IL DILUVIO
Il racconto biblico ha sempre affascinato il mondo degli scienziati; soprattutto i grandi eventi della Genesi fin dalla seconda metà del settecento hanno innescato accese controversie tra coloro che ritenevano che l'esegesi scientifica dovesse condurre necessariamente al resoconto biblico e coloro invece che, pur fondamentalmente cristiani, in base alle conoscenze scientifiche dell'epoca non riuscivano a suffragare una fede letterale in quegli eventi.
Il Diluvio, in particolare, è uno di quegli eventi che più hanno fatto e continuano a fare discutere; sta alla base di una teoria, il CATASTROFISMO, che risale alle cosmogonie speculative del XVII-XVIII secolo e che si era affermata nella prima metà dell''800 soprattutto a seguito delle idee formulate dal reverendo W.Buckland.
Buckland era il più autorevole geologo d'Inghilterra e nel 1820 inaugurava la cattedra di Mineralogia e Geologia ad Oxford con una conferenza, intitolata "Esposizione dei rapporti tra geologia e religione", nella quale attribuiva grandi depositi di sabbia e ghiaia ricoprenti estesi territori di Scozia ed Inghilterra alle devastazioni conseguenti al Diluvio universale di Noè. Quanto sostenuto da Buckland ebbe vita breve perché un'analisi più accurata potè dimostrare con certezza che quei depositi in realtà rivelavano un'origine legata ad espansioni glaciali; e lo stesso Buckland dovette ben presto convertirsi alla realtà dell'Era glaciale.
I tentativi di dare una base scientifica al racconto biblico del Diluvio però continuarono; a partire da G.Smith archeologo (1840-1876) fino a W.Ryan e W.Pitman oceanografi autori de "Il DILUVIO" ed. Piemme (1999), il libro che costituisce oggetto di questa sintetica analisi.
G. Smith, un acceso sostenitore della veridicità delle Scritture, studiando tavolette di pietra babilonesi, pose le basi di quella che oggi è conosciuta come la "Saga di Gilgamesh" in cui la storia del Diluvio risulta essere raccontata molto prima della composizione del primo libro dell'Antico Testamento. La "Saga di Gilgamesh" potrebbe essere la versione originale del Diluvio di Noè? E se sì, è stata accolta dagli Israeliti come tradizione orale prima della sua redazione finale in scrittura ebraica?
Smith, unitamente ad altri ricercatori, pur lasciando molti dubbi espresse però la certezza che la storia del Diluvio dovesse trarre comunque origine da un fenomeno catastrofico realmente avvenuto, probabilmente non generalizzabile all'intera superficie terrestre, ma che invece, presumibilmente, doveva avere colpito solo le popolazioni antenate di coloro che fondarono le grandi città-stato della Mesopotamia meridionale.
Chi sono W. Ryan e W. Pitman, gli oceanografi della Columbia University di New York, autori del libro oggetto di queste considerazioni? Pitman è uno di coloro che hanno contribuito a costruire il modello della "Tettonica delle placche", un modello rivoluzionario con cui si cercano di spiegare le relazioni reciproche tra continenti e oceani nel tempo e nello spazio.
Ryan, che ho avuto il piacere di conoscere, è uno dei tre ricercatori (Cita, Ryan, Hsu) a cui si deve l'ipotesi secondo la quale circa cinque milioni d'anni fà il Mediterraneo, dopo essere rimasto completamente all'asciutto e ridotto ad una depressione arida e desolata, è stato riempito d'acqua entrata catastroficamente attraverso lo Stretto di Gibilterra in un tempo relativamente breve. E' importante tenere presente questo per capire il libro; il caso del Mediterraneo poteva dimostrare che grandi inondazioni d'acqua sono eventi rari ma reali.
Il problema che si poneva a Ryan e Pitman non era dunque se fossero esistite altre inondazioni analoghe, bensì dove si dovessero cercare le evidenze di tali fenomeni. Ritennero che fondali sommersi di mari attuali, ben circoscritti e comunicanti con altri mari attraverso stretti passaggi, potessero rappresentare le condizioni appropriate; il Mar Nero, ad esempio, intracontinentale e comunicante con il Mediterraneo attraverso Bosforo e Dardanelli. E a proposito del Mar Nero, un articolo pubblicato su Science (prestigioso periodico dell'associazione americana per il progresso delle Scienze) nel 1970 parlava di un ex-mare che, dopo essersi trasformato nel lago d'acqua dolce più grande del mondo -LAGO DEL NUOVO EUSINO era poi tornato mare così come si poteva intuire dai resti d'organismi fossili trovati dai sedimenti del suo fondo.
