BURUNDI
Le
attuali frontiere del territorio burundese, fissate in seguito alla
colonizzazione, esistevano già ben prima di questa; i confini, come li
conosciamo oggi, risalgono al XIX secolo.
Le
frontiere burundesi hanno come caratteristica il fatto di coincidere con
dei limiti naturali costituiti in particolare dai laghi e i corsi
d’acqua. Ad ovest il lago Tanganyika, vero “mare interno”, inserito
tra due grandi barriere montagnose riceve da nord le acque del fiume
Rusizi. A nord del paese, il fiume Kanyaru e i laghi Cohoha e Rweru
giocano lo stesso ruolo di frontiere naturali; a sud e’ il fiume
Malagarazi a segnare il confine.
Per
ciò che riguarda la conformazione geografica, il Burundi viene, a giusta
ragione, chiamato “il paese dalle mille colline”; i rilievi sono
estremamente variegati e cosparsi di una moltitudine di corsi d’acqua,
dei quali la maggioranza ha la sorgente sulla cresta Congo-Nilo, linea di
divisione delle acque tra il bacino del Congo e quello del Nilo.
Assetto
politico amministrativo
Nome
ufficiale: Repubblica del Burundi
Indipendenza:
1° luglio 1962
Capitale:
Bujumbura
Governo
presidenziale giunto al potere con un colpo di stato il 25 luglio 1996
Lingue
ufficiali: Kirundi e Francese; il Kiswaili e l’inglese sono diffuse
Amministrativamente
il Burundi è suddiviso (decreto del 24 settembre 1982) in 15 Province
e 114 Comuni ripartiti in zone e colline (unità dell’organizzazione
amministrativa decentrata).
Dati
demografici (Africa Review 1997)
Popolazione,
1995: 6,4 milioni d’abitanti
Tasso di crescita della popolazione, 1995: 2.8%
Densità, 1995: 229,7 abitanti per Kmq
Speranza di vita alla nascita: 50.2
Tasso di mortalità infantile: 102 per 1000
Tasso d’alfabetizzazione: 32,9%
Il
Burundi precoloniale è poco conosciuto. Pare che la dinastia burundese
risalga alla fine del XVII sec. Dopo Cristo.
Risalendo
all’origine delle popolazioni che hanno occupato il territorio burundese,
sembrerebbe che il paese sia stato prima di tutto abitato dai Twa,
cacciatori e artigiani apparentati ai Pigmei dello Zaire. Gli Hutu,
agricoltori Bantù originari delle regioni dell’Africa centrale,
sarebbero arrivati in seguito impossessandosi delle terre coltivabili. Il
paese avrebbe quindi conosciuto una vasta invasione, quella dei Tutsi,
pastori nilo-etiopici venuti dall’Africa orientale.
Tuttavia
questa tesi dell’invasione Tutsi solleva molti dubbi e polemiche.
Secondo le statistiche risalenti al periodo coloniale belga, gli Hutu sono
di molto più numerosi dei Tutsi e i Twa una netta minoranza, quadro che
corrisponde a quello di oggi.
In
mancanza di documentazione scritta o di elementi archeologici, la storia
burundese può essere ricostruita tramite le leggende, i canti e i
proverbi popolari. Ora, in loro non si trova alcuna traccia di ostilità o
guerre tra le diverse etnie. Le uniche lotte risultano quelle che
opponevano i principi rivali.
Risulta
che il primo assassinio politico del Burundi moderno fu quello del
Principe Rwagasore nel 1961.
I
colonizzatori europei trovarono un Burundi politicamente e socialmente
organizzato in maniera simile degli stati feudali del loro continente.
Prima i tedeschi poi i belgi basarono il loro potere sulla struttura
socio-politica esistente. I Tutsi rimangono sempre la maggioranza
nell’amministrazione coloniale.
L’indipendenza
del Burundi avviene il 1 luglio 1962 ed è guidata dal principe Rwagasore.
Sebbene sia stato ucciso il 13 ottobre 1961, nel 1959 aveva creato
clandestinamente il partito UPRONA (Unione per il Progresso Nazionale).
Il
periodo monarchico dura dal ‘62 al ‘66, con tre capi di stato, sei
governi e un pluripartitismo tollerato.
