LA
STORIA DI TEULADA
Anticamente Teulada non si trovava nel luogo dove sorge oggi, ma nel territorio che ora è occupato dai militari.
La città sorgeva sul mare nella località che
oggi chiamiamo Zafferanu e si chiamava “Tegula”. Tegula fu fondata
probabilmente dai Fenici. I Fenici erano un popolo di navigatori e commercianti
che l’abitavano normalmente. Essi con robuste navi raggiungevano per il loro
commercio tutte le coste del Mediterraneo. Nella Sardegna meridionale fondarono
diverse città: Carali, Nora, Bithia, Sulcis; dopo la guerra tra i fenici e i
cartaginesi (abitatori di Cartagine) e la vittoria di questi ultimi, queste
colonie divennero proprietà dei cartaginesi. Fu in seguito alle guerre tra
Cartagine e Roma, con la vittoria dei romani, che queste città divennero dominio
dell’Impero di Roma. I romani sfruttarono Tegola soprattutto per le cave di
marmo di “Monte Lapanu” e inviarono questo marmo a Roma e in altre città per la
costruzione di monumenti. Ma il territorio di Tegula era troppo esposto alle
invasioni dai mari ed era anche povero, perciò la popolazione fu costretta a
trasferirsi in luogo più sicuro e più nascosto. Scelse una zona boscosa e
fertile, qui fondò un nuovo villaggio che fu chiamato “Teulat”, (siamo
nell’anno 1355) e sappiamo che nello stesso anno fu nominato barone di Teulat
Bartolomeo Cespe Gespure.
Da un libro di storia
della Sardegna scritto da Francesco Fara sappiamo che nel 1570 Teulat era già
distrutta, probabilmente, gli abitanti stanchi delle invasioni dei Saraceni e
tormentati dalla mortalità, preferirono spostare nuovamente il loro paese in
una zona più nascosta e protetta dalle montagne, ricoperte da boschi. Fondarono
quindi il loro paese chiamato “Teulada”. Verso il 1600 un antico documento
parla anche della costruzione della torre di S. Isidoro fondata nel 1600, e
allora furono pure costruite le torri che sorgono lungo le coste per l’avvistamento
delle navi dei pirati. La torre di S. Isidoro era una “Casa – forte” che
serviva da rifugio durante le invasioni e per fare delle segnalazioni con
fumate, luci, colpi di cannone o col suono di una conchiglia chiamata “Nicchio”.
Questi segnali venivano avvertiti dai Teuladini, i quali fuggivano e si
armavano; per avvertire i compagni gridavano “Salva Cristiane”.
La torre di S.
Isidoro e le torri costiere furono fatte costruire, come detto, nel 1600 da
Pietro Portas, il quale comprò nel 1610 il fondo di Teulada per sole 3.000
lire. Il prezzo fu così basso proprio perché fece costruire queste torri. Dopo
la sua morte il feudo passò alla figlia Caterina e al marito Salvatore Sanna,
ed essi lo lasciarono al figlio Agostino. Egli morì senza lasciare figli o
parenti e il feudo ritornò al re, il quale lo vendette ai Catalan. L’ultimo dei
Catalan, Maria Grazia, si sposò con Giovanni Sanjust. Il feudo rimase ai
Sanjust fino all’anno 1830. Il re Carlo Alberto di Savoia abolì i feudi nel
1839.
Teulada è un paese
piccino che si trova a sud della Sardegna, ha 5.500 abitanti ed è in provincia
di Cagliari, che è il capoluogo.
A vederlo sembra in
un fosso,è tutta circondata da sette colline, e da monti che sono: Su Monti de
su Cracinaiu, Nuraxi de Mesu, Sa Tanca Manna, (Caria, Palantionu, Genneruxi)
vicino alla cantoniera. Le sue coste sono molto belle e attirano molto i
turisti; il monte Severa è il monte più alto di Teulada, è alto 1.000 m, prima
era 999 poi è stato messo un masso alto un metro per cui il monte raggiunge i
1.000 m. Tutta la costa è attraversata da una strada panoramica che la
congiunge sino a Chia; c’è il porto vecchio chiamato Porto Budello; Budello è
un termine spagnolo che sta a significare che nei tempi antichi ci furono gli
Spagnoli. Nel Porto Budello stanno le barche dei pescatori,e da li partono, per
andare a pesca. Poi c’è il porto nuovo e due peschiere molto ricche di pesce,
una si trova nella strada costiera andando a Malfatano, l’altra vicino a Porto
Budello.
