di rapace, che affonda e lacera, strappa, devasta! Il fuoco! Il fragore degli applausi! La gente in piedi! Le bocche spalancate! Un tuono, un terremoto tremendo, un'eruzione di fiamme e furia!!
Ma un violoncello ora canta proprio dalla mia sinistra... un Rondò così dolce, così cullante. Non puoi più liberartene, vuoi portarlo per sempre con te! Ah, infinitamente semplice: carica gli occhi di lacrime di tenerezza, e riflettono luci divine! L'innocenza di quel tema... quell'eterno ritornare della melodia, la malinconia fatale, sul pulsare dei violini, sul basso che ti lega profondamente alla terra; lo struggente Minore, come un Recitativo imprigionato in quel Rondò, come una domanda senza risposta... e ancora l'ebbrezza del canto, suono incatenato al mio cuore: profonda voce di violoncello evocato da onde magnetiche, lassù, appese alle colonne, alle travi, alle architetture più soavi del piacere.
E ancora il fragore violento dell'applauso, e l'Organo grandioso, maestoso, ciclopico, muovere in passo di solenne mestizia, portare una densa melodia di pianto e rabbia, in affannato singhiozzare, in terzine a rotolare, lente, sui quattro implacabili passi dolorosi: «Scherza infida...», e poi in lunghi, patetici ritardi, il grido, l'accusa: «...io tradito, a morte in braccio, per tua colpa, ora m'en vò...», e ancora l'armonia cambiare in cruda, straziata dal furore, sulla sincope concitata: «...Ma a spezzar l'indegno laccio, ombra mesta e spirto ignudo, per tua pena, io tornerò!...», e tornare, ripetere, abbandonarsi... «Scherza infida... a morte in braccio... per tua colpa...», e la morte avanzare, nei quattro tremendi passi, nell'intensità di ogni ritardo armonico, in nostalgia profonda, in pianto eterno, in eterna attesa... e poi l'applauso! Lacerante! Devastante!
Quelle voci nuovamente! In strascicato incedere di Sarabanda... «Lascia... ch'io pianga...» ...gemevano... «la cruda... sorte...» ...rapivano il mio cuore, «e che... sospiri...» l'imprigionavano in lacci indissolubili... «la libertà...», legavano la mia anima!... «e che sospiri...» cristallizzavano il mio sangue!... «e che sospiri...» congelavano il mio pensiero!... «la libertà» ...in una musica che era solo più chiusa dentro di me!
Dio! Il silenzio atroce della morte! La paura, lo sgomento!
Fragore, ancora intorno a me... il Rondò dell'applauso... sfinito... inebriato di senso... ecco tornare il suono incorporeo del cristallo... una seconda minore ascendente, poi una quarta discendente: lunghe note lugubri, severe... e da destra viene un'arpa con accordi antichi, come citara nel Tempio, risonante tra le volute e le colonne, nei vani e sui gradini di pietra... una melodia soave, ascende nobilissima nel suo passo tranquillo, come sollevando l'offerta votiva all'altare... «Non temer, alma mortale...», la voce si sdoppia, si triplica... sono angeli altissimi e severi che incedono cantando... «Tua beata ora fatale...», tutto il corpo sente sollevarsi quel coro... «Sprezza pur l'orror di morte...» Armonie serene! Elevazione così lieve! «Non ti sgomentare almen...», sali, anima mia, involati ora! Sì... «Ecco che vicino all'uomo...», ogni peso è abbandonato, perso... «Già la palma del perdono...» Lasciatemi, liberatemi a questa musica! «Con celesti e lievi canti...», angeli miei, scendete al mio cuore! «Essa ai rai, beata vien...», presto, ora salite! «Vai, del Paradiso in sen...», oh, divina consolazione! grazia celeste! vera libertà! «Non temer l'ora mortale...» lasciate che anch'io m'incammini... «Non ti sgomentare almen...», oh, elevarsi! Sì, vivrò ancora!... «Sprezza pur l'orror di morte...», vivrò nella luce... No: non fermate questo inno di pace! «Ecco che vicino all'uomo... Già la palma del perdono...» Cantatelo, suonatelo ancora! «Sta sicura, in fondo a me... Or tu avrai più, viva sorte... Sprezza pur l'orror di morte... Vai del, Paradiso in sen...» ...Dio, che succede?! «Essa avrai beata vien... Porta a coglier raggi, santi... Con celesti e lievi, canti... Non ti, sgomentare almen... In beata, tua fatale... Non temer alma, immortale...» Basta!... ora basta! Smettete! «Ecco che, vicino all'uomo... Già, la palma di