PALESTINA
Alle porte del terzo millennio
l'indipendenza palestinese non è una realtà, ma rimane un'ipotesi
politica. Frustrando le speranze di gran parte della sua popolazione, il
Consiglio Centrale Palestinese ha rinviato la proclamazione unilaterale
dello stato indipendente, annunciata per il 4 maggio del '99, al fine di
non interferire in alcun modo nelle elezioni politiche israeliane vinte
dal laburista Ehud Barak il 17 maggio. Un passo, voluto anche dagli Stati
Uniti e dall'Unione europea, che i dirigenti palestinesi hanno compiuto
nella speranza che il nuovo governo israeliano concluda in modo positivo
il negoziato di pace.
In attesa che le speranze dei più
ottimisti diventino realtà, non possiamo non constatare che a sette anni
dalla storica "Dichiarazione di principi" firmata da Israele e
Olp nel settembre del 1993 alla Casa Bianca (Accordi di Oslo), i
palestinesi non hanno ancora ottenuto libertà e piena autodeterminazione.
La cosiddetta "era di pace" ha riservato sorprese amare ad un
popolo che per decenni ha lottato con tutte le sue forze per conquistare
l'indipendenza anche soltanto in una piccola porzione della sua terra.
L'Autorità nazionale palestinese del presidente Yasser Arafat (l'Anp,
nata nel maggio del '94) riteneva di poter ottenere il controllo del 90
per cento dei territori palestinesi occupati da Israele nel 1967, in modo
da arrivare, in tempi brevi, alla proclamazione dello stato indipendente.
Sul terreno gli sviluppi hanno ridimensionato le sue aspirazioni. Oggi l'Anp
controlla parzialmente il 24,7 per cento della Cisgiordania (Area B =
controllo militare isrealiano e ammnistrazione civile palestinese)e
totalmente poco più del 18,2 per cento della Cisgiordania (Area
A=controllo militare e civile palestinese) ed esercita una piena sovranità
(area A) su appena il 65 per certo della Striscia di Gaza (365 km2). La
conclusione (4 maggio '99) degli accordi transitori non ha portato
all'avvio dei tanti attesi negoziati sull'assetto permanente dei territori
occupati e rimangono irrisolti alcuni dei problemi più gravi del
conflitto israelo-palestinese come la questione di Gerusalemme, il futuro
dei profughi palestinesi che languono in campi miserabili sparsi nei paesi
arabi oltre che in Cisgiordania e Striscia di Gaza (3.600.000 di rifugiati
registrati dall’URWA), e lo status dei circa 230 insediamenti coloni
ebraici costruiti nei territori palestinesi dopo il '67.
La nuova data entro la quale le due
parti dovrebbero stipulare l’accordo sullo stato finale dei territori
occupati è il 13 settembre 2000. Se entro questa data non sarà
raggiunto, è prevista la dichiarazione unilaterale dello stato
palestinese da parte della ANP.
La mancanza di libertà e le varie
forme in cui ancora oggi si manifesta l'oppressione israeliana sono senza
ombra di dubbio i nodi non sciolti di un processo di pace lento e
deludente. Per viaggiare i Palestinesi hanno bisogno, proprio come
accadeva in passato, di un permesso israeliano e subiscono gravi abusi se
tentano "illegalmente" di entrare nella zona est di Gerusalemme
che pure è definita dalle risoluzioni internazionali un territorio
occupato con la forza da Israele. Le motovedette israeliane fanno fuoco
sui pescatori palestinesi che escono, sia pure soltanto di poche decine di
metri, dal recinto delle acque assegnate dagli accordi al controllo dell'Anp.
Le terre palestinesi vengono confiscate come in passato e le abitazioni
arabe, specialmente a Gerusalemme, vengono demolite con ogni pretesto.
