GLI ARTICOLI ON LINE DI FRANCO PELLICCIONI

Nell'arcipelago delle Vestmannayjaer dove s'incontrano la "Capri del Nord" e la terra "più nuova" al mondo. Isole islandesi forgiate dal vento, dall'acqua e dal fuoco

L'Osservatore Romano, 10/11 Aprile 2000, 3

1966 - 2006

QUARANTA ANNI DI PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE E DI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA  

Nella "Capri del Nord", come è soprannominata Heimaey (arcipelago delle Vestmannaeyjar) per le sue grotte marine e i faraglioni, abbiamo effettuato l'ultima nostra ricerca. Una scelta dettata da tutta una serie di fattori storico-geografici e culturali di rilievo, tra i quali: la trainante economia basata sulla pesca, la relativa lontananza dell'isola dalla costa islandese, la "diversa" e ben radicata cultura dei suoi abitanti. Ciò che ci affascinò maggiormente di Heimaey, però, fu la storia di un evento imprevisto e catastrofico, e di come si riuscì, a livello individuale e collettivo, a fronteggiarlo, sia nel momento della massima emergenza, che in seguito. E, infine, di come oggi gli isolani siano sempre pronti, quasi con "animo leggero", ad una sempre possibile iterazione dello stesso terribile fenomeno.

Nel cuore della notte di martedì 23 gennaio 1973, ore 1,55, improvvisamente iniziava un'eruzione da una fessura posta ad est dell'isola, senza segni premonitori, se si eccettuano alcune leggere scosse di terremoto cominciate alle dieci di quella sera. Una serie di fortunate circostanze, accomunate a know how, determinazione e dosi elefantesche di sang froid sparse a piene mani, riuscirono ad impedire che si verificasse un'immane tragedia. Innanzitutto, grazie al persistere di quello che abbiamo definito "tempo islandico", cioè la trilogia: gelo, vento forte, pioggia battente. In quelle ore tale aggettivazione sarebbe calzata a pennello: pioggia fortissima con raffiche di vento da sud-est forza 12. Costringendo, in quella notte da lupi, a far restare in porto tutta la flotta. Questo fatto, unitamente ad altri, che verranno in seguito individuati, consentì che il "fuoco della terra" non provocasse né morti, né feriti. Non solo…La cittadina fu salvata e migliorò perfino l'infrastruttura naturale del porto. Ma andiamo subito ai fatti. Già alle 2,30 il primo peschereccio pieno di sfollati lasciava l'isola. Tutte le altre imbarcazioni allertate e pronte a seguire, come una corrente. Solo poco prima delle 2 c'era stata l'allarmata telefonata al posto di polizia annunciante l'eruzione. Un immediato controllo verificava la presenza di due lingue di lava, che partivano dall'ovest dell'Helgafell, il vulcano dell'isola che mai, nei secoli, aveva dato segni di irrequietezza. Contrariamente a quanto si era invece verificato dieci anni prima, con un'eruzione vulcanica sottomarina, che in pochi anni portò alla creazione dell'isola di Surtsey. L'eruzione aveva preso il via da quello che è diventato il vulcano gemello dell'Eldfell (la "montagna di fuoco"). In meno di due ore, vigili del fuoco e polizia fecero scendere la popolazione in strada, radunando tutti al porto con poche cose. Immediatamente si prese la decisione di evacuare l'isola dai suoi 5300 abitanti, e al più presto. Poiché i fiumi di lava, che correvano in due direzioni opposte, potevano bloccare contemporaneamente l'ingresso al porto e distruggere la pista aeroportuale. In poco tempo circa 300 persone (per lo più vecchi e malati) furono evacuati a Reykjavik grazie ad un ponte aereo operato dalle linee aeree islandesi e dalla NATO. Ad Heimaey, alla fine, rimasero solo due-trecento persone per l'emergenza. Enorme fu l'assistenza e l'aiuto portato dalla comunità internazionale, in particolare dagli stati scandinavi.

