Gli altri articoli di Music on Tnt:

I nuovi articoli di music on tnt
sono nella pagina delle News!!

Cerca in Music-on-tnt.com!
 
   
servizio offerto grazie a: FreeFind



Fusione fredda o calda?

La distinzione della musica in generi è tanto fuorviante e riduttiva quanto concettualmente comoda e commercialmente efficiente. Credo che nessuno dotato di papille gustative correttamente connesse e funzionanti si sognerebbe di dire che tutti i vini sono uguali, però tutti troviamo comodo sapere che in un grande magazzino di alimentari ci sia un reparto dedicato alle bibite, nel quale c'è il settore bibite alcoliche, nel quale c'è il settore dei vini, che a sua volta può dividersi nei settori bianchi e rossi.

Il preambolo sta a giustificare la necessità di un articolo dedicato ad un particolare genere musicale, non specificatamente rientrante nella summa divisio fra musica classica e musica leggera.
Si parla, tanto per venire al dunque, della c.d. Fusion, termine assai generico ed abusato, e che indica più propriamente una forma di musica direttamente discendente dal Jazz, tipicamente:

  • strumentale
  • orecchiabile
  • elettrica
La Fusion nasce come moderna costola commerciale del Jazz, per tentare di dargli una veste più facile, meno impegnativa, più immediata.
Come tale, è un genere spesso assai disprezzato dai puristi, proprio perché troppo facile, troppo disimpegnata, troppo commerciale, per dirla in una parola (musica di plastica, musica da ascensore, ecc.).

Ovviamente, queste critiche non sono del tutto infondate, in quanto proprio la tendenza pop di questo tipo di musica ha favorito un eccessivo proliferare di produzioni che, come spesso accade, ha trascinato in basso la qualità del prodotto globale (e, in effetti, spesso la si può ascoltare negli ascensori, nei supermercati, ecc.). Il fenomeno è stato, altresì, acuito dalla circostanza che, spesso, le produzioni di Fusion si avvalgono di elementi tecnici di prim'ordine, finendo così, per confezionare il tipico bellissimo pacco vuoto.

Fusion: se la (ri) conosci la eviti ... ma non sai che ti perdi

Abbiamo prima identificato i tre tratti caratteristici della Fusion.

  1. La Fusion è un tipo di musica, come detto, essenzialmente strumentale.
    Anche il Jazz, da cui essa discende, è tipicamente strumentale. La differenza sta nel modo in cui viene trattata la voce. Il Jazz, pur prevedendo un ruolo molto importante per la voce, la considera, appunto, come un ulteriore strumento (e, a volte, il Padreterno manda sulla via del Jazz alcuni splendidi strumentisti, come Ella, Billie, Sarah); la Fusion, invece, per assecondare la sua natura commerciale, tendente al pop, si disinteressa, diciamo cosi', della prestazione vocale in se', mirando, invece, ad avere una parte cantata, ad un uso pop della voce. Ma, in quanto, appunto, tendenzialmente strumentale, spesso sostituisce la parte vocale con interventi strumentali solisti (tipicamente, il sax tenore o la chitarra). Questa caratteristica, dunque, la rende invisa un po' a tutti: ai puristi, perchè, appunto, facilona; al pubblico più commerciale perché, appunto, manca la parte cantata tradizionalmente affidata alla voce.
  2. La sua tendenza pop rende la Fusion una musica tipicamente orecchiabile. Spesso e volentieri nei brani di Fusion si riesce molto facilmente a distinguere una linea melodica elementare o, appunto, comunque facilmente identificabile, spesso proprio grazie alla sua sottolineatura fornita con gli assoli sostitutivi della voce. Inutile rimarcare come anche questa caratteristica contribuisce a rendere la Fusion invisa ai puristi.
  3. A corollario delle suindicate caratteristiche sta la circostanza che, il più delle volte, la Fusion è musica elettrica, suonata, cioè, con strumenti elettrici (oggi, principalmente elettronici) e amplificati, non acustici. In ciò un'ulteriore caratteristica sgradita ai puristi, che legano a tale aspetto anche la critica secondo la quale la vena tecnologica mortificherebbe quella artistica (musica di plastica, si diceva prima).
Ma allora a che serve parlare di questa musica?