La caduta della Cortina di Ferro consentì finalmente a Ryan e Pitman di allacciare regolari relazioni scientifiche con i ricercatori dell'ex-Unione Sovietica che sul Mar Nero potevano disporre di un patrimonio ragguardevole di conoscenze. La loro partecipazione ad una campagna oceanografica con i colleghi russi consentì loro di eseguire sul fondo di quel mare una serie di carotaggi che portarono a raccogliere successioni di conchiglie fossili confermanti il brusco passaggio di condizione da acqua dolce ad acqua marina. La datazione di quei reperti consentì loro di fissare l'evento a metà del VI millennio a.C. Il lago doveva trovarsi ad un livello più basso di oltre 100 metri rispetto a quello dell'attuale mare come poteva essere intuito dalla presenza nei sedimenti di indizi di fenomeni erosivi dovuti a locale e temporanea esposizione subaerea del fondo. Ryan e Pitman hanno calcolato che l'inondazione responsabile del passaggio da condizione di lago a quella di mare, manifestatasi attraverso il Bosforo, avrebbe provocato l'innalzamento del livello dell'acqua di due o più metri alla settimana.
Quali le cause di tale fenomeno, veramente catastrofico? Quali le conseguenze nelle regioni circostanti?
Gli Autori cercano di rispondere alla prima domanda facendo riferimento a testimonianze di variazioni del livello del mare registrate anche in altre parti del globo. Sostengono che a partire da 12.500 anni a.C. lo scioglimento di un'estesa calotta di ghiaccio ricoprente le regioni nordiche avrebbe determinato un grande afflusso di acqua dolce verso sud.
Ne sarebbero conseguiti: il progressivo sollevamento del livello del mare nel Mediterraneo e la raccolta di acqua dolce nella depressione, allora isolata, che riempiendosi si andrà trasformando nel Lago del Nuovo Eusino. Circa 5.600 anni a.C. la linea di costa di tale lago poteva essere stimata 110 m sotto lo sbarramento del Bosforo, quando, con la lacerazione di tale sbarramento si innesca la catastrofica inondazione prima descritta.
E chi abitava in quelle regioni come si pensa che abbia reagito al fenomeno? Chi viveva sulle rive, probabilmente molto fertili, del lago dove ha cercato scampo? La risposta a tali domande occupa l'ultima parte del libro.
Gli Autori, suffragando il loro discorso con significative testimonianze archeologiche, ipotizzano una diaspora generalizzata da quell'area che rapidamente stava acquisendo la configurazione dell'attuale Mar Nero: verso l'ovest ed il NO dell'Europa, verso la costa del Mediterraneo orientale sino all'Egitto, in direzione est e SE sino alla Cina occidentale ed al Golfo Persico.Ed è a questo punto che ritorna il discorso del Diluvio! Contrariamente a Buckland che oltre 150 anni prima era partito dalla presunta realtà storica del Diluvio, Ryan e Pitman assumono come punto di partenza, per spiegare quel discorso, la catastrofica invasione di acqua salata attraverso la gola del Bosforo.
Rifacendosi a G. Smith ritengono che sia le narrazioni della mitologia mesopotamica che quelle della Bibbia si riferiscano al medesimo evento. Ma il discorso biblico si staccherebbe radicalmente dalle versioni più antiche per la parte assegnata al Dio unico e onnipotente. "Il racconto biblico del Diluvio è intessuto dall'ideologia religiosa centrale del giudaismo che riconosce un Dio unico, onnipotente, previdente e buono, il quale stabilisce un rapporto diretto con l'unico giusto, Noè, il patriarca e progenitore delle generazioni sopravvissute al Diluvio. Come nelle versioni precedenti il Diluvio è mandato sull'umanità come punizione, ma nella Genesi la trasgressione è distintamente morale".
Ho riportato testualmente quelle che possono essere considerate le conclusioni a cui gli Autori arrivano. Credo che il loro sia un libro da leggere, anche se una traduzione infame ne rende spesso difficile la comprensione.