Sollecitato da alcune letture
recenti sulle prospettive della presenza e del ruolo dei
cattolici in politica proverò in questo articolo a sintetizzare
alcune riflessioni che ho maturato in questi ultimi tempi alla
luce di quanto è avvenuto e sta avvenendo nel nostro Paese.
Premetto che non è mia intenzione in questa sede fare
considerazioni o valutazioni strettamente politiche, ma mi
limiterò ad una analisi più politologica, volta ad evidenziare
la traiettoria che sembra profilarsi nel percorso politico dei
cattolici democratici nel nostro Paese.
So che è un terreno delicato su cui è molto facile scivolare
nel dibattito politico attuale, filtrando lanalisi con le
proprie convinzioni personali.
Non posso che appellarmi alla mia onestà intellettuale e allo
spirito di ricerca di chi non ha risposte certe ma che tuttavia
non si sottrae a formulare delle ipotesi ragionate.
In questo articolo cercherò di ragionare su due questioni di
fondo:
Ha senso oggi parlare in
Italia di cattolici organizzati in politica?
Quale dovrebbe essere la
specificità dellimpegno politico dei cattolici ?
1. IL PLURALISMO DEGLI
ORIENTAMENTI ELETTORALI
Prima di affrontare le due questioni di fondo è utile richiamare
un dato che contestualizza meglio lanalisi che andremo a
sviluppare: con la fine dellunità politica dei cattolici
il voto cattolico oggi si presenta molto articolato con alcune
significative concentrazioni nei partiti di ispirazione cristiana.
Per evitare approssimazioni non tollerabili sono andato a
ripescare le indagine più recenti su questo argomento. Le
indagine a cui faccio riferimento (tab.1) sono relative a:
un sondaggio dellEurisko(1)
effettuato nel maggio del 1994;
una ricerca sugli
atteggiamenti religiosi e culturali degli italiani
effettuate, subito dopo le elezioni europee, nel 1994
dallUniversità Cattolica di Milano(2);
un sondaggio su "cattolici
e politica" condotta nella primavera del 1996 dal
Cra di Milano e promossa dal quotidiano Avvenire(3), su
un campione molto ampio di italiani (3.000 intervistati)
tra i 18 e i 74 anni.
Semplificando, utilizzeremo come
indicatore di appartenenza alla sfera dei "cattolici
praticanti" la partecipazione ai riti religiosi
domenicali(4).
Dalla tabella 1, in cui sono affiancati e comparati i dati delle
tre ricerche, è possibile osservare che in tutti e tre gli studi
effettuati si rileva, con una certa approssimazione, la stessa
articolazione del voto dei cattolici praticanti.
Se si leggono questi dati con attenzione, possiamo osservare
quindi che il voto dei cattolici praticanti è presente in tutte
le forze politiche, ma in modo non uniforme.
In termini percentuali, infatti, esso registra livelli di
concentrazione più elevati nei partiti cattolici di centro e una
minore presenza nelle altre formazioni politiche. Oscilla tra il
50 e il 60% nelle formazioni cattoliche del CCD e del CDU
e tra il 60 e il 70% nel PPI. Tra gli elettori di RinnovamentoItaliano la percentuale di cattolici praticanti è intorno
al 40%. In ForzaItalia la percentuale di cattolici
praticanti è di circa il 30% e in Alleanza Nazionale è
intorno al 20%. Anche per i Verdi la percentuale è
intorno al 20%. Più bassa di tutte è la presenza dei cattolici
praticanti tra gli elettori della sinistra storica rappresentata
dal PDS con una percentuale prossima al 15% e da RifondazioneComunista con il 10-12%. Nella Lega, infine, si è
registrato un forte calo del voto dei cattolici praticanti tra il
94 ed il 96, che si è ridotto intorno al 12%, anche
grazie alle prese di posizione contro la Chiesa di Roma da parte
dei suoi leader.
