MISTERYA CONCURSUS
Concorso in magistratura e quiz di preselezione: primi ricorsi
(Il presente articolo è stato pubblicato sul numero 12 del 1999 della Rivista Corriere giuridico, pagg. 1546-1551)
1. La svista dei Giudici amministrativi - 2. Il quadro normativo - 3. Quiz preselettivi, ragioni e torti - 4. L'avvenire delle scuole di specializzazione - 5. L'an della preselezione: un'esigenza vitale.
di Antonio Leo Tarasco
Se il Consiglio di Stato (IV sezione, 30 settembre 1999, ordinanza n. 1976), e da ultimo il Tar Calabria (sezione di Reggio Calabria, ordinanza del 13 ottobre 1999, n. 918) hanno ritenuto fondato il fumus boni juris (ex art. 21 l. 1034/71) delle posizioni vantate dai ricorrenti, non ammessi alle prove scritte del concorso per uditore giudiziario per aver commesso uno (si veda l'ordinanza del Consiglio di Stato) o due errori (come sostenuto in via estensiva dal Tar Calabria), nel merito la quaestio juris dovrà essere affrontata diversamente (1). Le ordinanze sospensive sono state, infatti, incentrate sulla ritenuta idoneità culturale dei candidati che hanno commesso anche soltanto uno o due errori, visto l'articolo 7 del bando del concorso a 350 posti di uditore giudiziario che concepisce la prova preliminare come "diretta ad accertare il possesso dei requisiti culturali". Se questa è la finalità - hanno argomentato i Giudici amministrativi di primo e secondo grado - essa è ben raggiunta anche se non si è ottenuto un risultato eccellente, ma semplicemente buono, con commissione di pochissimi errori, uno ovvero due.
In sintesi, il ragionamento svolto dal Tar Calabria riprende ed amplia quello già svolto nell'ordinanza del Consiglio di Stato n. 1976/99.
Infatti, secondo il primo motivo del Tar Calabria (estensore Giuseppe Caruso), "la commissione di due soli errori non assurge di per sé, a tacer d'altro, a situazione di conclamata carenza del possesso dei requisiti di cultura specifica".
E questo argomento può - in linea di puro principio - mostrarsi plausibile.
Ma esso cede dinanzi al secondo motivo del Tribunale amministrativo calabrese e ad un'attenta lettura della normativa.
Nel secondo punto (estraneo all'ordinanza del Consiglio di Stato n. 1976/99), infatti, si afferma apoditticamente che "l'immediata esclusione dal concorso ( ) si pone in evidente contrasto con le finalità della legge consistente nella scelta dei migliori all'esito di una procedura coerentemente organizzata".
Già, la scelta dei migliori: ma in realtà, in nessuna parte sia della normativa legislativa (D. Lgs. 17/11/1999, n. 398, v. infra, Il Quadro normativo) che di quella amministrativa, cioè del bando, è fatta cenno alla preselezione informatica come criterio di selezione degli optimates del diritto. Tale presunzione "aristocratica" è estranea allo spirito della prova preliminare che si limita a prevedere una preselezione tesa ad "accertare il possesso dei requisiti culturali". La selezione dei migliori non è una finalità che il legislatore persegue né nelle prove preselettive né nelle prove scritte ed orali, in cui si limita a prevedere le materie su cui verteranno le prove scritte ed orali, ed il punteggio minimo che ciascun candidato dovrà conseguire.
Al contrario, per le prove preliminari, il legislatore ha voluto perseguire soltanto uno scopo deflattivo del numero dei candidati, prevedendo coerentemente non già un punteggio minimo, come fatto per le prove scritte ed orali (si veda l'articolo 123 ter del D. Lgs. n. 398/97) quanto un meccanismo di esclusione automatica per coloro che conseguono un punteggio immediatamente inferiore a quello di altri colleghi che si collocano in una posizione in graduatoria migliore, fino al raggiungimento di quota 1750 candidati, e fatti salvi gli ex-aequo, cioè coloro che hanno riportato lo stesso punteggio dell'ultimo che risulta ammesso (art. 123 bis, comma 4, dell'Ordinamento giudiziario). Ora, nel prevedere non un punteggio minimo, ma un numero massimo di concorrenti da ammettere ed esaminare alle prove scritte, il legislatore mostra chiaramente di aver perseguito non già uno scopo puramente selettivo, ma insieme, selettivo e deflattivo della massa dei candidati (25mila domande pervenute nell'ultimo concorso!), assumendo convenzionalmente (ma ragionevolmente) che la preselezione si basi sulle materie oggetto della prova scritta. Sarà soltanto in quella sede, poi, che la commissione esaminatrice cercherà di estrarre i "migliori". Qui il parametro di giudizio sarà diverso. Muteranno non soltanto il tipo di prove (non quiz, ma prima temi e poi domande orali) ma altresì il giudizio da formulare. Gli ammessi alla prova orale saranno non già i primi candidati che avranno totalizzato il miglior punteggio, quanto "i candidati che ottengono non meno di 12/20 di punti in ciascuna delle materie della prova scritta" (art. 123 ter, comma 3 dell'Ordinamento giudiziario).