Nel 1965 vi è un
tentativo di colpo di stato che, sebbene non riesca, fa fuggire
definitivamente il re all’estero.
Il 28 novembre 1966
segna la fine ufficiale della monarchia, che avviene senza spargimenti di
sangue: il re è deposto e la Repubblica proclamata. Il governo è sciolto
e il suo posto è preso dal Colonnello Micombero, ex primo ministro, e il
suo Comitato Nazionale di Rivoluzione, composto esclusivamente da
militari. Questo rimarrà alla guida del paese per un mese in attesa che
si formi il primo governo repubblicano con lo stesso Micombero Presidente
della Repubblica. L’UPRONA, partito misto anche se in maggioranza Tutsi,
nonostante grandi cambiamenti di linea politica, resiste al cambiamento
tra monarchia e Repubblica e resta partito al potere.
Il giovane re deposto
Ntare V resta in esilio dal 1966 al 1972. A fine marzo ‘72 avviene il
(misterioso) tentativo di rientro dell’ex-re in Burundi, che finisce
prima imprigionato poi ucciso il 30 aprile. Durante questo mese di
prigionia scoppia l’”affare Ntare V”, concernente la decisione sul
cosa fare del re. Su questo punto il governo si scioglie il 28 aprile
1972, a questo seguono odio e massacri etnici in tutto il paese e
l’esecuzione dell’ex-sovrano.
La storia repubblicana
burundese è troppo recente e controversa per poter essere riassunta
brevemente e chiaramente.
Nel ‘74 è formata,
tramite decreto presidenziale, una commissione al fine di scrivere una
nuova Costituzione, che è scritta e approvata in pochi mesi, sancendo
l’UPRONA partito di stato.
Il 1 novembre 1976 un
gruppo di giovani ufficiali, con a capo il Colonnello Bagaza, Tutsi e
ex-alleato di Micombero, assume il potere senza spargimenti di sangue. La
Costituzione del ‘74 è sospesa e Bagaza diventa lui stesso Presidente
della 2ª Repubblica, che, con gli anni, prende sempre più i caratteri di
una dittatura.
Il 3 settembre 1987,
mentre Bagaza si trova in Canada per un summit sulla francofonia, è
destituito da una giunta militare. Inizia le 3ª Repubblica guidata dal
Maggiore Pierre Buyoya, segnata da uno scoppio di violenza a base etnica
nel 1988.
Le elezioni del ‘93
portano per la prima volta al potere un presidente Hutu, Ndadaye, che dura
però pochi mesi. Il suo assassinio segna un nuovo inizio di massacri e
violenza, una vera e propria guerra civile che continua fino ad oggi. Nel
‘96 il Maggiore Buyoya riprende il potere con un colpo di Stato, non
riconosciuto dai paesi della subregione, Tanzania in testa, che impongono
l’embargo sul Burundi. La guerra civile continua sulle colline opponendo
l’esercito regolare burundese (a maggioranza Tutsi) e il FDD (Fronte di
Difesa della Democrazia) il braccio armato del CNDD (Consiglio Nazionale
di Difesa della Democrazia) partito a maggioranza Hutu non riconosciuto in
Burundi.
Dal colpo di stato del 1996 a fine gennaio 1999, il Burundi é soggetto a un
embargo da parte della comunità internazionale.
Dal luglio 1996 ad oggi il Presidente del Burundi é il Maggiore Pierre
Buyoya, arrivato al potere con un colpo di stato. A partire da fine 1998
il maggior Buyoya sta più o meno lentamente e difficoltosamente gestendo
due processi: le discussioni d’Arusha sulla pace e la transizione verso
un sitema democratico.
1.
All’estero, le sessioni ad Arusha in Tanzania, che dovrebbero
portare ad un accordo e conseguente firma della pace.
Le discussioni d’Arusha, finanziate principalmente dalla Comunità
Europea, sono organizzate in 5 commissioni, in cui si dibattono diversi
temi (d’attrito) concernenti la vita politica del paese.
Oltre ai lavori in commissione esistono degli incontri “informali” tra
le diverse parti in gioco (tali incontri si svolgono principalmente a
Dar-es-Salaam, in Tanzania).
