Tavolo dei dialoghi

 

Il risveglio di Oscar

 

Nella stanza da letto di un appartamento di Rivoli, vicino a Tori­no, una mamma, Matilde Granero Cali, raccoglie nel­le braccia come in una culla suo figlio Oscar e gli sussur­ra: “Oscar, eroe mio, samu­rai mio, come sei bello oggi! Lo vedi che hai visite? Salu­ta, allunga le manine, abbas­sa gli occhi, la signora è ve­nuta per trovarti, per stare un po’ con te».

Oscar, 11 anni, rattrappi­to in posizione fetale, allun­ga con fatica le belle dita af­fusolate, le mani disarticola­te sono come appese alle braccia gracili. Poi, lenta­mente ritrae lo sguardo da un punto fisso e ruota gli oc­chi verso l’ospite. «Bravo amore mio, bravo!», gli dice Matilde e lo accarezza con un sorriso che riempie la stanza di tenerezza.

 

Era il 24 giugno 1995, a Sarrant, nel Sud della Fran­cia. C’è un sole caldo ma un’aria fresca. Oscar, 6 an­ni, e sua madre Matilde, 32, giocano in giardino, seduti sull’orlo della piscina. Lui è un bel bambino con i capelli corvini come quelli della mamma, il viso rotondo, gli occhi vivaci. Sono arrivati dall’Italia per una vacanza a casa della zia. Il giorno pri­ma il bimbo aveva detto al­la mamma:

«A scuola mi hanno spiegato che quando i bambini nascono sono le­gati alla madre da una cor­da che viene tagliata. Ma la nostra corda non può esse­re tagliata, perché è magi­ca. Si allunga e si accorcia, ma non si spezza». Poi ave­va aggiunto: “Mamma, sai però che se Gesù vuole può tagliarla?». “Perché dovreb­be tagliarla?», aveva rispo­sto Matilde con una sensa­zione di angoscia.

Torniamo alla piscina. Matilde va in bagno. Pochi minuti. Quando ritorna, Oscar giace sul fondo della piscina. Lo tirano subito fuori, cercano di rianimar­lo, Matilde lo stringe al pet­to, lo chiama, ma lui non dà più segni di vita. La differen­za fra la temperatura ester­na e quella dell’acqua anco­ra fredda ha causato uno choc anafilattico termico. Il suo cuore non batte più.

Dopo una ventina di mi­nuti arrivano l’ambulanza e i vigili del fuoco. Anche loro tentano di rianimarlo, ma il bimbo continua a non dare segni di vita, il medico lo di­chiara cerebralmente mor­to. Sono ormai trascorsi 37 minuti, quando un vigile grida: «Le coeur, le coeur!». Il cuore di Oscar ha ripreso a battere. Con l’elicottero viene portato all’Ospedale di Pourpan, vicino a Tolo­sa. Matilde non piange più, sente che suo figlio vivrà.

Non la pensano così i me­dici, che la invitano a non farsi illusioni, si tratta solo di ore. Oscar è entrato in co­ma irreversibile. Le chiedo­no di firmare per l’espianto degli organi, ma lei rinvia la decisione. Sono trascorsi ot­to giorni quando Matilde si accorge che è accaduto qualcosa: un dito della ma­nina di Oscar ha assunto la posizione diritta. E il 17 lu­glio 1995, il bimbo è passa­to dal corna depassé a quel­lo reversibile di 1’ grado. Iniziano il lungo viaggio ver­so la speranza e la battaglia di una madre contro tutto e contro tutti nella certezza che l’amore può fare mira­coli. E che la medicina non si può mai tirare indietro.

 

 

L’inizio è drammatico. Matilde riporta Oscar a To­rino, all’Ospedale infantile Regina Margherita, ma lì non sono attrezzati per il re­cupero e cercano di convin­cerla ad arrendersi.