Soltanto da gennaio a dicembre 1999 le autorità israeliane hanno
confiscato 5.000 ettari di terre palestinesi, per la costruzione di nuove
colonie ebraiche. Dagli accordi di Oslo ad aprile 1999, oltre 946 case
palestinesi sono state demolite, di cui 174 a Gerusalemme est. Nello
stesso periodo almeno 270 palestinesi sono stati uccisi da soldati o da
civili israeliani, oltre 12.000 sono stati arrestati e circa 800 sono
stati detenuti "amministrativamente" (senza processo), mentre i
centri per i diritti umani locali e internazionali continuano a denunciare
l'uso della tortura nelle prigioni israeliane. Gli accordi di pace
peraltro non hanno abolito l'ordine militare n.92 (agosto '67), che assegnò
all'esercito di occupazione e successivamente all'authority israeliana
"Mekorot" il controllo dell'acqua palestinese. La gente dei
territori occupati ha un bisogno disperato della sua acqua, ma gli accordi
di Taba (settembre '95) hanno dato a Israele il controllo esclusivo delle
risorse idriche della regione per tutto il cosiddetto "periodo
transitorio". I negoziatori dell'Anp chiesero che a Gaza e in
Cisgiordania venissero distribuiti ogni anno 450 milioni di m3 di acqua.
Ottennero soltanto una quota "extra" di 28 milioni di m3
rispetto ai 110 milioni di m3 già erogati e che rappresentano il 19 per
cento dei 673 milioni di m3 di acqua delle riserve idriche rinnovabili dei
territori palestinesi. Al momento Israele controlla l'80 per cento
dell'acqua palestinese.
E’ concreta la possibilità che
Israele - grazie alla debolezza dei dirigenti dell'Anp e all'ambigua
posizione della comunità internazionale - riesca al tavolo delle
trattative ad ottenere il controllo delle frontiere tra la futura
"entità" palestinese e i paesi arabi vicini. Con ogni
probabilità otterrà anche il "diritto" di mantenere un sistema
di controlli di sicurezza persino nei territori dell'eventuale stato
indipendente e nei porti e aeroporti palestinesi. Di fronte al futuro che
si annuncia deludente, alcuni intellettuali e politici palestinesi
illuminati, da qualche tempo pongono un interrogativo: i palestinesi, dopo
anni di lotte e di resistenza all'occupazione, devono accontentarsi di uno
stato senza sovranità reale e integrità territoriale oppure è più
saggio programmare sin da oggi con i leader israeliani la creazione di uno
stato binazionale per arabi ed ebrei, senza differenze tra i due popoli,
in tutto il territorio storico della Palestina? Il sostegno allo stato
binazionale oggigiorno è definito utopistico o non realistico. Eppure
questa idea politica potrebbe rivelarsi ben più solida tra una ventina di
anni, quando gli sviluppi demografici avranno cambiato radicalmente il
volto della terra di Palestina. Attualmente in Cisgiordania, Gaza e
Gerusalemme est vivono oltre 3 milioni di palestinesi. Tenendo conto
dell'incremento demografico annuale vicino al 4 per cento è legittimo
prevedere che in questi territori (il futuro stato palestinese?) nel 2020
vivranno circa 8 milioni di persone. Se a ciò aggiungiamo che circa un
quarto dei sei milioni di abitanti di Israele (dove l'incremento
demografico annuo è del 2,2 per cento) è composto da palestinesi con
cittadinanza israeliana, si può concludere che i palestinesi, in Israele
e nei territori del '67, costituiranno la maggioranza della popolazione in
tutto il territorio storico della Palestina. Allo stesso tempo la
popolazione ebrea israeliana sarà in leggera minoranza ma, come è
presumibile, controllerà la maggior parte del territorio e delle risorse
naturali. L'"utopistico" stato binazionale, per ebrei e arabi,
potrebbe perciò rivelarsi l'unica soluzione in grado di assicurare pieni
diritti e uguale dignità ai due popoli. La conclusione del nazionalismo
ebraico, il sionismo, ma anche dell'attuale nazionalismo palestinese, che
inconsciamente contribuisce alla politica di occupazione e di controllo
del territorio da parte di Israele, non è una proposta politica, ma un
progetto culturale e sociale che si oppone all'idea della creazione di un
minuscolo stato palestinese senza sovranità reale e, forse, senza un
lungo futuro.