La Tanzania ha ricoperto fin dall’inizio un ruolo
fondamentale nel processo di pace interburundese. Prima di tutto, il
mediatore dei pourparler di
Arusha, fino a fine 1999 (fino alla sua morte) é stato Nyerere,
ex-presidente della Tanzania.
La Tanzania, inoltre, ospita la maggior parte dei rifugiati burundesi, il
cui numero totale é valutato a più di 561.200 persone (dati UNHCR maggio
2000).
La Tanzania non é stata mai percepita dai burundesi come super partes nel
conflitto burundese: é stata vista come uno dei promotori dell’embargo,
i campi profughi tanzaniani sono considerati la base della ribellione,
ecc.
In questo senso Arusha é sempre stata molto lontana dal popolo burundese.
Dopo la morte di Nyerere il già agonizzante processo di pace ha conosciuto
una fase di stallo, caratterizzata inoltre da un notevole peggioramento
della sicurezza interna al paese. Cio’ non implica necessariamente una
connessione diretta tra le due cose; in realtà la recrudescenza della
guerra in alcune zone del Burundi (regione sud-ovest) é dovuta a vari
elementi concomitanti legati prioritariamente alla situazione economica e
politica interna.
Il 2000 si apre con la nomina di un nuovo mediatore della pace
interburundese: il presidente Mandela. Le sue intenzioni sono quelle di
velocizzare il processo di pace (ora pare possibile arrivare ad una firma
dell’accordo entro la fine dell’anno) facendo in modo che tutte le
parti in conflitto partecipino alle discussioni e si incontrino. Mandela
é anche determinato ad avvicinare Arusha a Bujumbura, e quindi
all’opinione pubblica burundese: il 28 aprile, per la prima volta, un
mediatore della pace interburundese, ha messo piede in Burundi; si é
trattato di una prima visita veloce che sarà probabilmente seguita da
altre. Per arrivare ad un accordo, ancora alcuni punti restano
estremamente problematici: maggiore coinvolgimento del popolo burundese
alle trattative di pace; avvenire dei gruppi armati; leadership e gestione
della transizione; smantellamento dei campi di raggruppamento; rifugiati;
questione della terra; cessazione reale delle ostilità.
Non bisogna inoltre dimenticare che il Burundi é un piccolo paese inserito
in una zona instabile. Ovviamente sulla pace interburundese giocano un
ruolo fondamentale le influenze e gli avvenimenti degli altri paesi
dell’area dei grandi laghi, in particolare RDC, Rwanda e Uganda.
-
All’interno del
paese, una lenta politica di transizione verso la democrazia.
Il maggiore Pierre Buyoya ha iniziato nell’estate 1998 una politica di
transizione chiamata “partenariat” che apre il governo a membri
dell’opposizione e crea due nuove figure di vicepresidenti, uno Tutsi e
l’altro Hutu. E’ soprattutto questa nuova apertura politica che porta
alla sospensione dell’embargo sul Burundi il 23 gennaio 1999.
Il processo di transizione, che dura ormai da due anni e tuttora in atto,
deve fare i conti con gli estremismi (numerosi in Burundi) che minacciano
i fragili equilibri politici.
Di seguito alcune questioni e avvenimenti chiave nella vita politica del
Burundi degli ultimi mesi:
-
Il paese sta conoscendo una crisi economica molto importante: tra
il cambio ufficiale e al nero c’é una differenza quasi del doppio, le
casse statali sono ormai a zero e il livello di corruzione é scandaloso
come non mai. Senza contare che la crisi economica aumenta le disparità
tra la stragrande maggioranza della popolazione non solo rurale, ma anche
cittadina e i pochissimi ricchi che vivono sulla corruzione e il cambio al
nero. La ripresa della cooperazione bilaterale e multilaterale é vista
come condizione sine qua non per la ripresa economica del paese.
-
A partire da inizio ottobre ’99 é in atto nella Provincia di
Bujumbura Rural, limitrofa alla capitale, una politica militare di
raggruppamento sistematico della popolazione che coinvolge oggi più di
350.000 persone. I campi di raggruppamento sono caratterizzati da una
scarsissima libertà di movimento delle persone che ci vivono, un
difficile (a volte impossibile) accesso, per ragioni geografiche e di
sicurezza, una grossa carenza di servizi di base (centri di salute,
scuole, punti d’acque potabile, ecc.).
