GLI ARTICOLI "ON LINE" DI FRANCO PELLICCIONI

Nell'"isola delle cornamuse" tra suoni e colori della Highland Gathering. A North Uist, nelle Ebridi esterne, la natura favorisce l'incontro con le antiche tradizioni scozzesi

L'Osservatore Romano, 28 luglio 2000, 3

1966 - 2006

QUARANTA ANNI DI PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE E DI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA  

Incredibile a dirsi, ma ancora oggi un'isola atlantica è rimasta ben scolpita nella nostra mente, non per quanto avemmo modo di osservare e ammirare nel corso dell'imprevista "incursione" a North Uist (in gaelico Uibhist a Tuath). Raggiunta grazie al ferry, che collega Leverburgh (An T-ob) - isola di Harris - a Otternish attraverso l'infido - per la presenza di numerosissimi scogli semisommersi e per le forti correnti, che spesso hanno funestato questo settore di naufragi - Sound of Harris. Ma per i suoi suoni. Anche se sapevamo bene come il microcosmo insulare di North Uist, facente parte delle Ebridi Esterne, arcipelago al largo della costa nord-occidentale della Scozia, serbasse in seno peculiarità capaci di attrarre il nostro interesse, esso non era stato inserito "a tavolino" nel campione della nostra ricerca. Fatto a cui rimediammo "in loco", grazie a quel sempre benvenuto fenomeno di "passaparola", che consente spesso di arricchire considerevolmente le nostre indagini. L'occasione fu propiziata dall'incontro con Alistair Morrison, corrispondente della BBC in lingua gaelica, originario dell’isola. Il suo prezioso invito, unito alla sua personale "introduzione", fu quanto mai opportuno. Suoni, quindi, non rumori. Non provenienti dall'Oceano, spesso tempestoso, che tutta la circonda dappresso. Non dandole un attimo di tregua con il suo forte movimento ondoso e le sue burrasche. Né originati da altre caratteristiche naturali: il rumore del vento, che soffia impetuoso, spesso una raffica dopo l'altra. Od originato dalle miriadi di uccelli marini, che vi nidificano e i cui richiami ci giungevano anche da molto lontano. Anche perché sull'isola c'è una riserva ornitologica di tutto rispetto, quella di Balranald. Era infatti un suono artificiale, provocato dall'uomo, quello che era rimasto dentro di noi. Anche se ciò può sembrare un po' démodé…, quando da tempo amiamo rifugiarci, con il cervello, il cuore e i sentimenti, nel rassicurante alveo della natura, con tutti i suoi colori, sapori e suoni. Quasi cercando di prendere le "distanze" da un mondo, da molti giudicato sempre più artificioso. Quei suoni, che ancora oggi ricordiamo piacevolmente, erano artificiali. Risuonavano, però, da un luogo in intimo contatto con la natura. Un'unione e una simbiosi, questa, pressoché perfetta, che non poteva non provocare nel visitatore suggestioni e sensazioni, da allora rimaste indelebili. Oltre tutto erano, quelle, semplici sonorità, a volte anche di una monotona ripetitività. Comunque sempre belle ed emozionanti, quali solo possono essere le note musicali tratte da uno strumento tradizionale. Come quelle della cornamusa o, meglio, di molte cornamuse. Diversi infatti erano gli strumenti che, contemporaneamente, tutti intorno a noi, suonavano pezzi differenti o note tra loro simili, sulle sonorità del classico Ceol Mor, o dei più accattivanti