Alcuni numeri che quantificano ciò che accadde. In cinque mesi e dieci giorni l'eruzione produsse 250 milioni di m3 di lava e cenere. Il nuovo vulcano raggiunse un'altezza di 225 m. Anche le dimensioni dell’isola si accrebbero di un buon 15%, passando dai 12 ai 14,5 Kmq. La solidificazione della lava contribuì inaspettatamente a migliorare le caratteristiche del porto, restringendo l'imboccatura della baia, ora ben protetta dalle intemperanze oceaniche. Da terra e utilizzando i cannoni d'acqua di due navi, si pomparono 5,5 milioni di tonnellate d'acqua di mare per raffreddare la lava, allo scopo di rallentare o bloccare, sia pure in parte, la sua catastrofica corsa verso il porto e la città. La massa di lava raffreddata agì efficacemente da diga contro l'avanzare di quella incandescente. Una misura adottata per la prima volta, che si dimostrò risolutiva. L'isola, costantemente nascosta da un'immensa nuvola di vapore, si salvò. Come si salvò il porto, tra i più importanti dell'Islanda. Le correnti di lava ne lambirono solo il lato orientale, evitando quasi completamente le abitazioni, che furono distrutte dalla cenere, che tutto ricoprì e bruciò. Ne caddero 1,5 milioni di tonnellate! Il suo peso fece crollare la maggior parte degli edifici. In totale 360 case furono distrutte, 400 danneggiate, 400 rimasero intatte. La chiesa, dove al culmine dell'eruzione vulcanica si celebrò una messa, venne miracolosamente risparmiata. Subito dopo la fine dell'eruzione, si scavò molto per riportare alla luce le case sepolte sotto metri e metri di cenere, come Pompei... Nel 1975 la maggior parte della cenere era già stata tolta. Venne usata per costruire strade, allargare la pista aeroportuale e per le fondamenta delle case, che si ricostruirono a nord-ovest, dalla parte opposta dell'isola. Due terzi degli abitanti ritornarono ad Heimaey. Il principale danno arrecato dall'eruzione fu costituito proprio dal mancato ritorno degli isolani, per lo più vecchi e ammalati, ma anche giovani, che preferirono restare nella Mainland. L'isola ha oggi la stessa popolazione che aveva fino a quella terribile notte!

Anche in questa tremenda occasione, gli islandesi sono riusciti a ricavare il buono da quanto era successo. Realizzando, tra il 1976 e il 1988, un sistema termodinamico per riscaldare le case che utilizzava, incredibile a dirsi, la…lava ancora bollente come fonte energetica. Poiché riscaldava l'acqua immettendola in un sistema di termoriscaldamento centrale che riforniva tutte le case. Ora che la lava si è raffreddata il sistema funziona grazie all'energia elettrica.

Le isole dell'arcipelago delle Vestmannaeyjar, sono state definite da un poeta islandese "come zaffiri incastonati in un anello d'argento". Heimaey, che vagamente assomiglia ad un otto un po' deformato - come, dall'altra parte del mondo, l'isola di Tahiti -, è l’unica permanentemente abitata di un gruppo di quindici. Le altre hanno solo ricoveri temporanei di cacciatori di puffini (e pecore che vi pascolano durante la breve estate), salvo Surtsey, dove è proibito sbarcare senza autorizzazione.

Pur rappresentando solo il 2% della popolazione islandese, gli isolani mettono insieme il 15% delle esportazioni complessive di pesce con la loro flotta di 100 imbarcazioni. Il porto è uno dei più importanti del paese. In un arco di circa sei settimane, in estate, catturano gli uccelli (dagli 80.000 ai 100.000 puffini), in primavera raccolgono le uova. Attività risalenti all'età vichinga, destinate ad integrare la dieta alimentare, specialmente in un non lontano passato (fino agli anni '30). Mangiare puffini, che vengono preparati in occasioni speciali, di solito durante le festività, come quella di Thjódhátíd, è oggi soprattutto un simbolo che denota la stretta appartenenza alla comunità isolana. In più di un'occasione è stato fatto rilevare dai nostri gentili interlocutori come essi si sentano, sotto molti aspetti, "diversi" dagli islandesi della Mainland o "più islandesi degli islandesi". Cosa che si evidenzia ancora oggi, anno dopo anno, nel corso dell'importante festa di Thjódhátíd , la loro "particolare" festa nazionale celebrata in una data diversa da quella islandese. Fin dal 1874. Quando per il maltempo fu impossibile per gli isolani raggiungere Reykjavík per festeggiare la concessione della prima costituzione da parte del re danese. In effetti la Thjódhátíd per gli abitanti di Heimaey è ben più importante di tutte le altre festività messe assieme. In effetti si può affermare come gli isolani delle Vestmannayjaer abbiano avuto una storia "autonoma" rispetto alla terraferma islandese. D'altronde la loro posizione decentrata spazialmente, ma soprattutto geo-strategicamente più vicina ai paesi europei, ha fatto sì che nei secoli essi abbiano potuto contare su un più grande numero di contatti con l'esterno, fatti di incontri culturali. Ma anche di scontri! La storia della comunità è stata abbastanza tormentata addirittura da prima della sua fondazione. Quando nell'isola vi furono rintracciati e giustiziati gli schiavi irlandesi (gli "uomini occidentali": questo significa Vestmannaeyjar), lì rifugiati dopo aver assassinato il fratellastro di Ingólfur Arnarson. In seguito il vichingo Herjólfur Báðarson impiantò una fattoria, i cui resti sono oggi visibili nella Herjólfsadulur, un perfetto anfiteatro naturale, dove ogni anno si celebra non casualmente la festa diThjódhátíd. L'arcipelago nel XV secolo divenne proprietà della Norvegia e, successivamente, del Regno di Danimarca. Diverse e distruttive furono le razzie dei corsari inglesi. Che a partire dalla metà del XV secolo vi si stabilirono per oltre un secolo, fortificando adeguatamente l'insediamento, fino a quando furono scacciati dai commercianti danesi. Mentre "sufficiente" fu l'unica incursione dei pirati algerini (1627)! Non contenti delle devastazioni già apportate ad altri villaggi islandesi, i "turchi" attaccarono Heimaey, razziandola e bruciandola. Oltre metà degli abitanti fu uccisa, resa schiava e deportata in Nord Africa. Ma gli isolani da sempre hanno dovuto combattere una loro difficilissima quotidiana lotta per poter sopravvivere. Navigando in un oceano, spesso tempestoso e crudele, dove solo avvicinare o lasciare il porto diventava un'impresa "eroica". Lotta quotidiana che richiese, perciò, un alto prezzo in vite umane. E che spiega molto bene come nell'acciaio sia stato forgiato il carattere dei membri di questa comunità. Si ricorda come in un sol giorno tra i flutti oceanici scomparvero ben cinquanta pescatori e come le vittime nel secolo XIX siano state 100. Cifre già di per sé molto alte, ma che sono stratosfericamente incompatibili per il fatto che la comunità, fino a tutto il XIX secolo, aveva una popolazione demograficamente assai esigua. Anche perché il tetano per lunghissimo tempo richiese un triste e alto tributo. Portando via 7-8 neonati su 10. Fino al 1847, quando si scoprì la causa dell'infezione. Il che naturalmente non aveva consentito fino ad allora il naturale accrescersi della popolazione. Allo scopo di farvi fronte, sull'isola venne costruito il primo ospedale per la maternità di tutta l'Islanda. E' questo un primato, di cui gli isolani sono fieri, ma possiamo ancora rintracciarne altri: il primo guardacoste, il Þór, acquistato nel 1920, la prima scuola elementare (1745). Per un certo periodo di tempo, dal 1630, ha avuto anche l'unica guarnigione militare esistente in un'Islanda che è stata sempre senza un esercito. E in questa lista da "Guinnes dei primati", ricordiamo infine come qui ci sia la terra "più nuova" al mondo, l'isola di Surtsey (1963) e come i pescatori di Heimaey, tra i migliori dell'intera Islanda, massicciamente contribuiscano alle entrate del bilancio islandese.

