STRATEGIE CONCORSUALI
e gli esempi nell’elaborazione del Tema di diritto penalePensando alle prove scritte del Concorso che si annuncia, l’horror vacui della propria, sempre temuta impreparazione, può giocare brutti scherzi, inducendo scelte esemplificative, nella speranza di agganciare contenuti certi da riversare in un Tema.
Insomma, vassene il tempo e l’afferrare argomenti sicuri, è pio desiderio di tutti.
Qui si offrono i falsi amici.
Le sirene che, come narra il poema omerico, è meglio non ascoltare e, di conseguenza, non trascrivere.
Così, la parte generale di diritto penale di Mantovani (Diritto Penale, parte generale pg. 5), presenta una valida formula, ad effetto:
Il moderno diritto penale del fatto è retto da quattro principi fondamentali: 1) il principio di legalità; 2) il principio di materialità; 3) il principio di offensività; 4) il principio di soggettività. Nullum crimen sine lege, actione, iniuria, culpa.
Richiamarli, però, all’inizio del Tema di penale, mi sembra poco acconcio, almeno sotto il profilo psicologico.
Come infatti è facile constatare, i mantovaniani, se si sentono stretti nell’angolo, non esitano ad utilizzarlo come incipit del loro elaborato: è una maniera, come un’altra, per reagire alla scarica adrenalinica che la prova induce.
Se è difficile fare profezia (per Maimonide, allo stato, trattasi di attività non praticabile), si può però immaginare che, all’ennesimo Tema, con tale inizio, il contatto magico, fra candidato e commissione, sia potenzialmente "giocato".
(Se allora si vuol proprio fare esercizio mnemonico, è meglio ricordare di Mantovani la complessa strutturazione del reato complesso).
Insomma, quello dell’inizio di ogni componimento è dato sensibile da attenzionare, e se non si è Uno qualsiasi per poter cominciare affermando In principio era il Verbo, così, per indicare una bella giornata, l’incipit dell’Uomo senza qualità ("Sull’atlantico un minimo barometrico avanzava in direzione orientale incontro a un massimo incombente sulla Russia…Le isoterme e le isòtere si comportavano a dovere…La temperatura dell’aria era in rapporto normale con la temperatura media annua…Insomma…era una bella giornata..") è un capolavoro assoluto del non dir nulla, sicché conviene ammirarlo, ma non certo, imitarlo.
Ma torniamo allo specifico argomento degli esempi nel diritto penale.
Quale diritto elettivamente attento ai fatti, ve ne abbondano, lasciando così proliferare altri falsi amici.
Tutti sanno che il legislatore è come il mare (Binding ripreso da Fiandaca G., Musco E., Diritto penale, Parte generale, pag. 31) per cui tra le onde della vita quotidiana lascia giocare davanti ai suoi piedi le azioni, che dopo raccoglie con mano pigra, per elevarle a fattispecie delittuose a causa della loro intollerabilità.
Se, pertanto, si ha urgenza di comunicare questo concetto alla commissione esaminatrice, bisogna almeno essere quanto mai ellittici e disseminare incidentalmente nel percorso la frase magica, con un breve richiamo.
Parimenti, in tema di dolo, è comune conoscenza che (Fiandaca, op. cit. pg. 321) il signor Thomas, per intascare il premio dell’assicurazione, fece esplodere il battello di sua proprietà, pur essendo certo che ne sarebbe conseguita la morte dell’intero equipaggio.
La scena è vivida e presente agli occhi di tutti.
Brema, 1875.
Una serata splendida, freddissima. La luna, alta nel cielo, illumina le vie.
Lontano, un battello, sotto un vento favorevole corre nel mare con un piglio vendicativo di scattante e malinconica rapidità.
Il signor Thomas, però, come capitan Achab sul cassero, ha l’aspetto di un uomo staccato dal rogo quando il fuoco ha devastato tutte le membra senza consumarle; il motivo è presto detto: i creditori sono alle porte, forse una istanza di fallimento è già pendente. Tribunali, curatori poco onesti, inclini a qualunque reato loro proprio, ispezioni amministrative, pantagruelici Mangiaprocessi: tutto questo già intravede il sig. Thomas che, nonostante il freddo, suda nel sudore.