Soddisfatte le esigenze di scrematura, il giudizio della commissione potrà essere pieno, concernendo non soltanto le nozioni giuridiche, ma altresì le capacità argomentative e ragionative del candidato. Tale più articolata (e necessaria) valutazione non poteva essere anticipata al momento della preselezione informatica, che ha rappresentato soltanto un elemento preparatorio e nondimeno razionale (accertamento delle nozioni giuridiche in materia di diritto civile) di una fattispecie più complessa che non poteva essere sintetizzata in una prova davanti ad un computer, pure necessaria per lo sfoltimento dei concorrenti.
Ciò posto, non si ritiene che possa essere condiviso nemmeno il primo motivo con cui prima il Consiglio di Stato con l'ordinanza n. 1976/99 e poi il Tar Calabria con l'ordinanza n. 918/99 hanno assecondato la domanda di ammissione con riserva. Infatti, erroneamente il punto della controversia è stato incentrato sul fatto che i candidati ricorrenti avessero commesso o meno un errore, due errori o nessuno proprio. Al contrario, il D. Lgs. 398/97 (puntualmente eseguito dal bando) non ha posto un problema di preselezione basato sulla quantità di errori, quanto sul punteggio conseguito a seguito delle risposte date, visto che il livello di difficoltà delle domande oggetto della preselezione è stato differenziato.
Ora, l'ammettere - sia pure con riserva - candidati in posizione eterogenea tra loro per il fatto di aver mostrato di sbagliare ora a risposte difficili ora a risposte facili o di media difficoltà, non appare ragionevole, in quanto stravolge e vìola la lettera della norma.
Le posizioni dei candidati ammessi con riserva non sono omogenee, poiché soltanto apparentemente sono accomunate dal fatto di aver commesso un solo errore, mentre nella sostanza sono diversificate dal diverso grado di preparazione e di abilità che hanno mostrato. Invece, ragionando con i Giudici amministrativi, la graduatoria è destinata non già a duplicarsi ma a moltiplicarsi per sei, e cioè per gli errori commessi (fino ad un massimo di due, almeno a quanto pare) e per il grado di difficoltà delle domande (e vi sono tre gradi di difficoltà), ignorando completamente lo sbarramento numerico del tutto legittimo posto dal legislatore (cinque volte il numero dei posti messi a concorso, ossia 1750) e già abbondantemente superato da coloro che hanno conseguito 75 punti (3024 ammessi).
Probabilmente, tale ragionamento, presupponendo una cognizione piena di legittimità, non poteva svolgersi in sede cautelare, fase caratterizzata da una valutazione necessariamente sommaria delle questione di fatto e di diritto.
Ma esso dovrà necessariamente svolgersi nelle successive udienze di merito, pena la vanificazione di una riforma dell'accesso alla magistratura ordinaria da tutti e da tempo sospirata.
D'altro canto, la giurisprudenza amministrativa romana non è monolitica sul punto. Infatti, il Tar Lazio, sez. I, ordinanza n. 308 del 28 ottobre 99 (relatore Guido Romano) ha rigettato l'istanza di sospensione di un candidato che aveva commesso due errori alle prove preselettive. La prima sezione del Tar romano mostra di non voler aderire al pensiero della citata ordinanza del Tar Calabria. Laconicamente, i Giudici amministrativi laziali scrivono che "non sussistono i presupposti previsti dalla legge per l'accoglimento della sospensiva, tenuto conto delle decisioni assunte dal Consiglio di Stato per fattispecie analoghe con le ordinanze n. 1908, n. 1916 e n. 1968 del 28/9/1999" (2). In sostanza, il Tar Lazio riconosce soltanto la giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato che, nei precedenti casi, ha ammesso con riserva agli scritti soltanto i candidati che avevano terminato le prove preselettive riportando uno errore, e non due errori.