Il territorio di
Teulada confina con Porto Pino e a punta più meridionale del suo territorio è
Capo Teulada, che ora fa parte del C.A.U.C. dove si svolgono le esercitazioni
militari. C’è poi la “Tuerra”, che significa “terra fertile”. A Teulada non ci
sono fiumi, ma c’è un torrente che attraversa il paese e lo divide in due parti,
il cosiddetto “Rio Launaxi” sche sbocca a “Su Stangioni”; la sua sorgente
chiamata in dialetto “S’Ascinera”. Questo torrente ha una piccola diga “Su
Briglioni” alta m 3.60 lunga m 56.70 ed è larga m 2.10. Ci sono due monumenti
per i caduti in guerra: uno sulla facciata del municipio, uno in piazza Italia.
Il clima di Teulada è
temperato ciò significa che in inverno non fa molto freddo e d’estate non fa
molto caldo. Abbiamo molta umidità ed è dovuta perché il nostro paese è attraversato
da un torrente quasi sempre in piena nei mesi invernali e primaverili, e perché
è circondato da una catena di colline. Teulada è quasi vicina all’Africa, da li
arriva sino a noi un vento caldo, che è il “libeccio”
I rioni più antichi
di Teulada sono: quello di “Sa Funtana Crobeta”, dove si trova la fontana che
ha lo stesso nome; quello di “Lau de Arriu”, dall’altra parte del fiume; quello
di “Padenti Onu”, ora detto Parantionu”, che significa foresta buona.
Il rione dove ora si
trova il casamento scolastico a quei tempi non esisteva, c’era solo la campagna
chiusa da un muro che si chiamava “Tanca de su Baroni” . on esisteva neppure il
rione de “Is Argioneddas”, che significa l’aia, perché in quel punto c’era l’aia
del paese, dove in estate, i contadini portavano il grano ed altri cereali per
la trebbiatura.
Nell’aia il grano si
stendeva a cerchio nel terreno, si faceva calpestare dagli zoccoli dei buoi o
dei cavalli, dopo veniva separato dalla paglia per mezzo del vento, veniva
messo nei sacchi e portato a casa per la provvista di tutto l’anno.
I muri erano
costruiti di pietra e “ladiri”, impasto di terra. Il pavimento veniva fatto con
mattoni di terracotta oppure di fango ben lisciato. La finestra era piccola, l’inferriata
era di ferro, formavano dei quadretti; la porta era con uno sportello senza
vetri, cosiddetto “su Porteddu”, veniva chiusa con “su Crieddu”, la metà di su
aveva la finestra chiamata “su Portaleddu”.
Prima di tutto in
cucina c’era il caminetto, dove si faceva il fuoco per poter cucinare. Gli
attrezzi che si usavano per fare il mangiare erano: il trepiedi, “su Trepini”,
grande o piccolo, oppure il fornello di ferro: C’era “su Parestagiu” in cui si
mettevano le tazze, i bicchieri e i piatti, questa era la cristalleria; poi c’era
“s’Appica Strexiu”, si mettevano i tegami, le pentole, i mestoli, i coperchi,
il ferro da stiro ecc., questa era la credenza. Nella cucina c’era anche un
muretto per mettere le brocche dove mettevano l’acqua. In questa cucina c’era “su
pei de su lavamanu” perché in antichità non c’era la vaschetta dove noi ci
laviamo.
Nell’anno 1933 a
Teulada successe una grave disgrazia, durante la trebbiatura, un signore
chiamato Mura Giuseppe, mentre era intento alle operazioni di trebbiatura per
errore andò a finire dentro i rulli della trebbia che gli maciullò la gamba
sinistra, quindi morì dissanguato.
Nell’anno 1936
divampò nel tardo pomeriggio un incendio e andò distrutto completamente il
raccolto di quell’anno causando fra la povera gente una irrimediabile perdita.
Nell’anno 1943 a due
Km dall’abitato, per ragioni tutt’ora sconosciute,una terribile strage: saltò
in aria una grossa polveriera che straziò i corpi di otto persone tra ufficiali
e soldati. Dappertutto nelle vicinanze furono trovati brandelli di carne,
dicono che fu una cosa orribile.
Nel 1964 un pescatore
di nome Giovanni Meloni, mentre si accingeva a tirare in barca le reti, a causa
di un proiettile inesploso rimasto nei fondali di Capo Teulada, saltò in aria
dilaniandolo, morì quasi subito, lasciando moglie e quattro figli.