Come Flaubert, al fallimento del marito di sua nipote, il sig. Thomas è sconvolto: risponderai con tutti i tuoi beni, presenti e futuri, gli aveva pronosticato una maga, leggendo nella sua mano sinistra i numeri 2-7-4-0 con due segni, in rapida successione, a forma di luna calante.
Altro che spiritualità del danno…. si sente prossimo il gorgo della fine economica, la Discesa nel Maelström.
Ma ecco sull’uscio, la zia Poli, che, guardandolo con il suo sorriso algido ma sempre ammaliante, con cui in tarda età ha conquistato un ricco magnate, ricorda a Thomas la cara figura dello zio malato, che lui chiamo zione (come Tancredi, chiama lo zio Fabrizio). Per un momento, rasserenandosi, Thomas le chiede, con tutto l’affetto di cui è capace, se la vecchia, fida Ass si prende cura, cura lo zione…
Corto circuito.
Cara Poli, Ass…cura… - zione?…
Assicurazione!?!… -- esclama Thomas--- …ma..c’è la polizza!!!!
Al suo grido, compare, come luce del lampo, il contabile della impresa, da sempre antico e fido collaboratore.
Herr Thomas, afferma con enfasi il contabile, non può sapere da quanto sto aspettando questo momento…già da piccolo lei ha sempre mostrato una spiccata inclinazione a delinquere.. però attenzione!… il reato nella sua struttura, specie per quanto attiene al momento intellettivo, è "cosa" articolata e seriamente da meditare.
Perciò, procediamo con calma; verifichiamo se il fatto tipico è da lei rappresentato e voluto in tutte le sue componenti essenziali.
Il Grosso contabile si siede e verga su un foglio, già da tempo preparato, le domande e le rispettive risposte..
Figliolo…ti sei rappresentato e vuoi gli elementi costitutivi del fatto, le scriminanti (nel senso che non sussiste una tua erronea supposizione di una causa di giustificazione escludente il dolo), che il fatto che poni in essere non è inoffensivo?
Più specificamente, rispetto alla tua condotta, ti sei rappresentato e vuoi l’azione vietata da compiere e/o non vuoi compiere l'azione prescritta?
Soprattutto, ti sei rappresentato l’evento naturalistico, risultato materiale della condotta, anche come sola possibile conseguenza della tua azione od omissione?
Accetti, per essere ancora più chiari, il rischio che quell’evento possa essere cagionato dalla tua condotta?
In sintesi, ti sei rappresentato il rapporto causale fra la tua azione e l’evento?
Ti sei (solo) rappresentato i presupposti della condotta e le modalità della medesima? Tutto voluto e rappresentato?
Ya?!?…Poni allora in essere il tuo piano, herr Thomas, e sarai consegnato alla storia degli esempi!!
Consegnato alla storia degli esempi del dolo diretto, è bene precisare, perché lo stesso Fiandaca che lì lo colloca, accenna ad altra dottrina che lo fa rientrare nel dolo indiretto (dizione equivalente a quella di dolo eventuale, come lo stesso autore spiega di lì a poche righe).
Sono note le difficoltà di enucleare una soddisfacente nozione di dolo eventuale e i dubbi che si affollano quando c’è da comparare tale figura con quella del tentativo.
Giova, sul punto, ricordare che la Suprema Corte (Corte di Cassazione, sezioni unite penali; sentenza 12 ottobre 1993 ric. Cassata: si ritornerà fra poco sul tema dei dolci, specie quelli avvelenati, quale palestra di esempi) restringe, con fermezza, la prassi dilatatoria del dolo eventuale e riconduce le varie fattispecie, altamente esemplificative, fra le ipotesi di dolo diretto.
Valga, un momento, soffermarsi su quanto osserva la Corte, circa una errata tendenza giurisprudenziale volta ad estendere eccessivamente la categoria del dolo eventuale, che si manifesta, da una parte, comprendendovi, come nella specie, tutti gli atteggiamenti psichici caratterizzati dalla volontà dell'evento, certo o altamente probabile, ed escludendo la sola intenzione di perseguire l'evento. Dall'altra, si invoca il dolo eventuale come scappatoia per evitare difficoltà nell'accertamento e nella motivazione della volontà omicida (su di che cfr. sez. un. 15 dicembre 1992).