perdono...» Fermate! «T'assicura il fondo, a me... Essa, avrai beata, vien...» Interrompete! Non continuate! Tacete! Tacete!! È IMPAZZITA! C'è altro intorno, stanno suonando altre cose! C'è un organo ancora... Panis... Panis Angelicus... ma è sinistro... è lugubre... è FOLLE! Che succede ancora? Cosa sono queste armonie? ...Panis mirabilis... manducat Dominus... è un organetto da fiera... Pauper... Servus... et humilis... No... no, ora sono le immense canne del Grande Organo, ora... Ave Maria... Gratia plena... fructus... ventris... sono canne gigantesche, sono rette da angeli oscuri, ora... Sancta Maria... Portis nostræ... Jesu... Amen... Amen... sono ance dissonanti... ci sono campanelli da quell'angolo! si sentono mormorii diabolici... Portis... Jesu... Amen... c'è un accordo basso, molto basso, fluttuante... Jesu... Amen... è un coro gregoriano?... bassi profondi, come suoni di metalli grezzi... Portis... Amen... copresenze di voci opposte... è diabolico! Jesu... Amen... i suoni roteano nella chiesa!... Portis... Amen... vertiginosi... Jesu... Amen... sono plutonici accordi di bassi... Portis... Amèn! Amèn!... roteano intorno a gorgoglii magmatici... fructus... fructus... Jesu... ventris... si liquefano in fischi acutissimi... oooh... Amèn!... ventris... fructus... la voce si moltiplica ovunque... Je vous salue, Marie... Marie... assenza di direzioni, di dimensioni... ventris... Amen... gridolini, piccole risa dietro le colonne... Oh, Maria... suono di un orgasmo genitale... Sancta... Sancta... sinuosa... vagina... ventris tui... caverna risonante... l'eco, l'eco satanico... fructus... dulce... fructus... oh, Mariæ... suono immerso... liquida atmosfera di luce violacea... Oh, Sancta, Sancta... si moltiplica! si deforma ancora! ...fructus ventris... mostruoso serpente scivoloso... appaiono ovunque... si vedono! ...Sancta, Sancta, oh!... fructus... Sono dappertutto! Sulle colonne, sull'altare! ...fructus... fructus... oh! ventris... ventris... colano in bave viscide, dense, lente... sono già caduti sulle spalle della gente ipnotizzata... Amèn!... io mi guardo tutto intorno... è terrore: vedo solo sguardi vuoti! congelati nel vuoto! È pazzesco!! ...voulez vous m'aimer? Je suis Sancta, Sancta Maria... No! Io mi alzo in piedi, io mi giro a guardare in tutte le direzioni, e nessuno mi vede! È terrificante! ...plena, plena ventris: sancta, oh, oui... sancta... Maledetti! maledetti tutti!! Che succede? Tutti gli occhi sono vuoti! È un incubo mostruoso! È un incantesimo folle! Sono impazzito io, o... cosa succede? Tutto il pubblico è congelato! ...ventris Mariæ... Amèn! Fermate quel rito perverso! ...Je vous salue... Fate tacere questi altoparlanti! Bloccateli! Toglietegli l'energia! ...Sancta, oh, oui, Santissima... Sanctissima!... No, non è possibile: tutto continua nell'indifferenza, è orrendo! è demoniaco! ...c'est lui! ...Marie... Amèn! ...oh, oui, je suis Sancta... Sancta... e io non posso urlare? Perché? ...in ventris... ventris! Sono davvero impazzito?! Perché non posso urlare? ...Maria!... Aiuto! Aiuto! Aiutatemi!!
Il tuono! La deflagrazione spaventosa!! ...È l'APPLAUSO!... È la gente che applaude! È tutta in piedi! Applaude a ritmo, adesso! Dio! le mie orecchie! Tutto che rimbomba... Sembrano tutti mostruosi automi meccanici! No! Non questo! Perché? Perché?! Che ci sta succedendo?! Guardate! È il ghigno di LUCIFERO vincente!! È lui!! È il suo volto livido!!!
-LIV- Restavo seduto sulla panca, solo, immobile; tutto intorno il pubblico era in piedi, batteva ritmicamente, violentemente le mani con sguardo serio, teso; tutti gli occhi fissi sull'altare. Mi sentivo un burattino di legno... un patetico Pinocchio, accasciato sulla sedia... col suo ridicolo naso che s'allunga e s'accorcia... ero là incredulo, senza più forze, disperato... là in mezzo... là di fronte alla pazzia...
Paul si alzò, andò a stringere le mani dei solisti; era suo dovere. Ed era suo dovere pure fare un discorso alla fine di ogni concerto del quindici agosto, ogni anno.
«Signori, e Signore, onorevoli convenuti; questo ingrato compito che mi spetta, a volte è più duro di altre... cosa posso dire, di un concerto come questo?