2. Il quadro normativo.
Tutto è iniziato con la legge c.d. Bassanini bis (legge 15 maggio 1997, n. 127), che nel suo impeto semplificatorio, ha delegato il Governo - nel logorroico art. 17, al comma 113 - all'emanazione di uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina del concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria al fine di semplificare le modalità di svolgimento del concorso e di introdurre gradualmente, come condizione per l'ammissione, il conseguimento di un diploma biennale presso scuole di specializzazione istituite nelle università, sedi della facoltà di giurisprudenza.
Il decreto del Governo è stato emanato appena sei mesi dopo, e nei primi 12 articoli ha riplasmato il Titolo V dell'Ordinamento giudiziario, relativo allo stato giuridico dei magistrati. E così, l'art. 1 del D. Lgs. 17/11/1997, n. 398 introduce per la prima volta la prova preliminare "per i candidati che non sono in possesso del diploma di specializzazione". Ma è solo l'art. 2 dello stesso Decreto delegato ad introdurre l'art. 123 bis del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 prevedendo, come condizione per l'ammissione al concorso, il superamento di una prova preliminare "diretta ad accertare il possesso dei requisiti culturali" e "realizzata attraverso l'ausilio di sistemi informatizzati".
Il criterio preselettivo viene "materializzato" nel primo bando di concorso a 350 posti di uditore giudiziario (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 15/12/1998, serie speciale, n. 97) che dispone, all'art. 7 che "la prova preliminare è diretta ad accertare il possesso dei requisiti culturali, ed è realizzata con l'ausilio di un sistema informatizzato attraverso l'uso di videoterminali dedicati". E' proprio questa disposizione amministrativa (di diretta applicazione di quella legislativa) che ha consentito ai difensori dei candidati esclusi di vincere in sede cautelare il ricorso per l'ammissione con riserva di coloro che hanno compiuto uno o due errori su sessanta quesiti proposti.
3. Quiz preselettivi, ragioni e torti.
Criticatissima è stata l'introduzione di siffatta prova preliminare e delle modalità in cui essa si è svolta. E ciò sotto un triplice profilo: il quid, il quomodo e l'an delle prove.
a) Il quid. Il comma 2 dell'art. 123 bis stabilisce che essa "verte sulle materia oggetto della prova scritta del concorso": in altre parole, sul diritto amministrativo, civile e penale. Ma così non è stato. Oggetto dei 5066 quiz è stato soltanto il diritto civile, privilegiando, peraltro, il diritto commerciale ed escludendo la responsabilità civile. Ciò ha offerto il destro agli aspiranti magistrati per denunciare il "regalo" fatto ai candidati al concorso notarile (componente molto nutrita dei 3.024 ammessi agli scritti del concorso per uditore), che già conoscevano da tempo i quiz, avendo sostenuto in anticipo analoghe prove preselettive sorteggiate nel grande archivio informatico di diritto civile messo a punto per lo stesso concorso notarile. Perché non è stato creato un archivio ad hoc anche per il concorso per uditore giudiziario? E' stato un fuoriprogramma? Per niente.
Il tempo a disposizione della commissione permanente per la tenuta dell'archivio dei quesiti della prova preliminare di cui all'art. 123 quater D. Lgs. n. 398/97 è stato scarso, considerando il periodo tra l'entrata in vigore della normativa (novembre '97) e il bando del primo concorso caratterizzato dal nuovo sistema (dicembre '98). Tra le disposizioni transitorie e finali, infatti, l'art. 17, comma 3 del D. Lgs. 398/97 ha previsto espressamente che la creazione di un "archivio provvisorio delle domande, utilizzando archivi già predisposti per l'accesso ad altri concorsi, anche se aventi ad oggetto una sola delle materia della prova scritta, eventualmente modificandole". Cioè l'archivio notarile. Così, l'archivio per la preselezione informatica per il concorso notarile è stato ripreso, ritagliato e proposto a coloro che aspirano ad indossare la toga. Ma in via del tutto provvisoria. Almeno si spera. Infatti, presso il Ministero di grazia e giustizia, è istituita la commissione permanente per la creazione e l'aggiornamento dell'archivio informativo delle domande per la prova preliminare. Commissione che dovrebbe essere qualificatissima, visto che i componenti seguono un corso di specializzazione in docimologia e tecnica del test, salvo approfondimenti successivi e periodici della durata di tre ore (sic!) (art. 123 quater del R.D. n. 12/41 introdotto dall'art. 4 del D. Lgs. n. 398/97).