Nota la Corte: Il tradizionale e consolidato orientamento giurisprudenziale e dottrinale richiede, per la sussistenza del dolo di cui all'art. 43, 1° comma, c.p., (non soltanto la previsione ma anche) la volontà dell'evento; afferma, inoltre, che la forma più tenue della volontà dolosa, oltre la quale si colloca la colpa (cosciente), è costituita dalla consapevolezza che l'evento, non direttamente voluto, ha la probabilità di verificarsi in conseguenza della propria azione nonché dall'accettazione volontaria di tale rischio.
Partendo da questa forma più tenue, l'osservazione della realtà psicologica, sottesa all'amplissima casistica giurisprudenziale, ha consentito di individuare e classificare livelli crescenti di intensità della volontà dolosa. Nel caso di azione posta in essere con accettazione del rischio dell'evento, si richiede all'autore una adesione di volontà, maggiore o minore, a seconda che egli consideri maggiore o minore la probabilità di verificazione dell'evento. Nel caso di evento che ritiene altamente probabile o certo, l'autore non si limita ad accertarne il rischio, ma accetta l'evento stesso, cioè lo vuole e con un'intensità evidentemente maggiore di quelle precedenti. Se l'evento, oltre che accettato, è perseguito, la volontà si colloca in un ulteriore livello di gravità, e potrà, altresì, distinguersi fra un evento voluto, come mezzo necessario per raggiungere uno scopo finale, e un evento perseguito come scopo finale.
La qualificazione di dolo eventuale è attribuita alla giurisprudenza prevalente e dalla dottrina, soltanto al primo caso dell'accettazione del rischio. In tutti gli altri casi, la qualificazione è quella del dolo diretto (cfr. sez. un. 6 dicembre 1991) e quando l'evento è perseguito come scopo finale, la qualificazione è quella del dolo intenzionale.
Nel fare applicazione delle richiamate categorie ai delitti di omicidio, consumato o tentato, è stato giustamente rilevato che vi sono casi ricorrenti, di uso delle armi per sottrarsi alla reazione della vittima di un reato precedentemente commesso, ovvero per sottrarsi all'inseguimento della polizia, in cui il tipo di arma, la reiterazione e la direzione dei colpi, la zona del corpo attinta fanno ritenere come certo o altamente probabile il verificarsi di eventi lesivi o mortali, accanto a quello primariamente perseguito dell'intimidazione del soggetto reagente ovvero accanto a quello di costringere l'inseguitore a fermarsi o a desistere. E si richiama, altresì, il caso di scuola di colui che incendia un edificio per riscuotere fraudolentemente il prezzo dell'assicurazione, pur sapendo che all'interno dell'edificio stesso abita un paralitico, poi fortunosamente salvato.
In questi casi, che maggiormente evidenziano l'esigenza repressiva, sarebbe ingenuo parlare di mera accettazione del rischio e di dolo eventuale, essendo evidenti gli estremi dell'accettazione di eventi certi o altamente probabili e quindi della volontà di essi, ovvero gli estremi della volontà, sia pure strumentale a un fine ulteriore, di perseguire l'evento, che connotano il dolo diretto in entrambi i casi.
Su questa linea si colloca la concorde e recente giurisprudenza di questa corte..
Aberratio ictus e error in persona
La distinzione è chiara fra aberratio ictus ed error in persona.
In tema di aberratio con evento unico, si nota (Romano, op. cit. pg. 732) che la relativa situazione differisce in modo "netto" da quella dell’error in persona vel in obiecto (cfr., art. 60 C.P.): in quest’ultima A scambia, a causa dell’oscurità, C per B e dirige l’azione verso C ritenendolo B; nell’aberratio ictus, A dirige l’azione verso B, esattamente identificato, ma colpisce C per un imprecisione di tiro.
Per dirla con Carrara, si ha error in persona, quando, pur nell’errore dell’identità della vittima, "l’individuo colpito è materialmente quello contro cui si dirigeva l’azione", scambiato con la persona diversa che agli occhi dell’agente andava offesa.
Nel caso di error in persona si ritiene, in termini conclusivi, che il fatto abbia natura dolosa, essendo irrilevante l’erroneità sulla identità della persona contro cui si dirige l’agente.
Così Giuliano
Non bisogna pensare che i veleni funzionino sempre.