Siamo stati rapiti! A distanze siderali, là dove non c'è parola per descrivere... ed io interrompo questo incantesimo, solo perché dovrei farvi il mio discorso ufficiale, così come vuole, così com'è nella nostra tradizione? Ma questi suoni celesti, azzurri... d'un azzurro che forse saprei descrivere... ma... poi là mi dovrei fermare... a una mera descrizione... solo a quel colore... Quell'azzurro ci ha raggiunti, scovati, penetrati, ha rapito le nostre anime... ha fatto ciò con l'aiuto delle armonie celestiali...
So quel che ho visto: una sottilissima, quasi invisibile Cattedrale di cristalli si è sovrapposta a questa nostra antica chiesa di campagna, così modesta, così semplice; l'ha rivestita, inglobata, l'ha... come vi posso dire... l'ha congelata e sommersa, inghiottita... una Cattedrale cristallizzata!...
M'è sembrato di vederla ovunque, sul mondo intero... e qui, su questi muri di povera pietra, eppure così santa... santa di secoli di preghiera, di speranza, di consolazione; pietra tagliata nel dolore, con la sofferenza, per accogliere la parola di consolazione, conservarla col rispetto e con l'amore... e mi sembrava di veder crescere su questi vecchi muri -sacri muri che hanno vibrato con le voci della gente semplice, imploranti pietà, inneggianti alla grandezza e bontà di Dio- mi sembrava di veder crescere, moltiplicarsi un'infinità di fiori di cristallo, luci di cristallo, voci di cristallo... quale fragile incanto, eppure illusione potente, terribile!
Ho visto tutto questo, e ho chiesto perdono... perdono alla Vergine Madre, alla Dolce Madre perfetta... Questa è "la musica"? È la consolazione del perdono?
Oh, no: essa è ben altro, perché il perdono è solo di Dio!...
Ma è la musica ad elevarci a quel silenzio, là dove Dio attende di poter parlare al nostro cuore. E dunque la musica è la consolazione di sapere che esiste un luogo raggiungibile, possibile alla percezione dei nostri sensi, in cui quel silenzio ci è ancora dato... in questo mondo ancora tragicamente violentato dal demonio delle ingiustizie, dell'ignoranza, della barbarie! In questo mondo che non ha ancora imparato ad amare... la MUSICA è qui con noi, ad insegnarci la grammatica dell'amore... se solo sappiamo ancora ascoltare... cosa ascoltare...
Amici, quel freddo momento che ci attende, la musica ci ha detto di non temerlo. Quell'orrore che giorno dopo giorno nascondiamo alle nostre coscienze, la musica ci invita a guardarlo senza sgomento. E quei suoni che rendono così lieve il nostro animo, salgono alla luce... ma il mondo intorno a noi batte sulla grancassa delle vanità, soffia nelle trombe dissonanti della guerra e della violenza assurda e folle, s'inebria d'illusioni tecnologicamente perfezionate!!
Amici, non rendiamo la grandezza della musica solo un'altra potente illusione di benessere mondano! Restituiamole la sua grandezza non nell'essere dispensatrice di perdono, bensì maestra di pace e armonia, sublime modello, calco amoroso della divina volontà d'amore!
Non so dire altro... con questi pensieri nel cuore, io devo ringraziare i nostri formidabili artisti, per l'incanto che ci hanno offerto, sapendo bene di interpretare così il sentimento di tutto il pubblico di questo Santo Edificio. Li ringrazio e li invito a credere, sempre, nella forza pura dell'Armonia che ci ha formati, e che ci protegge con amore di Madre per i suoi figli...
In questo giorno dedicato alla Vergine Maria, io invito altresì tutti i presenti, coloro che credono e coloro che si limitano al rispetto delle religioni, a compiere per il cielo e per il mondo un atto d'umiltà, un pensiero di speranza, un gesto d'amore. È negli atti, nei pensieri e nei gesti di ogni essere al mondo, il potere di cambiare l'umanità, verso l'amore e la pace! Perdonate la confusione del mio vecchio cuore... scusate le mie troppe parole... Un sentito grazie per i nostri artisti... un applauso ancora!»
Quell'applauso esplose verso gli artisti, seppellendo le ultime parole dell'imbarazzato Paul, che tornava alle mani tese della sua dolce compagna di vita e di preghiera. Li ritrovai fuori, nel giardino del cimitero, soli, mentre il pubblico si accalcava allo stretto cancelletto per uscire in strada. L'abbraccio del mio amico fu un abbraccio di padre dolcissimo e giusto, senza parole, ma con la forza straordinaria, luminosa della compassione. In quel momento mi sembrava che io e lui fossimo gli ultimi uomini antichi rimasti sulla terra.