Nessuna presunta disparità di trattamento rispetto ai candidati del concorso notarile, dunque, visto che il superamento delle prove preselettive di diritto civile non può consentire di compensare una adeguata preparazione anche di diritto penale e amministrativo.
E poi, non vedo come possa scandalizzare il fatto che per due concorsi vengano proposti quesiti sostanzialmente identici (ma solo nella sostanza), visto che è ormai prassi diffusa nei concorsi presso tutte le Pubbliche amministrazione di scremare i partecipanti alle prove scritte proponendo una serie di quiz logico-numerici, di cultura generale e solo in parte di cultura specifica, che sono analoghi per molti concorsi (segretario comunale, collaboratore tributario, analista economico-finanziario, Scuola superiore della Pubblica amministrazione) ma (e questo è peggio) caratterizzati dalla più assoluta imprevedibilità. Si ricordi il caso del concorso per collaboratore tributario (7° qualifica funzionale) bandito dal Ministero delle finanze nella primavera del '98. Il Ministero fu costretto a bandire un nuovo ed identico concorso (non annullando quello precedente) poiché le prove preliminari risultarono tanto ostiche da consentirne il superamento solo a pochissimi candidati a fronte dei mille e passa posti messi a concorso. Il Ministero ribandì, così, il concorso, distribuendo ai candidati quiz tutto sommato accessibili e, per questo, per niente preselettivi. Risultato: agli orali sono stati ammessi migliaia di giovani laureati destinati a permanere nelle graduatorie di idoneità fino a data da destinarsi. Coerente? Giusto?
E per il concorso alla Scuola superiore della pubblica amministrazione? (3) Tutti coloro che hanno partecipato alle prove preselettive possono testimoniare la schizofrenia delle domande, generiche, imprevedibili e incapaci di selezionare realmente, se non i più fortunati. Perché lì gli esclusi a causa dei quiz non hanno proposto un analogo e (più) polemico ricorso?
Sotto questo profilo, la pubblicazione di quesiti conoscibili in precedenza, vertenti - in tutto o in parte - sulle materie oggetto della prova d'esame, e su cui potersi esercitare costituisce il male minore e una garanzia di trasparenza nel caso in cui comunque si debba attraversare il "fuoco" delle prove preselettive. Che pur nessuno si augura.
Allora, lo scandalo cui bisogna gridare consiste nel fatto che attualmente, "l'elaborazione dei quiz viene affidata alla discrezionalità delle singole amministrazioni; queste ultime, molto spesso, non sapendo che fare, hanno 'girato' i loro poteri a società private più o meno qualificate, incaricate non solo della redazione ma spesso anche delle correzioni dei quiz ( ). Il risultato è che in materia vige la massima discrezionalità, la quale sfocia spesso in arbitrio, dato che ogni amministrazione può determinare ad libitum non solo il tipo di domande, ma anche il valore ponderale da attribuire ai vari quiz ed i rapporti tra il risultato di essi ed i titoli posseduti dai candidati" (4).
Proprio a causa dell'assenza di regole certe, è pure accaduto che una commissione giudicatrice, dopo aver stabilito per la prova preliminare un questionario di 60 domande, con risposte predeterminate, e la necessità, per il suo superamento, di 48 risposte esatte, abbia precisato che "la graduatoria del punteggio, relativamente ai candidati idonei, avverrà assegnando p. 0,75 per ciascuna risposta esatta, oltre le 48, sino ad un residuo di 30/30". Il Tar Piemonte, Sezione II, con sentenza 4 marzo 1999 n. 111, ha affermato la manifesta illogicità del sistema, allorquando, in sede di valutazione di quiz preselettivi, si attribuisca un diverso valore ponderale alle risposte date alla medesima domanda a seconda che il candidato abbia o meno risposto esattamente ad un certo numero di quesiti (5).
