GLI ARTICOLI ON LINE DI FRANCO PELLICCIONI

Per tre anni la "Fram" si fece trasportare da un imprevedibile tappeto di ghiaccio. A Oslo un museo custodisce la nave che l'esploratore Fridtjof Nansen guidò nel 1893 in una storica spedizione polare

L'Osservatore Romano, 30 Maggio 2001, 3.

1966 - 2006

QUARANTA ANNI DI PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE E DI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA  

Più volte abbiamo avuto modo di accennare alla presenza, tra i cinque importanti musei localizzati nella cosiddetta isola della cultura di Bygdøy (Oslo), di alcuni tra i massimi simboli della storia delle esplorazioni, con particolare riguardo a quelle polari. Anche da lontano, in avvicinamento con il vaporetto all'imbarcadero, si può notare un grande edificio, dalla slanciata, ma semplice, forma triangolare (in sostanza le sue linee tendono ad assomigliare ad un classico ricovero scandinavo per imbarcazioni, sia pure di dimensioni gigantesche). E' il museo che ospita la Fram ("avanti!"), la famosa nave di Fridtjof Nansen. Sì, proprio lui, il celebre naturalista-esploratore polare, ma anche uomo di Stato e Premio Nobel 1922 per la Pace (per le numerosissime iniziative umanitarie, adottate anche in qualità di Alto Commissario per i Profughi della Società delle Nazioni, in favore di molte centinaia di migliaia di rifugiati). Un autentico mito vivente a cui fece esplicito, ideale riferimento, il giovane Amundsen. Nonostante solo undici anni d'età separassero i due. E l'Amundsen sarebbe diventato ben presto l'altra magna pars del Pantheon degli eroi-esploratori norvegesi.

Ma chi non sarebbe stato galvanizzato leggendo lo straordinario resoconto di quella nave fattasi volontariamente imprigionare dai ghiacci della banchisa? Per anni lasciatasi trasportare da una sorta di tapis roulant, capriccioso e imprevedibile, con il quale sarebbe diventato un tutt'uno indistinguibile: una semovente cattedrale di cristallo negli sconfinati spazi del deserto artico! Senza incorrere nella stessa tragica sorte di decine e decine di navi naufragate in quei mari: lo stritolamento a causa dei ghiacci! Da ragazzi quell'impresa ci era sembrata del tutto fantastica, irreale, frutto solo di una fantasia alla Verne. Qualche anno fa in una bancarella romana acquistammo uno dei volumi della traduzione italiana (Roma: Voghera, 1897) del resoconto di quella spedizione. L'oleografica copertina e il titolo ad effetto (Fra Ghiacci e Tenebre) rispettavano in pieno, con le loro "tinte forti", quello che era il canone classico dell'avventura fin de siècle. Solo nel frontespizio compariva l'originario titolo: La Spedizione Polare Norvegese (corrispondente al Fram over Polhavet: Den Norske Polarfærd 1893-1896).

L'impresa della Fram costituì una vera e propria verifica sul terreno, pardon, "sui ghiacci", di una teoria scientifica propugnata dal Nansen (ma, non solo). Il quale riteneva che nell'Oceano Artico esistessero correnti, di cui era ignoto il percorso e che perciò andava rilevato. Da tempo alcuni indizi avevano fatto riflettere sulla giustezza di una tesi siffatta. Sulle coste groenlandesi era stato rinvenuto legname (larici, abeti, ontani e pioppi) di sicura provenienza siberiana. A Godthab era stata scoperta una piccola lancia eschimese arrivata dallo stretto di Bering. Tutto lasciava credere ad un movimento di correnti verso ovest, sud-ovest. Un nuovo episodio dette, infine, il giusto abbrivo alla spedizione del Nansen. Nel 1884 alcuni eschimesi trovarono a Julianehaab, sempre in Groenlandia, alcuni oggetti, tra cui capi di vestiario e, perfino, un elenco viveri a firma de Long. In circa 1100 giorni avevano percorso ben 2900 miglia nel ghiaccio. Poiché indiscutibilmente appartenevano alla Jeannette, che nel 1881 era affondata al largo dell'arcipelago della Nuova Siberia. La stessa deriva del pack avrebbe, quindi, potuto sospingere anche una nave ivi incastrata! Forse addirittura verso il Polo, o nei pressi. Contemporaneamente si sarebbe definitivamente confutato, almeno così si sperava, il mito dell'esistenza di una terra emersa sul Polo Nord (un sesto continente?!).