«Lei è ancora giovane, faccia un al­tro figlio, questo è perso», le dicono. Matilde, che vive quotidianamente in quell’intimo rapporto con Dio che è privilegio di molte madri, e ha la fortuna di una fede che smuove le montagne, non vuole arrendersi. Dopo tre mesi in un altro ospeda­le torinese, il Mauriziano, reparto di riabilitazione neurologica, dove vive in simbiosi con il figlio e parte­cipa attivamente alle cure che gli vengono prestate ri­porta Oscar a casa.

«Anche in quell’ospedale non c’erano terapie destinate al risve­glio. Le attrezzature usate per la riabilitazione erano comunque a misura di adul­to e non di bambino. In Ita­lia non ci sono centri ospe­dalieri per riportare alla vi­ta le persone entrate in co­rna», denuncia con amarez­za. La famiglia Calì si trasfe­risce a Rivoli, in un alloggio prestato da alcuni dove è possibile attrezzare un’assistenza per il bimbo. Le difficoltà sono tante, an­che di tipo economico. Com­menta Matilde: «Le Usl non danno alcun contributo. Tut­ti gli interventi per rendere meno drammatica la quali­tà della vita di chi è in coma sono a carico della famiglia. Basti pensare che un’ora di fisioterapia costa 70.000 li­re. Noi spendiamo ogni giorno 150.000 lire per assi­stere Oscar in casa. Non può essere trasportato nei centri Usl a causa della defi­cienza imunitaria, quindi non è possibile avvalersi dell’opera di ortopedici, logo­pedisti, neurologi, pediatri, fisiatri e altri che sarebbero utili per procedere in modo adeguato nel risveglio».

La sua storia di madre co­raggio, decisa a tutto, a far­si carico anche dei drammi di tanti altri genitori che si trovano nelle sue condizio­ni, comincia a essere cono­sciuta. Lei stessa accetta di partecipare a trasmissioni televisive e a dibattiti per denunciare l’assenza di inter­venti e di aiuti nei confronti delle persone in coma.

L’8 agosto 1998, Matilde riesce a far ricoverare Oscar nell’unica Unità di Risve­glio italiana, quella del­l’Ospedale Sant’Anna di Cro­tone, diretta dal professor Giuliano Dolce, che spiega:

«Contrariamente a quanto è stato realizzato in altri Pae­si europei che hanno diver­se Unità di Risveglio, in Ita­lia ciò che è stato fatto sino a oggi è il risultato dell’ini­ziativa di singoli medici ria­bilitatori, che possono veni­re definiti pionieri. Eppure il crescente numero di pa­zienti in corna postraumati­co prolungato ha creato un problema organizzativo che ogni giorno diviene più im­pellente. Si prolunga il rico­vero in rianimazione, con costi elevati e pochi vantag­gi, perché non esistono strutture sanitarie riabilita­tive che siano in grado di ac­coglierli in fase precoce».

A Crotone, dove ci sono solo otto posti letto, Oscar viene sottoposto a cure spe­cifiche. Vengono usati far­maci particolari, tra cui uno stimolatore cerebrale, mentre sono aboliti i farma­ci rilassanti, usati nei prece­denti ospedali. Il 12 agosto il bimbo, per la prima volta dopo tre anni di silenzio, fa sentire la sua voce, si volta quando viene accesa la lu­ce, compie piccoli movi­menti volontari. Ride. È un successo insperato, bisogna continuare nelle cure, ma la famiglia deve sostenere un costo di 180.000 lire al giorno. I tentativi di ottenere dalle autorità un aiuto e di smuovere l’opinione pubbli­ca cadono nel vuoto. Croto­ne è distante 1300 chilome­tri da casa e dopo 60 giorni scade il periodo di degenza rimborsato dall’Usl.

 

Il rientro in Piemonte è malinconico, per fortuna la casa della famiglia Calì è di­ventata un centro di solida­rietà e di amore. Nella stan­za dove il bimbo trascorre le sue giornate continuano ad avverarsi piccoli miraco­li. Grazie alla presenza di volontari della parrocchia, fra cui un logopedista e un fisioterapista, alla collabo­razione di gruppi scout e di tanti nuovi amici, Oscar fa continui progressi, dimo­stra di capire quanto gli ac­cade intorno e risponde agli stimoli che riceve, giunge a nutrirsi con passati di ver­dura e a bere nel bicchiere.