Tab. 1 Gli elettori
italiani che frequentano i riti religiosi almeno una volta alla
settimana per preferenza politica (%)
PARTITI
Eurisko (1994)
Università
Cattolica (1994)
Avvenire-Cra
(1996)
AN
19,0
23,6
19,0
Forza
Italia
32,0
31,1
22,0
CCD-CDU(1)
62,0
49,1
63,0
Rinnovamento
Ital. (2)
-
-
42,0
Lega
21,0
24,1
12,0
PPI
(3)
70,0
63,4
66,0
Verdi
23,0
-
-
PDS
14,0
14,3
19,0
Rifondazione
Comun.
-
9,5
12,0
Nella rilevazione del 1994 il
CDU non era ancora stato costituito.
La "lista Dini" si
è presentata per la prima volta nelle elezioni politiche
del 1996.
Nella rilevazione del 1994 il
PPI non aveva ancora subito la scissione che diede
origine al CDU guidato dallon. Buttiglione.
Fonti: varie
Se limitiamo lanalisi ai
soli cattolici praticanti (27,5% del campione considerato nel
sondaggio Avvenire-Cra del 1996), nella tabella 2 possiamo
osservare come si distribuisce il loro voto tra le diverse forze
politiche.
Innanzitutto emerge un pronunciato astensionismo,
superiore a quello medio registrato per lintero campione (23%):
il 29% dei cattolici praticanti dichiara nel sondaggio di non
andare a votare o di votare scheda bianca.
Al di là dei molti modi con cui si può interpretare questo dato,
sicuramente esso rileva un forte disagio nellesprimere
un orientamento politico, che in passato poteva apparire più
scontato.
In secondo luogo, se si considerano soltanto coloro che vanno a
votare, è possibile notare come ormai i due terzi dei cattolici
praticanti (68%) vota partiti laici e un terzo (32%) vota partiticattolici (17,5% PPI e 14,5% CCD-CDU).
Tab. 2 Distribuzione
del voto dei cattolici praticanti (1)
PARTITI
(%)
AN
8,0
Forza
Italia
12,0
PPI
e CCD-CDU
23,0
Rinnovamento
Italiano
5,0
Lega
3,0
PDS
11,0
Rifondazione
Comunista
3,0
Altri
partiti
5,0
Non
vanno a votare o scelgono scheda bianca
29,0
Totale
100,0
1. Coloro che frequentano con
regolarità i riti religiosi, almeno una volta alla settimana.
Fonte: Avvenire-Cra, 1996
Nella ricerca dellUniversità
Cattolica del 1994, sono contenuti ulteriori approfondimenti
qualitativi, tra cui unanalisi dinamica degli orientamenti
elettorali. Secondo questa analisi la diaspora del voto
democristiano prende sostanzialmente tre direzioni:
il voto dei "cattolici
medi", non particolarmente attivi che
manifestano una religiosità discontinua e legata alla
tradizione, si è diretto in massima parte verso i
partiti principali del centro-destra, Alleanza Nazionale
e Forza Italia. Questo un tempo rappresentava lelettorato
numericamente più consistente della DC. Un elettorato
cattolico con caratteristiche molto simili, anche se
marcatamente più distante dal modello ufficiale di
religiosità, si è diretto invece verso la Lega.
il voto dei "cattolici
militanti", più impegnati e partecipi alla vita
della Chiesa e dei gruppi religiosi e di volontariato si
è diviso tra PPI e CCD con prevalenza nel primo(5).
il voto dei "cattolici
critici", i più tiepidi nei confronti della
Chiesa istituzionale e numericamente meno consistenti,
sembrano orientarsi verso sinistra.
Da questi dati si deduce non solo
che siamo di fronte ad un pluralismo delle scelte politiche molto
allargato, che comprende tutto lo schieramento politico, ma che
il pluralismo dei cattolici non si "spalma" come una
marmellata sulle forze politiche, ma si articola secondo
caratteristiche socio-culturali ben definite.
2. OLTRE LA DIASPORA
Dopo aver delineato come si articola il voto dei cattolici in
Italia affrontiamo adesso la prima questione posta allinizio:
ha senso oggi parlare di una presenza organizzatadei
cattolici ?
Dopotutto, come abbiamo visto, vi sono cattolici impegnati in
tutte le forze politiche italiane e in molti altri paesi
democratici dove i cattolici fanno politica non necessariamente
militano organizzati in uno o più partiti di ispirazione
cristiana.