Nansen, che in Norvegia era già considerato un eroe, avendo attraversato per primo, a ventisette anni, l'inlandsis nella Groenlandia meridionale (1888), fece approntare a Larvik una nave dai cantieri di Colin Archer. Costruttore apprezzato per l'alta qualità di pilotine e imbarcazioni di salvataggio. E la nave gradatamente prese forma: piccola, leggera, ma robusta e dalla chiglia rotondeggiante. In modo che, invece di essere stritolata dall'abbraccio mortale della banchisa: "doveva essere capace di scivolare come un'anguilla fuori degli amplessi del ghiaccio". Inoltre comoda per il piccolo equipaggio (dodici uomini) che vi avrebbe dovuto trascorrere qualche anno. Perciò disponeva anche di una biblioteca. Nel giugno del 1893 la nave era ultimata: tre alberi e motore ausiliario di 220 HP, 400 tonnellate di stazza ed 800 di dislocamento. Lunghezza di 39 metri, larghezza massima di 11 e pescaggio di 5. Lo scafo aveva due strati di quercia oltre ad un terzo di legno durissimo (greenheart), rinforzato da solide travi e protetto da lastre di metallo a prua e poppa. Era passato solo poco tempo da quando il Nansen aveva illustrato le proprie teorie davanti alla Società Geografica Norvegese e a quella Britannica (1890). Il 24 di quel mese la spedizione si metteva in cammino. Il 21 luglio del 1893 la nave lasciava il porto settentrionale di Vardø, dirigendosi verso le isole della Nuova Siberia, nei cui pressi (il 22 settembre) avvenne il desiderato abbraccio con i ghiacci della banchisa. "Cinque giorni più tardi, avendo rimosso il timone, smantellata la macchina e montato un mulino a vento per azionare la dinamo" iniziava l'ardito viaggio sull'inusitato e straordinario tappeto di ghiaccio, che durò tre anni. Solo il 16 ottobre 1895 la Fram raggiunse la posizione più settentrionale: 85°, 57' Lat. N. Deludendo comunque le aspettative di Nansen, che aveva già deciso (14 marzo 1895) di abbandonarla al suo lungo percorso, per spingersi verso il Polo con un compagno (Johansen), su slitte trainate da cani (e kaiaks). Il 7 aprile Nansen, dopo aver toccato gli 86° e 14', rinunciò al tentativo. Nel frattempo la nave continuò il suo lento vagabondaggio verso ovest e, dal febbraio 1896, verso sud. Ritrovando il mare aperto all'altezza dell'Isola dei Danesi (Spitsbergen, Svalbard). Qui era ancorata la Virgo e a poca distanza si vedeva ondeggiare un piccolo pallone aerostatico: l'Aquila dello svedese Andrée. Che si accingeva a partire per il suo tragico e misterioso destino, risolto solo decenni dopo... Il 9 settembre 1896 la Fram rientrava a Cristiania (Oslo).

Questo è certamente il viaggio più fantastico che skipper possa mai desiderare di far fare alla sua nave. Ma prima di finire "coccolata" in un museo, la Fram avrebbe avuto modo di effettuare altri due importanti viaggi, anch'essi facenti parte della storia delle esplorazioni. Il primo, nel 1898, al comando di Sverdrup (il secondo di Nansen), avrebbe dovuto esplorare alcuni settori ignoti della Groenlandia nord-occidentale. Lo spessore del ghiaccio non consentì alla nave di inoltrarsi nello stretto tra l'Ellesmere e l'immensa isola danese. Così che, facendo base nell'Ellesmere, si realizzarono, in quello che è l'attuale Alto Artico canadese, numerosissimi viaggi di reconnaissance in territori sconosciuti. Nell'arco di quattro anni, le spedizioni su slitte percorsero 18.000 Km sopra un'area di 200.000 Kmq. Battezzando le isole scoperte con i nomi dei finanziatori della spedizione (Axel Heiberg, Ellef e Amund Ringnes) e prendendo formale possesso di quelle terre in nome della Norvegia. Nel 1902 la Fram rientrava in patria. Grazie a quella grandiosa attività scandinava di ricognizione (e alla formale presa di possesso, che non ebbe però mai seguito), e all'interesse non celato degli statunitensi per quelle stesse regioni, che rappresentavano la "via americana" verso il Polo Nord, che il governo canadese a sua volta si sentì sollecitato ad organizzare numerose e complesse missioni di ricognizione (come quella attuata dallo Stefansson nel 1913-1918). Stabilendo, altresì, nell'immenso e insulare Grande Nord le prime postazioni di Giubbe Rosse.

Infine la Fram portò l'Amundsen alla conquista del Polo Sud. Nel Gennaio del 1911 la nave si ancorò a Hvalbukta, nell'Antartide (aveva lasciato Oslo il 10 Agosto dell'anno prima) e il 14 Dicembre, anticipando Scott, il norvegese raggiungeva il Polo. Nel 1914 la Fram tornava definitivamente nel paese dei fiordi dal suo ultimo viaggio.

Il Museo è stato praticamente costruito intorno alla nave con un perfetto aplomb che solo un vestito di alta sartoria possiede. Nel luogo, Løkenløkken, dove nel 1935 con molta accortezza era stata condotta in secco. L’anno appresso (1936) il museo veniva inaugurato alla presenza di Re Haakon e dell’erede al trono Principe Olav. Nel 1990-92, in occasione dei festeggiamenti del Centenario, la sua struttura è stata ampliata e modernizzata. Dando spazio, non solo alle diverse imprese della nave, ma anche a quelle di esploratori norvegesi e non, nell'Artico e nell'Antartico, con diorami e ricostruzioni d'ambiente, esposizioni collaterali dedicate al mondo animale e alla natura, mappe, foto, disegni. Tutto ciò lo troviamo, sia a piano terra, che lungo le balconate che circondano, su due livelli d'altezza, lo stesso perimetro della nave.

Creata: 20 Settembre 2001

Modificata: 26 gennaio 2006

[http://users.iol.it/f-pelli/f-pelli.museimarittimi.fram.htm]

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