Matilde deve rientrare al lavoro, in banca, ma trascorre ogni momento libe­ro accanto al figlio. Si dedi­ca con la passione che na­sce dalla sofferenza e dalle sue battaglie. Entra a far parte dell’Associazione nazionale Risveglio, fondata dall’avvocato romano Fran­cesco Napolitano, padre an­che lui di un ragazzo in co­ma da tre anni, e fonda a sua volta con il marito, che nel frattempo ha dovuto la­sciare l’attività di pasticcie­re a causa di quattro by-pass al cuore, l’Associazione Amici di Oscar, per aiuta­re finanziariamente e mo­ralmente le famiglie di sog­getti in età pediatrica porta­tori di handicap in seguito a incidenti, che spesso vivono in condizioni abitative di grande disagio.

«Situazioni come la mia, in Italia, sono migliaia. Sol­tanto a Rivoli ci sono tre bambini in coma nelle loro case. Come accade all’este­ro, servono anche da noi strutture, medicina ufficia­le, medicina alternativa, idee nuove, per ristabilire un equilibrio che è venuto meno in un soggetto e di conseguenza nel nucleo fa­miliare. E indispensabile creare Centri di Risveglio per rimuovere la coscienza sociale e politica nei con­fronti di un problema che oggi non deve più essere vis­suto come un mistero, ma come una dura realtà in at­tesa di soluzioni pratiche. Certamente “risvegliare” co­sta molto di più che riabili­tare, ma non è umano, anzi è orribile, abbandonare per anni e anni in una condizio­ne di vita subumana degen­ti e familiari, con una sola compagnia, quella della di­sperazione, e una sola pro­spettiva, la morte».

Matilde sta cercando di realizzare un sogno, condi­viso dagli Amici di Oscar: ri­strutturare un vecchio casa­le sulle colline di Rivoli, a Buttigliera Alta, per poter ospitare accanto a suo fi­glio altri bimbi che oggi vi­vono in coma, nella solitudi­ne delle proprie famiglie. Lì si cercherà di praticare quel “risvegiio” che le strutture pubbliche non offrono (per chi volesse aiutare anche economicamente questo im­portante progetto, l’indiriz­zo è:

Calì Oscar - Banca Sella, filiale di Rivoli - A.B.I.

03268; C.A.B. 30871

cc 9205305921950

telefono 0349/46.55.369

e-mail: mgrner@tin.it.

Dice ancora Matilde:

“Quando entri in queste esperienze di vita, o ti lasci travolgere completamente, oppure scattano meccani­smi che trasformano la sof­ferenza nella voglia di cam­biare le cose, per te e per gli altri, di riconquistare quel­la felicità che sembrava per sempre negata. Tutte le mat­tine ringrazio Dio di avermi fatto vivere questa storia, perché così mi ha permesso di entrare in una dimensio­ne che è già quella dell’al di là, dove conta soltanto ciò che è essenziale, l’amore, la donazione gratuita, la con­divisione. E dove si creano delle solidarietà che ridan­no fiducia nella vita. Il co­ma di Oscar è divenuto per me un sentiero luminoso verso quell’eternità che è già presente nelle nostre vite terrene, ma che non riu­sciamo più a cogliere. Lui vi­ve in una dimensione parti­colare, che lo ha privato del­l’infanzia. E lì ci aspetta, in­sieme a tutti gli altri suoi amici di sventura, giovani e meno giovani, per essere riportato a quella vita che gli è stata sottratta. Aiutateci tutti in questo viaggio della speranza».

 

Mariapia Bonanate

 

FAMIGLIA CRISTIANA N. 28/2000-55

 

 

Articolo apparso sul settimanale OGGI n° 37 del 6/9/2000


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