Madri e mogli in carriera

IL CONFLITTO TRA LA MATERNITÀ E LA VOGLIA DI REALIZZARSI

Molte donne, che stanno prendendo consapevolezza delle proprie capacità, buttano spesso all’aria anni di matrimonio. Alla ricerca di un vero equilibrio.

 

Si sente parlare di don­ne soldato, donne manager, donne di­rigenti in ogni settore, donne me­talmeccanico, donne in politica. Forse finalmente gli uomini stanno prenden­do coscienza che la donna non è un es­sere inferiore che dipende dall’uomo per esistere e vivere, ma è un essere pensante capace, psicologicamente e fisiologicamente, di fare come e me­glio di lui. Gli uomini delle nuove gene­razioni, per contrappasso, si sono rim­piccioliti, non riescono a prendere le proprie responsabilità quando si trova­no davanti a una donna che sa il fatto suo se non, come spesso accade, but­tandola sul sesso.

Molte spose, che stanno prendendo solo ora consapevolezza delle proprie capacità, buttano all’aria anni di ma­trimonio, marito e figli, voltano la fac­cia a tutto e a tutti e si appropriano in modo assoluto e sbandato della pro­pria vita senza altro interesse al di fuo­ri di sé stesse. Mi chiedo, caro padre, se questa altalena di disuguaglianze e ingiustizie alla fine si fermerà in un giusto equilibrio che rispetta le diversi­tà dell’uomo e della donna facendone, come era nel progetto di Dio, un ‘unità a immagine della sua perfezione.

Quando tutte le donne avranno di­mostrato a tutti gli uomini di essere ca­paci di qualunque impresa, prerogati­va fino ad ora dell’uomo, chi prenderà il loro posto nel fare la mamma? Certa­mente non gli uomini, perché ancora non c’è riuscita la scienza, malgrado il grosso premio promesso dalla regina d’Inghilterra al primo uomo “incinto “.

Purtroppo le donne stanno dimenti­cando la meraviglia del miracolo del­la vita che contribuiscono a sviluppa­re dentro di sé. Non sanno più cosa sia sentire il bimbo e comunicargli co­se che lui si porterà dietro tutta la vi­ta: se si sentirà amato in quei nove mesi starà bene per sempre. Rifiuta­no il parto, quel momento meraviglio­so in cui madre e figlio finalmente, per la prima volta, si conoscono e per magia le reciproche sofferenze vengo­no dimenticate per la gioia di tenere tra le braccia un miracolo e per la gio­ia di sentirsi amati. E se quest’amore continuerà anche dopo la nascita, un giorno nel mondo ci sarà un adulto sano ed equilibrato.

La donna oggi rifiuta la sua peculia­rità essenziale e insostituibile di ma­dre. La rifiuta in nome di una carrie­ra, di un posto di lavoro ottenuto con sacrifici, in nome dell’indispensabile doppio stipendio, del ruolo conquista­to nella società. Rinunzia a diventare mamma, ma quando resta incinta continua — fino a quando può tirare — il suo lavoro e, stressante per quanto possa essere, continua fino a che il di­ritto glielo consente, portandosi dietro come un peso il suo bam­bino nella pancia. La ma­ternità è sopportata e quando si avvicina il mo­mento del parto (o forse già prima) si rifiuta l’idea della sofferenza e si cerca­no tutte le alternative pos­sibili al parto naturale. Alternative che fanno perde­re un pezzo di maternità.

Dopo la nascita è anche peggio. Mal si sopportano le nottate, i pianti, i cam­bi; non parliamo poi dell’allattamento, questa schiavitù che impedisce di usci­re, di fare programmi dal momento che bisogna essere a disposizione del “pu­po” a tempo pieno. Poco importa se questo durerà solo qualche mese, e se in questo periodo si possono gettare le fondamenta d’amore su cui poi si co­struirà tutta la vita di un essere umano. Si è disposti magari a restare “schia­vi” per 30-35 anni del proprio impiego, ma non certo per pochi anni del mestie­re più creativo che ci sia.

Da piccola mi sentivo dire: « Prima il dovere, poi il piacere». Ancora oggi mi chiedo quando verrà il momento di fare quello che mi piacerebbe fare e che non ho mai fatto perché il “dovere” incalza sempre e non resta ma i il tempo per il “piacere “. Ma ho scelto questo lavoro, mettendo nel cassetto una laurea e tanti interessi. Sto aiutan­do le mie tre figlie a crescere, come di­ciamo nelle preghiere della sera, “sagge e sane” con l’aiuto di Dio.

Tutto quello che ho scritto è vissu­to in prima persona: la mia prima fi­glia è nata, mio malgrado, con taglio cesareo. La seconda ho voluto e otte­nuto che nascesse naturalmente: no­nostante le nove ore di travaglio e la preoccupazione per il rischio che cor­revamo, è stato il parto più bello. La terza è nata in meno di un’ora e mez­za con parto pilotato, ma in quell’oc­casione ho detto: «Basta!». Qualche donna si potrà certo trovare fuori dal quadro che ho tracciato, ma questo potrà solo far felice Colui che ci ha pensati come disegno d’amore.

 

Caterina R.

Famiglia Cristiana 41/2000