MACEDONIA
La Repubblica della Macedonia
del 2000, a seguito del recente conflitto in Kosovo, è fulcro di nuovi
cambiamenti che delineeranno nell’immediato futuro la struttura
geo-socio-politica dell’area balcanica. Essa è divenuta in pochi mesi
come la possibile area di proseguimento del conflitto balcano-albanese,
dove l’intrusione in forze della missione NATO non ha facilitato la
riconciliazione, ma provocato al contrario l’inasprimento delle
posizioni.
Il desiderio della politica
albanese, che chiede lo smembramento dalla Serbia e la completa autonomia
non solo del Kosovo, ma anche di parte del sud della Serbia, ha provocato
compiacimento anche in Macedonia dove il partito politico albanese al
governo è divenuto l’ago della bilancia con notevole potere
contrattuale sui due partiti macedoni, con i quali spartisce la direzione
del paese.
La classe politica macedone,
visibilmente sotto l’influenza del potere politico internazionale, è
allo sbando. Dilaga la corruzione, mentre aumentano disoccupazione e
povertà.
Non dotata né di sbocco sul
mare né di concrete possibilità di sviluppo agricolo ed industriale, la
Macedonia è sicuramente lo stato della vecchia Federazione Yugoslava che
ha sofferto maggiormente dell’ingresso massiccio ed incontrollato del
capitalismo speculativo. La distruzione dello stato sociale tuttora in
corso attraverso la privatizzazione di strutture pubbliche che volutamente
sono state affondate in una cattiva gestione che ne agevolava la vendita
sottocosto a privati compiacenti, ha portato alla netta divisione sociale
tra nuovi ricchissimi e poveri impiegati, divisione finora sconosciuta. A
titolo di esempio, recenti statistiche danno il PIL macedone a livelli
inferiori a quelli della vicina Albania da sempre considerata l’isola di
povertà cronica dei Balcani.
La politica di coOperazione
internazionale, sfruttando l’ondata di sostegno morale esplosa con il
conflitto kosovaro ed amplificata dai mass-media, ha concentrato gli aiuti
umanitari a quasi esclusivo beneficio della società albanese creando
un’irritazione nazionale ed inasprendo le posizioni fra le diverse
etnie. Si assiste alla nascita di rivendicazioni nazionalistiche dove
episodi criminosi quali omicidi di agenti di polizia macedone e vari
attacchi alle caserme militari sono stati rivendicati da nuovi gruppi
terroristici albanesi.
In un vicino futuro la Macedonia
potrebbe anche diventare la zona di contenimento dell’espansionismo
albanese, che eviterebbe ulteriori fastidi ai paesi della UE già
impegnati a risolvere il gravoso problema di migliaia di illegali
provenienti dalle zone instabili della penisola balcanica.
Il facile controllo della
politica interna macedone da parte della forza internazionale, viene
rafforzato dalla dipendenza finanziaria estera alla quale ormai il paese
è sottomesso. Volutamente non sono stati concessi finanziamenti che
avrebbero permesso al paese di riorganizzare e modernizzare
l’infrastruttura produttiva ereditata dalla vecchia Federazione. Anche
futuri investimenti strutturali di capitale importanza quali i corridoi 4
e 8 di grande comunicazione che dovranno creare nel prossimo lustro
un’importante possibilità di inserimento del Paese nel circuito
economico sud-est europeo, restano un punto di potere a favore delle
potenze NATO che operano indisturbate nella fragile politica macedone.
La politica governativa ricerca
attualmente la strada dell’introduzione di capitali nel paese con
conseguente ripresa dei settori trainanti dell’economia, ma il
mantenimento di un equilibrio politico instabile allontana possibili
finanziatori.
Una delle possibilità di uscita
dall’empasse che ipoteca futuro e pace di questo piccolo paese, rimane
la risoluzione politica della spaccatura sociale interna. Questo darebbe
nuovo credito, una nuova maturità sociale agli occhi della comunità
internazionale, che potrebbe contare sull’affidabilità dello stato e lo
inserirebbe tra quel gruppo di paesi che in un futuro più o meno prossimo
usufruiranno della loro vicinanza geografica e politica alla UE con
possibile annessione ad essa.