Ma ciò che ci spinge ad interrogarci su questo punto ha almeno
due ragioni: la prima è storica e riguarda il ruolo avuto dalla
DC, la seconda è politica e riguarda la fine della DC e la
competitività che si è accesa tra i partiti per ereditarne il
consenso.
Quella storica richiama alla memoria la presenza nel nostro Paese
di un partito, la Democrazia Cristiana, che per quasi
cinquantanni ha rappresentato lunità politica dei
cattolici italiani giocando un ruolo centrale non solo nel
sistema politico italiano ma anche nello sviluppo sociale ed
economico del nostro Paese.
Nel dopoguerra le condizioni storiche ed internazionali
consentirono un vero e proprio "momento magico" delle
"democrazie cristiane"(6): in Europa le DC di De
Gasperi, di Adenauer e Schuman svolsero un ruolo decisivo nella
ricostruzione e nello sviluppo dei loro Paesi. Leredità
storica della DC gioca un ruolo fondamentale nel sollecitare
ancora oggi, dove le condizioni sono notevolmente mutate, una
"domanda" di presenza politica organizzata dei
cattolici. Lo chiamerei un riflesso condizionato.
Laltro aspetto che ci spinge ad interrogarci ha unorigine
più politica e rimanda alla forte competitività tra le nuove
espressioni partitiche che si sono prodotte con la fine della
DC. La competitività non è solo bipolare rispetto ai due poli,
lUlivo da una parte ed il Polo delle Libertà dallaltra,
ma è anche allinterno degli stessi poli e delle stesse
formazioni politiche. Tutti competono per raccogliere il consenso
che era un tempo della DC. La competitività non si gioca sul
piano dei valori, sui quali tutti si riconoscono, ed è molto
attenuata anche sul piano dei contenuti (la famiglia, la parità
scolastica, limpresa, lo sviluppo del terzo settore,
registrano ben poche varianti), tutto si gioca nel conquistare
il "centro politico", quella collocazione
politica tanto a lungo presidiata dalla Democrazia Cristiana.
Sbaglierebbe, tuttavia chi riducesse il centro ad un contenitore
vuoto, privo di riferimenti culturali e di contorni politici. Il
Centro non è soltanto uno spazio vuoto da contendersi, non è
semplice moderatismo o spazio politico a cui si rivolgono i
"ceti medi", è qualcosa di più.
Nel "centro" cè ancora molta cultura politica
elaborata e sedimentata nei decenni dalla DC. Vi sono ancora
molto vizi della vecchia DC, ma cè anche molta cultura
europea (non è un caso se le posizioni più europeiste si
trovano al centro), molta cultura solidaristica che tende
a temperare le spinte liberiste del mercato (è presente nel PPI,
CCD, CDU e in una parte di FI), molta attenzione ai valori
eticidi ispirazione cristiana (la difesa della vita
dal suo concepimento, la centralità della famiglia, lattenzione
agli ultimi, ecc.).
La competitività al "centro" quindi non si gioca
semplicemente sul piano della collocazione dentro uno spazio
elettorale da conquistare, ma si gioca, a mio avviso, anche sulla
capacità di interpretare una cultura politica, quella cultura
politica ispirata in passato dallesperienza politica dei cattolici
democratici.
Con ciò non voglio dire che tutto il centro si ritrova in quella
cultura politica ereditata dalla DC, altre culture politiche si
collocano in quello spazio, ma è indubbio che, come abbiamo
visto nel paragrafo precedente, in quello spazio politico il peso
della cultura cattolica risulta ridimensionato ma ancora
dominante.
Come abbiamo visto quindi il venir meno della presenza
pluridecennale della Democrazia Cristiana e la competitività al
"centro" del sistema politico tra i partiti che
derivano da quella esperienza, richiamano continuamente la
domanda sullopportunità di una presenza organizzata dei
cattoliciin politica. Ma se la domanda "sorge spontanea", più difficile
è dare una prospettiva certa a questo disegno. Perché insistere
su una o più presenze organizzate dei cattolici in politica,
perché invece non lasciare più spontaneità alle scelte di
collocazione dei cattolici impegnati in politica.