In sostanza, stante l'opinabilità di ogni criterio selettivo e, a maggior ragione, preselettivo, quello che prevede la pubblicazione anticipata dei test almeno assicura: 1) garanzia di imparzialità, per impossibilità di brogli e favoritismi (6);
2) il rispetto di un criterio, che ancorchè non selezioni i migliori, non è vero che seleziona unicamente i Pico della Mirandola del diritto, ma premia, anzitutto coloro che si sono impegnati confidando nella (tendenziale) certezza del risultato. Non è possibile, poi, memorizzare, se non si è prima compreso: come si farebbe, altrimenti, a memorizzare 5066 cavilosissimi quiz riassuntivi dell'intero Codice civile senza costruirsi una propria rete concettuale e ragionativa, in modo da rispondere perfettamente ad ognuno dei sessanta quesiti proposti? (7).
b) Altro discorso è quello relativo alle modalità complessive delle prove preselettive, discorso che può affrontarsi soltanto de iure condendo. Esistono dei buoni test preselettivi? E se sì, quali sono? Quali devono essere le finalità cui una prova preselettiva per l'accesso in magistratura deve tendere? Alcuni propendono per una preselezione basata su quesiti culturali, salvo poi determinare se la cultura da accertare nel candidato debba essere generica o specifica. Altri, invece, criticando tale metodo, e ritenendo che così facendo verrebbero premiati soltanto i nozionisti (ma allora la preparazione culturale è nozionismo?!), promuovono una preselezione basata su quiz logico-aritmetici, e volti, in buona sostanza, a valutare le capacità ragionative e di riflessione del candidato. Altri ancora, entrando in medias res, ritengono che i test preselettivi debbano scremare il numero dei partecipanti selezionando non i più preparati (quesiti culturali, generico-specifici), non quelli meglio dotati (quiz logico-aritmetici) quanto quelli più idonei a svolgere le funzioni giudiziarie per le quali si è candidati. L'adozione di quest'ultimo criterio se presenta un innegabile vantaggio, cioè quello di realizzare una reale ed utile preselezione, comporta un problema di difficile soluzione: la determinazione e l'opinabilità (non ultima la politicizzazione) dei criteri alla stregua dei quali vagliare le attitudini dei giovani dottori in giurisprudenza che vogliano entrare in Magistratura.
La necessità di effettuare un giudizio sulle attitudini è tanto sentita da formare oggetto di un disegno di legge presentato al Senato il 5 gennaio 1987 (n. 2136), di riforma dell'art. 190 dell'Ordinamento giudiziario (Funzioni giudicanti e funzioni requirenti). La proposta di legge, nonostante si riferisca a coloro che già indossano la toga, è utile per individuare i criteri che potrebbero essere valevoli anche per l'accesso alla Magistratura: "I magistrati dell'ordine giudiziario ( ) si distinguono per l'appartenenza alle funzioni giudicanti o alle funzioni requirenti. L'attribuzione di tali funzioni è effettuata sulla base dei parametri di capacità, preparazione, operosità, diligenza ed equilibrio, nonché sulla base di specifiche attitudini, desunte in particolare: per le funzioni giudicanti, ( ) dalla capacità di sintesi e di individuazione delle questioni di fatto e di diritto ( ); per le funzioni requirenti, ( ) dalla capacità di argomentazione orale" (8). E' chiaro che i criteri qui indicati si riferiscono all'ipotesi in cui un magistrato faccia domanda per passare dalle funzioni requirenti a quelli giudicanti e viceversa. Ciò nonostante, essi potrebbero costituire un buon punto di partenza - de iure condendo - per elaborare un criterio di merito non culturale né strettamente logico-aritmetico per la preselezione al concorso in Magistratura ordinaria, offrendo sia parametri più ragionevoli che sufficientemente deflattivi dell'esercito dei candidati. In questo modo, potrebbero essere soddisfatte in anticipo, in sede di accesso alla Magistratura, esigenze che si proporrebbero sicuramente durante il passaggio tra le funzioni.
Tuttavia, se da un lato s'invocano criteri più equilibrati di preselezione rispetto a quelli basati sul semplice meccanismo di ammissione/esclusione in relazione alle risposte sbagliate o errate, dall'altro è pur vero che il nuovo criterio incentrato sulla idoneità delle funzioni giudiziarie da svolgersi presterebbe il fianco a facili e prevedibili critiche fondate su un quid di inverificabile, in quanto oggetto esclusivo della discrezionalità tecnica della P.A., e dunque sindacabile non nel merito ma solo in punto di ragionevolezza, logicità e congruità della motivazione dell'esclusione dell'Amministrazione.
