Introduzione
Dal
punto di vista sistematico, gli acari, pur costituendo un vasto Ordine
degli antropoidi, non rappresentano un raggruppamento naturale, ma un
insieme di gruppi eterogenei. È quindi estremamente difficile indicare
caratteri veramente comuni.
Generalmente,
hanno dimensioni ridottissime, intorno al millimetro; alcune specie
possono raggiungere il centimetro, altre sono lunghe solo alcuni micron.
Anche la forma del corpo è variabile, da lungo a sottile, quasi
vermiforme, sino a circolare e depresso. Di solito non è visibile la
segmentazione del corpo e, addirittura, prosoma ed opistosoma
sono tra loro ben differenziati. I cheliceri a volte si
presentano come lunghi stiletti estroflettibili, in altri casi sono
adattati alla triturazione del cibo, per cui appaiono conici, con denticolature,
e possono essere paragonati a vere e proprie mandibole. Le forme neonate
sono più o meno sensibilmente diverse dagli adulti e subiscono quindi
una metamorfosi prima di assumere l’aspetto definitivo. In genere le
forme giovanili posseggono alla nascita 3 paia di zampe, acquisendo solo
in seguito il 4° paio.
In
molti acari, appartenenti al sottordine degli Astigmata, è
presente uno stadio, detto di hypopus, in cui l’individuo,
caratterizzato da metabolismo ridotto, spesse volte immobile o comunque
poco attivo, è in grado di resistere per mesi e mesi senza alimentarsi.
Si tratta quindi di una forma di resistenza particolare, paragonabile
alle spore per i funghi, avente come funzione quella di facilitare la
diffusione della specie. Con tanta varietà di forme e strutture,
esistono ovviamente grandi differenze nei modi di vita e di habitat.
Vi
sono infatti acari liberi ed acari parassiti; i primi si trovano nel
terreno, nel muschio, nelle grotte, nelle acque salmastre o dolci. I
secondi danneggiano i prodotti agricoli e le sostanze alimentari,
infestano abitazioni, piante e animali, non escluso l’uomo, provocando
malformazioni e malattie e trasmettono germi patogeni. molte specie, che
vivono libere allo stato adulto, sono parassite in quelli giovanili o
viceversa.
Al
di là di una classificazione sistematica, si ritiene più opportuno in
questo caso prendere qui in considerazione le diverse problematiche
determinate dagli acari nel loro complesso, per quanto riguarda le
specie presenti nell’ambiente urbano e domestico.
Gli acari
delle polveri
Una
delle più vistose dimostrazioni che nelle nostre abitazioni ogni
anfratto e substrato alimentare può essere colonizzato, è dato dal
frequente rinvenimento di numerosi acari nella polvere. Si tratta di
specie dentricole o ridicole, appartenenti essenzialmente alla famiglia
Pyroglyphidae viventi, in natura, nella tana di piccoli roditori, nei
nidi degli uccelli, ove si alimentano a spese di detriti di semi,
frammenti di piume, squame cutanee.
Negli
ambienti domestici possono giungere direttamente, trasportati nella
forma di resistenza-o ipopiale- grazie ad un refolo d’aria, attraverso
una finestra aperta. È altresì possibile che siano veicolati nel
pelame di roditori; più frequente però è l’introduzione tramite
indumenti, mobili, materassi già infestati, oppure con derrate
alimentari precedentemente colonizzate.
Diverse
specie, infatti, risultano tra i tipici infestanti, oppure con derrate
alimentari precedentemente colonizzate.
