La dimensione sociale della geografia

Una breve introduzione storica si rende necessaria. La geografia si è sempre occupata delle differenze; alla fine degli anni ’60 aumenta l’interesse per l’aspetto umano, sociale, dei valori, e per questa ragione la geografia delle differenze diventa geografia delle disuguaglianze, portando a tematiche come lo sviluppo ineguale e il degrado dell’ambiente. Negli anni ’70 gli studi e le ricerche sulle disuguaglianze aumentano ulteriormente, fino ad arrivare ai lavori di A. Reynaud.

Ci si può chiedere se le disuguaglianze sociali sono nel frattempo aumentate o diminuite ma un dato rimane confermato, cioè che in Europa ci sono trenta milioni di poveri ed è sempre più forte il divario tra la vita nelle società avanzate e quella nelle società sottosviluppate, così come si sono accentuate le disuguaglianze regionali.

A. Reynaud elabora concetti e modelli, strumenti e indagini, cioè teorie unite alle esperienze, al fine di studiare queste disuguaglianze. I suoi studi sono usufruibili non solo dai geografi, ma anche da scienziati sociali quali economisti, urbanisti, sociologi. Vuole non solo descrivere, ma capire i meccanismi e i processi che generano e perpetuano le disuguaglianze socio-spaziali, cioè le disuguaglianze tra gruppi umani (società) legate allo spazio occupato. A questo fine elabora i concetti di ‘classe’ e ‘giustizia' socio-spaziali. La disuguaglianza è frutto della dissimmetria nelle relazioni fra le classi socio-spaziali; cioè tra quelle dominanti e quelle dominate.

Le differenze, che non è desiderabile cancellare, possono cioè trasformarsi in disuguaglianze, ma non devono essere usate per crearne di nuove. Come è sicuramente ambiguo sostenere che ‘uguaglianza uguale a giustizia’, altrettanto si deve cercare di ridurre le disuguaglianze e il potere pubblico può operare positivamente in tal senso.

Quindi con Reynaud la geografia acquista una dimensione sociale: oltre al ‘geografo diagnostico’, attento e preoccupato delle disuguaglianze, appaiono il ‘geografo profeta’ che prevede l’andamento delle disuguaglianze e il ‘geografo architetto di utopie’, che immagina e prospetta scenari più equi di organizzazione territoriale.

Le disuguaglianze spaziali sono molte e diffuse: fra regioni dello stesso paese, fra capitali e spazi marginali, fra quartieri della stessa città, fra nazioni dello stesso continente, fra paesi industriali e paesi in via di sviluppo.

Focalizzando l’attenzione sui legami tra le classi socio-spaziali, si può constatare che essi sono generalmente dissimmetrici, poiché una classe socio-spaziale domina l’altra: è la contrapposizione tra centro e periferia, tra Hearthland e Rimland.

Questo modello, l’opposizione centro-periferia, diventa ancora più utile e produttivo se lo si considera da un punto di vista dinamico, evolutivo, per cui si possono esaminare i diversi tipi di relazione, i casi di capovolgimenti e inversioni, oppure di passaggi, di mutamenti da periferia dominata ad abbandonata, o integrata, o che conta su sé stessa.

Per quanto riguarda il concetto di giustizia socio-spaziale, essa è intesa da A. Reynaud come l'insieme di mezzi utilizzati dal poter pubblico per attenuare le disuguaglianze. Consiste nella pianificazione del territorio e in tutte le azioni, diverse ai diversi gradi della scala spaziale, con cui le società tentano di reagire alle disuguaglianze.

Oltre a Reynaud, molti studiosi e ricercatori, in ambiti diversi, hanno lavorato su argomenti simili o correlati. Nell’ambito della scienza regionale: Etienne Juillard, Walter Isard, Armand Frèmont, Paul Claval, Roger Brunet, Rene Gendarm; in quello della ‘geografia umana’: David Smith, P. L. Knox; nell’ottica dello strutturalismo e della teoria generale dei sistemi: Roger Brunet, Paul Claval, Pierre Dumolard.

Idee, teorie, riflessioni collegate all’argomento possono essere considerate anche quelle del sociologo Egard Morin, dell’antropologo Gregory Bateson, del matematico Renè Thom, dei fisici Illya Prigogine e Isabelle Stengers.