Le feste Le campane Le comunioni Le cresime I matrimoni I funerali


Parrocchia

La fondazione della parrocchia di Brusuglio è molto antica. Si staccò da Bruzzano quando il paese fu in grado di mantenere il suo sacerdote. Questo avveniva attraverso una tassazione che i possidenti, anche non residenti in parrocchia, offrivano alla chiesa. Tale tassazione consisteva in appezzamenti di terreno con relativo caseggiato colonico. Così la parrocchia nacque nel XV secolo circa. La chiesetta era situata all'inizio dell'attuale piazza della chiesa, dove più tardi nascerà la "Cort di Barucan" (vedi planimetria), a ridosso dell'antica casa parrocchiale. Fino al 1843 la chiesa parrocchiale si riduceva ad un oratorietto insufficiente ed indecente, con annesso un piccolo cimitero. In quell'anno venne demolita e fu iniziata la costruzione della nuova chiesa, completata e ufficiata nel 1846. L'area sulla quale sorse faceva parte del giardino di Alessandro Manzoni e fu da lui completamente donata: cedette pure in dono altro spazio del giardino ed anzi atterrò un lungo tratto del muro di cinta per dare una conveniente prospettiva alla chiesa. Durante la costruzione le funzioni venivano celebrate nella Chiesetta di S. Stefano, sulla piazza omonima (vedi planimetria), che era la chiesetta privata della famiglia Manzoni. Inoltre la quota maggiore di contribuzione alla quale i proprietari si erano obbligati per la costruzione della chiesa, gravò su Manzoni che era allora il maggior possidente del paese. La sua generosità costante fu riconosciuta dalla Curia Arcivescovile di Milano, la quale concesse allo scrittore, a titolo di benemerenza, un'entrata privata alla chiesa, nella cappella laterale sinistra. Questo privilegio era stato concesso anche ai discendenti del Manzoni. L'ultima Manzoni che ha avuto accesso alla cappella è stata donna Vittoria Manzoni, nipote dello scrittore. In detta cappella dove lo scrittore soleva pregare è ancora visibile una piccola lapide commemorativa. I parroci della parrocchia nel periodo manzoniano sono stati: Don Dionigi Rolandi (1830-1852) Don Paolo Pecchio (1852-1902) amico del Manzoni Seguono poi: Don Domenico Merlini (1902-1934) Don Angelo Gini (1934-1965) Don Lino Marelli (1965-1992) Don Tranquillo Spinelli (1993).

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Le due principali feste parrocchiali erano: la festa patronale di S. Vincenzo martire, il 22 gennaio, e la sagra parrocchiale, festa della Madonna del Rosario, che si celebrava, come ora, la quarta domenica di ottobre. La festa patronale era prettamente religiosa. Al mattino durante la Messa solenne a cui partecipava tutta la popolazione, veniva bruciato dal sacerdote un pallone di bambagia costellato di stelle dorate: voleva ricordare il sacrificio del Santo martire che aveva donato la vita per amore di Cristo rinunciando al mondo. Nel pomeriggio venivano celebrati i vesperi solenni accompagnati dai cantori. La sagra parrocchiale era una festa religiosa e paesana: per una settimana le campane suonavano a festa più volte al giorno; poi la domenica, dopo la Messa solenne, i vesperi e la processione, incominciavano i divertimenti: la cuccagna, la giostra "di cavalitt", le bancarelle con i dolciumi, le castagne arrosto. Il lunedì si commemoravano i defunti: S. Messa, vesperi e processione al cimitero, poi i divertimenti come la domenica.