Poco verosimile, è l’esempio di dolo successivo dell’infermiere che, avendo somministrato un veleno per errore, accortosi dell’equivoco, omette intenzionalmente di adoperarsi perché il veleno venga neutralizzato, correttamente riconducendosi la dolosità al momento in cui si è omesso di impedire deliberatamente la morte, violando uno specifico obbligo di garanzia (Mantovani).
Pari diagnosi, per l’esempio del chimico che ha scoperto un nuovo veleno e che in tal modo, sul piano della verifica del nesso causale, si pone quale unico soggetto, in concreto, che secondo la migliore scienza ed esperienza del momento storico, cioè secondo il "metodo scientifico causale", può attestare che l’evento è conseguenza certa o altamente probabile dell’azione.
Esempio non accattivante, ma meno macchinoso di quello richiamato, nella medesima funziona esemplificativa, è quello di chi ferisce una persona sapendo che, nel tragitto per l'ospedale, dovrà passare su un ponte lesionato che crollerà: quella morte per crollo, che è inverosimile conseguenza del ferimento, tale non è se vista rispetto alla miglior scienza dell’agente (Mantovani pg. 332).
(Esempio ridimensionato dalla depenalizzazione del reato di cui all’art. 676 C.P. in tema di rovina di edifici o di altre costruzioni: art. 51 D.Lgs. 507/1999)
La donna fatale, avvelenatrice
Intuitivo, esemplare, penalisticamente chiaro nel suo nesso psichico e soprattutto nella sua portata dolosa, è il tentativo di veneficio descritto dalla divina Karen Blixen, ove racconta di un giovane amante che sta per soccombere per il veneficio, macchinato ai suoi danni, da una donna fatale: Fu verso la fine del nostro diverbio ch’ella tento di avvelenarmi. Credo che non fosse questo in verità il suo programma; che l’intenzione sua fosse piuttosto di dirmi quel che pensava di me quando già il veleno avesse cominciato ad agire; ma poi, non era stata capace di frenarsi tanto a lungo. Già capirete come un caffè servito a quel punto del nostro dialogo non fosse una cosa naturale. La tradirono la sua insistenza nel farmelo accettare e un improvviso mortale silenzio allorché portai la tazza alle labbra. Toccai appena il liquido, ma sento ancora il micidiale scipito sapore d’oppio; avessi vuotato la tazza intera, non avrei potuto sentirmi rivoltare lo stomaco e gelarmi il midollo nelle ossa, più di quanto mi accadde alla brusca e fatale convinzione ch’ella voleva la mia morte. Fiacco come uno che sta per annegare, lasciai cadere la tazza e rimasi lì dritto a fissare lei..
Sentito, determinato, granitico, è qui il grado di partecipazione al delitto. Per dirla con Carrara, Fra la tenace ed imperterrita volontà di Muzio Scevola che si abbrucia la mano con la più perseverante fermezza, e la volontà di colui che per un suo bisogno afferra precipitosamente un ardente carbone, vi potrà essere identità di risultato; ambedue questi atti saranno imputabili ai loro autori; ma il senso morale non si adatterà mai ad attribuire loro un grado uguale d’imputazione.
La carne, la morte e il diavolo nel diritto penale
Le relazioni interpersonali, da quelle "platoniche" a quelle "carnali" sono, evidentemente, un poderoso serbatoio di esempi.
La materia è talmente vasta ed esplorata che, per ragioni di fedeltà huysmaniana (come afferma U.Eco, Postille a Il nome della rosa), andrebbe del tutto tralasciata.
Fa riflettere infatti l’ammissione di J.K. Huysmans ove afferma: Confesso che, quando mi capita di aprire un libro e di vederci dentro l’eterna seduzione ed il non meno eterno adulterio, mi affretto a chiuderlo, non desiderando affatto conoscere come l’idillio annunciato andrà a finire.
Ma, per chi studio il diritto penale, tale rimozione è, metodologicamente, impossibile.
Così, in tema di analisi del dolo e della normalità del processo motivazionale che deve sottenderlo, Fiandaca, nell’illustrare la cd inesigibilità, cioè l’impossibilità di pretendere, in presenza di circostanze concrete in cui l’agente si è trovato ad operare, un comportamento diverso da quello effettivamente tenuto, adduce l’esempio della ragazza siciliana, giudicata nel 1922, dai giurati della Corte di New York.
La storia è drammaticamente perfetta: anche il buon scenografo Zola, non avrebbe potuto idearla in modo migliore.