In sintesi, la rigidità del criterio dei quiz di cultura specifica (senz'altro migliorabili) da un lato non ammette appello, in caso di errore, dall'altro costituisce uno strumento di garanzia degli stessi candidati, che possono confidare in un imparziale svolgimento delle prove.
Al contrario, un sistema preselettivo basato sull'idoneità allo svolgimento delle funzioni giudiziarie, se costituisce, in linea di principio, un buon sistema di prereclutamento dei magistrati, non avrebbe vita facile, vista la litigiosità degli italiani, e considerato il clima di sospetti e di sfiducia in cui la P.A. ormai vive da decenni.
Non emende da censure è anche il criterio basato su quiz diretti ad accertare le capacità intellettive del candidato. Anzitutto, sarebbero opinabili anche tali quesiti, visto che gli psicologi non hanno ancora trovato una definizione universale di intelligenza; non può parlarsi, infatti, di intelligenza, ma di intelligenze: intelligenza tecnica, figurativa, logico-aritmetica, emotiva, linguistica, creativa. E poi, siamo proprio sicuri che un magistrato debba essere (pre)selezionato esclusivamente in base alla lucidità intellettiva? Infine, nonostante un elevato grado intellettivo, non è detto che il candidato riesca a risolvere positivamente un elevato numero di quesiti. Anche in questo caso si rischierebbe la non ammissione, visto che per definizione tali quesiti non potrebbero essere pubblicati in anticipo, e dunque, il candidato non potrebbe esercitarsi su di essi: infatti, un po come i reati unusussistenti, qui uno actu perficiuntur, per i quali il compiere un solo atto equivale ad integrare il reato (sparare e cagionare la morte di taluno, art. 575 c.p.), allo stesso modo, conoscere in anticipo i quiz intellettivi significherebbe anche essere capaci di risolverli tutti in sede di esame, svuotando il senso della specifica modalità valutativa.
In conclusione, anche se i candidati esclusi che hanno proposto ricorso giurisdizionale lamentano l'irrazionalità del sistema preselettivo ed invocano parallelamente più equi criteri di prereclutamento, si può stare certi che altri candidati, mutate le preselezione, individuerebbero i limiti del nuovo sistema.
Allora? Paradossalmente, la soluzione più equa e garantista è proprio quella apparentemente più mediocre: quiz conoscibili in precedenza di cultura specifica (9), capaci di garantire serietà ed imparzialità dello svolgimento delle prove e di verificare anticipatamente la preparazione, seppure nozionistica, del candidato (ma è nozionistico tutto il sistema scolastico-universitario italiano!) su materie che saranno poi oggetto di più accurata valutazione.
D'altro canto, se poi i candidati sono talmente ansiosi di vincere il concorso per uditore giudiziario, e imparano a memoria i 5066 quiz di diritto civile in modo da non sbagliare nemmeno una risposta delle 60 proposte dal questionario, il problema, se di problema si vuole parlare, non sta certo nel criterio elaborato dal Ministero, quanto nella bravura (o se preferite, capacità di memorizzazione o nozionismo) dei candidati, e non ultima, nella penuria di posti di lavoro (pubblici e privati) che c'è in Italia. Non va neppure dimenticato che il criterio seguito per l'accesso alla magistratura ordinaria è stato "inaugurato" da concorsi per l'accesso ad altre magistrature, come quelle parlamentari (10). Si veda, ad esempio, il concorso pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, serie speciale, concorsi ed esami, del 24/8/1999, a quaranta posti di documentarista della Camera dei deputati. L'art. 5 del bando stabilisce che gli esami consistono in una prova selettiva, tre prove scritte e una prova orale. Il comma 7 dello stesso art. 5 prosegue prescrivendo che "sono ammessi alle prove scritte i candidati che si siano collocati entro il 200° posto. Il predetto numero di 200 ammessi può essere superato per ricomprendervi i candidati risultati ex-aequo all'ultimo posto utile dell'elenco di idoneità". Anche per tale concorso i candidati potranno consultare in anticipo il volume di quesiti che "l'Amministrazione curerà di pubblicare" (art. 5, comma 4 del bando).