Le risposte a queste domande non possono non tener conto di tre
esigenze:
primo, non disperdere la
ricca eredità del cattolicesimo democratico(7);
secondo, poter esprimere
una propria elaborazione culturale ispirata alla
Dottrina Sociale della Chiesa.
terzo, verificare lopportunità
di unaspecificità dei cattolici nel
contribuire positivamente alla costruzione della "città",
della "polis".
Per quanto riguarda le prime due
esigenze, non disperdere leredità storica e mantenere una
propria capacità di elaborazione culturale, è indubbio che
occorra un minimo di "massa critica" per poter
garantire risorse e strutture organizzative che consentono
autonomia di valutazione, capacità di fare proposte e peso
politico per farle attuare.
Tuttavia, non è detto che questa "massa critica" debba
identificarsi con uno o più partiti cattolici.
Se il processo di "bipolarizzazione" del sistema
politico italiano andrà avanti, anche sotto la spinta delleuropeizzazione
politica e non solo economica del nostro Paese, è possibile che
i partiti si "diluiranno" sempre di più allinterno
dei due poli principali (Polo e Ulivo) a vantaggio di una
maggiore coesione politica degli schieramenti.
Anche in questo caso sarà utile mantenere dei luoghi di
discussione e di elaborazione culturale in cui i cattolici
possano esprimere una propria specificità politica. Magari non
più o non necessariamente allinterno della forma partito,
ma attraverso altre forme più "leggere" quali ad
esempio coordinamenti politici, assemblee nazionali di indirizzo,
fondazioni culturali, movimenti organizzati, ecc.
È chiaro che in un sistema bipolare dove i cattolici si trovano
in entrambi i "poli" bisognerà distinguere tra
progettualità politica ed elaborazione culturale ispirata ai
valori della fede. La prima andrà condotta in sedi separate,
cattolici "progressisti" da una parte e cattolici
"conservatori" dallaltra, la seconda deve trovare
dei luoghi di incontro dove i cattolici impegnati in politica
possano dialogare in libertà per verificare punti di vista
comuni sui grandi temi della vita, delletica e dello
sviluppo sociale ed economico.
3. LA QUALITÀ POLITICA OLTRE LA CONSISTENZA NUMERICA
Affrontiamo adesso la seconda domanda: quale dovrebbe essere la
specificità di una cultura politica animata dai cattolici ?
La fine dellera DC e più ancora lintroduzione del
sistema maggioritario, seppure imperfetto(8), non solo ha
liberato il voto cattolico dal vincolo dellunità, ma ha
costretto i cattolici a riposizionarsi.
Improvvisamente il centro come spazio politico autosufficiente
si è dissolto, obbligando i cattolici a scegliere tra
polarità opposte.
Questa è stata, a mio avviso, la vera frattura rispetto agli
equilibri del sistema politico della Prima Repubblica.
Contemporaneamente, il processo innescato, e ancora in corso,
della "bipolarizzazione del sistema politico ha recuperato
le forze escluse della Prima Repubblica: da un lato gli eredi
del vecchio Partito Comunista, con il PDS oggi al governo e
Rifondazione Comunista dentro la maggioranza, e dallaltro
gli eredi del Movimento Sociale, con AN che partecipò al governo
Berlusconi.
Lunica forza antisistema oggi presente è rappresentata
dalla Lega con il suo progetto secessionista (almeno sulla carta).
La rottura degli argini ideologici ha fatto sì che i cattolici
che ai tempi della DC guardavano alla propria diversità-identità
con "autosufficienza politica" (i voti erano
sufficienti per far prevalere la loro cultura politica) oggi le
identità e le diversità sono destinate a ridursi notevolmente
nel momento in cui si devono condividere strategie e progettualità
con altre culture politiche un tempo distanti.
Ma se si riducono le differenze non cè il rischio dellomologazione,
o peggio ancora della perdita di ogni fecondità culturale e
sociale dei cristiani, di cui parla Don Romeo nel suo articolo(9).
Il Cardinale di Milano, Carlo Maria Martini, nel suo discorso
alla città per la festa di S. Ambrogio ci mette in guardia
contro "alcune derive pericolose".