Beh, perché, secondo me, non è affatto da buttare!
Credo che i rilevi dei puristi spesso siano eccessivi. Sicuramente non si tratta di una musica che ti prende l'anima o che ti spinge alla commozione, ma non provoca nemmeno orticarie o conati di vomito; anzi, spesso si giova di esecuzioni notevoli, al limite del virtuosismo, ed anche la vena compositiva non è sgradevole, anche se difficilmente si arriva all'olimpo della poesia pura.

Alla Fusion si sono rivolti moltissimi artisti noti ed apprezzati in ambito puristico: artisti che hanno anche trovato quel riscontro commerciale che ha permesso loro di dedicarsi ad entrambi i lati dell'attività musicale, invece di chiudersi in un triste anonimato, col rischio di diventar famosi solo con l'ultimo CD e con le critiche del recensore di turno che si lamenta di come le majors tarpino le ali ai veri talenti ecc. ecc.

Alla Fusion, inoltre, fa capo anche un genere di musica assai popolare un po' di tempo fa, che va sotto la etichetta di Jazz-rock e che, forse, meglio di altri generi, illustra quella voglia degli artisti che praticano questo tipo di musica di esplorare e di espandersi (id est, di raggiungere una platea più vasta, quindi di commercializzare il Jazz). Elementi che hanno finito per determinare uno dei due figli legittimi della Fusion: la recente scoperta della musica etnica (l'altro è la New Age, alla quale, secondo me, andrebbe dedicato un approfondimento più particolare).

Inoltre, la Fusion ha attratto moltissimi alti rappresentanti del Jazz tradizionale, non solo fra gli strumentisti, ma anche fra le voci, spesso permettendo anche di scoprirne alcune molto ben dotate.
Soprattutto, la Fusion accentua molto l'importanza dell'arrangiamento del brano musicale: l'impeccabile realizzazione tecnica solitamente riscontrabile nelle incisioni di Fusion dà ampio rilievo all'arrangiamento del "pezzo", che, spesso, assume una rilevanza pari a quella della melodia e, comunque, influenza moltissimo la riuscita dell'intero brano; com'è ovvio attendersi da un tipo di musica strumentale e virtuosistica. Tipicamente, nelle recensioni musicali, questi arrangiamenti vengono definiti eleganti, proprio a rimarcare la loro accuratezza.

Un pò di nomi ora!

Ad una analisi assolutamente sommaria ed incompleta (come le cognizioni di chi scrive), appare opportuno, per dare indicazioni a chi volesse avvicinarsi a questo tipo di musica, illustrare, più che degli artisti, delle produzioni. Ulteriore eredità del Jazz è la creazione di vere e proprie scuderie di artisti stilisticamente bene identificati e, automaticamente, tutti accomunati sotto il nome della squadra.

Esempio tipico è l'etichetta GRP, acronimo di Grusin Rosen Production. Grusin è Dave Grusin, accorsato autore di numerose colonne sonore di film di successo (uno dei suoi album si intitola, appunto, "Cinemagic"), nonché valente tastierista. Rosen è Larry Rosen, abile sound engineer (mi pare di ricordare provenisse dalla Sheffield o dalla Telarc).
Hanno iniziato con la produzione di qualche LP di Grusin, per poi estendere la scuderia ad altri artisti. Inizialmente le produzioni erano pesantemente influenzate dalla mano del produttore (Grusin), mentre, in seguito, agli artisti è stato dato maggiore spazio, man mano che la loro popolarità personale cresceva. Ora la GRP è passata in mano alla MCA, e Grusin e Rosen, da tempo non se ne occupano più di persona. Tuttavia, la scuderia ha lasciato i suoi segni, perché i molti artisti passati per la GRP si sono poi autonomizzati, spesso creando la propria casa di produzione, e spesso inserendo i nomi dei vecchi amici come guest star delle proprie produzioni autonome.
La GRP è sempre stata famosissima anche per l'elevatissimo standard tecnico delle sue registrazioni e (all'epoca...) delle sue stampe viniliche, che spesso erano e, a volte, sono ancora citate dai vari recensori audio come elementi di paragone.
Dal catalogo della GRP, a mio avviso, andrebbero ascoltate le opere prime dei vari artisti, per decidere se perseverare con le prove successive: queste generalmente mantengono lo stampo delle precedenti, spesso aggiustando la mira rispetto ai loro aspetti meno centrati.
Va proprio fatto qualche nome? O.K., giusto per assaggiare: se piace, fatevene dare un'altra porzione....