Diverse
specie, infatti, risultano tra i tipici infestanti delle derrate. Ogni
deposito di polvere di casa, però, in condizioni di umidità e
temperatura favorevoli, è in grado di offrire agli Acari il più ampio
ricetto. Poiché la composizione della polvere stessa è in genere
variabile da locale a locale, ecco che sia l’intensità delle
infestazioni che la stessa acarofauna presente varia nei diversi
ambienti. In genere, nella polvere delle abitazioni è presente una
certa quantità di terriccio e di sabbia (circa il 50%), integrati da
fibre sintetiche o di origine animale, detriti alimentari; altri detriti
hanno origine dalla quotidiana desquamazione cutanea delle persone e
degli animali domestici eventualmente ospitati. Si aggiunga la presenza
di peli, capelli, nonché di spore ed ife fungine, frustali di piante
coltivate, pollini.
Le
moderne abitazioni, oltre tutto, sono spesso caratterizzate da
rivestimenti murali di tessuto che favoriscono l’accumulo di polvere;
tutto ciò è aggravato dal diffuso uso delle moquettes sui pavimenti
che, nel loro fitto tessuto, pure finiscono con il trattenere
un’infinità di detriti, malgrado i più scrupolosi sforzi per
mantenerle pulite.
In
conseguenza di tutto ciò, di solito gli “acari della polvere” sono
presenti soprattutto nelle camere da letto, in particolare nei guanciali
e nei materassi, ove maggiore è la quantità di detriti da
desquamazione cutanea. Tanto più il giaciglio è vetusto, tanto più è
colonizzato. Dopo un anno di uso, all’incirca, si nota l’inizio
dell’attacco, che non risparmia nemmeno i materassi in gommapiuma o
comunque di materiale sintetico.
I
Pyroglyphidae rappresentano sino ad oltre il 90% degli acari viventi in
tale microambiente, mentre vanno progressivamente riducendosi, laddove i
residui sono essenzialmente dovuti a frammenti di cibo, a vantaggio di
rappresentanti delle famiglie Acaridae e Glycyphagida, tipicamente
infeudati a tale substrato.
Nei
materassi, in particolare, depositi di polvere si producono intorno alle
cuciture e nelle trapunte del tessuto. Poiché in tale ambiente umidità
e temperatura tendono ad essere più elevati che nel resto della stanza,
in quanto il materasso è utilizzato per diverse ore al giorno , si crea
una situazione particolarmente favorevole all’attacco degli acari
stessi. Tra questi, la specie dominante è Dermatophagoides
pteronyssinus Trouessart,il cui sviluppo è favorito dalla presenza di
forfora. Pare, a tale proposito, che alcuni funghi del genere
Aspergillus, pure presenti in questo particolare microambiente,
attacchino la forfora stessa, sgrassandola e rendendola così più
commestibile ai Dermatophagoides.
In
altri casi la presenza di valori elevati di umidità (superiore al 70%)
causa lo sviluppo di muffe sulle stesse tappezzerie o moquettes, sotto i
lavelli, sulle quali direttamente si cibano i nostri acari, diventandone
altresì diffusori attivi.
Gli
acari della polvere sono estremamente minuti (meno del millimetro),
traslucidi; più che individuare il singolo esemplare, è possibile
notare a volte dei glomeruli di polvere che paiono spostarsi lentamente,
quasi rotolando su se stessi.
Osservato
con una lente di ingrandimento, si nota che in realtà il glomerulo
null’altro è che un piccolo ammasso di numerosi individui, pressoché
aggrappati l’un l’altro.
Il
comportamento biologico, al di là delle preferenze alimentari, è molto
simile per le diverse specie. Depongono infatti diverse centinaia di
uova, completando il proprio ciclo in 25-30 giorni. Caratterizzati da
tegumento sottile, vanno incontro facilmente a morte per disidratazione.
Ecco che quindi, se d’inverno in un ambiente riscaldato
artificialmente si determinano vere e proprie falcidie, ciò non si
verifica laddove è installato un impianto di aria condizionata, anzi
risulta essere uno dei fattori favorenti la loro moltiplicazione. Nella
polvere sono altresì presenti anche diversi altri acari, predatori
degli infestanti di cui si è detto, di solito appartenenti al genere
Cheiletus. La loro attività frenetica può portare alla distruzione
pressoché totale degli acari della polvere veri e propri, cui consegue
l’inevitabile tracollo, per mancanza di cibo, delle popolazioni dei
predatori stessi.