Se da un lato questa maggiore uniformità potrebbe ridurre la
conflittualità tra i partiti, dallaltra << questa
convergenza silenziosa di cosiddetti "conservatori" e
di cosiddetti "progressisti avviene su linee di tendenza che
costituiscono una decadenza rispetto alla nostra tradizione
culturale e civile. Cadute le grandi ideologie, i diversi filoni
si stanno come implicitamente accordando sullesaltazione
delle ragioni dellindividuo e sulla difesa degli interessi
di gruppo...>>(10).
Mi domando se in queste parole il Cardinale non raccolga una domanda
di specificità per il ruolo dei cristiani nella società,
nella cultura, nella politica. In realtà ritengo che il
discernimento nella carità debba mettere a nudo linsufficienza
di risposte parziali della politica quando si rivolge ad
interessi particolari che non tengono conto "della
costruzione globale della città di tutti".
Come possono i cristiani in questo fine millennio non cogliere le
sfide della modernità contribuendo a migliorare questo
"pezzo di storia" che ci viene affidato nel suo
divenire in Italia, in Europa e nel mondo?
Come possiamo rinunciare al nostro impegno fecondo
rispetto ai grandi temi dello Stato Sociale, delle riforme
istituzionali, della globalizzazione delleconomia e della
cooperazione?
Come possiamo rinchiuderci nel recinto dellindividualismoedegli egoismi di "gruppo" e non fremere
per costruire una politica solidale più attenta alle esigenze
degli ultimi e degli esclusi?
Oggi che siamo minoranza dobbiamo essere coscienti che la
"qualità degli ideali e degli uomini" possono essere
più decisivi dei numeri(11), soprattutto nelle fasi di
transizione dove è più importante discernere la direzione.
Il futuro dei cattolici italiani si misurerà proprio qui,
nella loro capacità di riorientare lo sviluppo di questo paese
verso il futuro, rilanciando nuove progettualità e nuovi
traguardi sociali. Forse la nostra tradizione europeista,
ereditata da De Gasperi, esprime meglio di ogni altra cosa la
fecondità della cultura politica che i cattolici democratici
hanno saputo interpretare. Il futuro dei cattolici in politica
non dipenderà tanto dalle alchimie della politica volte a dare
forma e consistenza alla rappresentanza politica dei cattolici,
quanto piuttosto dalla capacità del mondo cattolico di esprimere
progettualità e valori nellinteresse di tutti. La fine
dellunità in un unico partito cattolico dovrà spingerci
verso una maggiore unità sui valori comuni che potrà vederci
divisi nelle opzioni politiche ma uniti nel promuoverne la
cultura.
Note:
1) Il profilo socio-culturale
degli elettori 1994,in Social Trends, n.66,novembre 1994.
2) La religiosità in Italia. AA.VV., Mondadori, Milano
1995.
3) Quale futuro politico per i cattolici? Franco Garelli,
Sei, Torino 1997
4) Non vi sono altri indicatori oggettivi altrettanto efficaci
per definire il cattolico praticante. ciò non toglie che il
grado di partecipazione alla vita ecclesiale è legato ad altre
dimensioni significative, più difficili da rilevare
statisticamente.
5) Al tempo della rilevazione statistica non c'era ancora il CDU.
6) I cristiani nel bipolarismo europeo. Stefano Ceccanti
in Il bianco e il rosso, n°0 1997
7) Il futuro dei cattolici democratici. Bartolomeo Sorge
in Aggiornamenti Sociali, febbraio 1998.
8) Per l'elezione dei deputati e dei senatori è prevista una
quota proporzionale pari al 25% dei seggi
9) "....cattolici democratici alla Lazzati ed alla
Dossetti hanno lasciato tracce inequivocabili di impegni fecondi
nel culturale e nel sociale...", Don Romeo Peja in
Impegno Cristiano aprile 1998.
10) Alla fine del Millennio. Servi inutili, umili e grati.
Discorso del Cardinale Arcivescovo alla città per la festa di S.Ambrogio,
Carlo Maria Martini, 5 dicembre 1997.
11) Il Progetto Culturale della Chiesa Italiana.
Bartolomeo Sorge in Aggiornamenti Sociali, settembre-ottobre 1997.