Nel 1975 un giovane
di vent’anni insieme ai suoi amici si divertivano ad effettuare dei tuffi nell’acqua;
cadde malamente, dal grande impatto con l’acqua riportò ferite gravi, morì all’istante.
L’abbigliamento
popolare sardo è l’aspetto più vistoso ed attraente del folklore. In Sardegna
il vestiario popolare muta non solo da provincia a provincia, ma da paese a
paese, e talvolta nello stesso paese a seconda della classe sociale, dell’età,
della professione. E’ difficile classificare i vari tipi di vestiario popolare
sardo, tuttavia è stata fatta da alcuni studiosi nel seguente modo; 1)
Logudorese; 2) Gallurese; 3) Sassarese; 4) Madelenino; 5) Nuorese –
Barbaricino; 6) Ogliastrino; 7) Campidanese; 8) Sulcitano; 9) Carlofortino.
Il vestiario maschile
generalmente ha elementi di vestiario caratteristico dell’antichità classica.
Per quanto si riferisce al costume femminile, le origini sono certamente
abbastanza moderne, riferibili a fonti medioevali, si può risalire a modelli
spagnoli di origine Aragonese-Catalano-Barcellonese e di altre località. Il
vestiario popolare, specie quello femminile, appare particolarmente ricco e
vistoso. Ma neppure bisogna essere tratti in inganno, quello che il forestiero
ora vede è il costume nuziale che rappresenta sovente i risparmi di una
famiglia, un capo di vestiario destinato a tramandare di generazione in
generazione. Questo vestito è arrichito di gioielli che furono dati in dono
nuziale, in dote o patrimonio alle diverse spose che lo indossavano.
Accanto agli abiti
vistosi ci sono quelli della vita quotidiana, estremamente semplici e modesti,
una camicia bianca di lino sulla quale si porta un breve busto (Cossu) (dal
catalano “Cos”) ed un piccolo giubbone (Gipponi). La gonna, sempre ampia è
ornata con un grembiule più o meno grande di pizzo (Diventali), il capo è
coperto da un fazzoletto.
Il costume Teuladino
femminile è composto da: “sa Fordetta”, “sa Sottovesti”, “sa “Camisa”, “su
Gipponi”, “su Diventali” o “sa Fascatroxia”, “su Muncadori biancu” o “su
Muncadori de pizzu biancu”. Se si mette “su Diventali” si mette “su Muncadori
biancu”, “su Diventali” è fatto di pizzo, bianco o nero. Se invece si mette “sa
Fascatroxia” si mette “su muncadori de pizzu”. “Sa Fascatroxia” è fatta di
vellutto ricamata con dei fiocchi rotondi, celesti, rossi, rosa.
“Is Crazzas”, “is
Crazzonis” (lunghi al ginocchio), “sa Camisa”, “su Croppettu” “sa Berrita” o “su
Cappeddu biancu o grigiu”.
Chini troppu olidi
nudda piada (chi troppo vuole non prende niente)
Marzu siccu messaiu
arricu ( Marzo quando non piove il grano matura di più)
Abrili beni ca m’as’a
biri si sruccu appu crobetu meritendi aspettu si sruccu non appu mer non di
tenisi aspettu (quando il contadino semina e il grano è cresciuto nel mese di
Aprile vuol dire che aspetta di raccoglierne molto)
Nebida in monti acqua
fetti
Acqua e soli trigu a
muntoni (quando piove e c’è il sole si raccoglie molto grano)
I II
Chi olisi pressiu
cottu Chi olisi pressiu cottu
Bai a sa linna ruda, pappa
e citti a sa muda
Chi olisi pressiu
cottu. Nara
ca no, m’a connottu.
I II
In Teulada c’esti A
du scupai ge trigu
celu mari e monti
(bis) su
binu in su cuponi (bis)
da lassu aundi esti e in prus de tenni binu
in bonora e in bona
sorti. Teneus
lima e limoni.
III IV
Fainti festa a su
Santu Piscadoris
non seus
candu e bona s’annada
(bis) ca non teneus
motoris (bis)
Binu nieddu e biancu pani
cu trigu feus
produxidi Teulada ca seus agricoltoris
V VI
Sa bidda de Teulada Po
osatrus custa diri
e digna de
ammirai(bis) cantamus cun amori(bis)
po sa bellesa sua ca
is pippius de sa scola
non da paga dinai funti
is prus nellus froris
L’artigianato
sardo ha le sue prime radici nella
preistoria, la decorazione geometrica infatti è una comune espressione
figurativa di quel tempo, compreso tra il III-IV millennio a.C.