Ci si dovrà attendere anche qui una pioggia di ricorsi per i candidati esclusi con un uno o due errori al concorso per documentarista della Camera dei deputati?
4. L'avvenire delle scuole di specializzazione.
In realtà coloro che incentrano le critiche sul sistema della preselezione informatica colgono soltanto un dato della realtà, che è più complessa. Infatti, l'art. 1 del D. Lgs. n. 398/97, che ha modificato l'art. 1 dell'Ordinamento giudiziario prevede la 1necessità della prova preliminare soltanto nell'ipotesi in cui il candidato non sia in possesso del diploma di specializzazione. L'art. 123 bis, a conferma di quanto statuito, stabilisce che sono esonerati dalla prova preliminare ed ammessi alla prova scritta, tra gli altri, "coloro che hanno conseguito il diploma di specializzazione per le professioni legali, benché iscritti al corso di laurea in giurisprudenza prima dell'anno accademico 1998/1999".
In futuro, come prescrive l'art. 6 del citato D. Lgs. n. 398/97, che ha riformulato l'art. 124 dell'Ordinamento giudiziario, al concorso per uditore giudiziario saranno ammessi "i laureati in giurisprudenza in possesso, relativamente agli iscritti al relativo corso di laurea a decorrere dall'anno accademico 1998/1999, del diploma di specializzazione, di durata biennale. Queste provvederanno "alla formazione comune dei laureati in giurisprudenza attraverso l'approfondimento teorico, integrato da esperienze pratiche, finalizzato all'assunzione dell'impiego di magistrato ordinario o all'esercizio delle professioni di avvocato o notaio".
Le attività pratiche si svolgeranno presso sedi giudiziarie, studi professionali e scuole di notariato, "con lo specifico apporto di magistrati, avvocati e notai" (art. 16 D. Lgs. n. 398/97). In tal modo, si cercherà di colmare quell'assurdo iato tra teoria e pratica del diritto, e che è responsabile della concreta impreparazione professionale di coloro che aspirano ad indossare la toga. La scuola di specializzazione biennale per le professioni legale, per i candidati al concorso per uditore giudiziario, dovrà assolvere - almeno per parte - quella funzione che assolve il biennio di tirocinio giudiziario dei novelli uditori: ascoltare, osservare e imparare a svolgere le funzioni giudiziarie per le quali si è candidati. Se verrà ben impostata, forse contribuirà a rendere meno essenziale, (surrogandolo ?), il periodo di uditorato che segue alla vincita del concorso in Magistratura ordinaria.
Dunque, in futuro, la preselezione in funzione deflattivo-selettiva avverrà non (solo) in base ai deprecati quiz di diritto civile, amministrativo e penale, ma anzitutto in base ad un titolo che sarà conseguenza di un percorso teorico-pratico di preparazione culturale giuridica, che oggi pure si segue, sì, ma solo in parte ed in ogni caso in via del tutto "informale", e dunque in modo poco controllabile.
5. L'an della preselezione: esigenza vitale
In fondo, molta dell'insofferenza nei riguardi delle modalità di espletamento delle prove preselettive nasce dal rifiuto dell'idea stessa di preselezione: ogni pre-esclusione viene vissuta come ingiustificata in quanto preclusiva delle chances di partecipazione e vincita del concorso. Ciò nonostante, si tratta di una necessità imprescindibile, e che è stata già avvertita da alcuni anni. Emblematica è al riguardo la relazione del presidente della commissione esaminatrice del concorso per uditore giudiziario indetto con d.m. 6 marzo 1986: "Le gravi carenze di contenuto e di forma riscontrate negli elaborati ( ) convincono della imprescindibile necessità della preselezione". Perché? Perché "buona parte dei temi sono così poveri da stentare a credere che gli autori legittimamente si fregino del titolo di dottore in giurisprudenza" (11). "I candidati - prosegue la relazione citata - ( ) non sanno esprimersi in modo chiaro e in forma passibile ( ). Ho l'impressione che il panorama sarebbe meno desolante se il contenuto dei temi venisse travasato in forme più acconce". Di fronte a tale desolante panorama, è lo stesso presidente della commissione ad invocare l'istituzione delle scuole di specializzazione post laurea.
Esse potrebbero intendersi non come criterio di selezione dei migliori, quanto di esclusione dei meno preparati. La selezione vera, poi, non sarà in grado di farla un esame concorsuale.
Antonio Leo Tarasco
bibliografia