"Una "favola" perduta nel cuore del Sahara. Duecento anni fa nasceva l'esploratore francese Réné Caillé che nel 1828 raggiunse la mitica città di Timbuctú"

OR Domenica, 15, Ottobre 2000, 6

Franco Pelliccioni

1966 - 2006

QUARANTA ANNI DI PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE E DI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA  

Il successo degli esploratori è spesso dovuto, più che alla dovizia dei mezzi impiegati, alla loro determinatezza, risolutezza e testardaggine nel perseguire gli obiettivi prefissati. Di queste qualità il francese René Caillé (1800-1838) ne aveva da vendere. Quando nel 1827 tenterà per l'ennesima volta di raggiungere Timbuctú, la favolosa città nel deserto del Sahara, uno dei più affascinanti miti che abbia avuto l'umanità. Famosa in tutto il mondo come ricco centro commerciale e religioso a partire dal XIV secolo, gli insegnamenti impartiti dalle scuole delle numerose moschee attiravano dotti di ogni parte del mondo. "A Timbuctú ci sono molti giudici, dottori e segretari, tutti ben stipendiati dal re. C'è una grande richiesta di manoscritti, importati dalla Barberia. I profitti del commercio dei libri sono superiori a quelli di qualunque altro ramo d'affari" (Leo Africanus, 1526). Fin da giovanissimo le letture suggeriscono al Caillé di raggiungere Timbuctú. A sedici anni si imbarca infatti per il Senegal, dove tenta di organizzare una spedizione. Sconsigliato dall'andare avanti, dopo una parentesi tra Guadalupa e Francia torna nel 1818 a Saint Louis per aggregarsi ad una carovana inviata in soccorso del Gray. Le difficoltà incontrate lo costringono a rientrare in Francia, anche se nel 1824 è nuovamente in Senegal e, con alcune mercanzie ottenute dal governatore, va a stabilirsi tra i Mauri Bracknas. Vuole imparare l'arabo e la cultura islamica, al fine di potersi poi inoltrare verso l'interno con maggiore tranquillità. Di nuovo a Saint Louis, non ottiene l'aiuto sperato. Si reca perciò a Freetown, nella vicina Sierra Leone, dove gli si fa capire come non debba precedere il Laing, un esploratore inglese, in quel periodo intenzionato a sua volta a raggiungere Timbuctú. Il 19 aprile 1827, nonostante gli ostacoli frapposti dai burocrati coloniali, dà inizio alla sua straordinaria avventura. Anche se non sarà proprio il Caillé a partire, ma solo Abdallahi, un povero egiziano che torna dai suoi dopo essere stato rapito da bambino dai soldati di Napoleone! Accompagnato per un primo tratto da cinque mercanti Mandingo, attraversa il Bafing, un affluente del Senegal, arrivando alla città di Kankan, dove sosta per un mese. Successivamente penetra nella regione montuosa del Futa Gialon e ad agosto giunge nel villaggio Mandingo di Timé. Una piaga al piede e lo scorbuto lo costringono a fermarsi per quattro mesi nella capanna di una anziana. Il 9 gennaio 1828 è ancora una volta in marcia. Abbandona la direzione est, tenuta fino ad allora, per seguirne una decisamente più settentrionale. In due mesi è a Djenné, dove sosta alcuni giorni per prepararsi per la tappa più importante della sua pericolosa e sofferta missione. Il 23 marzo si imbarca su una piroga carica di merci che discende il Niger, nascondendosi spesso sul fondo per non farsi riconoscere dai Tuareg. In un mese è al villaggio di Kabara. Eccolo infine giunto alla sua meta. Quello sperduto villaggio è, infatti, il porto di Timbuctú. La sera del 20 aprile è ormai alle porte della mitica città edificata sulle sabbie del deserto e vi entra due anni dopo Laing (nel 1826 l'esploratore, giunto a Timbuctú, pagherà con la vita la sua curiosità), duecentodieci anni dopo lo schiavo francese Paul Imbert e quattro secoli dopo il tolosano Anselme d'Ysalguier, catturato dai Mauri davanti alle Canarie durante uno scontro al tempo del normanno Jean de Béthencourt (1393). La città, abitata da 10.000 abitanti, tra Negri Kissuri e arabi dediti al commercio, è "triste, costruita sulle sabbie, dove gli abitanti, in mancanza di legna, bruciano lo sterco dei cammelli, dove occorre acquistare l'acqua al mercato e dove non si sente mai il canto degli uccelli". La sua testimonianza assesta, quindi, un duro colpo ad una plurisecolare leggenda che, nonostante tutto, continua ancora oggi a persistere (la città nel 1591 aveva subito l'oltraggio delle truppe marocchine di El Mansur, la cui conseguenza fu il suo irreversibile declino). Perché sappiamo bene come l'uomo abbia un più o meno inconscio bisogno, spesso disperato, a volte formalmente contestato, di credere ad un "qualcosa", miti compresi. Specialmente se appartenenti a mondi e a culture "diverse", esotiche e lontane…

A questo punto Caillé non pensa ad altro che a tornare. Si unisce perciò ad una carovana di 600 cammelli diretti in Marocco. Perseguitato dai Mauri, raggiunge dapprima Arauan, poi il Tafilalet e infine, il 12 agosto, Fez. Il 7 settembre 1828 si presenta al vice console francese a Tangeri, sbalordendo con il suo racconto il diplomatico e, successivamente, l'intera Europa. Durante 538 interminabili giorni di stenti e 1500 Km, ha scrupolosamente annotato impressioni e sensazioni, arricchendoli di schizzi, il tutto accuratamente tenuto sempre ben nascosto. Note che Jomard, Presidente della Società Geografica Francese pubblicherà nel Journal d'un voyage a Timbouctou et a Jenné, dans l'Afrique centrale. "Il diario di Caillé è tra gli scritti più toccanti e più umani a cui abbia saputo dar vita la storia delle esplorazioni africane" (E. Migliorini). Nonostante onori e riconoscimenti ricevuti (e una pensione del governo), resterà amareggiato dai dubbi che la sua impresa aveva sollevato, soprattutto in Inghilterra. Il 25 maggio del 1838 muore quasi dimenticato. Il grande esploratore Barth sarà il primo a rendergli giustizia: "ritengo come dovere di proclamare senza scrupoli e senza infingimenti René Caillé come uno dei più veridici esploratori dell'Africa. Non è stato un uomo di scienza, ma sprovvisto di strumenti e ridotto ai mezzi più infimi, ha fatto più di quanto avrebbe potuto fare, in condizioni simili, qualsiasi altro viaggiatore".

http://users.iol.it/f-pelli/f-pelli.esplorazioni.caille.htm

Creata 12 marzo 2002

Modificata 15 febbraio 2006 

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