Creata 20 Settembre 2001

Modificata: 3 gennaio 2006

[http://users.iol.it/f-pelli/f-pelli.islanda-groenlandia.vestmannayjaer.htm]

 LA PRINCIPALE PAGINA WEB IN LINGUA ITALIANA DI FRANCO PELLICCIONI:

PROGRAMMA COMUNITA' MARITTIME ATLANTICO SETTENTRIONALE

(In English: Northern Atlantic Maritime Communities Program)

 Tutte le Pagine Web in lingua italiana di Franco Pelliccioni

Ricerche Atlantiche: Shetland e Orcadi, Scozia, Regno Unito / Saint-Pierre, Miquelon (DOM, Francia), Terranova (Canada) / Svalbard, Alto Artico, Norvegia / Isole Faroer, Danimarca/ Ebridi Esterne (Western Isles), Scozia, Regno Unito / Islanda-Groenlandia /

Ricerche Artiche Ricerche Africane Ricerche Italiane Ricerche messicane  

 

LE BIBLIOGRAFIE: Bibliografia Generale  

 AREALI: Africa Occidentale/ AlaskaCanada   /   Carnia / Creta   / EgittoItalia / Kenya /Lisbona, Portogallo /Scozia / Sud Africa / Sudan meridionale /Tunisia 

TEMATICHE Ambiente /Antropologia Applicata Antropologia urbana /Balene Biografie antropologiche / Biografie archeologiche / Esplorazioni / Indiani d'America Inuit (Eschimesi)

L’Avventura al Femminile: Grandi Viaggiatrici, Esploratrici, Antropologhe , Archeologhe

L'immigrazione extracomunitaria e la scuolaMondo Vichingo  / Multiculturalismo /    Musei Marittimi /

Nei Mari del Sud / Naufragi / Pirati e Corsari nell'Atlantico del Nord /  Polo Nord /Razzismo Schiavitù nel Sudan meridionale TreniVulcani / "West"

17 articoli on line di Franco Pelliccioni 

Collaborazioni Rai-TV

Documento 1 /Documento 2/ Documento 3 /Documento 4 /

Uomini, Genti e Culture del "Villaggio Globale": Una Lettura Antropologica dell’Ambiente    

Natura e Cultura nell'Alaska del Duca degli Abruzzi (1897) 

Guerra o Pace: riflessioni di un antropologo su un eterno dilemma

Problemi socio-antropologici connessi allo sviluppo nel Mezzogiorno

Isole e Arcipelaghi dell'Atlantico Settentrionale