-
Dal 12 Ottobre 1999, in seguito all’assassinio di due funzionari
ONU durante una visita ufficiale a un campo di deplacés, tutte le agenzie
delle Nazioni Unite hanno dichiarato il Burundi “paese in fase 4”,
hanno conseguentemente bloccato tutte le attività (e i progetti)
sull’intero territorio burundese e hanno evacuato più del 50% del loro
personale espatriato. Solo a fine aprile 2000, dopo più di 6 mesi, le
Nazioni Unite hanno almeno parzialmente tolto la fase 4 riaprendo alcuni
dei progetti sospesi.
Dal 1996, anno del colpo di stato, tutti gli aiuti bilaterali e
multilaterali al Burundi sono stati bloccati. La ripresa della
cooperazione é stata per lungo tempo legata alla firma della pace.
La politica di sviluppo del paese é dunque limitata alla base da
un’assenza totale di fondi.
La priorità resta comunque quella della ricostruzione. In realtà questo
principio é semplice solo in apparenza: per un paese dilaniato da ormai
molti anni da una guerra etnica, parlare di ricostruzione implica porre
questioni chiave come quella della convivenza multietnica e della
ricostituzione del tessuto sociale.
Il Burundi é caratterizzato da un habitat sociale fatto di nuclei familiari
dispersi, i tradizionali “rugo”, che vivono principalmente di
agricoltura e allevamento. In seguito alla guerra la maggioranza della
popolazione si é spostata, più o meno volontariamente, in campi, sia
all’estero (rifugiati) che all’interno (déplacés).
Soprattutto per cio’ che riguarda i déplacés
interni (oggi circa 800.000) e in particolare in alcune province più
problematiche, si fa sempre più chiara una volontà di reinstallare la
popolazione in villaggi piuttosto che farla rientrare sulle colline nelle
terre abitate prima della crisi.
Questa politica di villagizzazione in Burundi é molto dibattuta e le
opinioni estremamente contrastanti. Il problema fondamentale sta nel
vedere se cio’ rispecchia la volontà della popolazione burundese.
Per cio’ che riguarda la ripresa della cooperazione in Burundi, il suo
legame diretto con la firma degli accordi di pace sembra oggi un po’ più
debole.
La Banca Mondiale é stata la prima a riattivare gli aiuti, sbloccando,
nell’aprile del 2000, 35.000.000 di dollari, principalmente per la
salute e l’educazione di base e in parte per la ricostruzione. Una
commissione tecnica co-gestisce l’utilizzo dei fondi.
La Commissione Europea sta riaprendo con dei programmi FED.
Altre varie cooperazioni bilaterali stanno valutando i termini
dell’appoggio al Burundi.
Per cio’ che riguarda l’Italia, la cooperazione italiana, sotto la DG14,
non ha mai cessato di lavorare in Burundi.
Il GVC é in Burundi dal 1995. Ha cominciato con un progetto di sviluppo
integrato (salute, acqua e sostegno alle comunità di base) nella
Provincia di Bujumbura Rurale finanziato dalla Commissione Europea (DG
VIII).
Con il peggioramento della situazione del paese e
il conseguente blocco della cooperazione, il GVC ha cercato, nei limiti
del possibile, di dare una certa continuità al suo intervento nel
contesto d’urgenza del post colpo di stato. Da un lato il progetto di
sviluppo é andato avanti, sebbene abbia subito qualche cambiamento e
rallentamento, e ha permesso al GVC di mantenere in vita alcune attività
e legami di carattere sociale (crediti rotativi, partenariato e sostegno
ad associazioni di base, ecc.).
D’altro lato nuovi interventi d’urgenza sono cominciati nel settore
della salute primaria e della nutrizione. In questo caso il GVC ha sempre
mantenuto la sua partnership tradizionale e principale con il Ministero
della Salute burundese. I progetti d’urgenza consistono nel sostegno di
Centri di Salute e Nutrizionali Pubblici, in cui i concetti di
sostenibilità e non-sostituzione dell’ONG alla partner statale sono
ritenuti di primaria importanza, ancor più oggi in cui ci si trova nel
momento cerniera tra urgenza e sviluppo.