Nel
complesso, questi Artropodi, diffusi con le medesime popolazioni in
tutte le aree urbane del mondo, appartengono ad oltre una ventina di
specie; il numero delle stesse va di continuo arricchendosi, sia per
l’aumento delle conoscenze nel settore specifico, che per il certo,
progressivo adattamento di altre specie alle diverse nicchie che
l’uomo urbanizzato loro offre.
Gli
acari della polvere sono frequentemente responsabili di allergie. Sia i
residui delle esuvie di tali Artropodi, che le stesse secrezioni
ghiandolari, le feci, passando nel pulviscolo atmosferico, vengono
facilmente inalati e determinano riniti, forme asmatiche o dermatiti.
A
volte è difficile associare tali manifestazioni con la presenza dei
minuscoli acari e solo appositi tests permettono di verificare la
sensibilizzazione dell’individuo agli acari o alle loro sostanze di
rifiuto. In altri casi, il sospetto può nascere se la persona
sofferente va soggetta a fenomeni d’allergia più vistosi frequentando
un ambiente piuttosto che un altro (ad esempio, la camera da letto,
piuttosto che un salotto dal pavimento di marmo).
Di
solito la sintomatologia si aggrava nel periodo da luglio a novembre,
quando cioè le condizioni ambientali sono più favorevoli allo sviluppo
degli acari (in particolare alla specie allergenica per eccellenza, cioè
il già ricordato Dermatophagoides pteronyssinus ); risulta altresì più
frequente in ambienti umidi e, comunque, è più sporadica in montagna,
ove la generale secchezza dell’aria determina un naturale controllo
delle pullulazioni di questi sgradevoli ospiti delle abitazioni.
Possibilità
di difesa
Dal
quadro illustrato, risulta evidente la necessità di controllare le
infestazioni di tali acari, tra i più subdoli inquilini delle
abitazioni. Per impedire l’insorgere di fenomeni di allergia, non è
però sufficiente distruggerli, ma è necessario eliminare le loro
spoglie e le feci prodotte.
Gli
acari della polvere sono più sensibili alle variazioni di umidità
relativa che alla temperatura ambiente. E’ quindi necessario curare la
ventilazione dei locali, che debbono essere ben asciutti. Molto
opportuno è stendere la biancheria ad asciugare all’aria e non in
casa, avere aspiratori adeguati nelle cucine, pulire le moquettes “a
secco”, e non con vapore…Mantenere l’ambiente limitante lo
sviluppo di quelle muffe, la cui attività risulta necessaria, come
precedentemente ricordato, nella preliminare opera di riduzione dei
grassi presenti nella forfora, di cui i Dermatophagoides particolarmente
si cibano. Contemporaneamente, con l’uso di aspirapolvere potenti,
usati con buona frequenza, si eliminano i detriti, fonte di cibo e
verranno asportati anche gli acari e le loro spoglie.
Nei
nostri ambienti, infine, è pratica raccomandabile quella di esporre
cuscini e materassi all’aria aperta, in pieno sole, in giornate
ventilate, utilizzando quindi un energico battipanni.
Si
tratta di norme di tipo preventivo, associate all’uso di mezzi fisici
di lotta. L’impiego di sostanze chimiche, infatti non dà risultati
utili ed anzi, a volte, risulta del tutto controproducente. Infatti, le
diverse specie infestanti sono caratterizzate da diversa sensibilità ai
principi attivi impiegabili; il controllo di una, apre più ampi spazi
alla moltiplicazione di altre.