Dai Fenici i Sardi
impararono a migliorare la loro arte tessile e soprattutto nelle confezioni
femminili, questi costumi così ricchi di colori vivaci sono stati ispirati
probabilmente dagli antichi sardi orientali, la sontuosità di certe vesti
derivano, poi, dai Bizantini, l’influenza più imperiosa l’ha esercitata
tuttavia la Spagna, con la sua lunga dominazione, durante il periodo che la
Spagna fu Catalana e poi Spagnola, i sardi appresero le poro tradizioni e i
loro costumi, in parte i loro caratteri, e soprattutto le loro tradizioni
artigiane.
La donna al telaio
Una cosa artigianale
che ancora esiste a Teulada è il telaio sardo chiamato “Trolaxiu”. Con questo attrezzo
si lavorano coperte, tappeti, tovaglie, tovaglioli, zaini detti “Muciglias”,
asciugamani, vengono lavorati proprio come li lavoravano i nostri antenati. Su “Trolaxiu”
è composto da quattro piedi di legno piantati in una camera, fissati sulla
terra ed ha una forma rettangolare.
Tra i piedi davanti e
i piedi di dietro si infilano due aste di legno di forma cilindrica dette “su
Sumbriu”, nei due piedi laterali ci sono altri due pezzi di legno tutti
frastagliati detti “Monunzosa”, su questi ci vanno diverse canne che sostengono
un insieme di tavolette unite fra loro da tanti fili di cotone incrociato con
un’intelligenza finissima. Da qua viene fuori il disegno del lavoro che si deve
eseguire, questi attrezzi vengono detti “Lizzasa”. Queste “Lizzasa” hanno dei
denti dove si infila il cotone o il lino che si deve lavorare e si fa arrivare
sino al legno cilindrico detto “Srubia”, che unisce i due piedi sia anteriori
che posteriori. Prima di iniziare il lavoro tutto il cotone o il lino deve
essere arrotolato sull’asse posteriore. I disegni lavorati a Teulada vengono
chiamati: “su Settilizzusu”, su Cinculizzusu”. “Settilizzusu” detto su “Sulizzusu”,
detto anche “Scaccu”. I filati per la lavorazione al telaio si acquistano all’ingrosso
nei grandi magazzini, ma prima si acquistava tutta la lana dai pastori. Il lino
veniva seminato nei campi e raccolto da queste donne che lo lavoravano con
tanta cura. “Su Trolaxiu” è composto ancora da due pezzi di legno detti “Cascias”.
Quando c’è un bel pezzo di tela lavorata si mettono due pezzi di legno
intrecciati tra loro con un pezzo di cotone per tenere la tela ben tesa detti “Tempereresi”.
I “lizzas” hanno trecce di canna che passano sotto la tela detti “Specigas” perché
hanno i piedi che le dirigono per fare il lavoro.
Calcagno
Formaggio a pasta
dura e cruda, stagionato per almeno quattro mesi, è usato da grattugia o da
tavola. Forma canestrata caratteristica e sapore piccante e aromatico, peso 18
Kg circa.
Pepato
Formaggio a pasta
dura e cruda al quale viene aggiunto pepe nero in grani, stagionato per almeno
quattro mesi è usato da grattugia o da tavola. Ha forma tipica canestrata e
sapore piccante aromatico.
Romano
Formaggio a pasta
dura prodotto esclusivamente con latte proveniente dagli allevamenti della zona
di origine. Stagionato per almeno otto mesi è usato per grattugia ed ha sapore
piccante caratteristico, peso 18/30 Kg.
Ricotta salata
E’ prodotta
esclusivamente dalla trasformazione del latte di pecora, ha forma cilindrica e
pasta compatta, bianca, tenera, è usata da tavola dopo venti giorni di
maturazione, se più stagionata può essere usata da grattugia. Pesa 2 Kg. La sua
eccezionale utilità ne permette l’impiego in numerosi tipi di piatti.
Ricotta infornata
E’ una ricotta
gentile ottenuta esclusivamente dalla lavorazione del latte di pecora. Presenta
una crosta bruna, la pasta è tenera, bianca e particolarmente gustosa, pesa 1.8
Kg circa, si consiglia il consumo senza eliminare la crosta per ottenere una
fusione di gusti assai interessante.
Caprino
Formaggio da tavola a
pasta molle prodotto con latte di capra intero, la pasta è bianchissima e
gradevolmente acidula, ha la forma esagonale caratteristica, pesa 6/8 Kg.