  • Tastiere: "Mountain Dance" di Dave Grusin e "Freedom at Midnight" di David Benoit (quest'ultimo contiene anche dei divertenti interventi sinfonici che, a mio modestissimo parere, sono molto bene amalgamati all'interno dei vari brani).
  • Chitarre: Lee Ritenour (molti: magari "Color Rit" è il più variopinto) e, acquisto successivo alla fusione con MCA, Larry Carlton ("Kid Gloves", ma anche il più vecchio "Strikes Twice").
  • Fiati: Tom Scott e Dave Valentine (entrambi presenti con vari album: il secondo ha uno spirito più latineggiante del primo, più votato a suoni metropolitani).
  • La voce più rappresentativa dell'etichetta è senz'altro quella di Diane Schuur (c'è un'interessante e ben farcita "Collection", nonché un bellissimo disco con la Count Basie Orchestra), e va anche segnalata la riscoperta di Patti Austin con "Love is gonna get you", ed anche un "Live", con dei divertenti spezzoni comici tipici dei suoi show, ben comprensibili da chi mastica l'Inglese).
  • I gruppi che incidono su questa etichetta che io consiglio di prendere in esame sono gli special EFX, i Rippingtons (c'è anche un interessante "Live", nonché un album cointestato fra il leader, Russ Freeman, e David Benoit, intitolato, appunto, "The Benoit/Freeman Project"), gli Acoustic Alchemy ("Back on the case", album imperniato sul suono di due chitarre acustiche) e, anche questi provenienti dalla scuderia MCA, gli Spyro Gyra (di cui, però, ritengo sia meglio ascoltare i moltissimi lavori precedenti, appunto su etichetta MCA, e che ora circolano anche in versione Special Price). Discorso a parte va fatto per gli album-evento, o concept: pregevole è senz'altro il doppio dal vivo con una formazione che vedeva le figure di punta della casa discografica "on tour", nonché gli album dedicati a Duke Ellington, a George e Ira Gershwin, e, finanche, ai quattro ragazzi di Liverpool.
Altre etichette da considerare sono la ECM, la DMP (in special modo con le prove della Thom Rotella Band), ma anche la Go Jazz (che propone le incisioni di Ben Sidran e di Georgie Fame).

Per quanto attiene ai singoli artisti, il "divertimento" sta anche nello scoprirli man mano che si procede. Se questo tipo di musica piace, allora ci si può accordare col proprio pusher di fiducia, se si ha l'accortezza di non scegliere un impersonale meganegozio, dotato di commessi tanto efficienti quanto disinformati, dove difficilmente si potrà procedere ad ascolti selezionatori. Cosa che, viceversa, caratterizza tipicamente il punto vendita piccolo, magari gestito in prima persona dal proprietario, che, quindi, sa bene tutto ciò che ha negli scaffali....

