Vilardo :: tutti dicono Germania Germania |
||
|
||
[2] | ||
Sono
partito per la Germania il due ottobre del millenovecentosessantuno ché qui non potevo più campare io e la famiglia con quattro bambini Sono partito da clandestino e non ho passato le montagne a piedi come tanti altri ma d'intrallazzo con le macchine Cento mila lire tutto mi è costato denari prestati al venti per cento ma Dio mi ha aiutato e ora alla posta ho qualche milione Sebbene in Germania il denaro si guadagna uno è sempre disperato ché non si può sopportare stare lontani dalla famiglia dalla moglie dai figli soli sempre soli La prima città dove arrivai fu Sabrik e trovai subito lavoro ché allora c'era il blocco di Berlino e tutti gli italiani scofIavano e lavoro ce n'era abbastanza Lavorai in una ditta per diciotto mesi facevamo strade ponti canali Lavorai anche in altre ditte una vita disperata Ora a Manaim lavoro in una fabbrica di chimica dove la passerei tanto bene se non fosse per i colori che mi fanno male alI.o stomaco Lavoro di notte e fa freddo j ché la temperatura non è la nostra e anche questo è male ; Questo io vorrei che ci dessero lavoro in Italia ché siamo stufi della Germania e di tutti i paesi del mondo Dormo nelle case della fabbrica e pago trenta marchi al mese Otto persone in una stanza non si può vivere così ché tanti fiati ad una persona fanno male ognuno di noi ci abbiamo un fiato diverso fa infezione Prima abitavo in una baracca dove la polvere si mangiava le persone Oggi mi trovo meglio Certo non è che ci abbiamo la donna come qui in Italia e a tutto dobbiamo pensare noi fare la spesa farci da mangiare lavarci la biancheria il cervello si sfrutta non si può più vivere così Faccio dodici ore di lavoro un'ora per mangiare undici ore nette di lavoro e guadagno centoquarantamila lire al mese alla famiglia mando centodiecimila lire e con il resto tento di arrangiarmi E' da cinque anni che non vedo Pasqua ché lavorando dodici ore al giorno Pasqua e Natale sono come tutti gli altri giorni Da cinque anni che non vedo la Scinnenza né quella bella festa dell'incontro del Salvatore con la Madonna con la banda che suona un'allegria Lì fanno festa in chiesa Più festa fanno per Carnevale Una festa speciale Si vestono di elefanti di cammelli di tigri una festa importante io ci sono andato l'anno scorso I tedeschi sono bravi ma non sono uomini d'onore non sanno tenere un segreto Questo sono i tedeschi spioni forti sono Quando vedo una cosa io non parlo mai dovessero ammazzarmi Quelli invece non sono capaci cc Non lo fanno apposta forse sarà la temperatura non so perché tutti i tedeschi sono uguali Non ho altro da dire io |
||
[16] | ||
Avevo
una piccola casa che non potevo abitarla e stavo in casa d'affitto Un giorno dissi voglio andare in Germania a tentare la sorte Lì mi trovai malissimo Lavoravo in una fonderia che mi sembrava di essere all'inferno ma costretto dal bisogno mi adattai Dopo tre mesi ricevetti un telegramma da Delia ché mia sorella era molto grave Lasciai il lavoro e me ne ritornai Dopo pochi giorni mia sorella moriva Non avevo più voglia di ripartire ma il contratto dovevo rispettarlo Trovare unp, casa a Manaim era un problema La ditta mi aveva alloggiato con altre sei persone in una piccola baracca d'inverno morivamo dal freddo d'estate dal caldo Nel marzo del sessantadue caddi ammalato e mi portarono in ospedale locali belli puliti ordinati uno specchio ma non capivo niente di quello che dicevano a quel mangiare non ero abituato come un cane paesani non riuscivano a trovarmi ché chi non sa parlare è come un cieco ne la vidi veramente brutta non capivo gli infermieri non capivo il dottore che veniva a visitarmi ni facevano delle punture ni davano a bere acqua colorata così dopo quindici giorni fui dimesso senza aver saputo c:he male mi avessero curato |