March Strathspey & Reel e del 6/8 & Jig. Suoni prolungati. Suoni forti. Suoni che ci avrebbero lungamente martellato nel cervello, dopo averci stupito per la loro inconsueta acustica. Diventando gradatamente parte integrante di tutto ciò che in quel momento ci circondava: un insolita relazione "natura-cultura" quella, che avveniva a due passi dalle acque dell'oceano, la cui potenza era sempre e, comunque, avvertibile, poiché l'Atlantico incombeva rumoroso appena al di là delle alte dune che circondavano il luogo a mo' di modesto anfiteatro. La presenza nel nord-ovest dell'isola di numerosi suonatori di cornamuse, era dovuta al fatto che i musicisti partecipavano alla più importante delle tradizionali feste collettive scozzesi, le Highland Games, che sappiamo associate a paesaggi dalle tinte forti, quali solo il ben (la montagna), il glen (la gola) e l'altopiano sanno offrire. Ma la North Uist Highland Gathering, che si tiene ad Hosta a luglio (nello stesso luogo dove ad agosto ci sarà l'importante mostra bovina del North Uist Agricultural Show), si svolge invece al livello del mare e su un terreno sabbioso, reso praticabile e duro grazie alle piogge quasi giornaliere! Qui tutti, giovani e meno giovani, appartenenti ad entrambi i sessi, si cimentano, a livello individuale e collettivo, in una vasta gamma di competizioni sportive e non: nel lancio del peso, nella corsa, nel salto sui sacchi, nella corsa ad ostacoli. Come nelle danze (quella delle spade - gille challum -, la giga irlandese o la "danza vivace" - hornpipe - dei marinai, ad esempio). Come nel suono della cornamusa, lo strumento tipico delle Highlands. Come nel tiro alla fune (Tug of War), universalmente considerato il clou dei Giochi. Una manifestazione e una grande festa che, anno dopo anno, raduna in questo luogo quasi tutti gli abitanti di North Uist. Anche quelli che da tempo se ne sono andati, emigrando nella terraferma scozzese o, addirittura, all'estero. E' un dovere sociale molto sentito da tutti quello di ritornare appositamente nell'isola per questa grande occasione. Poiché la North Uist Highland Gathering non vede la presenza dei turisti. Non rappresenta uno dei tanti eventi commerciali messi su a bella posta per spillare denaro ai visitatori con l'alibi del folklore. E' realmente una festa di suoni, di colori e di gioia. Un'autentica opportunità, questa, di poter trascorrere una piacevolissima giornata tutti assieme. Dove i partecipanti, spesso suddivisi in squadre appartenenti ai diversi distretti dell'isola, competono serenamente tra loro. Dando così anche modo, ai numerosissimi spettatori che saranno presenti ad Hosta durante tutto l'arco di quella lunga giornata, o che vi faranno solo delle capatine, più o meno prolungate, di consolidare vecchie amicizie o di farne di nuove, di informarsi sugli eventi passati e su ciò che si dovrà fare e affrontare nel futuro (in famiglia, nella comunità, nel lavoro, ecc.), di incontrare chi da tempo se ne è andato, ricevendo da lui le ultime novità provenienti da fuori e dall'estero. Il tutto in una molteplice serie, in una catena di comunicazioni fitte, fitte e faccia a faccia, di cui oggi sovente abbiamo purtroppo perso perfino il ricordo. In un mondo dominato da una comunicazione di tipo impersonale e massificata.