Acari delle
derrate
Si
conoscono un centinaio di specie, appartenenti a 23 famiglie, che vivono
a spese di tali sostanze. Si tratta nella generalità dei casi di esseri
di colore tipicamente bianco pallido, con cuticola poco ispessita,
forniti di larghi cheliceri con i quali sono in grado di raschiare il
cibo. Caratteristica biologica essenziale di molti di essi è lo stadio
“ipopiale”, afago, in cui l’acaro è in grado di sopportare
condizioni avverse anche per più di un anno.
Diversi
tra gli acari delle derrate vivono in natura, nei nidi di topi e di
uccelli, nonché di Imenotteri Apiodei nel terreno. Si ricordano tra gli
altri, Glycyphagus domesticus , Acarus siro e Tyrophagus.
Soprattutto
in estate ed autunno finiscono con l’abbondare, nello stato ipopiale,
i nidi in cui sono stati ospitati giungendo sulle derrate che infestano,
trasportati direttamente da uccelli, roditori, bombi, o trascinati dal
vento con il pulviscolo atmosferico.
Le
specie che più frequentemente si riscontrano nelle derrate in Italia
sono una trentina; in particolare, molto frequente è Acarus siro, detto
volgarmente “acaro della farina”. Si tratta in realtà di un
complesso di tre specie, precisamente Acarus siro, Acarus immobilis e
Acarus farris distinte morfologicamente e per il loro comportamento
biologico.
Mentre
A. farris vive soprattutto nei nidi di uccelli, ma è stato rinvenuto
anche su cariossidi, mangimi, formaggi, A.immobilis solo in via
occasionale è stato su cereali non lavorati. A. siro, infine, infesta
frumento già danneggiato o farina. La presenza di tali acari, con i
loro escrementi e spoglie, determina odore sgradevole alle farine; le
infestazioni causano dermatiti anche gravi.
Frequentemente
associato con A. siro, L. destructor, attacca non solo il frumento
conservato, bensì frutta secca e formaggi. Pure diffusissimo è T.
putrescientiae, in particolare su prodotti contenenti un’alta
percentuale di grassi e proteine. Per questo motivo vengono facilmente
aggrediti polvere di uova, formaggi, prosciutti, arachidi, banane
essiccate e pasta d’acciughe. Si alimenta comunemente di micelio
fungino. E’ forse l’acaro più dannoso per le derrate conservate.
T.
casei, comunemente noto come “acaro del formaggio”, si rinviene però
anche su cereali e farina umida; è pure specie micofaga.
G.
domesticus, cosmopolita, attacca comunemente farina, frumento, tabacco,
zucchero, formaggio, ecc. E’ specie molto comune, che si rinviene su
vegetali secchi e residui animali, nei magazzini e nelle abitazioni.
E’ in grado di resistere a bassi tenori di Ur ambientale, in
particolare nello stadio di ipopio. Le condizioni ottimali di sviluppo
sono 23-25°C con UR dell’80-90%. In questa situazione l’acaro
completa il suo ciclo in 22 giorni. Sono stati segnalati vari casi di
dermatiti provocate da G. domesticus su addetti alla conservazione di
formaggi.
C.
lactis, invece, è infeudato a prodotti contenenti acido lattico,
acetico o succinico. Si trova quindi su residui di succhi di frutta, di
vino, su tappi di sughero, patate marcescenti, farina mal conservata,
latte in polvere e marmellata.
Infine,
G.fusca può essere presente su farina, riso, granaglie e crusca.
Tra
le più frequenti fonti di introduzione di acari nelle abitazioni, si
devono ricordare i formaggi a lunga stagionatura e gli insaccati. Tali
substrati, infatti, durante il periodo di stagionatura nelle apposite
celle di industrie alimentari, ma soprattutto se provenienti da cantine,
ove il periodo di “maturazione” è effettuato con criteri
tradizionali, albergano una ricca microfauna, di cui gli acari
costituiscono parte preponderante, che vive soprattutto a spese del
micelio fungino presente sulla crosta del formaggio, sulla cotenna dei
prosciutti, sul budello degli insaccati. Su formaggi diversi sono stati
così rinvenuti T.longior, T.palmarum, e T. putrescientiae.
