Ogni dolore ha una radice diversa, ma la sofferenza una luce sola.
So un uomo di 52 anni, celibe, affetto da
“Neurofibromatosi”, nel mio caso molto complessa perché interessa il midollo
spinale, tutti i centri nervosi e le ossa (un grande esercito di tumori invade
i centri nervosi e le ossa). Ho continue crisi di ipertensione endocranica, con
frequenti crisi di dolore e immobilità. Non ricordo, anche da bambino, un
giorno vissuto senza sofferenza! Quando
avevo 18 anni ero in continua ribellione perché non volevo accettare il dolore,
il non potere essere come gli altri giovani, il dovere sempre lottare per
potere anche riuscire negli studi, il dovere rinunciare anche alla vocazione di
sacerdote. Tutto ciò mi portava a lunghi silenzi, a grandi travagli interiori
in grandi spazi di solitudine con domande che non trovavano risposte, una
grande voglia di amare ed essere amato. … Avvolte il contemplare la bellezza
del creato, la sofferenza del mondo, la preghiera come sfogo dell’anima e
ricerca di Dio, riuscivano a dare un senso alla mia stessa vita. La scienza
medica, sconfitta, tutt’ora non trova alcuna soluzione al mio problema, neanche
al dolore….
Quando il velo è caduto dal mio cuore ho
scoperto che Dio è amore, fedeltà fino alla consumazione dei secoli, questo Dio
che a volte è non presenza, svanito nel nulla, l’ho riconosciuto a posteriori.
La presenza di Cristo, per me, è una presenza che vuole proporsi e non imporsi,
che vuole essere desiderata perché il rapporto vero è quello che sgorga dal
cuore. Il momento della comunione è preparato dalla preghiera, dall’ascolto
della parola, la comunione poi culmina nello spezzare il pane, il pane della
vita vissuta, con lui, con gli altri.. Non mi aspetto più di essere liberato
dai pesi, ma come i discepoli di Emmaus, cibato di quel pane, viatico,
consumato nel viaggio, rifocillato, ricaricato, per proseguire il cammino e
testimoniare l’amore di Dio sulle strade del mondo. Le mie non vogliono essere
solo parole, ma frutto di una testimonianza di vita vissuta che oggi non ha
raggiunto ancora il traguardo, il possedere Dio stesso e perché no il cessare
di soffrire... La sofferenza non solo fatta di dolori fisici che a volte mi
portano alle soglie del martirio, ma sofferenza fatta di solitudine, tormento
di non sentire, avvertire la sua presenza, il dovere dire sono stanco di
soffrire, sono vecchio di soffrire. Oggi però posso dire che la sofferenza mi
ha portato a sperimentare il suo affacciarsi nella mia vita, sostenendomi con
il suo perdono, la sua misericordia, il suo amore, la sua grazia. Il cammino è
lungo, i miei piedi, le mie ginocchia, la mia schiena, la mia testa, sono
logorate, per l’usura di soffrire e patire, nella luce, avvolte nel buio; ma,
finalmente, comincia a non essere logorato il mio amore per le creature,
soprattutto per il Signore, anzi è rinvigorito da Lui stesso. La speranza, il continuo abbandono in Lui
sono la mia risposta a tutte le mie incertezze che si affacciano nella mia
vita. Il Signore mette sulla mia strada tanti fratelli, soprattutto giovani,
per l’ascolto, per un consiglio, per una preghiera….
Sono Diacono al servizio della Chiesa, di
una comunità, con la vocazione anche della sofferenza.
Calogero M.