||
[22] | ||
Già
nel millenovecentoquarantadue pensavo di emigrare ma mia madre si ammalò e non mi riuscì di andare in Francia Poi qualcosa si smosse in Venezuela e subito preparai i documenti con Francesco Picipici Calogero La Rizza e Giovanni Cumbo buon'anima Andammo a Roma per il nulla osta e quando mi chiesero che mestiere fai il manovale muratore risposi mi sembrò uno scherzo ma dopo venti giorni avevo il nulla osta Ero già pronto per partire quando mia madre si aggravò e tutto finì lì Ho avuto sempre voglia di emigrare qui non posso più campare la vita è male e appena seppi della Germania incominciai a brigare per i documenti ma successe che morì mia madre e rimasi a casa solo come uno zingaro Mi sposai Ci dividemmo coi miei fratelli quel poco di roba che c'era e a me toccarono duecentomila lire mi prestai settecento mila lire e mi comprai la casa paterna I così rimasi sotto debito Come faccio mi dissi qui con la campagna mai riuscirò a pagare il debito I Allora subito partii per Sommatino ché seppi di un tale che pagandolo mi avrebbe portato in Germania da clandestino Eravamo in nove Vi devo avvisare io per la partenza ci disse Passarono sei sette giorni e un silenzio di tomba Poi lo vedemmo arrivare tutto misterioso domani si parte e silenzio non deve saperlo nessuno Va bene La sera facemmo la macchina ognuno di noi si portò un tovagliolo e un pezzo di pane e per strade diverse chi dal carcere vecchio chi dal canale arrivammo al luogo d'incontro al di là del cimitero Trovammo sul posto chi doveva farci espatriare Il patto era che dovevamo dargli sessanta mila lire e lui ci assicurava il lavoro Partimmo da Caltanissetta con il treno delle quattro Una vita dannata che quando lasciavamo il treno camminavamo a piedi di notte come anime del purgatorio tra foreste e valloni Ma Dio ci diede grazia e arrivammo a Nizza Da Nizza dovevamo passare in Germania e ci fu bisogno della macchina mettemmo altre cinque mila lire l'uno Passammo di notte Ci lasciarono in una cava di pietre ché le montagne dovevamo passarle a piedi Pioveva oh acqua Signore Attendemmo il ritorno della guida bagnati come pulcini Quanti sacrifici Signore per buscarci un pezzo di pane Quando Dio volle la guida tornò ci rimettemmo in cammino e pioveva pioveva Dovevamo superare una montagna così e buio che non si vedeva ne' cielo ne' terra Chi a branciconi chi con bastoni di fortuna tentavamo di passare la montagna tutti infangati morti di sete e di fame.. E a un riflesso di luce lontana'" ci buttavamo a terra ché avevamo paura delle guardie e l'acqua che ci cadeva addosso a infradiciarci tutti Camminammo tutta la notte ed era il diciassette maggio Di giorno ci fermammo ad una casa tutta sporca di merda parlando con rispetto Eravamo morti di freddo tutti bagnati Uno voleva accendere il fuoco con una porta tutta sfasciata Se ci vede la polizia siamo fottuti disse la guida lasciammo perdere ci asciugammo tutta quell'acqua addosso Poi la guida ci portò fuori da quell'inferno Arrivammo a Francoforte Alla stazione trovammo un paesano e fu come se mi fossi trovato per miracolo al mio paese in piazza con gli amici L'indomani andammo a trovare Smit quello che ci doveva imbocciare Con questo stetti dieci mesi a lavorare ma mi tirava lo sgarro sulla paga Lavoravo in una fabbrica di colori riempivo dei vasi mi riducevo come un facchino sempre qualche schizzo mi sporcava La sera facevo il bagno ma per sgrasciarmi ci voleva almeno un'ora Poi sputavo colore parlando con rispetto ma c'era il bisogno e quando nella busta della