Per ultimo, il futuro della
Palestina è legato anche all’esito delle trattative fra Israele e Siria
che potrebbero modificare radicalmente l’assetto geo-politico della
regione.
Il Ministero palestinese per la Pianificazione (PECDAR)
ha elaborato un piano Nazionale di sviluppo per gli anni 1999-2003 (Palestinian
Development Plan www.pecdar.org).
La sua realizzazione è strettamente legata agli
accordi sullo stato finale dei territori occupati che si dovrebbero
concludere entro il 13 settembre 2000.
A tutt'oggi è estremamente difficile parlare di
politiche di sviluppo nazionali per un popolo che non ha uno stato e che
dipende totalmente dal supporto dei donatori internazionali.
La Anp controlla, dal 1994, solo cinque aree
funzionali: la sanità, il turismo, l’educazione, i servizi sociali e
parzialmente i servizi tributari (Israele non provvede alla restituzione
delle imposte pagate nei territori occupati).
Le ONG palestinesi forniscono ancora
la maggioranza dei servizi alla popolazione soprattutto nel settore
sanitario.
Non esistono canali commerciali diretti e
l’economia palestinese è completamente dipendente da quella israeliana
che utilizza il mercato palestinese per la vendita dei suoi prodotti e lo
sfruttamento della manodopera a basso costo.
Il GVC è presente in Palestina dagli inizi degli
anni novanta, ma solo dal novembre del 1996 ha avuto una presenza stabile
che ha creato l’opportunità di elaborare una politica di intervernto.
La difficile e instabile situazione politica ha
influito novetolmente sia nella scelta delle controparti, che in quella
dei settori di intervento.
Mentre prima della nascita della Anp, gli unici
interlocutori erano le ONG palestinesi, a seguito degli Accordi di Oslo e
della creazione dei ministeri palestinesi, anche l’individuazione dei
partner è diventata molto complesssa.
La strategia adottata è stata quella di continuare
principalmente a lavorare con le ONG locali in coordinamento con i
Ministeri per quanto riguarda il settore sanità (handicap e banche del
sangue) e sviluppo rurale integrato. Nell’ultimo anno abbiamo iniziato a
realizzare progetti nel settore del risanamento ambientale direttamente
con il Ministero dell’Educazione.
Partendo dalle specificità del GVC e dall’analisi
delle priorità del paese, si è elaborata una strategia di intervento
principalmente in due settori: sviluppo rurale integrato (gestione delle
acque, risanamento ambientale, microcredito e “difesa della terra”
dagli espropri) e sanità (handicap psicofisico e banche del sangue).
Il settore agricolo è caratterizzato dalla negazione
all’accesso delle risorse idriche (l’80 % delle risorse idriche dei
territori palestinesi è in mano degli israeliani) e dalla continua
confisca delle terre da parte di Israele e da scelte produttive rivolte al
mercato israeliano piuttosto che alla sicurezza alimentare interna.
Inoltre, l’occupazione israeliana ha creato vere e proprie emergenze
ambientali (mancanza di discariche, uso eccessivo di pesticidi, assenza di
fognature e impianti di trattamento delle acque di scarico...).
La maggioranza dei servizi per i disabili sono
rivolti ai portatori di handicap fisico che, a seguito dell’Intifada,
sono diventati, nell’immaginario collettivo, degli eroi. I disabili
mentali, invece, oltre a soffrire per una carenza di assistenza
qualificata, vengono vissuti dalle famiglie con vergogna ed emarginati
dalla comunità.
La Striscia di Gaza è l’unica area autosufficiente
per la raccolta e lo stoccaggio di sacche di sangue. Questo grazie ad un
lungo lavoro di sensibilizzazione nella comunità svolto dalla Banca del
Sangue di Gaza (una ONG Palestinese), che ha modificato la “propensione
culturale” a donare sangue solo ai famigliari. Per questo motivo, il
GVC, sin dal 1990 ha contribuito al potenziamento e alla riorganizzazione
di questa struttura.
Il target prescelto in tutti e due i settori è
quello delle fasce della popolazione più deboli e più colpite
dall’esclusione sociale e dall’emarginazione all’interno della
comunità, sia a causa della crisi economica che colpisce i territori
palestinesi, che per motivi culturali.
