TEXTURA
Ogni mattina ognuno di noi si sveglia, esce di casa e si immerge nella
sua quotidianità, andandosi ad intrecciare nella fitta rete di
vite che ogni giorno si sfiorano senza sapere luna dellesistenza
dellaltra.
Una massa, un organismo enorme si spande restando immobile, come un oceano,
chiuso in una vasca, in cui ogni onda si muove con velocità frenetica
per raggiungere un obbiettivo, un punto di arrivo che in realtà
è sempre identico a quello di partenza. Ma tutte le mattine questonda,
un atomo di fronte alla grandezza della massa, si metterà al volante
pronta a scontrarsi in un clinàmen con migliaia di altre vite,
semplicemente perché deve.
Questo è il prezzo da pagare nellepoca della tecnica, questa
è la vita che facciamo tutti noi, e in questa atmosfera il movimento
è un tarlo così presente da far sembrare tutto immobile,
come uno stallo che raggiunge il parossismo e ci si insedia dentro, non
permettendoci di essere altro che parte anonima della società.
Pirandello denunciò questo fenomeno quando era ancora agli albori
del suo processo, e disse che in quel momento, quando usciamo di casa,
non siamo altri che uno, nessuno e centomila. E forse lo siamo più
per noi che per gli altri: infatti la società ci costringe, avendoci
fatto perdere unidentità, a mostrare un io creato a seconda
delle circostanze, divenendo centomila persone diverse per centomila problemi
che ci si pongono.
Ma è davvero questa lunica soluzione? Quale dignità
possiamo sperare di avere se ci comportiamo così, sopportando tutta
la vita il peso delle nostre maschere? Secondo me la via è ben
diversa.
Pascal diceva che luomo è lessere più indifeso
che esiste, e non serve che la natura intera si unisca per distruggerlo,
ma basta anche un alito, un solo accenno della sua potenza lo può
uccidere. Ma egli sarà sempre infinite volte più grande
della natura stessa, poiché ha la consapevolezza della sua infima
condizione, mentre la natura non ne sa niente. Ecco ciò che dobbiamo
riacquistare, la consapevolezza. La tecnologia ci ha reso macchine programmate
al suo servizio, e ogni giorno i mass media non fanno altro che farcelo
dimenticare. Ma dobbiamo avere il coraggio di guardare la nostra vita
come lunica cosa di cui siamo veramente padroni, e plasmare le circostanze
in nostro favore, non mutarci a seconda di esse. Certo, come direbbe Voltaire,
"dobbiamo coltivare il nostro orto", poiché la vita è
di certo la sfida più grande che un uomo può porsi. Ma secondo
me, in fondo ne vale la pena.
Daniele.
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