Di
solito appare innanzitutto T. casei e solo quando la superficie è
degradata per la presenza di una certa farinosità, determinata
dall’attacco dell’acaro stesso e di altri eventuali infestanti,
sopravvive A. farris, fondamentalmente dentricolo. Le muffe che si
sviluppano a spese del formaggio fungono da pabulum per gli acari, i
quali, incapaci di nutrirsi dello stesso, ne erodono tuttavia lo strato
superficiale alla ricerca del micelio che si approfonda. In ogni caso la
presenza di una microflora e di una acarofauna comporta un consumo della
crosta e quindi un calo di peso ed un deprezzamento del formaggio.
Gli
acari però possono vivere anche sulla superficie di salami, lardo e
prosciutti e nel caso di una permanenza prolungata possono penetrare in
profondità. La massima densità di tali infestanti si manifesta sui
prosciutti crudi di solito a primavera inoltrata: essi costituiscono un
ammasso polverulento, rugginoso; al termine della stagionatura, gli
acari e il micelio cadono a terra e i prosciutti vengono ulteriormente
ripuliti, mediante spazzolatura.
Infestazioni
di acari su prosciutti crudi sono segnalate soprattutto se è presente
sullo strato superficiale di questi, farina d’amido, muffa e grasso.
L’acaro più frequente è in tal caso T. putrescentiae.
Gli
alimenti aggrediti dagli acari vengono resi rapidamente inutilizzabili,
in quanto l’azione nociva non è limitata alla distruzione del
substrato ma anche a modificazioni fisico-chimiche o biologiche che
questi esseri arrecano: aumento del grado di umidità, elevazione della
temperatura, propagazione e sviluppo di muffe, inquinamenti dovuti alle
deiezioni e presenza delle loro spoglie. Tali trasformazioni sono di
solito più nocive che le perdite dirette in quantità.
D’altra
parte gli alimenti infestati presentano la comparsa in rapida
successione di diverse specie di antropodi. Insieme ad insetti, si
notano quindi acari che si nutrono di idrati di carbonio, altri di
lipidi o proteine; ve ne sono di propriamente micofagi, o in grado di
alimentarsi contemporaneamente sia del substrato che delle muffe che vi
si sviluppano. I loro escrementi sono costituiti soprattutto da prodotti
azotati che, stimolando lo sviluppo di microrganismi, esercitano
un’ulteriore azione di degrado sulle derrate. Infatti, muffe e batteri
si sviluppano facilmente, con ulteriore riduzione della digeribilità.
Spesso,
infine, tali acari provocano allergie, dermatiti, asma e disturbi
gastrici.
Possibilità
di difesa
Anche
per la moltiplicazione degli acari delle derrate è essenziale
un’elevata umidità ambientale. La loro cuticola, come è già stato
ricordato, è infatti molto sottile per cui è facile la disidratazione
del corpo; per questo motivo non tollerano umidità inferiore al 60%,
mentre per alcune specie il valore ottimale si avvicina addirittura al
100%. Poiché le quantità di acqua presente nelle derrate e quella
dell’aria circostante sono in stretta correlazione, un’elevata
umidità dell’ambiente creerà nel substrato un aumento dell’umidità
relativa, determinando così le migliori condizioni per l’insediamento
e la moltiplicazione degli acari.
Al
contrario, la ventilazione e il condizionamento determinano una
riduzione dell’umidità delle derrate, rendendo a volte impossibile la
vita a questi infestanti.
Pertanto,
nel caso di infestazioni casalinghe, è necessario ricorrere ad un
abbassamento dei valori ambientali per bloccare l’attacco. Tale
tecnica, del resto, è raccomandata pure per gli “acari della
polvere” che, come si è visto, in molti casi risultano essere le
medesime infestanti le derrate.