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Le campane avevano un ruolo importante nella vita del paese anche perché molti non possedevano orologi: i ritmi della giornata, le festività, gli eventi, erano annunciati dal suono delle campane che si differenziava a seconda dell'evento e tutti ne conoscevano il significato. Al mattino presto, a mezzogiorno e alla sera la campana dell'Ave Maria invitava alla preghiera dell'Angelus che ognuno recitava in casa; dopo l'Ave della sera le campane rimanevano mute sino all'Ave del mattino successivo. Il suono di una campana durante la notte metteva in allarme tutto il paese perché significava che stava accadendo qualche cosa di grave come un incendio o qualche altra calamità. La "campana a martell" (così era chiamato quel suono) faceva accorrere tutti i paesani pronti a dare una mano per qualsiasi evenienza. Il suono di una "agonia" avvertiva che qualcuno del paese era in fin di vita, allora in ogni casa e cortile si recitava una preghiera specifica per il morente. Anche quando si portava il "viatico" al moribondo il corteo era accompagnato dalle persone richiamate dal suono specifico di una campana particolare. Davanti alla piccola processione un chierichetto suonava un campanello per invitare tutti i paesani ad uscire sui portoni per adorare il Signore che passava e pregare per l'ammalato. Intensa era l'educazione religiosa degli adulti che si impartiva in parrocchia. L'associazione che si occupava di questo era la Confraternita del SS. Sacramento, già istituita da S. Carlo, che aveva come scopo proprio l'apprendimento e l'insegnamento della dottrina cristiana. Gli iscritti, uomini e donne, si impegnavano a ritrovarsi tutti i pomeriggi della domenica per ascoltare la dottrina e partecipare ai vesperi. Inoltre partecipavano ai funerali e alle processioni. C'erano anche le "Figlie di Maria" che avevano lo scopo di condurre una vita casta e pura sotto la protezione della Madonna. Più tardi verso il 1920 nasce a Brusuglio l'Azione Cattolica maschile e femminile. Con-temporaneamente viene aperto l'Oratorio. Nelle processioni, che si effettuavano in alcune festività, i partecipanti sfilavano in un ordine ben preciso: davanti le bambine, le giovani di Azione Cattolica e le Figlie di Maria vestite di bianco e con velo bianco in testa; poi le consorelle del SS. Sacramento, in abito nero e con velo nero: al collo portavano una medaglia sorretta da un nastro rosso; quindi i ragazzi dell'Oratorio e i giovani di Azione Cattolica; i Confratelli del SS. Sacramento che indossavano una tunica bianca sotto una mantellina rossa sulla quale spiccava un grosso medaglione raffigurante l'Ostensorio. Ogni associazione portava il proprio stendardo o bandiera. Venivano poi i chierichetti e i sacerdoti. Seguivano il baldacchino con il SS. Sacramento nelle feste del Corpus Domini, o l'immagine della Madonna. E dietro tutta la popolazione. L'onore di sostenere la statua di Maria, veniva riservato di volta in volta a persone di particolare rilievo in quel momento storico. Nelle foto riportate, che riguardano la processione della Madonna del Rosario del 28 ottobre 1936, la statua era sorretta da reduci della guerra d'Africa ed era affiancata dalla Milizia fascista. La statua della Madonna e il relativo tempietto erano scolpite nel legno, dagli artigiani della Val Gardena. Attualmente questa statua si trova nella nuova chiesa parrocchiale. Sono da notare i grossi candelabri che venivano portati dai membri della Confraternita. Veniva portata anche una grossa croce che ora si trova nella nuova chiesa parrocchiale. In occasione di feste importanti, come l'entrata in parrocchia del nuovo parroco, il suo 25° di permanenza, la visita pastorale del vescovo, i portoni e gli ingressi dei cortili si trasformavano in "porte trionfali". Ogni cortile faceva a gara nel costruirle nel modo migliore, tenendo segreto persino il progetto che precedeva la realizzazione. Consisteva in una grande base in legno che veniva completamente ricoperta da disegni realizzati con fiori di carta, chicchi di granoturco, riso, paglia stirata e incollata. Anche le finestre che si affacciavano sulla Via Manzoni venivano addobbate con fiori di carta, lumini e salviette ricamate.

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Ai funerali era tipica la presenza di quasi tutto il paese, compresi i bambini dell'asilo. Nella foto (anno 1939) si vedono sfilare completamente vestite di nero le donne della confraternita del SS. Sacramento. Segue il parroco e due chierichetti. Il carro funebre era una carrozza trainata da cavalli bardati di nero. Il cocchiere portava una divisa nera con un cappello caratteristico. Ai lati del carro c'erano quattro fiocchi che venivano sorretti dagli amici o parenti del defunto. Il funerale sta uscendo dalla Via Manzoni, passa vicino alla saracinesca, abbassata per l'occasione, del vecchio circolo "La Vignetta". Il fondo stradale era ancora acciottolato.

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Il giorno della Prima Comunione è sempre stato un giorno importante. Le famiglie, pur nella loro povertà, festeggiavano la cerimonia sottolineandone l'importanza spirituale. Le bambine indossavano tutte un abito bianco (che spesso era di seconda o terza mano). Non ci si poteva permettere regali, banchetti, fiori. A volte, quando si poteva, si faceva la foto ricordo nello "studio del Carleu" (attuale farmacia). Nel periodo in cui era parroco Don Angelo Gini, i bambini dopo la cerimonia, venivano invitati nella casa parrocchiale o nel giardino parrocchiale dove potevano consumare una tazza di cioccolata con biscotti savoiardi (leccornie inusuali per la maggioranza dei bimbi) offerti dal parroco stesso. L'unico regalo che i comunicandi ricevevano consisteva in un libretto di preghiere con la copertina di madreperla che il parroco regalava loro e una medaglia col nastro rosso che veniva appuntata in chiesa, subito dopo aver ricevuto il Sacramento.

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Il Sacramento della Cresima veniva celebrato in genere ogni quattro o cinque anni, in occasione della visita pastorale. Proprio per questo motivo, spesso il gruppo dei cresimandi radunava bambini di età diverse (dai 6 agli 11 anni). Tutti i bimbi, indipendentemente dall'età, si preparavano con il catechismo al Sacramento, poi il Vescovo in persona li interrogava per conoscerne la preparazione.

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I matrimoni seguivano un rituale preciso: prima della cerimonia lo sposo e i suoi parenti si recavano nella casa della sposa, dove, a volte, era offerto un piccolo rinfresco. Quando il corteo si avviava, a piedi, verso la chiesa, lo sposo era accompagnato dalla madre, la sposa dal padre. Seguivano in fila tutti i parenti. In chiesa la coppia si univa davanti all'altare (senza la presenza dei fotografi) e contraeva matrimonio. La cerimonia non necessariamente era accompagnata dalla Messa. All'uscita dalla chiesa gli sposi venivano investiti da una pioggia, non di riso come si usa oggi, ma di piccoli confetti di zucchero e di grossi confetti con la mandorla. La folla dei bambini di Brusuglio (e anche gli adulti) aspettava proprio questo momento goloso. Il corteo si avviava a visitare la nuova casa degli sposi. Poi si andava a pranzo. I banchetti di matrimonio di solito a Brusuglio si consumavano nella casa di uno dei due sposi (più tardi nel salone del Circolo "La Vignetta"), ed erano accompagnati da musiche e canti e duravano spesso dal mezzogiorno alla mezzanotte. Allora non era in uso il viaggio di nozze e gli sposi il giorno dopo il matrimonio riprendevano il ritmo di lavoro della vita quotidiana.