Negli interventi, si promuove l’approccio di genere
e di attenzione alla differenza in quanto sia le donne che i disabili,
all’interno della comunità e della famiglia, sono percepiti come un
peso e non come una risorsa.
Palestinian
Red Crescent Society (PRCS) Hebron Branch
Al-Ihsan
Charitable Society
Central
Blood Bank Society
Annahda
Women’s Association
PARC
– Palestinian Agricultural Relief Committees
PFU
– Palestinian Farmers Union
PHG
– Palestinian Hydrology Group
L’attività del GVC in Palestina è caratterizzata
da progetti di sviluppo. Dal 1997 si è iniziato a lavorare anche nel
settore emergenza legando però questi programmi alla politica e alla
strategia di cooperazione del GVC in Palestina (banca del sangue e
risanamento ambientale).
Attualmente sono in corso tre progetti di sviluppo e
diversi programmi finanziati dalla Cooperazione decentrata.
Progetti
in corso:
1.
ONG/PVD/1997/500/CSR
Riabilitazione
dei disabili mentali e motori su base comunitaria nel distretto di
Hebron.
Finanziamento
UE.
Durata
3 anni (1997-2000).
Settore
sociosanitario.
2.
ONG/PVD/1998/253/IT
Uso
dell’acqua “marginale” in agricoltura.
Finanziamento
UE.
Durata
3 anni (1998-2001).
Settore
Utilizzo risorse del territorio.
3.
Appoggio
alla creazione e sviluppo di micro imprese agricole nel Distretto di Jenin,
Cisgiordania
Finanziamento
Regione Emilia-Romagna.
Durata
1 anno (1999-2000).
Settore
Agricoltura.
4.
ECHO/TPS/210/1999/04002
Costruzione
di sistemi di trattamento delle acque di scarico e di cisterne per la
raccolta di acqua piovana nelle scuole del Distretto di Jenin.
Finanziamento
UE (ECHO).
Durata
9 mesi (terminato marzo 2000).
Settore
Emergenza.
5.
32.31 DG 299-073
Alleviamento
della povertà attraverso lo sviluppo delle aree rurali
Finanziamento
Banca Mondiale
Durata
1 anno (1999-2000)
Settore
Agricoltura
6.
Det. 12602 del 31.12.1999
Sviluppo
e promozione di politiche integrative per portatori di handicap
psico-fisici nel Distretto di Hebron.
Finanziamento
Regione Emilia-Romagna.
Durata
1 anno (1999-2000).
Settore
Sociosanitario.
7.
Det. 12602 del 31.12.1999
Sviluppo
rurale ed integrato: attività di formazione e microcredito rivolto a
tecnici palestinesi ed alla popolazione rurale della Cisgiordania
Finanziamento
Regione Emilia-Romagna
Durata
1 anno (1999-2000)
Settore
Agricoltura
8.
Det. 12602 del 31.12.1999
Sostegno
al programma di auto-sostenibilità della Banca del Sangue nella
Striscia di Gaza.
Finanziamento
Regione Emilia-Romagna.
Durata
1 anno (1999-2000).
Settore
Sociosanitario.
9.
Formazione e income generating project per donne disabili
Finanziamento
UE/Block Grants.
Durata
6 mesi (11/1999-05/2000).
Settore
Sociosanitario.
10.
Supporto alle attività della Banca del Sangue di Gaza
Finanziamento
UE/Block Grants.
Durata
6 mesi (11/1999-05/2000).
Settore
Sociosanitario.
11.
Det. 393 del 23.01.1997
Sostegno
allo sviluppo di piccole imprese femminili a Nablus, Ramallah e nella
Striscia di Gaza.
Finanziamento
Regione Emilia-Romagna.
Durata
3 anni (1997-2000).
Settore
Formazione.
Attualmente il coordinamento Palestina è composto da
due espatriati e una palestinese:
1.
(Capo-progetto e Coordinatrice/GVC);
2.
(Capo-progetto);
3.
(Capo-progetto);
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