Il GVC lavora:
-
nei quartieri popolari della capitale (Bujumbura) in appoggio ad
associazioni femminili di base;
-
nella Provincia di Bujumbura Rurale, limitrofa alla capitale e una
delle zone ancora più colpite dal conflitto e da condizioni di sicurezza
estremamente instabili. In questa area le attività sono principalmente
nei settori sanitario e nutrizionale, sebbene alcuni piccoli progetti di
sviluppo con associazioni di base diano buoni risultati a dispetto
dell’instabilità dal punto di vista sicurezza.
Il GVC sta cominciando un intervento sanitario, sempre in partnership con il
Ministero della Salute, nelle Provincia di Kirundo, nel nord-est del
paese, ove la sicurezza regna ormai da qualche anno e attività più
propriamente di sviluppo sono possibili.
Il Gvc collabora con i seguenti partner:
Raggruppa
500 donne col fine di favorire la pace, i diritti umani e lo sviluppo dei
quartieri nord di Bujumbura.
Lavorano
nei quartieri periferici della Capitale;
conducono
piccole imprese e cooperative per attività di agricoltura, artigianato e
commercio; organizzano corsi di formazione e alfabetizzazione per le donne
locali.
Promuove
la convivenza pacifica delle etnie nel rispetto dei diritti umani, creando
cooperative agricole, artigianali e commerciali; organizzando corsi di
formazione professionale; promovendo attività di educazione e ricreazione
per i bambini e i giovani che vivono nei campi per rifugiati e sostenendo
il sistema scolastico della zona di Magara.
Lavora
per migliorare il sistema giudiziario attraverso attività di pressione
sulle istituzioni.
Svolge
un’attività di monitoraggio volta a garantire la giusta possibilità di
difesa ai detenuti, ad impedire gli arresti arbitrari e la tortura e a
migliorare le condizioni detentive.
Sensibilizza
la società civile burundese sull’importanza del rispetto dei diritti
umani.
Rappresenta
piu’ di 500 agricoltori della zona di Mubimbi.
Organizza
corsi di formazione sulla gestione sostenibile delle risorse naturali.
Promuove
la produzione agricola e silvicola, a cui si affiancano piccole attività
artigianali e di commercializzazione.
Ha permesso il recupero della connessione stradale con la capitale, dopo gli
anni di inutilizzo e di abbandono durante la guerra.
Progetti in corso:
-
“Progetto d’urgenza in appoggio al sistema
sanitario/nutrizionale e alla popolazione déplacée
della provincia di Bujumbura Rurale - Burundi”, finanziato da ECHO (European
Community Humanitarian Office).
-
“Costruzione e gestione del Centro Nutrizionale Terapeutico di
Gatumba per la cura della malnutrizione infantile grave”, finanziato da
OFDA-USAID.
-
“Costruzione di una scuola elementere nel quartiere di Kinama –
Bujumbura capitale”, finanziamento Regione-Liguria e fondi GVC.
-
“Fornitura di farmaci e materiale medico a 17 centri di salute
della Provincia di Bujumbura Rurale”, finanziamento Lux Development.
-
“Sostegno in viveri ai programmi di supplementazione e terapia
nutrizionale nella provincia di Bujumbura Rurale”, finanziamento UNICEF.
-
“Campagna di vaccinazione nei campi di déplacés della provincia
di Bujumbura Rurale”, finanziamento UNICEF.
-
“Distibuzione di razioni familiari alle famiglie dei bambini
malnutriti di Bujumbura Rurale”, finanziamento Programma Alimentare
Mondiale.
-
“Distribuzione di sementi e strumenti agricoli alla popolazione
bisognosa della provincia di Bujumbura Rurale”, finanziamento FAO.
-
“Sostegno alle associazioni locali di base di Bujumbura
Rurale”, finanziamento fondi GVC e solidarietà.
-
“Sostegno all’associazione femminile di base
Abaniki, quartiere Kinama, Bujumbura capitale”, finanzamento fondi GVC e solidarietà.
-
Personale espatriato:
Capo missione; coordinatore medico; amministratore; 3 infermieri; 2 logisti.
Per un totale di 8 persone.
-
Personale locale:
180 persone di cui la maggioranza sono infermieri e nutrizionisti.
|