I suonatori di cornamusa quel giorno avrebbero girato intorno a noi, a distanza, là sulla cresta delle dune, "ripassando" il pezzo musicale che di lì a poco avrebbero eseguito impeccabilmente su una piccola pedana in legno, posta davanti ad una tenda e ad un inflessibile giudice di gara. Gli uni e gli altri indossanti i tradizionali kilts. Suoni questi, e di ciò ci avevano debitamente avvisato prima di arrivare in quel modesto avvallamento sabbioso, che ci saremmo dovuti portare nelle orecchie per molto tempo!

La storia passata delle comunità isolane di North Uist, come quella delle Ebridi Esterne in toto, è strettamente legata ai movimenti forzosi delle popolazioni attuate al tempo delle clearances. A partire dal 1814, quando il Decreet of Removing against the tenants of North Uist comportò lo spostamento dei primi 35 affittuari. In quell'occasione sarà consentito ad altri 254 di rimanere nei loro terreni, che si tramuteranno, però, in villaggi di crofters (contadini). Più tardi gli interventi coercitivi tenderanno a diventare sempre più massicci e duri. Come quelli effettuati nel 1849 a Sollas, quando si inviarono da Oban 33 poliziotti e vennero scoperchiati i tetti delle case e imprigionati quattro isolani. Gli abitanti furono poi deportati addirittura in Canada e Australia. In questo caso l'intervento deleterio dell'uomo sarebbe dovuto andare di pari passo con quello, parimenti nefasto, della natura. Anticipato nel 1836 da un premonitore crollo del raccolto delle patate, la carestia imperversò duramente nel periodo 1845-1850 (con un picco nel 1846) in tutte le Highlands e Islands, colpendo nelle Ebridi Esterne per prima l'isola di Harris. Nell'arcipelago e a North Uist fu particolarmente letale per gli isolani, costretti dalle clearances ad abbandonare le più fertili terre dell'interno. Ammassati lungo le coste, essi fornirono ai latifondisti loro padroni una manodopera a buon mercato per la raccolta delle alghe. Comunque il crollo del raccolto fu causato dall'inaspettato prolungarsi del tempo buono (primavera - inizio estate), che favorì il formarsi e il moltiplicarsi delle spore del fungo Phytophthora infestans, tanto che una pianta ormai infestata era a sua volta in grado di infettare in poche ore migliaia di altre piante, anche con poco vento. La prima autentica strada moderna costruita nell'intero arcipelago, la Committee Road, realizzata nel 1846 a North Uist, ebbe carattere straordinario e caritatevole, poiché servì per far arrivare con urgenza, alle popolazioni affamate, i soccorsi alimentari. Ed aveva un andamento trasversale, cioè passava per il centro, anziché seguire i contorni della costa, allo scopo di raggiungere sollecitamente l'opposta sponda dell'isola.

Oggi l'isola di North Uist di quei disgraziati anni di generalizzata e grave crisi esistenziale, che provocò sofferenze inenarrabili e l'insorgere di malattie della denutrizione tipiche dei paesi tropicali, come lo kwashiorkor, oltre che lo scoppio, di tanto in tanto, di epidemie di colera, tifo e dissenteria, conserva solo pochi segni: la strada interna, percorsa all'arrivo, in quanto desiderosi di giungere al più presto sul luogo dove si sarebbero svolti i Games; qualche modesto monumento. Anche perché l'isola, con i suoi innumerevoli lochs, baie, insenature e isolotti, è diventata un autentico paradiso per i pescatori. Specialmente nei pressi del capoluogo Lochmaddy (Loch Na Madadh), dove già nel XVII secolo facevano base 400 battelli da pesca operanti nel Minch, il braccio di mare che separa l'arcipelago dalle Ebridi Interne e dalla Scozia. O rappresenta una bonanza per coloro che amano raccogliere i molluschi. Allorché le acque dell'oceano si ritraggono durante la bassa marea, lasciando allo scoperto immense distese sabbiose, basta chinarsi solo un po' per raccogliere quantità astronomiche di ottimi e saporiti molluschi. Anche se ancora oggi molti degli isolani di North Uist, come in generale delle Ebridi, si rifiutano di mangiarli, poiché è cibo strettamente connesso a condizioni di vita deprivata, esistente al tempo in cui, per riuscire a sopravvivere all'epoca della "grande fame", si era costretti a mangiare alghe e shellfish.

Al di fuori dei North Uist Highland Games (e dello "specifico" della ricerca), la nostra attenzione fu attratta ancora da un paio di siti archeologici preistorici, relativamente vicini gli uni agli altri.

Sotto una forte pioggia battente raggiungemmo con fatica la sommità di una collina dominata dal Ben Langass, un grande cairn di sassi, sotto il quale si trova un'antica sepoltura a camera risalente al III millennio a.C. : 25 m di diametro, alta 4 m, con la camera interna di 4 m per 1,8. Scavi effettuati all'inizio del XX secolo portarono al rinvenimento di cocci di terraglie, una punta di freccia in selce, scaglie di pesce e ossa bruciate. Su un fianco dell'altro versante, aggettante verso un lago, subito dopo visitammo le Pobull Fhinn (la "gente di Fingall"), un cerchio di monoliti, certamente non paragonabile all'imponente bellezza e spettacolarità di quello di Callanish, precedentemente ammirato nell'isola di Lewis.

Creata: 20 Settembre 2001

Modificata: 27 gennaio 2006

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