L’Emiro Feruz
una meditazione musicale di:
Claudio Ronco
L’Emiro uzbeco Muhammad Rahim Bahadur Khan II, che regnò dal 1864 al 1910, era poeta –e dunque, secondo le tradizioni più antiche, anche musicista– con lo pseudonimo di Feruz. In ogni caso si apprende, da approfondite ricerche sulla tradizione musicale uzbeca, che il livello più elevato di espressione poetico-musicale non era raggiunto grazie alla fluidità della frase musicale o alla naturalezza del “respiro” del musicista, bensì attraverso l’atto di trattenere il fiato, e la conseguente sospensione del suono. La musica è un’arte fondata sull’alternanza: ciò avviene in molti modi, quali l’alternanza delle consonanze e delle dissonanze armoniche, o tra le pulsazioni musicali forti e quelle deboli, ma soprattutto bisogna osservare che la musica stessa è un’espressione d’arte situata più o meno in un luogo di mezzo, in bilico tra il concreto e l’astratto, tra il significato e la funzione o l’assenza dell’uno o dell’altra, rimpiazzati a loro volta da una soddisfazione irrazionale alternata a una soddisfazione razionalizzata da certi elementi stilistici o estetici… insomma… detto in breve: l’espressione della musica, se si osserva bene, è prodotta a tutti gli effetti dall’incontro di due mondi opposti che si alternano producendo un flusso di vibrazioni, ancor più che dalle vibrazioni sonore dell’aria, di cui si deve servire per poter essere ascoltata… Si dice, in effetti, che la dialettica musicale sia in fin dei conti una dialettica tra il mondo fisico e quello metafisico, tra il corpo e l’anima. E quindi possiamo ben immaginare certi musicisti sull’isola galleggiante dell’Emiro Feruz, i quali durante parecchi cicli di respirazione non avevano ottenuto altro risultato che riempirsi i polmoni d’aria fresca (piuttosto che espellere quel fiato in direzione di qualche piacere poetico-musicale), quegli uomini che restavano ben incollati al terreno, al corpo fisico, al controllo razionale della loro posizione nel mondo –con tutto che il mondo, di fatto, è null’altro che una fragile isola galleggiante nell’immenso lago dell’universo sconosciuto–, ebbene, dicevo, quegli uomini finivano in acqua per imparare a concepire il sentimento dell’eterno, per intravedere l’assoluto, fosse pure a rischio di morirne! E dunque una tale sospensione del fiato non era soltanto l’artifizio di un’arte destinata al piacere di un Re amante della buona musica, poiché si tratta in effetti di riconoscervi l’impronta del grande mistero dell’arte musicale di tutte le epoche e di tutte le culture, vale a dire il mistero che spinge l’uomo a proteggere e conservare un’idea artistica, o un oggetto dell’arte, come una cosa che chiamerà “classica”, attribuendole certe fondamentali, precise qualità: l’immortalità, l’intemporalità, l’invariabilità, l’insostituibilità… in una parola: essa deve essere ETERNA. Per l’uomo, il soffio è possibile grazie all’alternanza dell’inspirazione e dell’espirazione, del prendere e del donare, del ricevere e dell’offrire; potremmo dire ancora: dell’alternanza di vita e morte attraverso la linea continua del tempo, dove il passato e il futuro si perdono tanto al di là della nostra visione quanto della nostra immaginazione. Ebbene, almeno per certi sapienti orientali, era il solo modo per attivare delle energie sottili e modificare così lo stato di coscienza, al fine di ottenerne uno sguardo sull’ al di là della vita fisica, del tempo e dello spazio. Dunque uno sguardo verso ciò che si è chiamato Dio, ineffabile ed eterno. Al riguardo, Jurabek Nabiev, sapiente maestro di musica uzbeco, diceva: “La Musica nasce dalla Musica”, ciò a dire che ogni aria proviene da un’altra aria, così come ogni essere umano nasce da un altro.
Claudio Ronco |
immagini:
Dipinto
di Bichitr, ca. 1620, raffigurante l'imperatore Moghul Jahangir sul
trono,
mostrante preferenza per un umile Mullah, anziché per il Sultano
della Turchia e per Giacomo I d'Inghilterra.
Dagherrotipo di ignoto Rajà indiano.
musica:
tradizionale uzbeca, da Jean During.
(cliccare sul Rajà per il downoad del file MP3)
©claudioronco2006