Certo, mi rendo conto che, anche qui, qualche suggerimento non guasta, quindi...
Etichetta WEA (Sì, la Warner Bros!): per questa etichetta il chitarrista George Benson ha inciso parecchio. Nnn solo "Give me the Night", ma anche, ad esempio, "Breezin", "Livin inside your love", ecc. Su WEA anche i lavori del sassofonista David Sanborn: immancabile il suo "Double Vision", col tastierista Bob James (ed interventi vocali di un certo Al Jarreau), oppure il Live in studio "Straight to the heart". Su WEA anche le incisioni del supergruppo "Fourplay", del chitarrista Earl Klugh, del tastierista Joe Sample dei Crusaders ("Spellbound").
Come consiglio generale, valido specialmente per le vecchie produzioni di questa etichetta, se fra i produttori compare un tale Tommy LiPuma, allora vale la pena sentire di che si tratta.

Guardare al nome del produttore è utile: ci si rende conto che anche il nome di Jeffrey Weber è una buona garanzia (almeno) di omogeneità del prodotto: così facendo ho scoperto un bel disco della Sheffield (sì, quella del "drum test record" totemizzato in ambito Hi-Fi), "The usual suspects", un supergruppo di artisti molto famosi e molto dotati, inciso tutto secondo la tecnica di casa: direttamente su due tracce, per mantenere la tensione e lo spirito del live.

Accanto alla WEA, anche altre majors producono Fusion. La (ex) Sony/Columbia ci dà le prove del pianista Michel Camilo ("One more once", per citarne uno...) e del chitarrista Tommy Emmanuel ("Can't get enough"); la Arista pubblica le opere del (troppo) bistrattato Kenny G ("Duotones", ma anche il "Live" sono dei buoni dischi, con brani divenuti anche abbastanza noti, come, ad es. "Silhouette", e con interessanti esibizioni strumentali).

Poi, se si vuole aprire la caccia all'artista, si possono considerare gli album dei chitarristi Ed Hamilton, su Telarc, e Norman Brown, su MoJazz; o dei tastieristi Jeff Lorber, su Verve Forecast, e Gregg Karukas (ex componente dei Rippingtons) su etichetta i.e. (nuova etichetta di Lee Ritenour: come si vede, i nomi girano).

Vorrei, infine, segnalare il gruppo degli Shakatak, che un bel po' di tempo fa si fece notare con l'album "Night Birds" (Polygram), ed ebbe in seguito un notevole riscontro commerciale, anche in ambito pop, rilasciando molti singoli di notevole successo nei clubs (se dico discoteche qualcuno storce il naso, lo so...): famoso fu "Day by day", che vedeva alle voci oltre la vocalist del gruppo, Jill Saward, anche quel tale Al Jarreau di cui sopra...

Conclusioni

Le conclusioni di questo articolo ... mancano.
Non credo di essere un grosso esperto di musica, ma solo di conoscere qualche disco che mi è piaciuto e di volere condividere queste informazioni. La corretta ed esaustiva analisi del mercato musicale, seppure limitato al genere Fusion esula dalle mie infime competenze e conoscenze: però, mi andava di iniziare il discorso. Se c'è qualcuno all'ascolto che volesse procedere con ulteriori segnalazioni e precisazioni, ben venga! Credo sarebbe un servizio informativo comunque utile, per due ordini di ragioni. In primo luogo, perché i piccoli negozi di cui parlavo prima stanno scomparendo, soccombendo alla insostenibile concorrenza dei grossi punti vendita (non mi va di aprire la discussione sulla selezione del personale delle catene: invito chi può viaggiare ad includere anche i negozi di dischi nei giri che si trovasse a fare all'estero, magari, che so, a Parigi, a New York, o a L.A.). In secondo luogo, perché dove la grossa distribuzione non arriva, spesso non si trova nemmeno il punto vendita specializzato solo in software, quindi, magari, si deve comprare a scatola chiusa, ma si può, eventualmente, anche ordinare il singolo CD (e qui gli acquisti On-Line stanno finalmente trovando la loro meritata rilevanza), della cui esistenza, però, bisognerebbe, almeno, essere informati.

Buon ascolto!

Copyright © 1999 Carlo Iaccarino - http://www.music-on-tnt.com