L’ondata di afflusso di
vecchie e nuove ONG sul territorio macedone durante l’attacco Nato in
Kosovo, ha provocato una situazione di caos accentuata
dall’impreparazione politica del paese. Le ONG e gli organismi
internazionali continuano a muoversi indipendentemente rispetto alle
istituzioni statali ed ai diversi organismi di controllo che inutilmente
le agenzie dell’ONU hanno cercato di istituire.
Ai donatori classici finora
riconosciuti verso i quali le organizzazioni si erano rivolte, si sono
affiancati nuovi donatori che diversificando la provenienza e la
destinazione degli aiuti, hanno promosso politiche personalistiche che
hanno talvolta creato confusioni ed accavallamenti fra i diversi programmi.
Passata l’onda emozionale del primo periodo, gran parte di questi
donatori e dei corrispondenti organismi preposti alla distribuzione si
sono dissolti lasciando in campo i vecchi finanziatori.
Oggi in Macedonia si
riscontrano, oltre alla UE con linee budgetarie diverse, anche i fondi
ministeriali dei paesi della NATO, le agenzie ONU, organismi cattolici.
Molto spesso piuttosto che di
fondi per l’emergenza, si è trattato di donazioni ad hoc di materiale
già stanziato per altri scopi dirottato in Kosovo-Macedonia a conflitto
ultimato.
In questa seconda fase, i fondi
per l’urgenza, con il rientro quasi totale dei profughi in Kosovo, non
hanno lasciato posto ai fondi per lo sviluppo ed i donatori hanno
preferito continuare sulla riabilitazione e l’emergenza in Kosovo
piuttosto che intraprendere programmi di sviluppo in Macedonia.
In quel momento il GVC, che
contava esperienze precedenti sia in Kosovo che in Macedonia e Serbia, con
l’avvento del conflitto, è stato obbligato a concentrare i propri
programmi in Macedonia. All’indomani della risoluzione di pace in
Kosovo, il GVC ha ripreso gli aiuti di emergenza gestendo con organismi
internazionali suoi partner un campo di profughi in Macedonia.
Attualmente il GVC è impegnato
in due programmi entrambi finanziati da ECHO: un programma psicosociale in
fase di chiusura ed un programma di riabilitazione di istituti pubblici
del Ministero del Lavoro e Affari Sociali.
Programma
psico-sociale:
Il
programma contava di dare il supporto psicosociale alla popolazione
vulnerabile che inizialmene era stata toccata dal conflitto kosovaro,
mentre nell’ultima versione del psico 3, con il rientro di tutti i
profughi, si occupava di casi sociali esclusimamente macedoni.
I nostri partner sono
associazioni locali (di sole donne) albanesi, macedoni e rom.
I centri (7 di cui 3 multietnici
distribuiti nella parte est della macedonia) sono completamente gestiti
dalle associazioni che controllano i metodi di lavoro, il personale,
l'organizzazione e i rapporti interni allo staff.
Programma di riabilitazione.
E’
la seconda parte di un identico programma terminato in gennaio, conta di
riabilitare strutture pubbliche quali istituti speciali del Ministero del
Lavoro e AA.SS..
Le
attività comportano la riabilitazione di 12 istituti ospitanti categorie
di persone vulnerabili e concernono la riparazione di servizi igienici e
fognature, riscaldamento e produzione di acqua calda, riparazione di tetti
e grondaie, riparazione di impianti elettrici ed isolamenti termici degli
edifici.
Gli obiettivi sono quelli di migliorare il sistema e la
qualità del servizio offerto dalle istituzioni sociali attraverso la
sistemazione di ambienti idonei al tipo di servizio richiesto, aiutare
economicamente il governo macedone e sostenerlo nella crisi economica che
potrebbe avere negative influenze per lo sviluppo del paese e la
destabilizzazione sociale interna.
Il GVC conta in Macedonia un
ufficio operativo con 4 espatriati e 10 locali suddivisi sui due progammi
ECHO.
Oltre al cordinatore sono
presenti due capiprogetto e un assistente al programma psico.
Tra i mezzi a disposizione figurano 7 automobili e 5 computer.
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