paga ogni settimana trovavo trentamila lire che io a Delia non li pigliavo manco ogni tre mesi non so cosa mi sembravano quei soldi e non pensavo se quel lavoro mi facesse del male Per trentatre mesi ho resistito e facevo il bagno ogni sera ma quando tornavo in baracca pisciavo colore Andai da un dottore italiano uno dei dottori della fabbrica E' niente mi disse ma mi cambiarono lavoro e mi assegnarono alla penicillina dove lavorano i tedeschi Mi trovavo da signore una pulizia da sembrare in paradiso Lavoravo con un'aspirapolvere che portavo come una carriola per tutti i locali della fabbrica Non facevo che mezz'ora di lavoro e me ne pagavano otto Non avrei voluto allontanarmi più manco a pietrate Ma siccome la vita è male la sera quando tornavo dal lavoro dovevo anche cucinarmi lavarmi la roba rattoppare le camicie le calze e non ne potevo più ché se uno avesse la fortuna di trovare una casa per la famiglia non tornerebbe più dalla Germania A me il direttore della fabbrica mi aveva promesso la casa ma io come dico il bene dico il male e dico che non mi diedero la casa perché sapevano che ero ammalato e volevano farmi stufare e ci riuscirono bene Avevo bisogno di riposo e volevo tornarmene a casa per un poco dai miei figli da mia moglie respirare la nostra aria scaldarmi al sole del paese Così mi dissi vado a parlare al direttore e gli dico che mia moglie è ammalata e devo portarla in ospedale sarei tornato entro cinque mesi Così feci Bene rispose il direttore per il momento ti pigli le carte poi si vede quando ritorni io misi la firma e mi rovinai ché non sapevo d'essere ammalato A Delia caddi come una pera fradicia mi portarono in ospedale e stavo quasi per morire Senza il libretto della Cassa Mutua mi stavo mangiando la casa e i trentatremesi di sudori della Germania Disperato appena mi sentii meglio decisi di tornare in Germania la Germania mi ha rovinato e la Germania mi deve aiutare Partii con mio cognato Se fossi riuscito a imbocciarmi loro mi dovevano curare Mi presentai alla visita e mi respinsero ché ero ammalato Sono ammalato io dissi non mi ha rovinato forse questa fabbrica ora se ne accorgono che sono ammalato Scemo tu che hai firmato mi dissero E ora sono qui ad aspettare la pensione come mi ha promesso l'Onorevole Volpe me la dovranno dare per forza i signori tedeschi Ma sono già otto mesi e questa pensione non la vedo |
||
[29] | ||
Tutti
dicono Germania Germania e se ne riempiono la bocca come fosse la manna del cielo a me non ha portato che sfortuna ma io sono cocciuto come un mulo e andrò in Germania fino a quando crepo I primi giorni tutto mi va bene trovo lavoro casa e guadagno che non mi posso lamentare poi il diavolo ci mette la coda e vado a finire in ospedale come quella volta che mi cadde addosso un sacco di cemento e mi ruppi tre costole che ne risento ancora Parlano della Germania come fosse il paradiso come se i soldi te li regalassero invece se non ti sfianchi di lavoro per dieci dodici ore al giorno a casa non manderesti che pidocchi Ultimamente le cose mi andarono bene e misi da parte un buon gruzzoletto a Delia mi dissi che il Natale mi aspetta Me lo fece fare certo il diavolo Ero tranquillo ora sono nei guai ché sopra il treno litigai con un disgraziato e sono tutto foruncoli per lo spavento ché il sangue mi diventò acqua quando quello voleva spararmi Non faccio che andare dai medici e pago le visite di sacchetta mia perché ho dimenticato in Germania il grandsciai internazionale che è come il libretto della mutua Ho scritto ad un cugino ché me lo faccia rilasciare dalla ditta dove lavoravo ma ancora non ho visto niente intanto i soldi se ne vanno come fave da Stefano
Vilardo |