Afferma Fiandaca (op. cit. pg. 360): fra i casi desunti dall’esperienza giudiziaria di altri paesi c’è quello della ragazza siciliana assolta dall’imputazione di omicidio nei confronti degli zii che l’avevano fatta venire dodici anni prima in America, e ciò in considerazione della situazione psicologica nella quale costei si trovava al momento del fatto: lo zio era divenuto l’amante della nipote, e la zia a conoscenza della storia; più tardi la ragazza prendeva marito, ma la zia raccontava a quest’ultimo i rapporti del proprio coniuge con la nipote; il marito, anch’egli siciliano, abbandona la sposa; la ragazza, conformemente alla propria mentalità d’origine, si vendica uccidendo entrambi gli zii.
Nonostante le forti suggestioni, per Fiandaca la inesigibilità è criterio inutilizzabile, che non riesce a indicare i criteri che dovrebbero veramente presiedere alla soluzione dei diversi casi concreti. In altri termini, se ci si limita ad asserire che un comportamento non è colpevole perché non era esigibile un comportamento diverso, rimane ancora senza risposta l’interrogativo più importante, che è quello di sapere perché non si sarebbe potuto agire altrimenti.
Riprendendo l’esempio, l’autore conclude: il rischio che si corre è di subordinare l’obbligatorietà dell’osservanza della legge agli interessi e alle passioni dei singoli: ad esempio nel caso prima ricordato della ragazza siciliana, potremmo veramente finire con lo scusare il gesto omicida, immedesimandoci nella particolare situazione psicologica nella quale la ragazza stessa è venuta a trovarsi. Ma è evidente che, così giudicando, sanciremmo la capitolazione della società di fronte al delinquente.
Non è il caso di soffermarsi oltre sulla inesigibilità, che Fiandaca dà calante anche nell’ambito della dottrina tedesca, che pure le aveva tributato il più ampio riconoscimento.
Valga solo un esempio che illustra bene il potente conflitto emotivo che, in certi ambienti, deflagra.
Padre Pirrone, al seguito del Gattopardo, è nel suo paese di origine.
Un altro campione di queste complicazioni gli capitò fra le mani l’indomani mattina. Quando scese giù pronto per andare a dir messa in Parrocchia trovò Sarina sua sorella che tagliava cipolle in cucina. La lagrime che essa aveva negli occhi gli sembrarono maggiori di quanto quell’attività comportasse.
"Cosa c’è Sarina? Qualche guaio? Non ti avvilire: il Signore affligge e consola".
La voce affettuosa dissipò quel tanto di riserbo che la povera donna possedeva ancora: si mise a piangere clamorosamente, con la faccia appoggiata all’untume della tavola. Fra i singhiozzi si sentivano sempre le stesse parole: Angelina, Angelina… Se Vincenzino lo sa li ammazza a tutti e due.. Angelina.. Quello li ammazza!".
Colendissima dottrina, grandissimi esempi.
Francesco Carrara, nel suo già citato Programma del corso di diritto criminale, parlando del lenocinio "ascetico", esemplifica: Due tollerate convivevano assieme in due camere con una sola comunione; non avevano avuto la cautela di prendere in affitto la casa insieme ed in solidum, ma una di esse era la padrona di casa, onde a costei non si chiese conto degli uomini che riceveva ella stessa, ma ben le si chiese conto degli uomini che riceveva la sua inquilina; si provò la scienza di lei, che poco occorreva a provarla, e fu condannata a due anni di carcere.
L’esempio, secondo Antolisei (Parte speciale I, 1996, pg. 526), è ancora attuale (Cass. 4 marzo 1964 in Mass. pen. 1964, m. 1188) per mostrare le tante storture della legge sul meretricio, su cui tale autore non risparmia i suoi strali.
La scena è immaginata agevolmente: trattasi di un topos della letteratura, reso con molteplici variabili.
Soffermiamoci su due archetipi: il vecchio signore -- il giovane artista.
Dissolvenza sulla Palermo garibaldina, sullo sfondo di contrasti epocali, si agitano quelli esistenziali, subitamente risolti, di un ultimo gattopardo.
"Sono un peccatore, lo so, doppiamente peccatore, dinanzi alla legge divina e dinanzi all’affetto umano di Stella……
…. …. Stella! Si fa presto a dire! …e bussò deciso alla porta di Mariannina".