"Lungo la via maestra dell'etnologia italiana. Un nome su tutti spicca nella ricerca sul campo e nell'analisi teorica: quello di
Vinigi L. Grottanelli"
OR [L'Osservatore Romano] Domenica, 26 ottobre 2003, 6
Franco Pelliccioni
1966 - 2006
QUARANTA ANNI DI PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE E DI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA
Abbiamo oggi la possibilità di ricordarlo a cinquant’anni dal termine di quella che sarebbe stata la sua quinta ricerca etnologica sul campo in Africa, tra i Bajuni e i Bon della Somalia. Pur non essendo stati suoi allievi, non possiamo nascondere come la scomparsa di questo grande dell’etnologia italiana (Roma, 31 maggio 1995) ci toccò molto da vicino, riuscendo a scuotere, nel profondo, alcune corde della nostra stessa esistenza. In effetti, egli, oltre ad aver rappresentato, per almeno due generazioni di studiosi, un maestro o, meglio, il Maestro (nel contesto dell’Istituto di Etnologia da lui diretto per lunghi anni, si andò formando la cosiddetta “scuola romana”), ha costituito per chi scrive la reale essenza e l’empirica fattuale realizzazione di come un grande ed “importante” sogno possa inverarsi. Egli e la sua opera sono stati infatti, per noi, un ideale, un esempio di vita, una strada da percorrere con passione, tenacia, costanza. Un percorso iniziatico difficile da seguire, ma sempre entusiasmante per chi “crede” fino in fondo. In effetti, la nostra è anche una testimonianza su uno degli aspetti forse meno conosciuti, perfino “singolare”, della vita di uno studioso. Eravamo giovanissimi studenti quando, dopo diverse affascinanti ma anche meticolose “immersioni” esplorative nelle sale del Museo Pigorini al Collegio Romano, egli ci volle incontrare: esattamente quaranta anni fa. Rispetto ai successivi incontri, che risalgono fino alle conferenze svoltesi al CNR nella prima metà degli anni ’80 del XX secolo, le immagini relative a quei primi trepidanti colloqui, nonché i suggerimenti, i consigli, gli incoraggiamenti, le indicazioni di cui egli fu prodigo, si stamparono indelebilmente nella memoria (e nell’anima). La sua figura e ciò che egli rappresentava ci coinvolsero in maniera totalizzante, tanto da condizionare positivamente - nonostante i molti e tempestosi venti contrari - tutto il corso della nostra vita. L’anno dopo, nel 1964, iniziavamo le nostre prime ricerche museologiche e bibliografiche presso lo stesso Pigorini.
Questa nostra è certamente un’inusuale digressione che, comunque, gli dovevamo con affetto, perché, come in quegli stessi anni ci fu riferito da persone a lui vicine, egli rivedeva in noi un po’ di quello che lui stesso era stato in passato: giovane, curioso, ansioso di conoscere mondi e popoli “esotici”. Per giunta stavamo anche seguendo - come aveva fatto lui da giovane - un itinerario di studio scolastico che era agli antipodi di quello certo più consono ad un aspirante studioso dell’Uomo. Del resto, nel 1976, nel capitolo introduttivo a Gerarchie etniche e conflitto culturale, nel quale raccoglieva una serie di fondamentali articoli pubblicati nell’arco di un trentennio in diverse riviste italiane e straniere (compreso il famoso saggio sui “pre-Niloti” del 1948, da Bernardo Bernardi definito “un contributo chiarificatore e decisivo per la classificazione delle regioni culturali dell’Africa”), egli ebbe modo di parlare diffusamente della sua “precoce vocazione etnologica e africanistica”.
Ricordiamo ora, sia pure succintamente, quali siano stati i meriti (tanti) del
Grottanelli, del resto ampiamente noti nel mondo etno-antropologico, non solo italiano. Innanzi tutto, va sottolineato come in lui si siano potuti splendidamente fondere, in maniera armonica e densa di fruttuosi risultati, le due anime dell’etno-antropologo: quella vivificante e brillante - supportata dalla padronanza di numerose lingue “altre” (amharico, ge’ez, swahili, kiBajuni, Nzema) - della ricerca sul terreno e quella dell’attenta e scrupolosa analisi teorica. Ricerche e indagini vennero da lui condotte, poi anche dirette, fin dal 1932, allorché, appena ventenne (era nato ad Avigliana - Torino - nel 1912), effettuò quella che definì una “indagine d’esordio”: tra i Sab ed i gruppi negri situati fra l’Uebi Scebeli ed il Giuba, in Somalia.
Nel 1937 come antropogeografo prende parte alla celebre missione interdisciplinare della Reale Accademia d’Italia al lago Tana, diretta da Giotto Dainelli. Nel 1939 si trova fra i Mao e i Koma nell’Uollega occidentale (rivisitati nel 1967); nella Somalia, a lui molto cara, nel 1951-1952 è tra i Bajuni e i WaZegua e, nel 1952-1953, studia ancora i Bajuni, oltre che i Bon (I pescatori dell’Oceano Indiano, 1955); nel 1960 è nel Madagascar; mentre nel 1954, 1961 e nel 1963 lavorerà tra gli Nzema del Ghana. A partire dal 1969 dirigerà la “Missione Etnologica Italiana” in Ghana. Nel 1977-78 appaiono i due volumi da lui curati - del secondo è l’unico autore - di: Una società guineana: gli Nzema.
Colto e brillante africanista, specialista delle popolazioni dell’Africa nord-orientale (e non solo), si interessò con successo alla storia, ma anche alle connessioni tra sistema politico, sociale e miti di fondazione dei popoli da lui studiati. La pluriennale esperienza di Curatore del Pigorini (1945-1967) non poteva non suscitare in lui un acceso interesse per l’arte, soprattutto africana. Molteplici e di ampia diffusione internazionale sono le sue pubblicazioni (scritte direttamente anche in diverse lingue europee), alcune delle quali sono state già ricordate. Dopo aver collaborato con diversi pregevoli interventi all’opera curata dal Biasutti, Razze e popoli della Terra (1940-1967), nel 1966 darà vita ai tre volumi di Ethnologica, prestigioso lavoro di sintesi, un autentico “prontuario enciclopedico di tutta la dottrina antropologica” (Bernardi). Infine vanno ricordati, insieme con le ormai molte annate della rivista “L’Uomo”, cui dedicò tanta cura, i suoi Principi di Etnologia (1966, 1972), nonché un autorevole intervento, nel 1977, sulla situazione delle discipline etno-antropologiche in Italia, che suscitò un vivace dibattito internazionale sulle prestigiose pagine di “Current Anthropology”. E’ stato membro d’onore e fellow di numerose associazioni scientifiche italiane ed internazionali. Ci limitiamo, infine, a ricordare come per ventidue anni (1946-1968) sia stato membro del Consiglio Esecutivo dell’International African Institute di Londra e come dal 1967 al 1971 abbia fatto parte del Consiglio Direttivo della Società Geografica Italiana, al cui “Bollettino” collaborò in più occasioni.
http://users.iol.it/f-pelli/f-pelli.grottanelli.htm
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Modificata: 26 gennaio 2006